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Presentazione “Calabria, un posto di passioni”

COSENZA – Martedì 1 aprile alle ore 11, 00 presso la saletta del Teatro Morelli in Via Lungo Busento Oberdan in Cosenza si terrà la presentazione del progetto culturale: “Calabria, un posto di passioni”. L’iniziativa riproposta per il secondo anno dall’Associazione Wikicultura ha realizzato un ricco programma di animazione territoriale che quest’anno ha una mission ancora più ambiziosa: creare una rete di contatti con più enti, associazioni e aziende per portare alla ribalta la Calabria e la calabresità anche a livello nazionale.

Il bacio tra il mare e la terra, fra Poseidone e Gea è il simbolo del nuovo progetto di Wikicultura. Il logo di Gabriele Morelli è quindi un’ immagine con una predominanza di rosso (colore del peperoncino altro simbolo del made in Italy) che vuole evidenziare la fiamma che i calabresi mettono nelle azioni della loro vita quotidiana, di lavoro, di cultura e di svago.

Amore e pathos, storia, arte e architettura della terra del peperoncino saranno le linee guida di un progetto che vedrà da un lato la realizzazione di un calendario sui grandi amori della tradizione romantica locale, dall’altra porterà alla creazione di altre attività correlate (eventi di moda, concorsi di poesia, di fashion style, di fumetto e di illustrazione grafica, e in ultimo, mostre ) che si svolgeranno durante il corso del 2014.

Dodici tra gli stilisti e gli allievi delle scuole professionali con sezione moda che hanno aderito all’iniziativa da tutte le province calabresi. Saranno loro a realizzare gli abiti che indosseranno le coppie, Lui e Lei, protagoniste degli scatti del calendario che riproporranno le storie d’amore della Calabria, individuate dallo storico Luigi Bilotto.

Calabria, un posto di passioni vuole dunque rappresentare la psiche calabra in toto, facendo riferimento alla passionalità con cui gli uomini e le donne calabresi vivono in questa regione, spaziando dalle specialità agroalimentari alle bellezze paesaggistiche che contraddistinguono “la terra d’amuri”.

 

Week end a teatro: proposte per ogni età

COSENZA – Un doppio appuntamento impegna i teatri cosentini questo fine settimana.

Sabato 8 marzo alle 21,00 al Teatro dell’Acquario torna in scena “I monologhi della vagina”, con Carla Serino, liberamente tratto dalla pièce omonima di Eve Ensler e tradotto in dialetto cosentino. Una serie di donne, infatti, anche attraverso il dialetto cosentino fotografano un mondo femminile universale.

Eve Ensler, è una drammaturga statunitense che ha scritto i Monologhi della Vagina, dopo un lungo lavoro di ricerca, e dopo aver intervistato centinaia di donne di tutte le culture e di tutte le età, e molto spesso interpretato da lei stessa nei teatri della Off Brodway. Premiata con un Obie Award I Monologhi sono stati tradotti in 35 lingue, e sono stati portati in scena a Broadway da Susan Sarandon, Glenn Close, Melanie Griffith e Winona Ryder e a Londra da Kate Winslet e Cate Blanchett. In Italia tantissime attrici tra le quali Lella Costa e Lunetta Savino. Da questo grande successo è nato il V-Day, la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Domenica 9 Marzo alle 18,00 è invece la volta dei più piccoli al Teatro Morelli con “I tre procellini”, interpretato da Lorenzo Frondini, Fausto Marchini e Claudio Massimo Paternò.

