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Dal romanzo al teatro

COSENZA – Dal magnifico romanzo di Truman Capote all’indimenticabile film di Blake Edwards, dall’adattamento teatrale di Samuel Adamson alla vivace commedia di Pietro Maccarinelli, Colazione da Tiffany è proprio il tipico esempio di arte che diventa incessantemente altre opere d’arte.
Il Teatro Rendano di Cosenza nei giorni martedì 17 e mercoledì 18 aprile ospita uno dei pilastri della commedia d’amore americana, un classico senza tempo, un cult del teatro per l’appunto “Colazione da Tiffany” nella versione ultima di Pietro Maccarinelli.
Ad interpretare uno dei ruoli più intriganti della letteratura moderna, quello dell’adorabile e fragile Holly Golightly, è Francesca Inaudi mentre spetta a Lorenzo Lavia il compito di incarnare lo squattrinato e impacciato scrittore William Parson, probabile alter ego dello stesso Capote.
Ieri pomeriggio, qualche ora prima dell’inizio dello spettacolo serale, i due attori protagonisti hanno tenuto una conferenza stampa per la presentazione dello spettacolo, durante la quale sono intervenute anche l’ex sindaco e Presidente dell’Associazione socio-culturale “Angelina”, Eva Catione, e Isabel Russinova, responsabile della stagione di prosa del Rendano; a mediare l’incontro l’addetto stampa del Comune di Cosenza Giuseppe Di Donna.
Con una certa tracotanza divistica, la spigolosa Fracesca Inaudi racconta di non aver mai visto il film e di essersi ispirata a Marilyn Monroe, prima musa di Capote, per dare nuova vita a Holly e quando le chiedono di motivare questo ritorno in teatro dopo un’assenza lunga dieci anni, l’attrice con un decisa veemenza ci tiene a sottolineare di non averlo mai abbandonato ma solo di esserci tornata con un bagaglio diverso.
Lorenzo Lavia parlandoci della commedia spiega che prende totalmente le distanze dal film e che la messa in scena di Maccarinelli è una fedele trasposizione dell’opera di Capote tanto da rispettarne ogni singolo dettaglio, dal ritmo della conversazione alle diverse ambientazioni.
A concludere è l’intervento di Eva Catizone che esordisce ringraziando Isabel Russinova per la saggezza dimostrata nell’organizzare una stagione teatrale incentrata sulla figura femminile e continua dicendo “La Calabria ha bisogno di figure femminili positive, nella nostra regione ci sono donne che sono capo mafia e donne che ingeriscono dell’acido pur di non piegarsi. Lo sviluppo in questa nostra terra può avvenire solo ed esclusivamente attraverso la realizzazione di iniziative e politiche culturali”.

Gaia Santolla

“Occidente Solitario”, the black comedy

4 APRIL 2012 – “Occidente Solitario”, messo in scena ieri sera sulle “tavole” del teatro A.Rendano, è lo spettacolo tragi-comico scritto dal commediografo irlandese Martin Mc Donagh noto soprattutto per la regia cinematografica del film “In Bruges-La coscienza dell’assassino”.
Per la rappresentazione sono stati scelti quattro giovani, stelle del cinema e della televisione italiana,  Claudio Santamaria, che ha impersonato il fratello maggiore Coleman, Filippo Nigro nel fratello minore Valene, la giovanissima Nicole Murgia nella “Ragazzina” dedita, nonostante la sua tenera età, ad un’attività di contrabbando ed  infine Massimo De Santis che ha interpretato Padre Welsh, il parroco ubriacone e fuori dal comune che, non riuscendo a gestire la sua comunità di fedeli, sceglie di intraprendere la strada più semplice, il suicidio.
Il colombiano Juan Diego Puerta Lopez è il regista che ha curato e diretto in maniera originale questa black comedy in cui nulla è stato lasciato al caso; ogni gesto, ogni sillaba, ogni oggetto ha avuto, nella messa in scena, un ruolo fondamentale carico di phatos.
Oggetti emblematici della rappresentazione teatrale sono le innumerevoli statuine raffiguranti la vergine Maria, simbolo di una credenza ascetica, quasi mistica visto la vita non pudica dei personaggi.
Tutta la rappresentazione, infatti, è stata caratterizzata da blasfemie, bugie, riferimenti a omicidi e suicidi, litigi interminabili tra due fratelli che non riusciranno mai a riconciliarsi, anche se molto ruota intorno al “non detto”.
Gli eventi si sono susseguiti sempre in uno stesso “non luogo” ovvero nella piccola e lugubre stanza di una casa situata nella lontana, ma vicina, Irlanda che raffigura uno spazio universale abitato dall’intero genere umano che lotta, inveisce, odia.
I due fratelli, dunque, non rappresentano il singolo individuo in sé ma l’intera comunità che ha perso la capacità di comunicare e condividere; come dimostrano tutti i fatti di cronaca, oggi ci si scaglia con prepotenza contro il proprio simile regredendo, così, alla condizione animale.

