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Processo ‘Sangue Infetto’: annullata assoluzione per Bossio, ex primario all’Annunziata

COSENZA – La Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’avv. Massimiliano Coppa, difensore dei familiari di Cesare Ruffolo, insieme con gli avv. Luigi Forciniti e Giovanni Ferrari, avverso la sentenza di assoluzione della Corte di Appello di Catanzaro nei confronti del dott. Marcello Bossio, ex primario di Immunoematologia dell’Ospedale di Cosenza, difeso dall’avvocato Carratelli.

L’avv. Coppa, difensore dei congiunti di Cesare Ruffolo, aveva richiesto l’annullamento della sentenza di assoluzione del dott. Marcello Bossio, mediante un lungo ed articolato ricorso depositato immediatamente dopo il deposito della sentenza di assoluzione della Corte di Appello di Catanzaro. Successivamente, anche la Procura Generale della Repubblica di Catanzaro aveva proposto ricorso contro l’assoluzione invocando l’annullamento della sentenza.

La Corte di Cassazione, previa richiesta di accoglimento del ricorso del legale della famiglia Ruffolo da parte del Procuratore Generale della Cassazione, ha quindi annullato senza rinvio ai fini penali la sentenza di assoluzione di Bossio per intervenuta prescrizione e non perché il fatto non sussiste, per come motivato precedentemente dalla Corte d’Appello di Catanzaro quale giudice del rinvio, annullando anche la sentenza ai fini civili, rinviando al giudice civile competente per valore che dovrà quantificare, dunque, il danno da reato accertato con le precedenti sentenze di merito, evidentemente confermando la sussistenza di condotte rilevanti poste in essere dal dott.Bossio nell’esercizio delle proprie funzioni di primario del Servizio di Immunoematologia dell’Ospedale di Cosenza in relazione al decesso di Cesare Ruffolo.

La decisione della Corte di Cassazione – le cui motivazioni non risultano ancora disponibili – conferma, pertanto, l’esistenza del medesimo fatto e delle medesime condotte ritenute di rilievo dagli Ermellini per il decesso del sig. Cesare Ruffolo, avvenuto in poche ore a seguito di somministrazione di sacca di sangue infetto da serratia marcences, precedentemente già accertate dalle due sentenze di condanna del Tribunale di Cosenza e della Corte di Appello di Catanzaro, che avevano cristallizzato le prove che giustificassero le condanne anche in riferimento alla gestione complessiva ed organizzativa dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza.

Le difettualità di condotta erano state già individuate a suo tempo dalla Procura della Repubblica di Cosenza, a seguito del complesso l’impianto accusatorio ricostruito dai P.M. Salvatore Di Maio e Paola Izzo, sulla scorta delle indagini del NAS dei Carabinieri di Cosenza e dei vari accessi delle Commissioni Ministeriali disposti dall’allora Ministro della Salute Beatrice Lorenzin.

Cosenza, “sangue infetto”. La famiglia Ruffolo impugna la sentenza di assoluzione

COSENZA – I difensori dei familiari di Cesare Ruffolo, gli avvocati Massimiliano Coppa, Giovanni Ferrari e Luigi Forciniti, hanno depositato il ricorso per cassazione per chiedere l’annullamento della sentenza di assoluzione del dott. Marcello Bossio, primario del reparto di immunoematologia dell’Ospedale di Cosenza quando a Cesare Ruffolo fu somministrata una sacca con sangue infetto da serratia marcescens che lo condusse a morte in poche ore.

La famiglia Ruffolo infatti, fa sapere che “..non ritiene coerente la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Catanzaro quale giudice del rinvio, dopo due sentenze di condanna che avevano cristallizzato le prove di colpevolezza del primario Bossio e della gestione complessiva ed organizzativa dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza, individuate dalla Procura della Repubblica di Cosenza, a seguito del complesso l’impianto accusatorio ricostruito dai P.M. Salvatore Di Maio e Paola Izzo, sulla scorta delle indagini del NAS dei Carabinieri di Cosenza e dei vari accessi delle Commissioni Ministeriali disposti dall’allora Ministro della Salute Beatrice Lorenzin”.