In questo spettacolo si è rimasti fedeli alla versione del racconto più simile all’originale: i primi due porcellini muoiono, il lupo viene mangiato dal terzo, simbolo della sopravvivenza e della capacità di prevedere le cose. Data l’età dei bambini a cui ci si rivolge si è cercato, con semplicità, di delineare tre caratteri di porcellino, che portassero già nel nome la storia di un destino: Pigro, Medio e Saggio. La scelta del materiale per costruirsi la casa diventa il pretesto per ragionare sui piaceri e sui doveri della vita, sui consigli di una mamma molto presente, sulla paura di andare per il mondo da soli, sull’esistenza vera o presunta del lupo. La figura del lupo, recitato a turno dagli attori, gioca tra la necessità animale di seguire la propria natura e la voglia di fare paura, nella consapevolezza che ai bambini un po’ piace avere paura…

 

L’8 Marzo di Scena Verticale è per le scuole con la Matinée al Morelli di “Dissonorata”

COSENZA – Tra le attività della residenza teatrale presso il teatro Morelli, Scena Verticale ha voluto riservare uno spazio alle scuole alle quali dedica delle matinée teatrali quale occasione per avvicinare i più giovani al teatro. Il primo di questi appuntamenti è in occasione dell’8 marzo, Festa della Donna, con la messa in scena di “Dissonorata – un delitto d’onore in Calabria”,  di e con Saverio La Ruina, spettacolo che ha vinto importanti premi ed ha avuto riconoscimenti nazionali: il Premio UBU 2007 come “Migliore attore italiano” e  riconoscimento anche come “Migliore testo italiano”; il Premio Hystrio alla Drammaturgia 2010;  nomination al Premio ETI – Gli Olimpici del Teatro 2007 come “Migliore interprete di monologo”; “Segnalazione speciale” al Premio Ugo Betti per la drammaturgia 2008.

Lo spettacolo, riservato agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, è unico e si terrà l’8 marzo alle ore 10.

Note sullo spettacolo:

Spesso, ascoltando le storie drammatiche di donne dei paesi musulmani, mi capita di sentire l’eco di altre storie. Storie di donne calabresi dell’inizio del secolo scorso, o della fine del secolo scorso, o di oggi. Quando il lutto per le vedove durava tutta la vita. Per le figlie, anni e anni. Le donne vestivano quasi tutte di nero, compreso una specie di chador sulla testa, anche in piena estate. Donne vittime della legge degli uomini, schiave di un padre-padrone. E il delitto d’onore era talmente diffuso che una legge apposita quasi lo depenalizzava. Partendo dalla “piccola” ma emblematica storia di una donna calabrese, lo spettacolo offre lo spunto per una riflessione sulla condizione della donna in generale. Parlando del proprio villaggio, parla della condizione della donna nel villaggio globale. Nello spettacolo risuonano molteplici voci di donne. Voci di donne del sud, di madri, di nonne, di zie, di loro amiche e di amiche delle amiche, di tutto il parentado e di tutto il vicinato. E tra queste una in particolare. La “piccola”, tragica e commovente storia di una donna del nostro meridione. Dal suo racconto emerge una Calabria che anche quando fa i conti con la tragedia vi combina elementi grotteschi e surreali, talvolta perfino comici, sempre sul filo di un’amara ironia.

Totò, Vicè e il filosofeggiare nonsense

COSENZA – More ultimo atto, ultimo venerdì in compagnia di attori e prosa alla scoperta di un mondo che non smette mai di stupire, insegnare, affascinare. Come ogni venerdì la sala è gremita, si scorgono volti che ormai riconosci anche ad occhi chiusi, sono i volti di tutti gli affezionati frequentatori della “baldoria” culturale del venerdì sera.

Ultima apertura di sipario dunque per una stagione che ha riscosso enorme successo mandando a segno ogni colpo, ogni nuova proposta. Sono le 21.20 di venerdì 6 dicembre, il pubblico in sala freme tra scambi di battute, sorrisini e schiamazzi che si attenuano con l’entrata di Enzo Vetrano e Stefano Randisi che portano in scena lo spettacolo “Totò e Vicè”, uno dei capolavori di Franco Scaldati, poeta, attore e drammaturgo recentemente scomparso.

