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Falso Movimento presenta Flashback #29, il cineappuntamento di Ugo G. Caruso con il film SANATORIUM POD KLEPSYDRA (Il Sanatorio all’insegna della clessidra)

Falso Movimento presenta  Flashback #29 Il cineappuntamento di Ugo G. Caruso con il film SANATORIUM POD KLEPSYDRA (Il Sanatorio all’insegna della clessidra) di Wojciech J. Has V.O.S.I che verrà proiettato martedì 5 febbraio alle ore 20,30 a Rovito. Il film, che ha ricevuto il Premio speciale della giuria al Festival di Cannes 1973, è tratto dall’omonimo racconto di Bruno Schulz; Regia e Sceneggiatura: Wojciech Has; Fotografia:Witold Sobocinski; Interpreti: Jan Nowicki, Gustaw Holoubek, Tadeusz Kondrat, Irena Orska, Halina Kowalska, Bozena Adamek. Polonia 1973.

Il film si raccomanda ad una particolare e minoritaria cerchia di ammiratori del cinema fantastico più raffinato, lontano anni luce dall’odierna produzione mainstream, un cinema che attinge all’inconscio, commercia con l’oltretomba, esplora gli abissi della memoria.

Qualcuno ha definito Has una sorta di “Fellini sommerso del cinema polacco”, molto più cupo, aggiungiamo noi, in linea con la tradizione letteraria ed iconica del suo paese.
Un autore propenso a stupire lo spettatore guidandolo in un “viaggio salvifico e carroliano”, per abbandonarlo alla fine del film esausto ma consapevole di avere assistito ad un capolavoro.

Falso Movimento XX/2012.2013 CARLOS di Olivier Assayas

Domenica 27 gennaio alle ore 17.15, presso il Teatro Comunale di Rovito, verrà proiettata la versione integrale del film  CARLOS di Olivier Assayas.

Il leggendario Carlos è al centro della storia del terrorismo internazionale negli anni 1970 e 1980, dall’attivismo filo-palestinesi all’Armata Rossa Giapponese. Allo stesso tempo estremista di sinistra e mercenario opportunista al soldo dei servizi segreti delle potenze del Medio Oriente, ha fondato la sua organizzazione, al di là della cortina di ferro, attiva durante gli ultimi anni del Guerra Fredda. Il film è la storia di un rivoluzionario internazionalista, manipolatore e manipolato, trasportato dal flusso della storia della sua epoca e dai suoi eccessi. Carattere contraddittorio, violento come l’epoca che ha incarnato, Carlos rimane un’enigma.

 

http://youtu.be/H3QkM7uyF10

Falso Movimento XIX/2012.2013: IO SONO LI di Andrea Segre

Mercoledì, 15 gennaio alle ore 20,30, presso il Teatro Comunale di Rovito, verrà proiettato il film IO SONO LI di Andrea Segre, con Zhao Tao, Rade Sherbedgia, Marco Paolini, Roberto Citran, Giuseppe Battiston.

Miracolo in laguna, miracoli del cinema – L’argomento del primo film di finzione di Andrea Segre, fin qui ottimo documentarista, sta in poche righe: giovane immigrata cinese vive uno strano, casto e impossibile amore con un anziano pescatore slavo di stanza a Chioggia, pure lui immigrato ma ormai assimilato a quel microcosmo durissimo. Il film dura 96 minuti e li vale tutti. A differenza di lavori che vantano sceneggiature alte come l’elenco del telefono e dopo 20 minuti sono già spompati. Questione di tempi, di volti, di luci, di atmosfere. In breve di densità. E di quella semplicissima «magia» che si chiama non detto. Se Io sono Li ci incanta, pur sapendo (quasi) tutto dall’inizio, è perché gli attori sono meravigliosi, in testa Zhao Tao e Rade Serbe Dzija, dunque esprimono mille sentimenti muovendo si e no due muscoli dei viso. E perché Segre, con la complicità determinante di Luca Bigazzi, estrae dalla laguna un piccolo poema per immagini (con assoluta sobrietà, senza mai cadere nel pittoresco). Dosando con accortezza le parole e le poche scene madri per dare vita a un sottotesto (i due poeti, il gioco di rimandi fra la Cina e Chioggia, l’amore per il figlio lontano) semplicissimo e struggente. Un piccolo miracolo d’altri tempi. Che va al cuore del nostro presente. Fabio Ferzetti – Il Messaggero

 

 

Falso Movimento XVIII/2012.2013: Pietà di Kim Ki-duk

Oggi, 15 gennaio alle ore 20,30, presso il Teatro Comunale di Rovito, verrà proiettato il film Pietà di Kim Ki-duk.

