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A Cosenza si svela la scultura in memoria di Giacomo Mancini

COSENZA – Con apposita Delibera di Giunta, l’amministrazione comunale di Cosenza ha accettato la consegna in comodato d’uso ed ha autorizzato la posa in opera sull’isola pedonale di Corso Mazzini, nei pressi della caserma dei Carabinieri, della scultura in memoria di Giacomo Mancini per celebrare il ventesimo anniversario della scomparsa dello statista cosentino.
“Abbiamo accolto – ha affermato il sindaco Franz Caruso – la proposta della Fondazione Giacomo Mancini, di celebrare con l’installazione dell’opera di Domenico Sepe, il ventennale della scomparsa di Giacomo Mancini, figura rappresentativa nella storia del socialismo italiano. Tanto ha fatto per il Paese e per Cosenza a cui ha dedicato gli ultimi anni della sua vita ricoprendo la carica di Sindaco”.
“Con la Fondazione che porta il suo nome e insieme ai cosentini – ha concluso il sindaco Caruso –  ricorderemo, dunque, Giacomo Mancini a vent’anni dalla  scomparsa, lunedì 25 aprile alle ore 11.30 con la svelatura della statua commemorativa  che lo ritrae ad altezza naturalee che sarà posizionata all’inizio di Corso Mazzini”.

 
 
 
 
 
 
 

Corti Cosenza, domani ospite “Il cacciatore” Francesco Montanari

COSENZA – Penultimo incontro con ragazzi e cittadinanza per “Corti Cosenza”, la rassegna organizzata da Teatro in note e guidata dal direttore artistico Vera Segreti. Sabato 24 marzo, a partire dalle ore 9, la Sala Quintieri del Teatro Rendano, in piazza XV Marzo a Cosenza, ospiterà l’incontro con l’attore Francesco MontanariF, protagonista della fiction “Il cacciatore”, ispirata al lavoro del magistrato Alfonso Sabella, autore del libro “Il cacciatore dei mafiosi”. Dopo essere stato il Libanese in Romanzo criminale, ora Montanari va a caccia di criminali in prima serata su Rai uno. Un grande successo per l’attore che, con la serie tv ispirata alla Banda della Magliana, era arrivato a Cannes. Dopo gli studi all’Accademia nazionale d’arte drammatica, tanto teatro, cinema e cortometraggio che gli hanno portato il Nastro D’Argento come miglior attore dell’anno 2014 con il corto “Mala Vita”. Nel suo curriculum c’è anche il Premio Guglielmo Biraghi alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia come attore emergente 2011. L’edizione 2018 di “Corti Cosenza” ha per tema “Il vuoto e il pieno: tra dipendenza e solitudine”, temi molto delicati che riguardano il mondo dei più giovani.

Teatro in Note e le mostre di fotografia e scultura

Teatro in note ha allestito, inoltre, due mostre. “La città antica. Il tempo rinasce sempre ” è la mostra di fotografia (curata da Daniele Bilotto), e scultura (di Mario Sposato), che prenderà il via sabato 24 marzo nella Sala Giacomantonio della Biblioteca nazionale di Cosenza. Parallelamente a questa, verrà inaugurata la collettiva di pittura dal tema “Il vuoto e il pieno: tra dipendenza e solitudine” con le opere degli artisti Rodin Sotolongo, Alejandro Garcia, Yoemir Alfonso Almeida e Francesco Iozzi. Le mostre saranno introdotte dal direttore della Biblioteca nazionale di Cosenza Rita Fiordalisi alle ore 16 e si potranno visitare fino al 31 marzo.

