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‘Come al cinema’ di Hannelore Cayre. Piccola fiaba giudiziaria tra straniamento, scene madri e paradossi

E se la giustizia non fosse altro che l’ennesima messa in scena di uno spettacolo che non si rinnova mai, 9788849843750_15E0049_Cayre_Piatto_HR dove a influenzare il giudizio è l’appeal più o meno affabulatore del primo attore? Se in un processo avessero maggior peso le intuizioni e le convinzioni personali piuttosto che l’effettiva innocenza o colpevolezza dell’imputato? Cosa accadrebbe se, come al cinema, bastasse rimanere comodamente seduti in poltrona e lasciar scorrere innanzi agli occhi la propria vita e quella altrui, in un’ordinaria sequela di ripensamenti, rimpianti, speranze, ambizioni e piani sequenza stagnanti? Questi gli interrogativi che Hannelore Cayre, scrittrice, regista e avvocato penalista francese, sembra voler proiettare sul lettore con la sua intensa piccola fiaba giudiziaria dal titolo Come al cinema uscita per i tipi di Rubbettino editore lo scorso aprile.
Giovane e affascinante rapinatore di banche, Abdelkader Furier si trova a Chaumont, località dell’Haute Marne, per affrontare il processo a suo carico. Sullo squattrinato ragazzo, che ha dalla sua oltreché un’eclatante avvenenza solo Jean e Anne Boylé, coppia d’avvocati di grido, incombe la pena all’ergastolo pretesa dal presidente della Corte d’assise, il temuto e implacabile ‘macellaio dell’Haute Marne’. Le ragioni di un simile accanimento sono da individuare nelle contraddizioni culturali e sociali delle quali il giovane rapinatore, figlio di madre algerina e padre normanno, è veicolo. “Là dove un osservatore parlerebbe di una giustizia secondo il colore della pelle del soggetto, il vecchio vedhannelore-cayreeva una sana misura di profilassi sociale. […] Quel povero ragazzo, quell’essere incomprensibile che rispondeva al nome di Abdelkader Furier, avrebbe senza dubbio buscato, a tamburo battente, la pena massima, con l’unanimità dei dodici giurati guidati dalla grande verve di Anquentin”.
Intanto, mentre a Chaumont si schiera la coppia d’assi dell’avvocatura parigina, poco distante, ospite di un semisconosciuto festival del cinema sulla Resistenza, dà mostra di sé e della propria malandata esistenza Ètienne Marsant, attempato divo del grande schermo, pieno di acciacchi e di questioni irrisolte, con l’inquietante timore della morte alle calcagna. “Una paura panica, sul genere di quella che vi fa nascondere sotto i sassi del vostro acquario purché Dio soprattutto non vi noti più”.
L’incontro tra i due principi del foro e la vecchia gloria del cinema nazionale condurrà alla messa in scena di un finale imprevedibile, dai risvolti paradossali e assurdi che non mancheranno di regalare al lettore intensi attimi di genuino divertimento. Hannelore Cayre mette quindi in scena ciò che conosce meglio: il cinema e la giustizia. L’autrice allestisce un set di caratteri spigolosi, luci soffuse e colori caldi che si alternano mostrando le molteplici angolazioni di una umanità esasperata, chiamata a fare i conti con l’assurdo cinismo della vita quotidiana.
La giustizia diviene uno spettacolo il cui gradimento sarà il termine di salvezza. I buoni sentimenti sono messi al bando, ciò che conta è solo l’illusione che il bello sia qualcosa che possa durare in eterno, in uno show che deve continuare nonostante i protagonisti si sentano ormai estranei ed esausti.
Dunque, cos’è la giustizia se non uno schermo nel quale il bene e il male si alternano strizzando a turno l’occhio allo spettatore? E quest’ultimo, comodo nella propria poltroncina, potrà quindi seguire la piccola fiaba giudiziaria, dalle venature nere e dai richiami camusiani, fino a che il sipario non calerà in maniera definitiva, lasciandosi dietro l’ironia di un racconto che ha avuto l’ardire (e il merito) di aver saputo illustrare brandelli d’esistenza con toni leggeri, puntuali, ma mai superficiali. Non rimarrà che l’attesa dei titoli di coda, come al cinema, appunto.