L’uomo oggi non è più colui che vive e si costituisce grazie alla concomitanza e alla continua relazione con i propri simili ma è un individuo, un singolo privo, totalmente o in parte, di raziocinio.
Un plauso, dunque, agli attori che sono stati in grado di far ridere, commuovere e, soprattutto, far riflettere; l’unica nota dolente deriva dal fatto che, ancora una volta, il pubblico cosentino non ha accolto numeroso l’evento.
Lo spettacolo, infatti, è stato trascurato dal pubblico; tra i pochi “fedeli” sono spiccati i volti noti di Giovanni Latorre Rettore dell’Università della Calabria e Ninetto Davoli “figlio” del grande Pier Paolo Pasolini.

Ci auguriamo che il pubblico cittadino non si lasci sfuggire l’occasione di partecipare alla replica dello spettacolo, in programma questa sera sempre alle ore 20.30 presso il teatro A.Rendano.

Annabella Muraca

 

L’Occidente solitario raccontato dai protagonisti

COSENZA – Un quasi sconosciuto paese irlandese, due fratelli decisamente fumantini, un prete in costante crisi spirituale e una ragazzina che vive sempre in uno spazio al confine tra la semplicità e la malizia, sono questi gli elementi che danno forma a “Occidente solitario”, lo spettacolo che ieri martedì 3 aprile è stato ospitato nel teatro Rendano di Cosenza.
Una storia che, muovendosi nell’universo del paradosso e dell’ossimoro, intreccia continuamente noir e commedia riflettendo con sagace ironia sui temi della solitudine, del conflitto, della crisi esistenziale. Tradotta e riadattata dall’opera del commediografo inglese Martin McDonagh, la pièce teatrale avrà come protagonisti Claudio Santamaria, Filippo Nigro, Massimo De Santis e la giovanissima Nicole Murgia.
Il comic drama, diretto dal regista colombiano Juan Diego Puerta Lopez, ha come tema portante il complesso rapporto tra Coleman e Valene, due fratelli in perenne conflitto che vivono un instancabile gioco al massacro, attorno ai quali ruota un universo fatto di suicidi, omicidi, tormenti, violenza, infelicità e tanto tanto whisky.
“Un conflitto che nasconde un forte senso di solitudine ma anche di amore, raccontato in modo grottesco e ridendo di cose terribili” è così che durante la conferenza stampa di presentazione Claudio Santamaria, che interpreta dei due il fratello maggiore, prova a spiegarci il groviglio di sentimenti a cui andremo incontro da lì a poco, e continua “Una storia che ricorda moltissimo i fatti tragici che hanno popolato di recente le cronache italiane”.
Filippo Nigro raccontandoci del suo di “fratello” ci dice “E’ un uomo possessivo, folle ma anche molto ingenuo, durante la rappresentazione avviene una sorta di regressione infantile dei due fratelli, attraverso un linguaggio forte, crudo”.
La figura più positiva è sicuramente quella di padre Welsh-Walsh che tenterà fino alla sua fine di placare questi conflitti ma al tempo stesso diventa portavoce di un messaggio piuttosto critico e polemico, come ci spiega lo stesso interprete Massimo De Santis “Tramite il mio personaggio l’autore voleva evidenziare la forte crisi della Chiesa Cattolica, condannandola senza riserve”.
La figura più enigmatica resta quella di Nicole Murgia che parebbe quasi non avere identità dal momento che viene chiamata per tutto il tempo “la Ragazzina” ma la giovane interprete ci tiene a specificare che non è affatto così “la Ragazzina ha un’identità ben definita, cerca sempre la svolta nel bene e nel male, lei rappresenta la speranza del cambiamento”.
Durante la conferenza tutti e quattro gli attori non hanno esitato a intrattenere il pubblico, composto per lo più da rappresentanti del gentil sesso, con continue battute e canzonature creando, già dalla presentazione, l’atmosfera comica e sarcastica che fa da sfondo a tutta la commedia, un plauso particolare va a chi ha mediato tra i protagonisti che non ha esitato a lasciarsi coinvolgere dal clima scherzoso, la portavoce del sindaco di Cosenza Iole Perito.
Occidente solitario sarà in replica anche questa sera alle 20:30 sempre al Teatro Rendano, un’ottima occasione per assistere all’incontro tra il delirio e l’umorismo.