Totò e Vicè si muovono a piccoli passi stretti nei cappotti logori e sgualciti, camminano vicini con in mano una valigiona di cartone con cui trasportano la propria vita, i propri sogni; l’atmosfera è intima grazie alle candele posizionate a cerchio intorno alla panchina che accoglierà, per tutto lo spettacolo, le loro disquisizioni; la luce emanata dalle piccole fiammelle è fioca, tenue e ricorda il camino che d’inverno diviene il luogo di ritrovo più ambito, il luogo in cui la lingua si scioglie, il pensiero si spegne, il cuore si apre per ricordare le cose realmente importanti della vita come l’amicizia, l’amore, la passione, la dedizione.

Ed è proprio di amicizia che hanno parlato Totò e Vicè, quell’amicizia pura e limpida dei tempi andati, un rapporto in cui fratellanza, solidarietà e amore si mischiano continuamente dando un senso a tutto ciò che sta intorno, la fedeltà cieca che porta a capire quanto sia importante essere in due per essere realmente parte del mondo, quell’amicizia viscerale che ti spinge a chiamare continuamente il nome dell’altro per fargli capire che ci sei, sempre e comunque, nel divertimento e nel bisogno, nel bene e nel male.

Un duo ironico e amorevolmente complice che si disperde nei meandri di sogni, pensieri, ipotetiche visioni del mondo; due uomini indivisibili che si “incartano” in riflessioni filosofiche apparentemente semplici ma irrimediabilmente complesse e capaci di innescare nonsense, dubbi ed ulteriori interrogativi che, a catena, ne tirano altri e poi altri ancora all’infinito, in eterno.

Una performance piacevole e delicata quella di Vetrano e Randisi che ha goduto dei calorosi applausi del pubblico; applausi lunghi, fragorosi, incessanti tanto da emozionare gli stessi attori che, a voce bassa, hanno affermato compiaciuti “Magari fosse sempre così”.

 

Annabella Muraca

Pinocchio metafora di un’umanità ritrovata

Pinocchio, foto di Angelo Maggio

COSENZA – Gli “Amici di Luca” incontra Babilonia Teatri, Babilonia Teatri e gli “Amici di Luca” incontrano il More allietando, con lo spettacolo Pinocchio, gli affezionati spettatori del venerdì sera.

Uno spettacolo diverso da quelli a cui siamo usualmente abituati, uno spettacolo di pancia più che di testa, di emozioni difficilmente narrabili più che di razionalità, una messa in scena che scrolla l’indifferenza e l’egocentrismo di dosso e fa scivolare sulle guance un po’ di “spremuta d’occhi”. Le tavole del teatro Morelli sono state calcate non da attori professionisti ma da uomini svegliatisi dal coma, privati per un lasso di tempo della propria effimera vita per poi riaprire gli occhi ed essere “ributtati” nella mischia di chi lotta per recuperare ciò che gli è stato tolto.

Uomini che si sono trovati su un palco protagonisti di un fervido dialogo che gli ha permesso di vagliare la propria esistenza, di raccontare il prima e il dopo intervallato da un vuoto che difficilmente si riesce a colmare, di ricordare com’era prima la propria vita e com’è cambiata in seguito agli incidenti di cui sono stati vittime, di prendere coscienza di essere diventati qualcun altro dopo la rinascita.

Uno spettacolo ironico e ad ondate struggente perché mette di fronte a delle realtà a cui, purtroppo, non siamo pienamente abituati, un incontro che porta alla luce un’umanità da comprendere e metabolizzare ma senza pietismo e paternalismo, ciò che bisogna ammirare è la forza con cui questi uomini si sono rimessi in piedi e hanno ricostruito passo dopo passo, terapia dopo terapia la propria vita. Bisogna comprendere e basta, è questo che si deve fare per capire che a volte indirizziamo la nostra vita verso cose futili che non hanno nessuna ragione d’esistere.

Uomini presi a calci in culo dalla vita e saliti su quel palco per restituirglielo con la stessa violenza che a loro è stata riservata, attori improvvisati che raccontano il coma con la serenità di chi sa di essere, nonostante tutto, fortunato perché ancora in vita, di chi ha visto la porta del paradiso sbattergli in faccia perché non era ancora il momento giusto, di chi ricorda il suo sonno profondo come una zucca di halloween vuota dentro e con un involucro esterno che da solo non ha nessun valore.