Gran parte delle (perlopiù sterili) polemiche che hanno fatto seguito all’ultima Mostra del Cinema di Venezia hanno ottenuto un effetto spiacevole, quello di spostare l’attenzione dall’effettivo valore del vincitore. Vale la pena di ribadirlo: Pietà è uno straordinario, meritatissimo Leone d’Oro, arrivato giusto con qualche anno di ritardo dopo la seccante sequela di argenti nei festival di mezzo mondo; è il film che chiude la lunga crisi creativa e psicologica di Kim, quella che ha prodotto lo sperimentale, autobiografico Arirang; ed è quello che vede tornare nel pieno della sua forma, al suo diciottesimo titolo, uno dei più grandi registi asiatici in attività. Ambientato in un mondo letteralmente inghiottito dal capitalismo, dove i palazzi moderni incombono sui quartieri ai margini della società e in cui il denaro è “l’inizio e la fine di tutte le cose: amore, onore, rabbia, violenza, odio, gelosia, vendetta”, Pietà è una parabola sconvolgente, insieme poetica e terrena, violenta e definitivamente umana, sulle conseguenze devastanti dell’avidità che utilizza il noto meccanismo narrativo, vorticoso e inarrestabile, della vendetta per parlare di dolore e sacrificio in un mondo privato della misericordia, trovando in Jo Min-Soo l’interprete formidabile di un castigo che nella sua estrema determinazione risuona quasi come l’ultimo grido, l’ultimo pianto soffocato di un’umanità sconfitta. Un grande racconto morale in cui ritroviamo anche il gusto geniale del regista per la composizione visiva; più in generale, una clamorosa potenza espressiva: e il film si chiude con una delle immagini simboliche più forti di tutto il portentoso, sbalorditivo, imperdibile cinema di Kim Ki-duk.

 

 

 

Falso Movimento presenta Shame di Steve McQuenn

In questo ottavo incontro de ‘La Versione’, di apertura del nuovo anno – in linea con la politica di ‘Falso movimento’ tesa a non appiattirsi su temi concilianti, puntando invece a porre interrogativi (più che a dare risposte) – ho pensato di osare… e così di sottoporre all’attenzione del pubblico del cineforum (sempre interessato e sensibile ai temi forti e disturbanti) una pellicola che non lascerà indifferenti, e della quale nella scorsa stagione (in talk show e salotti della tv generalista) se n’ è parlato in maniera fuorviante.

Si tratta di Shame – secondo lungometraggio del regista Stevie McQueen – il quale non è un film scandalo sul sesso (semmai, paradossalmente, sulla sua mancanza) , e non è neanche un film sul narcisismo del trentenne bello e ricco, bensì è un film sull’assenza, sulla solitudine, la disaffezione, l’alienazione.

Il regista, anziché spiegare le mancate emozioni (come farebbe un presuntuso maestrino), ci fa invece vivere, in una New York patinata ma sempre luminosa e affascinante, il senso di vuoto e di mancanza del protagonista, attraverso la forza e potenza visiva delle immagini e della fotografia, in una parola: il cinema (a cui si associano le incantevoli e consequenziali Variazioni di Goldberg di J.S.Bach).

L’attore feticcio di McQuenn (un perfetto e alienato Michael Fassbender, fratello putativo di Bud Clay di The Brown Bunny, incontrato nel nostro primo appuntamento de ‘La Versione’) è Brandon, un giovane e benestante, con un lavoro trendy, un super-attico a Manatthan; veste bene, è bello e affascinante, fa jogging, frequenta ristoranti e locali di lusso.

