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Processo Meta, boss in aula con abiti stracciati. Non ammesso a deporre

REGGIO CALABRIA – L’udienza dinanzi alla Corte d’appello di Reggio Calabria del processo “Meta”, che vede imputati i capi della ndrangheta del “mandamento Centro”, ha fatto registrare oggi un episodio su cui gli inquirenti stanno indagando. Il boss Pasquale Condello, 66 anni, detto “il supremo”, capo del cosiddetto gruppo degli “scissionisti” (Condello, Imerti, Serraino, Rosmini) che ingaggiarono nella metà degli anni ’80 una sanguinosa guerra di ‘ndrangheta contro i De Stefano-Libri-Latella, si è reso protagonista di un gesto singolare e non ha testimoniato in video conferenza dal carcere di Parma, dove è ristretto in regime di 41 bis. Condello, per motivi ancora sconosciuti, voleva presentarsi nella saletta del carcere emiliano con abiti strappati, una bandana legata alla testa ed un sacchetto dei rifiuti in mano. La Corte ha negato al boss di partecipare all’udienza e lui ha deciso di non rispondere alle domande dei giudici e degli avvocati. Gli inquirenti ritengono che Condello, col suo gesto, abbia voluto mandare un messaggio ai suoi affiliati sulla cui natura sono in corso accertamenti. In primo grado il Tribunale ha condannato Condello a 20 anni di reclusione; a 27 anni Giuseppe De Stefano; a 20 anni ciascuno Giovanni Tegano e Pasquale Libri; a 17 anni e 9 mesi Cosimo Alvaro, boss di Sinopoli; a 23 anni Domenico Condello “Gingomma”; a 21 anni Antonino Imerti, omonimo e cugino del boss di Fiumara di Muro detto “Nano Feroce”; a 16 anni Domenico Passalacqua; a 10 anni Stefano Vitale; a 13 anni Natale Buda; a 16 anni Umberto Creazzo; a 23 anni Pasquale Bertuca; a 18 anni e 8 mesi Giovanni Rugolino; a 3 anni e 6 mesi Antonio Giustra; a 3 anni Carmelo Barbieri; a 6 anni Antonino Crisalli ed a 4 anni e 6 mesi Rocco Palermo. Il Tribunale ha inoltre disposto il pagamento di due milioni di euro per le parti civili pubbliche e di 500 mila euro per l’associazione Libera.