Storie e vissuti differenti passati al setaccio e poi ricomposti, racconti di vita vera e drammatica messi al servizio degli spettatori, stralci di esistenza che hanno infilzato l’anima creando commozione tra i presenti, momenti riportati alla memoria e amplificati dalle note di Patience dei Guns N’ Roses, Yesterday dei Beatles, Voglio una vita spericolata di Vasco e le dolci note di Allevi e del suo inseparabile piano.

Ma perché scegliere Pinocchio? Perché proprio il pezzo di legno dal naso lungo e non un altro personaggio? Perché Pinocchio è il burattino che si trasforma in un bambino in carne e ossa, è qualcosa che poi si trasforma e diventa qualcos’altro, è un prima seguito da un dopo, è il vecchio che cede il posto ad una nuova condizione proprio com’è accaduto ai nostri attori convinti del proprio essere fin quando il destino beffardo non ha mischiato le carte in tavola. Pinocchio è la metafora dell’umanità che si rimpossessa del corpo, è la vita che ritorna a battere forte nel petto, è lo spintone che ti riporta sulla strada giusta. Pinocchio è l’umanità dei nostri attori che senza bussare si riprende ciò che è suo di diritto.

Annabella Muraca

A.dolf H.itler, il cancro con la mosca sotto il naso

A.H., foto di Angelo Maggio

COSENZA – Un’altra settimana, un altro venerdì alternativo in compagnia del More; secondo atto, quarto spettacolo e platea piena in attesa di assistere ad “A.H.” lo spettacolo del visionario Antonio Latella portato in scena da Francesco Manetti.

A.H sta per Adolf Hitler, il cancro degli ebrei, della Germania che ha seguito i suoi sadici principi, dell’Europa tutta; un cancro con il baffo sotto il naso che è riuscito ad incutere terrore, a macchiare le sue mani, anzi no, forse è meglio dire a riempire le sue vene di sangue fuoriuscito da corpi altrui, corpi martoriati, mutilati, alienati, privati di quell’identità che ti rende uomo. Numeri, pigiami a righe, uomini ormai cadaveri che si trascinano nei campi di concentramento, corpi diventati cose su cui sperimentare e riversare la propria smania di potere, dominio, controllo.

A.H. si è reso protagonista assoluto di crimini efferati e con la sua loquacità è riuscito ad aprirsi un varco profondo nei cuori di milioni di persone, individui che hanno ceduto alla persuasione e hanno deciso di indossare la “mosca sotto il naso” per compiacere il proprio führer, uomini immondi che si sono messi al servizio del male rendendosi complici di un genocidio studiato a tavolino per soddisfare la brama di potere di cui molti diventano schiavi.

Lo spettacolo ha assestato un duro colpo agli spettatori, momenti di tragicità e forte impatto emotivo hanno sbattuto in faccia la cruda realtà che, da sempre, ci siamo limitati a conoscere sfogliando i libri di storia in cui, però, si raccontano solo fatti senza riuscire a rendere tangibili il dolore, l’orrore, la morte.

Per mettere in scena A.H. non servono copioni, non servono battute da ricordare a memoria, basta il corpo, le sue spasmodiche contrazioni, il suo movimento per “disegnare” la relazione dell’uomo con il male e le sue infinitesimali declinazioni.

Antonio Latella e Francesco Manetti hanno dimostrato quanto la parola, a volte, sia sopravvalutata e superflua e quanto, invece, il linguaggio del corpo e il movimento scenico possano toccare corde intime senza dispendersi come un soffio d’aria. Il corpo diventa dunque l’unico mezzo sincero per portare in scena la tragedia di un popolo oltraggiato, denudato, calpestato.