Gaia Santolla

Un pianoforte per De Andrè

COSENZA – Luci soffuse, un’atmosfera recondita, magnifiche mani che danzano su un palco fatto di 36 tasti neri e di 52 tasti bianchi, è questa la cornice del personalissimo omaggio che il pianista jazz Danilo Rea ha fatto al più sovversivo cantautore italiano Fabrizio De Andrè.
Un tributo che assume le sembianze di un incantevole viaggio quando Rea si incontra e si scontra con le dolci e sferzanti ballate del poeta genovese, spogliandole di tutte le loro parole è in grado di rinnovarle solo attraverso il suono, un’esplorazione scandita dai ritmi incalzanti di “Bocca di rosa” e da quelli decisamente magici de “La canzone dell’amore perduto”.
Il pianista vicentino reinventa in modo del tutto esclusivo e innovativo la genialità di De Andrè eliminando tutte le differenze che contaddistinguono le loro poetiche e dando avvio ad un nuovo e unico principio d’ordine, una sorta di dissoluzione del Faber, necessaria per una sua rinascita in nuove configurazioni, la rottura di uno spazio immaginario, indispensabile per poterlo riattraversare ancora e ancora.
E’ una silenziosa e gremita sala “Quintieri” quella che ieri sera, giovedì 29 marzo, assiste ad una difficilssima scommessa creativa che sicuramente Rea vince a pieni voti, facendo incontrare la tradizione cantautorale con la musica classica e trasformando le parole e la melodia in un messaggio lirico fatto di silenzi e sussulti.
Danilo Rea nel 2010 è vincitore del Top Jazz come migliore pianista dell’anno, di recente è stato definito da Thomas Conrad ,una celebre firma critica della rivista “American Jazztimes ”, uno dei pianisti più talentuosi al mondo.
Un vero onore che il Comune di Cosenza abbia organizzato e ospitato l’evento nel nostro Teatro Rendano e i prolungati applausi alla fine del concerto sono la indubbia dimostrazione che la cittadinanza abbia apprezzato.
Insomma non è così assundo credere che anche Fabrizio De Andrè, in quel pezzo di cielo anarchico dove si trova ora, abbia messo giù per un attimo la sua chitarra e si sia acceso una sigaretta per fermarsi ad ascoltarlo.

Gaia Santolla

“Giulietta e Romeo” dramma sempre attuale

17 MARZ 2012 – In un mondo sempre frenetico, snervante, quasi privo di rapporti umani è sempre bello trovarsi insieme ad altre persone, giovani e meno giovani, per riflettere su quelli che dovrebbero essere i valori portanti della nostra società.
È proprio quello che si è cercato di fare ieri sera presso il cine-teatro “Garden” con l’ausilio del musical “Giulietta e Romeo live 3D”; spettacolo con cui si è riusciti a far confluire nella sala diverse generazioni mettendole in comunicazione tra di loro.