Cosenza, tutto pronto per la nuova statua di Alarico

COSENZA – «Sabato 5 novembre alle 12 a Cosenza sarà inaugurata la statua di Alarico realizzata dall’artista Paolo Grassino, posizionata alla confluenza dei fiumi Crati e Busento. Saranno presenti: il sindaco Mario Occhiuto, il prefetto Gianfranco Tomao, Mario Bozzo presidente della Fondazione Carical che ha finanziato la statua, il sottosegretario dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo Dorina Bianchi e Mario Pagano della Soprintendenza di Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Catanzaro, Cosenza e Crotone con cui proprio di recente è stato firmato il protocollo d’intesa per l’avvio degli scavi». Lo comunica una nota del portavoce del Comune di Cosenza. «In questi anni abbiamo lavorato molto per creare una vocazione turistica della nostra città – afferma il sindaco Occhiuto – e oggi sono già visibili i primi risultati. Siamo terzi in Calabria per presenze turistiche dopo Tropea e Reggio Calabria. Abbiamo infatti lavorato sull’organizzazione della logistica, creando percorsi ed itinerari turistici con il pullman ScopriCosenza e con punti informativi, guide e materiali di supporto (compresa la guida Touring Club). Adesso è stata completata la scultura dell’artista Paolo Grassino che raffigura Alarico sul cavallo. Realizzata grazie ad un finanziamento della Fondazione Carical, la statua è stata posizionata nei pressi della confluenza dei fiumi Crati e Busento. È una iniziativa strategica – spiega il primo cittadino – per rafforzare la vocazione turistica della nostra città perchè ‘Alarico sul cavallò costituirà un simbolo per i tanti visitatori che già arrivano a Cosenza e si recano sul Busento attratti dalla storia straordinaria del tesoro del re dei Goti». «Il cavallo del progetto è ferito – spiega l’artista Paolo Grassino -. Non ha gambe. È reduce da cento battaglie. Fantasma. Viene sorretto e innalzato come una giostra per i bimbi da quattro linee-tubi-trampoli o come le impalcature di un cantiere. Non c’è trionfo in questo gesto ma la radicale volontà di staccare l’opera e il mito dalla superficie della terra. Sradicare il monumento equestre dal terreno crea un meccanismo che riconverte l’oggetto materiale in dispositivo per accompagnare l’osservatore su una dimensione immateriale. Qualcosa di più simile all’inesprimibile, al segreto. Il re guerriero è in piedi e con i piedi rimane collegato al suo destriero, non si abbandonano, hanno un comune destino. La figura riemerge dall’acqua e ci interroga dopo secoli. Uno scarto temporale. Forse il mito come la scultura rimane in quel limbo senza tempo dove tutto è cristallizzato. La fusione del metallo ferma l’idea, una resistente impresa donata ai secoli. La superficie della scultura è rivestita da una pelle di linee in rilievo che rende omogenei i tre elementi cardini dell’opera. Il cavallo, il re e la struttura che li sorregge, sono legati insieme dallo stesso derma, da una buccia di onde che ridisegnano le forme e coprono i dettagli della figurazione che non sempre lascia eventualità aperte per l’interpretazione personale. L’intento di questo progetto è di proteggere un segreto, esporlo ma tenerlo coperto da un ‘velò. Rispettare e tentare di non dare delle risposte a degli eventi in modo razionale. Lasciare che un mistero rimanga tale e sentirsi appagati nel condividere questo».