La parola non serve per narrare il vero, la parola è menzogna perché va ad intaccare ciò che di reale si è detto o fatto, il verbo è menzogna così come lo sono state tutte le parole di Hitler, fandonie ripetute così frequentemente che alla fine sono state considerate unica e sola verità possibile. La parola con Hitler si è trasformata in un’arma di distruzione di massa, con il semplice utilizzo del verbo è riuscito a circuire l’intera Germania rendendola complice di uno sterminio disdicevole.

Il corpo racconta, la parola mente e attraverso lo spettacolo Antonio Latella e Francesco Manetti ce lo insegnano.

 

Annabella Muraca

Al Teatro Morelli continua il terzo appuntamento con Famiglie a Teatro GenerAzioniGiovani 2013

Domenica  10 novembre alle 18,00 continua il terzo appuntamento al Teatro Morelli con Famiglie a TeatroGenerAzioniGiovani 2013. A calcare le scene del Teatro Morelli sarà una delle più importanti compagnie del panorama nazionale, il Teatro della Tosse di Genova con Il Pifferaio di Hamelin”.

Protagonisti della scena sono una valigia ed un baule che, come  il cappello di un mago dal quale esce un coniglio, narrano la storia della città di Hamelin e dei suoi protagonisti:  i cittadini e il loro sindaco rappresentati con gli utensili di una cucina, una coperta di topi che invade la città, un mondo fatto di carta sono solo alcuni degli elementi che colorano la scena rendendo questo spettacolo godibile e divertente non solo da un punto di vista narrativo ma anche visivo.

La storia narra le vicende della città di Hamelin e del suo Sindaco che, per liberarsi dalle invasioni notturne di topi, decide di chiedere aiuto ad un pifferaio e al suo flauto magico. Il Sindaco pattuisce una cifra come compenso ma, al momento della resa dei conti, decide di non onorare la sua promessa. Per questo motivo il Pifferaio rapisce i bambini di Hamelin che verranno liberati grazie all’aiuto di qualche piccolo eroe scelto fra il pubblico.

Terzo appuntamento per Famiglie a Teatro

COSENZA – Domenica 10 novembre alle 18,00 torna l’appuntamento al Teatro Morelli con Famiglie a Teatro GenerAzioniGiovani 2013.

A calcare le scene sarà una delle più importanti compagnie del panorama nazionale, il Teatro della Tosse di Genova con “Il pifferaio di Hamelin” di Emanuele Conte, regia di Enrico Campanati.

Protagonisti della scena sono una valigia ed un baule che, come il cappello di un mago dal quale esce un coniglio, narrano la storia della città di Hamelin e dei suoi protagonisti: i cittadini e il loro sindaco rappresentati con gli utensili di una cucina, una coperta di topi che invade la città, un mondo fatto di carta sono solo alcuni degli elementi che colorano la scena rendendo questo spettacolo godibile e divertente non solo da un punto di vista narrativo ma anche visivo.

La storia narra le vicende della città di Hamelin e del suo Sindaco che, per liberarsi dalle invasioni notturne di topi, decide di chiedere aiuto ad un pifferaio e al suo flauto magico. Il Sindaco pattuisce una cifra come compenso ma, al momento della resa dei conti, decide di non onorare la sua promessa. Per questo motivo il Pifferaio rapisce i bambini di Hamelin che verranno liberati grazie all’aiuto di qualche piccolo eroe scelto fra il pubblico.

“Lucido” e la sua sporadica lucidità

Foto di Angelo Maggio

Cosenza – Venerdì sera, nuovo appuntamento con il Teatro Morelli, solita fila al botteghino per ritirare freneticamente i biglietti, stesso desiderio di sempre di accomodarsi tra le poltroncine rosse e godere a pieni polmoni l’odore pungente, sovversivo, acre della cultura che tutti, oggi come oggi, cercano continuamente di negarci.

“Lucido”, è questo il titolo dello spettacolo portato in scena ieri sera dalla compagnia Costanzo/Rusconi, ha appassionato la sala gremita con il suo ritmo di narrazione incalzante, provocatorio, ironico e a tratti sarcastico, battute brillanti “sganciate” con una tempistica perfetta tanto da provocare una risata di gusto ma amara, un’ilarità superficiale che nasconde una tragedia profonda capace di logorare i personaggi fino a condurli allo scontro inevitabile.