È stato, dunque, riproposto il dramma shakespeariano che, oltre a trattare l’amore voluto, desiderato, ma fortemente contrastato tra i due giovani protagonisti; ha permesso di mettere in scena tutte quelle passioni, come odio, amicizia, rancore e risentimento, che coronano la nostra vita e che, molo spesso, vengono date per scontate.
Il regista Claudio Insegno è rimasto fedele all’opera omonima di Shakespeare; le uniche concessioni riguardano la scenografia e i costumi.
Tutto il pubblico, infatti, munito rigorosamente di occhialini ha avuto la possibilità di assistere al primo musical con delle scenografie interamente in 3D raffiguranti una Verona stritolata in un limbo, in un tempo ibrido tra quello passato e quello attuale.
Le scenografie, nell’arco dello spettacolo, sono state alternate con video di tre guest stars della musica italiana e del mondo dello spettacolo; quali Vittorio Matteucci, Tosca e Pino Insegno; figure virtuali che hanno interagito e dialogato con gli artisti in carne e ossa.

I costumi sono stati realizzati in modo da essere più vicini alla nostra epoca; i corpi delle donne non sono stati nascosti, oscurati ma messi in evidenza con spacchi e ampie scollature per esaltarne la sensualità, mentre gli abiti maschili hanno dato un tocco di virilità.
Gli interpreti, 10 cantanti-attori tra cui Giorgio Adamo (Romeo) e Rita Pilato (Giulietta) più 16 ballerini-acrobati, hanno dimostrato dedizione e amore per la loro professione che li sta portando in giro per tutta l’Italia.
Carisma, caparbietà, professionalità ed indubbie qualità tecniche sono le parole chiave da dover utilizzare per descrivere la performance di questi ragazzi giovanissimi.
Le loro voci e i loro corpi soavi e armoniosi, accompagnati da una musica dolce ed orecchiabile, hanno creato nella sala un’atmosfera magica ed incantata; lo spettatore, infatti, è stato “investito” da pura e potente poesia che lo ha condotto fino alla catarsi.
Dal coinvolgimento passionale del pubblico si è dedotto che lo spettacolo è ampiamente riuscito dimostrando, tra l’altro, che non sempre tradizione ed innovazione si trovano agli antipodi.
Se si è capaci, un interessante spettacolo può essere realizzato anche grazie ad una commistione di generi.

Annabella Muraca

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I balletti francesi: miscela di suoni e corpi

23 GENN 2012 – Il quarto appuntamento della stagione lirico-sinfonica del teatro “A. Rendano” è stato dedicato a “La Francia: i balletti francesi”, spettacolo svoltosi sabato 21 con replica domenica 22 gennaio.
Nel primo trentennio del secolo scorso la danza è stata completamente rivoluzionata e gli stessi balletti francesi hanno subito la possente influenza di Sergej Pavlovič Djagilev, coreografo e impresario teatrale russo, che nel 1909 fondò i  favolosi Ballets Russes sciolti nel 1929 in seguito alla morte dello stesso.
In questi giorni, dunque, due compagnie cosentine hanno calcato il palco del Rendano rendendo omaggio a quel periodo prolifero e meraviglio che ha reso la danza arte sublime e raffinata.
La Compagnia Balletti “A. Rendano” , composta da undici elementi: Greta De Marco, Ylenia Fasanella, Yleana Illuminato, Francesca Gatto, Maria Imbrogno, Rosa Eleonora Maletta, Astrid Mazza, Michela Pizzino, Claudia Rao, Roberta Rao e Giampiero Trimaldi, ha danzato “Parade” su musica di Erik Satie e il “Bolero” su musica di Maurice Ravel.
Il primo balletto, coreografato da Antonella Monaco e Stefano De Gaetano, propone un’ironica competizione tra un gruppo di danzatrici e un baldo giovane, il secondo balletto, invece, è stato realizzato da Grazia Galante; in quest’ultimo una ballerina simboleggia la melodia circondata dal corpo di ballo che, personificando il ritmo, aumenta a dismisura l’intensità dei propri gesti fino ad inghiottire la melodia stessa.