Per i 110 anni della Bcc Mediocrati l’artista Silvio Vigliaturo realizza Lady B

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Cosenza ( Cs) – L’artista e maestro del vetro Silvio Vigliaturo è al lavoro su una nuova imponente scultura monumentale, che verrà posizionata all’ingresso del Centro Direzionale della BCC Mediocrati a Rende (Cs) e presentata al pubblico venerdì 24 giugno 2016, in occasione del 110° anniversario della banca. L’elegante struttura progettata da Vigliaturo, composta da un intricato scheletro in acciaio satinato, fatto di pieni e vuoti in cui si inseriscono i variopinti interventi in vetro, materia prediletta dall’artista, è intitolata Lady B e si presenta come una raffigurazione femminile simbolica e allegorica della banca di credito cooperativo. Nella mano sinistra, tesa verso il cielo, è adagiata una Melagrana, frutto dalla scorza dura che conserva al suo interno innumerevoli chicchi rossi, profumati e succulenti, simbolo di unione, di quel motto “insieme ce la si può fare”, che è il cuore del credito cooperativo. Nel grembo della donna, è contenuto il prezioso Oro, di cui si fa custode fidata. Poco sotto, quasi a completarne il vestito, sono posizionati dei fiori vivi di colori sgargianti: è la Natura che si presenta in tutta la sua bellezza e armonia, preziosa quanto e più dell’oro, anch’essa va conservata per le generazioni future. Ai piedi della scultura, che misurerà oltre cinque metri d’altezza, è posizionato un libro, in cui è scritta la storia dello strettissimo legame tra la Banca e il suo territorio, che porta sulla copertina il simbolo del credito cooperativo: il Sigillo di Salomone, composto da due C intrecciate, che sottolineano ulteriormente il concetto di unità alla base del credito cooperativo.A una prima fase di progettazione, seguirà la costruzione vera e propria della scultura, che l’artista realizzerà nel suo studio-bottega di Chieri, in provincia di Torino, dove i grandi forni per la fusione del vetro plasmeranno la materia per catturare le suggestioni creative iniziali, dandogli forma, colore e vita.

 

 

L’Armonia degli Opposti nelle Tele di Agostino Bonalumi al Museo Marca

Rosso e Nero, 1968
CATANZARO- A pochi mesi dalla sua scomparsa, il MARCA dedica una grande retrospettiva all’artista Agostino Bonalumi, protagonista indiscusso della fervida stagione di rinnovamento artistico in Italia. La mostra, curata da Alberto Fiz e dal figlio dell’artista Fabrizio, ripercorre la sua carriera dalle prime prove di carattere informale fino alle sue recenti sperimentazioni. Per comprendere “l’alfabeto bonalumiano”, espressione coniata dal critico d’arte Gillo Dorfles, bisogna conoscere il clima all’interno del quale egli ha sviluppato la propria ricerca pittorica.
Nero, 2009

Durante i rivoluzionari anni ´60 nel mondo dell’arte avviene un’importante trasformazione: gli artisti sentono la necessità di smuovere la massa e di ridurre lo iato esistente tra opera d’arte e pubblico attraverso una serie di provocazioni e di sperimentazioni. Mentre il sodale Piero Manzoni sfida le regole del sistema dell’arte con la celebre “Merda d’artista” e con i suoi “Acromes” in polistirolo, Bonalumi non abbandona la pittura e realizza le prime “estroflessioni”: rigonfiamenti e avvallamenti della tela ottenuti grazie a particolari strutture retrostanti. Le tele monocromatiche presentano all’interno delle imbottiture in paglia o in gommapiuma che servono a dare un effetto scultoreo. In seguito, l’artista inserisce delle tavolette di legno e anche dei fili di ferro. Le prime tele sono cucite grazie all’aiuto della moglie con una vecchia macchina Singer acquistata a poco prezzo.

Come molti artisti della sua generazione, Bonalumi subisce il fascino dei celebri “tagli” di Lucio Fontana, ma il suo interesse principale non è varcare la superficie del quadro per raggiungere “l’infinito”, bensì dilatare lo spazio di là dello spettatore. Egli si propone di creare un rapporto simbiotico tra il quadro e chi osserva, dando così avvio a una pittura-oggettuale basata sul delicato equilibrio tra rigore geometrico e impatto sensoriale. Il culmine della sua ricerca è raggiunto con l’opera di quasi due metri e mezzo d’altezza intitolata Rosso e nero del 1968. Realizzata in ciré, materiale molto elastico e lucido, la tela è costituita da forme geometriche acuminate che si inseguono in una specie di arabesco vivificato da una luce molto intensa. L’universo pittorico di Bonalumi è un continuo andirivieni di linee rettilinee e convesse, di contrasti tra forze centrifughe e centripete.