L’atmosfera (adattata ai giorni d’oggi) sembra quella di “American Psycho” dello scrittore Bret Easton Ellis , in cui Paul è uno yuppie, che veste Armani, va in palestra, si cura con creme, ma è alienato e solo.

I tempi sono cambiati, è l’era di internet, che da formidabile strumento di comunicazione e conoscenza, è diventato, specularmente, un mezzo di alienazione, che Brandon sfrutta appieno, passando ore (sia a casa che al lavoro) su siti porno, scaricando di tutto e di più.

Il suo mondo è caratterizzato dal sesso sui siti; e quando passa dal virtuale al ‘reale’ lo fa con delle prostitute o con rapporti occasionali.

McQueen ci consegna dunque l’archetipo dell’individuo post-moderno, il quale, privo di basi culturali solide (Brandon infatti non si interessa a nulla) e di fiducia nel mondo, è incapace di vivere sentimenti reali.

Brandon è appunto uno zombie, che vive la sessualità nel suo aspetto più tragico, in un interscambio tra virtuale e reale volto a determinare solo disaffezione, e mai appagamento (sia fisico sia spirituale); vaga per la città, agisce meccanicamente, non dialoga, non comunica, non ha amici, nè interessi; esemplificativa è la scena di mancato sesso con una affascinante collega: non essendo virtuale e non essendo una prostituta, c’è la possibilità/rischio di aprirsi all’altro… e Brandon quindi fugge, così come fugge dal rapporto con la sorella Sissy (la Carey Mulligan di Drive, la ricordate?), che irrompe nella sua vita, chiedendo ospitalità.

Ma anche con la sorella, Brandon è incapace di intrattenere un rapporto reale; la rifiuta, le ripete che non può prendersene cura, la richiama alle sue responsabilità (pur sapendo che lui stesso non si è assunto la responsabilità più importante: affrontare l’esistenza)

L’approccio dei due è nettamente differente; ad un passato ingombrante (di cui non è dato sapere) rispondono, l’uno, attraverso un tenersi tutto dentro, che sfocia nel silenzio e in un sesso compulsivo, alienante e tutt’altro che poetico; l’altra per mezzo di gesti forti, grida, richieste esplicite di aiuto e comprensione.

I mondi dei due fratelli si toccano, ma non si incontrano; esploderanno entrambi, l’uno in senso fisico, l’altro sotto il profilo interiore (esemplificativa è una delle scene finali in cui l’espressione di Brandon, in un menage a troi sulle note di Bach, è di disperazione, anziché di piacere e godimento).

Shame – come anticipato – non è un film sul sesso.

E’ invece una pellicola sulla solitudine e sulla impossibilità di provare sentimenti; i movimenti meccanici dei rapporti sessuali, la fissazione per i siti porno e per i rapporti occasionali, sono solo un veicolo, non il tema (la disaffezione); tema che procede incessantemente e inesorabilmente – per mezzo del pedinamento dei gesti piatti e routinari di Brandon nei gironi infernali dello squallore – verso il suo epilogo: la doppia esplosione (di fratello e sorella), spunto forse (e si spera), di un nuovo inizio che magari cancellerà la vergogna (Shame) di non essere capaci di provare emozioni e sentimenti.

 

FalsoMovimento XVII/2012.2013: HOLY MOTORS Di Leos Carax

Oggi, 2 gennaio 2013, presso il Teatro Comunale di Rovito, verra’ proiettato il film, inedito in Italia, HOLY MOTORS Di Leos Carax.