La Compagnia Balletti “Skanderberg” composta, invece, da dodici elementi Elena Chiappetta, Marco Coscarella, Francesco Coscarella, Maria Chiara d’Amico, Carmen Forte, Rosalia Guido, Gabriele Naccarato, Elena Nervino, Concetta Pecora, Alessia Perugini, Carolina Spina e Giulia Vecchione, ha danzato “Le Carnaval des Animaux” su musiche di Camille Saint-Saens e “Prélude à l’Après-Midi d’un Faune” di Claude Debussy, entrambi i balletti sono stati coreografati da Giuseppe Della Mollica.
La Compagnia “A. Rendano”, fondata nel 1981 da Isabella Sisca; ha seguito la crescita professionale di molti giovani talentuosi alcuni dei quali oggi calcano i teatri più prestigiosi d’Europa, ricordiamo, ad esempio, Andrea Volpintesta e Maria Francesca Garritano ballerini presso l’autorevole Scala di Milano, la compagnia “Skanderberg”, invece, è stata fondata dalla direttrice artistica Mirella Castriota nel 1985 annoverando numerose partecipazioni a trasmissioni televisive, festival e rassegne cinematografiche.

I ballerini di entrambe le compagnie hanno dimostrato talento oltre ad un coordinamento musicale; grazie alla loro freschezza sono riusciti a dare senso ad ogni singolo movimento, ad ogni passo, ad ogni infinitesimale respiro.
Quest’ultimi, dotati di indubbie qualità fisiche, hanno donato il proprio animo e la propria sensibilità artistica ad un pubblico, purtroppo, scarno ma molto coinvolto ed interessato.
Bellissimi i vestiti di scena; drappi e body intessuti di pailletes e perline hanno illuminato il palco creando effetti da “mille e una notte” grazie anche ai disegni di luce di Antonio Molinaro.

In questi due giorni, dunque, i ballerini professionisti hanno avuto il privilegio di danzare su musiche dal vivo, accompagnati dalla ormai nota Orchestra lirico-sinfonica del teatro “A. Rendano” diretta, anche questa volta, da un direttore ospite, Donato Silvio.
Grazie a questo spettacolo danzato, l’unico previsto per questa stagione lirico-sinfonica,  i giovani hanno avuto la possibilità di esprimere, con rispetto e dedizione, il proprio amore per l’arte e per i propri sogni.

Annabella Muraca

Tante sono le maschere che indossiamo nella vita…

11 GENN 2012 – Dopo una breve pausa dalla prosa dovuta alle vacanze natalizie e ai concerti appositamente realizzati per queste feste, ieri 10 Gennaio, il pubblico è ritornato a teatro ed è stato accolto dall’opera di Pirandello “Uno, nessuno e centomila”.
E’ il secondo titolo della stagione di prosa del teatro “A. Rendano”, curata dalla responsabile artistica Isabel Russinova che ha scelto di incentrare l’intera stagione sulla figura della donna.

Lo spettacolo è stato messo in scena dalla compagnia “Krypton” di Firenze diretta dal regista cosentino Giancarlo Cauteruccio, reduce dal grande successo ottenuto, con lo stesso spettacolo, al teatro “La Pergola” di Firenze.
Vitangelo Moscarda, protagonista del romanzo pirandelliano, è stato interpretato dall’ eccezionale Fulvio Cauteruccio che, alternando momenti di comicità a sprazzi di esaltazione e di incontrollata follia, è riuscito in pieno a materializzare lo stato d’animo del banchiere.
Quest’ultimo, dopo la completa dissoluzione della sua identità, inizia a compiere atti inusuali e insensati che lo fanno sprofondare sempre di più nel baratro della disperazione facendogli rischiare, tra l’altro, l’interdizione.
Moscarda, detto anche Gengè, entra in uno stato di crisi profonda dopo che Dida, sua moglie, gli fa notare un piccolo difetto che lo caratterizza: il naso storto, pendente leggermente verso destra.
E’ da questo momento che Moscarda inizia a fare i conti con se stesso e con tutte quelle voci che vivono dentro di lui, quest’ultime, nello spettacolo, sono state riprodotte dalle voci fuori campo di Irene Barbugli, Roberto Gioffré, Riccardo Naldini, Carlo Salvador e Tommaso Taddei.
Il protagonista è stato affiancato da due attrici: Laura Bandelloni, sua compagna a teatro e nella vita, che ha interpretato discretamente la moglie Dida; donna leggera e frivola, completamente assorbita dalla classica vita borghese fatta di paillettes e lustrini e da Monica Bauco nel ruolo dell’amante Anna Rosa.
La Bauco è stata magnifica nella sua interpretazione; sciolta, naturale, equilibrata e coinvolgente nonostante la complessità del suo personaggio e la posizione scomoda e costrittiva in cui ha recitato, era infatti immersa fino alla vita in un buco ricavato al centro di un letto.
Anna Rosa, alter ego di Vitalgelo Moscarda, è risultata essere molto simile al personaggio Winnie di “Giorni Felici” di Beckett, è proprio per questo che si è parlato di un “Pirandello in Beckett”.
Alla rappresentazione ha partecipato anche un’attrice speciale la “cagnetta da salotto” Bibì, una tenera cagnolina maculata.
La scenografia, firmata da Loris Giancola e resa un “non luogo” grazie ai giochi di luce di Claudio Signorini, è apparsa come un ambiente incorporeo e metafisico abitato da voci e oggetti mobili: delle sedie, uno specchio, dei woofer (altoparlanti) che hanno permesso la materializzazione delle voci off, un carrello che per tutto lo spettacolo ha trasportato Dida e, infine, il continuo girare su se stessa di Anna Rosa con lo scopo di simboleggiare la perenne circolarità del tempo.
Il teatro non era particolarmente gremito, ma a sopperire questa mancanza è stata, certamente, la cospicua partecipazione dei giovani molti dei quali, alla fine dello spettacolo, si sono avvicinati a Giancarlo Cauteruccio che questa sera replicherà  alle 20,30.