Sul palco una famiglia qualunque, nelle retrovie un sentore di detto-non detto che non giova ma annienta, nel gioco comico ed irriverente dei personaggi un sapore di humor nero che parla di rapporti familiari mandati a morte, decapitati ancor prima della sentenza definitiva, lasciati imputridire perché troppo presi dalle proprie ragioni, dai propri pensieri, dalle proprie convinzioni per essere capaci di instaurare un dialogo e capire le posizioni dell’altro.

È la storia di Luca e di sua sorella che gli ha donato un rene, la storia di una mamma che sente ma non ascolta, di un padre che li ha abbandonati all’incuria e all’indifferenza e di un nuovo uomo che entra di soppiatto nella vita dei personaggi e di colpo si ritrova in mezzo al fuoco incrociato ricoprendo un ruolo che non gli spetta. È la storia di Luca che ha consegnato la sua vita in mano ad un terapeuta, è la storia di sua sorella che, dopo 15 anni di assordante silenzio, ritorna con un bagaglio colmo di rabbia e rancore e chiede di riavere indietro ciò che è suo; non ritorna per reclamare la macchina da scrivere dell’Olivetti, i libri, il piumone o qualsiasi altro effimero oggetto ricordo della sua infanzia, ciò che reclama è il suo rene, la parte di sé che un tempo ha salvato il fratello ma che ora è richiesta dal suo agonizzante marito.

La trattativa diventa feroce, uno slalom tra colpe addossate e rancori mai confessati, tra paure latenti e dolori evidenti, è una lotta che si dipana tra mura domestiche che a stento contengono l’astio di una famiglia che ha fatto del silenzio la propria religione, uno scontro frontale in cui la lucidità vacilla fino a diventare sempre più sporadica.

Il testo di Rafael Spregelburd, tradotto da Valentina Cattaneo e Roberto Rustioni, narra così una storia che ne nasconde un’altra più segreta è per questo che sul palco s’incontrano realtà e fantasia, vita vissuta ed onirica, esistenza e spettri prodotti dalla mente e dalle sue capacità illusorie.

Tutto su quel palco si confonde fino a non scindersi più e il senso rimane sempre sullo sfondo, sotto terra, impalpabile, impercettibile, misterioso come la vita stessa.

Annabella Muraca

Fotografia di scena, corso di Angelo Maggio al Teatro Morelli

Foto di Angelo Maggio

COSENZA – Restano pochi giorni per iscriversi al corso-laboratorio ‘Fotografare il teatro’. Il corso rientra tra i percorsi formativi del progetto targato Scena Verticale. Sarà tenuto da Angelo Maggio, specializzato in Fotografia di scena.

Presso il teatro Morelli di Cosenza, tutti i mercoledì dal 16 ottobre al 27 novembre, dalle ore 18.00 alle ore 21.00, i partecipanti impareranno uso delle attrezzature e linguaggio fotografico della fotografia di scena. Per immagini di qualità destinate alla pubblicizzazione di spettacoli teatrali.

Il corso è aperto a principianti, che acquisiranno anche le nozioni di base, e a quanti sono «già in possesso di “cultura fotografica”» che affronteranno solo i temi legati alla fotografia di scena. I partecipanti potranno fare anche un tirocinio: guidati dal docente, avranno la possibilità di fotografare gli spettacoli della rassegna autunnale del teatro Morelli, ‘More Fridays’.

 

Scadenza iscrizione:

14 Ottore 2013

 

Quota di iscrizione:

50 €

 

Come iscriversi: 

attraverso l’apposita scheda che può essere richiesta via mail a info@progettomore.it

 

Per maggiori info:
Tel. 3498853332
E-mail info@progettomore.it

 

Chi è Angelo Maggio

 

Evento fb [con foto di Angelo Maggio]