Ed infatti, precisa la famiglia, che “..le ispezioni Ministeriali disposte dal 2012 e fino all’agosto del 2013 avevano accertato che le non conformità rilevate durante le visite ispettive all’interno del centro trasfusionale dell’Ospedale di Cosenza, dove transitarono e furono verificate le sacche infette, contribuirono a determinare le condizioni predisponenti la genesi dell’infezione post trasfusionale contratta dai pazienti dei quali uno deceduto..”.

Intanto, anche la Procura Generale della Repubblica di Catanzaro, ha impugnato l’assoluzione di Bossio emessa dalla Corte di Appello di Catanzaro rilevando l’assoluta erroneità della motivazione con la quale i giudici di Appello avevano mandato esente da responsabilità il medico con la formula per non aver commesso il fatto, rilevando numerosissime criticità nella condotta del Bossio in qualità di primario ospedaliero in posizione apicale.

Del resto, le sentenze del Tribunale di Cosenza e della Corte di Appello di Catanzaro precedenti al giudizi di rinvio, avevano messo a nudo un sistema di gestione molto discutibile e di chiara matrice difettuale oltre che non idoneo a garantire i minimi livelli di assistenza adatti ad un ospedale come quello di Cosenza, per come agevolmente evincibile dai rapporti ispettivi ministeriali, soprattutto in riferimento all’ interscambio ed all’approvvigionamento dal sangue necessario per tutte le attività sanitarie assistenziali oltre che in riferimento ai meccanismi di controllo.

Hanno concluso gli avvocati della famiglia: “Che l’esercizio dell’ars medica sia suscettibile di dar luogo ad errori e a potenziali responsabilità nell’alveo penale ed in quello civile, rappresenta una implicazione condivisa con qualsiasi altra attività umana, ma la vicenda del paziente Ruffolo ha investito inaspettatamente e con troppa violenza la sua famiglia con una inaccettabile inferenza sul rapporto fiduciario tra il cittadino ed il diritto alla salute irrimediabilmente compromesso, oltre che con una inspiegabile indifferenza della parte contrapposta. La vicenda impone il vaglio della Corte di Cassazione – e condividiamo pure i motivi di ricorso proposti dal Procuratore Generale di Catanzaro – non fosse altro che per quelle esigenze di garanzia riconnesse all’esercizio dell’attività medica che prevedono specifici spazi di interlocuzione tra tutti i soggetti del rapporto”.

Nonostante le plurime responsabilità accertate a carico dei soggetti che a vario titolo presero in carico il loro congiunto la famiglia Ruffolo, poi, segnala ancora anche il totale silenzio mantenuto dai vertici dell’Ospedale di Cosenza in tema di risarcimento del danno per la morte del proprio congiunto, nonostante le molteplici quanto gravissime criticità rilevate dagli Organi di Vigilanza ministeriale intervenuti. La parola passa alla Corte di Cassazione.

Ancora provvedimenti per i casi di sangue infetto

Cosenza. I detective per la Tutela della salute dell’Arma sono tornati ieri a San Giovanni in Fiore per interrogare altra gente  in grado di dare particolari rilevante sul meccanismo della raccolta, conservazione e distribuzione delle sacche ematiche. I Nas vanno alla ricerca di altri indizi per scoprire come e perché quel plasma contaminato possa essere stato utilizzato per scopi terapeutici nell’ospedale dell’“Annunziata”. Intanto,la prossima settimana si terrà una conferenza stampa dei vertici della Direzione Aziendale, nella sala convegni di via San Martino, organizzata per «informazioni sulla attuale situazione di criticità dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza». Intanto in queste ore anche la Regione si sta dedicando al Centro trasfusionale dell’“Annunziata”.

Sangue infetto:si indaga sul centro trasfusioni

Cosenza. L’inchiesta sul sangue nero che ha ucciso un paziente e provocato un malore grave a un altro ruota attorno al Centro trasfusionale dell’“Annunziata”. Elementi che sarebbero contenuti nella relazione redatta dalla Commissione d’accreditamento regionale al termine di una accurata ispezione effettuata nell’ottobre dello scorso anno. Un sopralluogo dal quale emerse una valanga di criticità che gli ispettori annotarono sui verbali che notificarono ai responsabili delle strutture interessate. In sessanta punti altrettante prescrizioni che non sarebbero state, però, mai prese in considerazione. La Procura ha acquisito il voluminoso rapporto della struttura commissariale regionale. E, intanto, ieri, con duro documento, la Cgil calabrese ha preannunciato azioni di lotta per fermare il declino della Sanità regionale.