Rivelatrici di una visione sorprendente e non tradizionale del teatro di cui si fa portavoce il regista Cauteruccio sono le sue stesse parole che, nell’incontro pre spettacolo di ieri pomeriggio, hanno riempito la sala Quintieri del teatro Rendano, “E’ molto strano – ha affermato- che io abbia messo in scena Pirandello visto che per molto tempo è stato mio nemico. Pirandello arriva nelle mie corde anche grazie a Fulvio che porta con sé l’esperienza dell’attore”.

Annabella Muraca

Caro 2011 addio!

31 DIC 2011 – “Musiche da Film” è l’esclusivo concerto di fine anno svoltosi ieri sera, venerdì 30 dicembre, presso il teatro “A. Rendano”.
E’ così che Albino Taggeo, direttore artistico del teatro, ha deciso di salutare il vecchio anno per accogliere con tanta speranza e una miriade di buoni propositi l’anno che verrà.
Proprio lui, ieri sera, ha dato l’avvio allo spettacolo con parole veementi ed estremamente sentite: <<Ho deciso di intitolare l’incontro “Cinematografo che passione!” – ha affermato – perché le musiche dei film sono tutte dentro di noi. E’ un omaggio di cuore che vogliamo fare al cinema>>.
Per l’occasione, difatti, sono state scelte le colonne sonore più note, quelle che sono ancora vivide nell’immaginario collettivo e che con lo scorrere del tempo sono diventate parte integrante della nostra storia.

Il concerto è stato tenuto dall’Orchestra lirico-sinfonica del teatro Rendano che ha stupito tutti con un’estasiante performance; questa volta, però, il maestro Pelliccia, che ha diretto l’orchestra nel Nabucco, ha ceduto la “bacchetta” al direttore ospite Carmelo Caruso che, con il suo tocco leggiadro e quasi fatato, ha creato un’atmosfera magica e suggestiva.
Portentosa la vocalist Stefania Del Prete che ha sferrato una voce piena, potente ma, allo stesso tempo, delicata e suadente con l’innata qualità di riuscire a sfiorare le corde più profonde dell’animo umano.
Ogni scorcio musicale è stato accompagnato dalle immagini dei relativi film che fluivano dolcemente alle spalle degli orchestratori: Moon River di Henry Mancini tratto dal film “Colazione da Tiffany”, Close to you di Burt Bacharach dai film “Tutti pazzi per Mary” “Parenti, amici e tanti guai” e “Mirror Mask”, Il Grande botto di Alberto Giraldi e Paolo Rossi dal film omonimo, The way we were di Alan Bergman dal film “Come eravamo”, Giù la testa di Ennio Morricone tratto dall’omonimo film, Over the rainbow di Harold Arlen dal “Mago di Oz”, Goldfinger di John Barry da “Agente 007 – Missione Goldfinger”, C’era una volta in America di Ennio Morricone e, infine, La vita è bella di Nicola Piovani tratto dal film omonimo di Roberto Benigni.
La seconda parte della serata, invece, è stata completamente dedicata a Nino Rota; l’orchestra, composta da 49 elementi e tre ospiti: Luca Bruno e Cristina Gargiulo entrambi pianisti e Andrea Mandarino contrabassista, ha avuto l’arduo compito di far rivivere alcune delle colonne sonore che Rota stesso ha composto per film omonimi: La Strada, Il Gattopardo, Amarcord, Il Padrino, Romeo e Giulietta e, per concludere, 8 e mezzo.
L’evento ha riscosso enorme successo, il teatro era completamente gremito e gli applausi, fragorosi e strepitanti, hanno accompagnato l’orchestra nella sua seconda uscita pubblica dopo il fortunato Nabucco.
A grande richiesta, tra l’altro, è stato sollecitato il bis da parte del pubblico e il direttore d’orchestra, Carmelo Caruso, ha colto la palla al balzo decidendo di replicare con “La vita è bella”, decisione accolta con gioia da parte di tutti i presenti.