Durante tutta la sua carriera l’idea progettuale rimane sempre quella: una perfetta sintesi tra rigore geometrico e sfera dei sensi. Se con la Scultura di bronzo del 2010 assistiamo a un’esaltazione di forme vibranti e baroccheggianti, con Nero si ha quasi la sensazione di trovarsi di fronte a un ventre materno. Un cambio di rotta nel percorso dell’artista lombardo avviene, alla fine dalla sua carriera, grazie all’uso del filo di ferro che determina un tracciato irregolare all’interno della tela. Infinite diramazioni, rettilinee e curvilinee, non scaturiscono più della volontà dell’artista ma sono determinate esclusivamente dal “caso”. Compare, dunque, una riflessione sull’azione della componente irrazionale prima assente nel suo lavoro.

Artista versatile, dedito anche alla poesia, Bonalumi sarà sempre ricordato per aver saputo instaurare un legame profondo tra opera d’arte e ambiente circostante e per aver ribaltato il concetto di visione con la messa a punto di un gioco di luci e ombre che provoca un senso di straniamento nello spettatore. Forse l’ambiguità e il fascino della sua opera scaturiscono proprio dalla presenza simultanea di elementi discordanti, oltre che da un’incessante smania di ottemperare una riconciliazione tra natura e artificio.

                                                                                                   Marianna Leone

Scultura di Bronzo, 2010

Condivisi: Moda, foto e teatro raccontano le maschere

LAMEZIA TERME (CZ) –  “Il romanzo meraviglioso nasce dalla capacità del romanziere di interpretare le maschere degli uomini attraverso la sua maschera-psiche per farne i volti dei suoi personaggi.” Con queste parole, di Aldo Busi nel Manuale del perfetto Papà, è possibile spiegare in breve la mostra di arte organizzata dall’associazione lametina inoper@, con il patrocinio del Comune di Lamezia Terme, che Sabato 15 e Domenica 16 Marzo ha animato la splendida location di Palazzo Nicotera.

Un mix di arte che va dalla fotografia alla pittura, passando per la moda, la scultura, il teatro. Artisti calabresi che hanno voluto mettersi in gioco per esprimere la loro visione della “Maschera”, il tema centrale della mostra espositiva “Condivisi”.

Già dai primi gradini del palazzo si respira un’aria di mistero e di farsa, tipica del periodo carnevalesco terminato pochi giorni fa. Ad accogliere il pubblico, Ilaria e Alfonsina, alcune modelle mascherate con il trucco, che camminano e sfilano tra sale del palazzo e tra le persone, accompagnandole e indossando gli abiti della celebre stilista lametina Elena Vera Stella, l’artista che crea capi per modelle, ma anche per persone comuni che vogliono un abito d’ Alta Moda, perché “la moda va sfruttata per esprimere se stessi e comunicare quell’Io che spesso si vuole nascondere dietro una maschera.”



Nella prima sala risalta subito all’occhio l’idea originale e innovativa di Riccardo Altieri e Antonio Renda, fotografi, che per la mostra scelgono uno shooting fotografico formato da location cittadine in bianco e nero, su ciascuna delle quali è impressa, con un eccellente lavoro di grafica, una maschera differente, tratta da celebri film del passato (tra cui The Mask, Batman, Hannibal Lecter, Pinocchio). Ma il nesso non è casuale, ha un senso ben definito (la maschera di V per Vendetta sul parco Peppino Impastato, come lotta alla criminalità ne è un esempio) ed è reso più comprensibile dalle citazioni che accompagnano ogni fotografia. La stanza scura è illuminata solo da luci colorate che danno una prospettiva camaleontica alle foto, donando un effetto molteplice ed assumendo quasi un significato diverso ad ogni colore.

Franz Mazza, fotografo, opta per uno shooting classico: la figura umana. E sopratutto il volto, “perché ogni volto, in sé, è una maschera; ossia, ogni individuo si rapporta alla “massa” nel modo in cui questa lo descrive. Ma ogni individuo ha più caratteri e più sfaccettature. Ci consideriamo “uno”, mentre la società ci considera “nessuno” o “centomila” a seconda della maschera che indossiamo.”