Ventiquattro ore nella vita di Monsieur Oscar (Denis Lavant), un personaggio molto particolare che viaggia da una vita all’altra, cambiando in continuazione identità. A capo di un’industria, assassino, mendicante, mostro, padre di famiglia: ora è un uomo, ora una donna, un giovane o un vecchio. Vive così di continuo vite in prestito, esistenze che non gli appartengono. Costretto a stare da solo, l’unica persona che gli è vicino è Céline, l’autista bionda della limousine che lo porta da un posto all’altro per le vie di Parigi. Come un assassino che si muove consapevole da un colpo all’altro, è alla ricerca di un bel gesto da compiere, di una misteriosa forza guida, delle donne e dei fantasmi di vite passate.
Enfant prodige del cinema francese negli anni Ottanta, ma noto al pubblico soprattutto per “Gli amanti del Pont-Neuf” diretto nel 1991, Leos Carax non faceva un film dalla fine degli anni Novanta. Nell’ultima edizione del festival di Cannes il grande ritorno con questo “Holy Motors”, per molti il film da ricordare, il vincitore “morale” della kermesse cinematografica.
Difficile parlare di questo film bizzarro quanto intrigante e ricco anche di trovate visive affascinanti (per esempio la parte relativa all’incarico di Oscar nel motion capture). Un viaggio metaforico nella vita, nel ruolo di attore, nel cinema. Diverse chiavi di letture che si possono dare a un film che non si preoccupa di dare precise risposte.
Protagonista non poteva che essere l’attore feticcio del regista: Denis Lavant. Straordinario nell’alternarsi di un “appuntamento” a un altro, nella trasformazione interiore e fisica imposta dal viaggio nella vita degli altri. Un film folle, dove bisogna provare a farsi trasportare da una logica onirica, surreale per non rimanerne lontani e apprezzarne la stravagante bellezza.
Nel cast, oltre a Edith Scob (l’assistente) e Michel Piccoli (che interpreta quello che sembra essere il capo di Oscar), figurano anche Kilye Minogue ed Eva Mendes.

http://youtu.be/yQJrVEgOPRk

FalsoMovimento XV/2012.2013: Incontro con Giulia Merenda/proiezione di COME POSSO di Giulia Merenda.

Negli anni ’70, nei fumetti, un mestiere da maschi, entrava di prepotenza Cecilia Capuana, siciliana trapiantata a Roma e poi a Parigi. Il cineforum Falso Movimento ha il piacere di presentare il documentario della sceneggiatrice e film-maker cosentina Giulia Merenda Come Posso che racconta il percorso artistico e umano di una donna le cui tavole a fumetti hanno attraversato gli anni settanta e ottanta affrontando le urgenze del suo tempo. L’appuntamento è in programma domenica 23 dicembre alle ore 20.30 a Rovito nei locali del Teatro Comunale. Sarà presente l’autrice, Giulia Merenda, che prima della proiezione converserà con Ugo G. Caruso, storico del cinema, già critico di fumetti del quotidiano L’Unità per oltre dieci anni a cavallo tra gli anni ottanta e i novanta.
Il documentario sarà anche un viaggio nell’epoca d’oro del fumetto italiano, come testimonia la voce di Tanino Liberatore, celebre disegnatore di Ranxerox, tra i protagonisti di quegli anni, e anche lui ora a Parigi.
E poi il capitolo sul fumetto francese, con Jean Pierre Dionnet, sceneggiatore di bandes desinées, direttore ed editore nel 1975 della rivista di Moebius, Métal Hurlant, di cui racconta la straordinaria vicenda, a suggellare il ricordo di un momento irripetibile di fermento e cultura.
I fumetti di Cecilia Capuana colpiscono perché espressione di un immaginario iconoclasta e irrequieto che rappresenta e critica la sessualità, i segni del potere e il femminile. Le sue tavole recuperano il disegno classico dal rinascimento al simbolismo di Blake e De Chirico, e approdano, proprio, nelle pagine di Metàl Hurlant, la rivoluzionaria rivista francese che pubblicò dei grandi fumettisti italiani una sola donna: Lei. Lei che ha vissuto in prima persona le istanze del femminismo, di quel femminismo dissacrante che ha dato, poi, vita alla rivista francese Ah!Nana e che ritroviamo in AlterLinus, alla ricerca di una sessualità non confezionata e di una maternità anche artistica.
I suoi fumetti danno vita con grande ironia a un immaginario, ricco, di rottura, che né il cinema né la letteratura in Italia hanno evocato con tanta potenza.
Quello di Cecilia Capuana è un fumetto imparentato con il cinema per le citazioni di cui si nutre, perché lei, fa da ponte fra Moebius e Fellini, per la stretta collaborazione con Zapponi che sceneggiava i sogni in celluloide dello stesso Fellini. Della sua contiguità con quel mondo è testimone Mario Monicelli che con la Capuana intreccia un lungo dialogo rievocando un’amicizia e inevitabilmente raccontando di sé in una delle sue ultime apparizioni.
Come Posso è prodotto da Giulia Merenda e Silvia Giulietta per iFrame.