Alla serata sono intervenuti tra gli altri: Katia Gentile, vicesindaco al Comune di Cosenza; l’assessore regionale alle Infrastrutture e ai Lavori Pubblici Giuseppe Gentile; l’ex sindaco del Comune di Cosenza Salvatore Perugini e, infine, Giovanni Latorre Rettore dell’Università della Calabria.
Il concerto, in realtà, ha avuto anche uno scopo educativo; mostrare la tacita relazione che intercorre tra immagine filmica e colonna sonora, due elementi così diversi che però hanno un fine comune: emozionare, incuriosire e stupire lo spettatore.

Annabella Muraca

La “Bella Addormentata”; l’apoteosi della danza

10 DIC 2011 – Lodevole l’iniziativa promossa dal Teatro Garden di Rende che, lo scorso 9 dicembre, ha aperto le porte alla più grande compagnia di danza classica, la più nota a livello internazionale, che in “punta” di piedi ha interpretato “La Bella addormentata”.Si tratta del Russian Ballet Moscow, “La Corona del Balletto Russo” fondato nel 1997, un’eccelsa compagnia che consta di un vastissimo repertorio: Giselle, Carmen, Coppelia, Il lago dei cigni, Lo Schiaccianoci, Biancaneve e via discorrendo (www.moscowballet.eu).

Tra questi ultimi compare anche “La Bella Addormentata” coreografata da Marius Petipa su musiche del compositore russo Peter Ilyich Tchaikovsky e ispirato alla celebre fiaba di Perrault.

Durante l’esibizione, tenutasi ieri sera, il pubblico è stato catapultato in un mondo nuovo, magico e fantastico popolato da fate che lottano contro la perfida maga per difendere la neonata Aurora, da principi, re e regine; insomma quel mondo da favola che tutte le bambine, almeno una volta nella vita, hanno sognato.

Possiamo dire che la platea ha assistito ad un balletto magnifico; bellissime e sempre coordinate le parti “corali”, grintose le sei fate, ingegnosa e divertente l’idea di far interpretare il ruolo della maga adirata non ad una donna ma ad un uomo, sfarzosi e curati nei minimi dettagli i costumi di scena, sbalorditivi i due solisti.

La prima ballerina Anastasia Kachaeva ha impersonato la principessa Aurora; leggiadra e soave, generosa con il pubblico grazie ad un’interpretazione e ad una mimica facciale naturale e mai forzata e, soprattutto, tecnicamente impeccabile sia nelle parti da solista sia durante i pax de deux (passi a due).Il ruolo del principe Désiré, invece, è stato interpretato dal primo ballerino Anatoly Emelianov; vigoroso, verace ed elegante, con grandi qualità fisiche e soprattutto con un’indubbia elevazione nei salti.Il ballerino si è dimostrato premuroso nei confronti della Kachaeva e delle sue esigenze, ed ha dimostrato una grande abilità nel partneraggio.