 

Damiano Cerra, fotografo, sceglie l’identità femminile: “la donna costretta dalla cultura e dalla società in cui vivono, a recitare il ruolo che gli viene assegnato.” E allora, nei suoi scatti la maschera è intesa come vestito che, una volta indossato, costringerà la donna a mettere in atto comportamenti a ruoli definiti: la donna forte e combattente come una guerriera amazzone; la donna sensuale a tutti i costi, ammaliatrice di uomini; la donna di casa, colonna portante della famiglia.

 

Ferdinando Cimorelli, pittore e scultore, guarda il contenuto della maschera: le sue sculture in arte pop, ritraggono soprattutto dei teschi. In particolare, da un ceppo di quercia (nella foto, in alto a sinistra), l’artista scava all’interno per mettere in risalto una metà di cranio, a voler indicare che ” anche se tutti indossiamo una maschera, scavando scavando, siamo tutti uguali.”

 

 

 


Riccardo Tropea
, pittore, indaga e spazia tra varie culture. Le sue opere, infatti, richiamano da un lato la mitologia greca (Pan, Zeus e Apollo), e quindi quel teatro greco dove le maschere servivano a caratterizzare il personaggio e dare un suono più udibile alla platea, fino a raggiungere i confini della Terra con i Maori ed il loro Moko: il tradizionale tatuaggio con cui questa popolazione dipinge i propri volti. “La maschera si fa identità. Una maschera che non cela, ma rivela; una non-maschera capace di raccontare la storia di un uomo. I segni vengono aggiunti man mano che l’uomo cresce e descrivono la sua vita, il suo lavoro, la discendenza e il clan di appartenenza.”

Conclude la mostra, Achille Iera, giovane attore lametino, impegnato in una eccezionale interpretazione di un monologo tratto dall’opera “Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello. Interpretazione resa ancora più affascinante da un blackout tecnico. E allora, l’ombra proiettata su un muro da una luce artificiale, impressiona: un uomo che parla, racconta qualcosa; un uomo che non è nessuno, perché ad eccezione del contorno, della forma, è tutto nero, senza dettagli; ma è anche centomila, perché ciascuno degli ascoltatori, in quell’ombra, può vederci se stesso.

L’associazione inoper@ ringrazia il Comune di Lamezia Terme, gli artisti che hanno partecipato, Igers Lamezia Terme e quanti hanno contribuito con qualche offerta e con la propria presenza a questa mostra culturale.
All’evento hanno partecipato gli assessori Giusi Crimi e Rosario Piccioni, oltre che al Sindaco Gianni Speranza.

 


Roberto Tarzia  

Finanziamento per il Museo Marca di Catanzaro

CATANZARO  – La Giunta regionale ha destinato 550 mila euro alla Provincia di Catanzaro per lavori di ristrutturazione della sede del Marca – Museo delle Arti di Catanzaro, per la realizzazione di una sezione dedicata alle sculture. Il finanziamento è stato proposto dall’assessore regionale alla Cultura Mario Caligiuri nell’ambito del Piano degli edifici storici, che va a completare il Piano dei beni culturali della Regione Calabria.  “Ringrazio il presidente Scopelliti e l’assessore Caligiuri – dice il commissario straordinario della Provincia Wanda Ferro –  per avere giustamente deciso di destinare queste risorse ad una struttura museale tra le più vive e dinamiche della scena nazionale, e che ospita eventi culturali di grande qualità capaci di dare un reale ritorno al territorio, in termini di economia, lavoro e di crescita sociale. Basti pensare allo straordinario successo dell’ultima mostra allestita al Marca, Bookhouse,  che ha fatto registrare uno straordinario numero di visitatori paganti, oltre ad una grande attenzione da parte delle stampa nazionale. Senza dubbio il successo del Marca è  un motivo di soddisfazione e di orgoglio per tutti i cittadini della provincia di Catanzaro, ed è giusto che venga salvaguardato e valorizzato l’impegno della Provincia di Catanzaro nell’arte contemporanea, che con l’attività espositiva del Marca, la Mostra Intersezioni e il grande patrimonio del Parco Internazionale della Scultura, rappresenta il più grande investimento culturale nella storia del nostro territorio”.