 

 

Daniela Lucia

L’assessore Caligiuri nelle scuole per il programma “Libriamoci”

 Terminerà domani la manifestazione“Libriamoci”, che si sta svolgendo, dallo scorso 29 ottobre, in tutte le scuole italiane su iniziativa del Ministeri dell’istruzione e dei beni culturali. La Calabria, che è l’ente pilota a livello nazionale, è in assoluto la prima regione d’Italia ad animare l’iniziativa con 312 progetti. All’iniziativa sta partecipando anche l’assessore Mario Caligiuri. “Libriamoci – ha dichiarato Caligiuri – rappresenta un primato positivo che conferma la grande vitalità della scuola calabrese e l’attenzione verso la dimensione fondamentale della lettura. Ieri oggi e domani, in tutta la Calabria, in tutte le scuole, si stanno svolgendo centinaia di iniziative che sottolineano il significato della lettura come premessa indispensabile di ogni progresso personale, economico e civile”. L’assessore Caligiuri ha partecipato questa mattina a Soveria Mannelli nella sala “Ermanno Critelli” della Rubbettino Editore, dove il “Liceo Scientifico “Costanzo” di Decollatura, diretto da Antonio Caligiuri, ha organizzato una serie di manifestazioni non stop. Successivamente si è recato all’Istituto Nautico di Pizzo Calabro, diretto da Francesco Vinci, e poi all’Istituto “Piria” di Rosarno dove la dirigente Maria Rosaria Russo ha illustrato i video che gli studenti ed i docenti hanno predisposto per l’occasione. Nel pomeriggio ha fatto tappa al Liceo Scientifico “Valentini” di Castrolibero con la dirigente Iolanda Maletta e domani mattina, ultimando la presenza nelle cinque province calabresi, concluderà le letture al Liceo Classico “Pitagora” di Crotone alla presenza della dirigente Ornella Campana.

Il Parto delle nuvole pesanti tra i libri

COSENZA – Nessuno si salva dagli effetti nefasti di una crisi che non guarda in faccia neanche la creatività e anche il mercato discografico si trova a dover fare i conti con un calo di vendite e di profitti che sembra quasi irreversibile.

Negli ultimi anni la necessaria rivoluzione digitale, che offre l’opportunità di scaricare comodamente i file direttamente dalle rete, ha portato a una tragica decrescita delle vendite dei cd e a pagarne le conseguenze sono soprattutto le case discografiche che pur di vendere qualche disco in più scendono a qualsiasi compresso, hipoppari che anche cotto e mangiato va bene purchè si vada in televisione e rocker che diventano giudici dell’ennesimo talent ed ecco che anche quel poco di passione e di onestà intellettuale che restava se ne va a farsi fottere.

Ma poi c’è “…In Libreria si Cambia Musica” un progetto che è più un estremo tentativo per ridare alla musica il suo valore di unicità, un’alleanza fra due case di produzione culturale, quella discografica e quella editoriale, nello specifico la MK Records e la Rubbettino Editore, che ha come obiettivo quello di portare nelle librerie calabresi i dischi degli artisti del Sud Italia e in particolar modo degli artisti calabresi.

Chi ha sposato a pieno questo progetto è la band calabrese il Parto delle nuvole pesanti che ieri sera all’Ubik di Cosenza si è esibita in un intimo showcase per presentare il nuovo album “Che aria tira”, un album socialmente utile che nei suoi dieci inediti racconta i problemi della Calabria facendoli diventare parte dell’intera identità umana.

Un album quadrato all’esterno e tondo all’interno, spiega sorridente il leader Salvatore De Siena, che fonde diversi stili da quello etno-rock a quello elettronico e che racconta con rabbia il nostro tempo, i vinti, quelli che cadono sempre lungo la strada.

Un album che vanta diverse collaborazioni, da quella con Carlo Lucarelli che recita dei versi nel pezzo “La nave dei veleni” sulla misteriosa vicenda del relitto affondato al largo delle coste calabresi, a quella con Fabrizio Moro nel pezzo “Crotone” sullo stupro ambientale di cui sono artefici le  ecomafie.

La musica e i libri si uniscono per combattere una crisi che continua a dividere, si alleano per ridare il giusto valore a quelle cose che danno forma al nostro modo di guardare al mondo, insieme per concederci un unico grande lusso quello di fermarsi, di lasciare che il tempo scorra tra le note di una canzone o tra le pagine di un libro senza stargli continuamente dietro.

Gaia Santolla