L’unica nota stonata, che si è protratta per tutta la serata, è derivata dalla location: il palco, infatti, era poco capiente ed eccessivamente costrittivo soprattutto per i ballerini uomini che hanno dovuto limitare, per quanto possibile, i grandi salti e prestare maggiore attenzione durante l’esecuzione dei manège, ossia ampi cerchi immaginari che vengono percorsi dal ballerino con dei giri o dei salti.

Dunque un grande plauso a tutti i danzatori che, nonostante le difficoltà sopraelencate, sono riusciti ad esprimere al meglio il proprio talento con caparbietà e, soprattutto, con tanta umiltà.

Dal vigoroso coinvolgimento del pubblico si è compreso che, ancora una volta, il Russian Ballet Moscow è riuscito a toccare gli angoli più remoti e nascosti dell’animo umano e questo perché il linguaggio del corpo comunica, emoziona e vale più di mille parole.

Annabella Muraca

Al Teatro “A.Rendano” stravince la musica di Giuseppe Verdi

5 DIC 201 1- Dopo una lunga e trepidante attesa, giorno 2 e 4 Dicembre, al teatro “A. Rendano” di Cosenza si sono riaccese le luci della ribalta.

Il Nabucco, terza opera di Verdi ma la prima che lo rese famoso nel mondo, ha inaugurato la 52esima stagione lirico-sinfonica del teatro, la prima targata dal direttore artistico Albino Taggeo nominato lo scorso Agosto.

Il tema prescelto, che caratterizza l’intera stagione lirica, è quello dell’Unità Nazionale; e la dimostrazione tangibile viene data non solo dall’opera stessa ma anche dalle note dell’Inno di Mameli, eseguito a sipario calato dalla neonata Orchestra semistabile, guidata dallo stupefacente Giovanni Pelliccia.
Novità assoluta di questa nuova stagione sono stati i sovratitoli presenti nella parte alta del sipario, un sussidio innovativo per permettere agli spettatori di seguire le parole del libretto di Temistocle Solera.

Sanguigna e volitiva l’interpretazione del soprano Francesca Patanè che ha rivestito i panni di Abigaille, dotata di una tecnica impeccabile e di una voce soave con grandi potenzialità soprattutto negli acuti.
Dominante e contemporaneamente struggente l’interpretazione dello statuario Carlo Guelfi (Nabucco), che nella prima parte dell’opera si è mostrato crudele ed arcigno, per poi riscoprirsi uomo comune con le sue paure e le sue debolezze.

Discreti e poco coinvolgenti Elia Todisco (Zaccaria) e Flaviano Bianchi (Ismaele), mentre Fenena, interpretata da Federica Bragaglia, è risultata quasi del tutto anonima; durante la rappresentazione, infatti, è stata spesso oscurata dalle due figure predominanti: Abigaille e Nabucco, ovvero il suo stesso padre.
Presenza interessante quella della cosentina Sarah Baratta che ha impersonato Anna, sorella di Zaccaria.
Protagonista per antonomasia di tutto il dramma è stato Il Coro del “Cilea” di Reggio Calabria, composto da sessanta elementi diretti da Bruno Tirotta, che ha impressionato il pubblico per l’equilibrio e la duttilità timbrica oltre che per un’indubbia capacità di amalgama vocale.

Il coro ha avuto la vigorosa abilità di condurre il pubblico in estasi durante l’esecuzione del “Va’, Pensiero”, tanto da indurre la sala gremita a richiedere un desideratissimo bis.
Deludente il corpo di ballo, non solo per la coreografia realizzata da Ilaria Dima e Antonio De Luca che è risultata scarna, ripetitiva e priva di pahos, ma anche per la scarsa qualità di movimento e per le carenti doti fisiche degli stessi ballerini.
Eleganti ed adeguati i costumi di scena realizzati da Francesca Pipi, magici i giochi di luce grazie a Giuseppe Ruggiero.
Fragorosi gli applausi da parte del pubblico a quest’opera ben rappresentata, grazie, soprattutto, alla regia del pugliese Luigi Travaglio che è riuscito a conciliare innovazione e tradizione.

Per concludere vorrei citare le parole della giornalista e storico della musica Pia Tucci: “Pur non essendo stato concepito con questo intento, possiamo dire che il ‘Va’, Pensiero’ è diventato il canto degli Italiani ”.

 Annabella Muraca