Incidente sulla 107, un morto e tre feriti

ROVITO (COSENZA) – Il bilancio è di un morto e tre feriti quello dell’incidente stradale avvenuto nel pomeriggio allo svincolo di Rovito della superstrada 107 Silana-Crotonese. La vittima e le persone rimaste ferite si trovavano a bordo di due auto, una Fiat Stilo e una Lancia Y10, che, per cause in corso di accertamento, si sono scontrate frontalmente. Sul posto sono intervenuti i carabinieri, la polizia stradale, i mezzi di soccorso del 118 e i vigili del fuoco di Cosenza.

FalsoMovimento: L’AVVENTURA DI ARTHUR CURTIS / THE BOX a cura di Ugo G. Caruso

Mercoledi 19 Dicembre doppio appuntamento cinematografico organizzato dal gruppo FalsoMovimento di Rovito.

Alle ore 20,30 verra proiettato L’AVVENTURA DI ARTHUR CURTIS (1960). Trasmesso per la prima volta in Italia dalla RAI il 12 aprile 1964, diretto da Ted Post con Howard Duff, Frank Maxwell, Eileen Ryan, David White, Gail Kobe, Peter Walker, William Idelson, Susan Dorn.

Arthur Curtis arriva in ufficio, scambia due parole con la sua segretaria Sally e tenta di fare una telefonata. E’ molto seccato quando scopre che il telefono non funziona, ma il disappunto lascia il posto allo sbigottimento quando Curtis sente alle spalle una voce gridare “Stop!”. Si volta e scopre che una parete dell’ufficio è scomparsa e al suo posto ci sono una troupe cinematografica, accecanti riflettori, ingombranti apparecchiature e un regista molto, molto nervoso che continua a chiamarlo Jerry…

Alle ore 21.00 THE BOX (2009) di Richard Kelly, con Cameron Diaz, James Marsden, Frank Langella, James Rebhorn, Holmes Osborne.

Norma e Arthur Lewis sono una giovane coppia, sposata con un figlio piccolo. Un giorno alla porta di casa loro, in un tranquillo quartiere residenziale, bussa uno sconosciuto che gli consegna una misteriosa scatola di legno con un bottone. L’uomo gli rivela che premendo il pulsante sulla scatola riceveranno un milione di dollari, ma che, alla pressione, qualcuno nel mondo morirà. Norma e Arthur avranno solo 24 ore a disposizione per decidere cosa fare, se premere il pulsante e uccidere uno sconosciuto o rinunciare ai soldi di cui avrebbero bisogno, dopodiché la scatola gli sarà portata via.

FalsoMovimento/Ombre Sonore #2: MARLEY di Kevin Macdonald – Introduce Eliseno Sposato

Giovedi 13 dicembre ore 20.30, presso il Teatro Comuncale di Rovito, verra’ proiettato il docu-film Marley di Kevin Macdonald, introdotto da Eliseno Sposato.

Bob Marley. La sua musica e il suo messaggio di amore e redenzione sono conosciuti in tutto il mondo e la sua storia è stata finalmente riportata in vita grazie al lavoro e al talento di Kevin Macdonald. Il fascino universale di Bob Marley, il suo impatto sulla storia della musica e il suo ruolo di profeta politico e sociale restano ineguagliati. La sua musica e il suo messaggio trascendono le barriere culturali, linguistiche e religiose, echeggiando ancora oggi in tutto il mondo, con la stessa forza di quando lui era ancora in vita. Solo pochissimi musicisti hanno avuto un impatto così forte sulla cultura e Bob Marley, nonostante la breve vita, è tra questi.

“Questo film è importante perché, nonostante in passato siano state fatte molte cose su Bob, credo sia la prima volta che viene data alla gente la possibilità di sentirsi emotivamente vicina a Bob come uomo, non come leggenda del reggae o come figura mitica, ma attraverso la sua vita di uomo”. Ziggy Marley