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[#Anime] The Boy And The Beast: Recensione

Il 10 e 11 maggio i cinema italiani hanno ospitato il nuovo lungometraggio animato di Mamoru Hosoda, regista di film straordinari come “La ragazza che saltava nel tempo”, “Summer Wars” e “Wolf Children”. Hosoda è conosciuto soprattutto per la grande forza emotiva che riesce a dare ai suoi lavori. I suoi film, pur toccando a volte argomenti di fantasia, hanno il grande pregio di raccontare i sentimenti dei protagonisti con un realismo incredibile. Questo porta lo spettatore a vivere la storia sulla propria pelle e ad immedesimarsi totalmente nell’atmosfera del film.

C’è da dire che come al solito sono state effettuate delle dubbie scelte di distribuzione, mantenendo il film in sala per appena due giorni, con un biglietto prezzato come se fosse un blu-ray. Chi scrive si è ritrovato una sala deserta, con gli addetti del cinema che se la ridevano sotto i baffi a vedermi da solo a guardare un “cartone animato”, senza sapere che il cartone animato in questione ha delle inquadrature che da sole valgono quanto tutta la filmografia di Checco Zalone.

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Ma passiamo alla trama:

The Boy And The Beast racconta la storia di Ren, un bambino di appena nove anni che dopo la morte della madre decide di scappare dalla casa dei nonni. Mentre vaga per le strade di Tokyo incontra Kumatetsu, una bestia proveniente da una dimensione diversa da quella umana, in cui ogni persona ha l’aspetto di un animale. La bestia rimane incuriosita da Ren e gli chiede di seguirlo per farlo diventare un suo discepolo. All’inizio non andranno molto d’accordo, ma nonostante i continui litigi, tra loro inizia a nascere un forte legame.

The Boy And The Beast basa buona parte del film sul rapporto allievo-maestro, visto in una concezione più ampia.

Anche l’allievo ha tanto da insegnare al maestro

Sin dalle prime battute ci rendiamo conto che il burbero Kumatetsu non è proprio tagliato per fare il maestro, questo perché lui stesso non ne ha mai avuto uno che gli calzasse a pennello. Dall’altro lato il povero Ren non ha nessuna base di combattimento. Ma con il passare dei minuti ognuno di loro riesce a trovare il modo di valorizzare l’altro. Credo che il messaggio che Hosoda vuole trasmettere sia che il rapporto allievo-maestro è fatto di insegnamenti reciproci, in cui da un lato il maestro trasmette all’allievo le proprie conoscenze, e dell’altro l’allievo insegna al maestro nuove vie per farlo, in questo modo è l’insegnante stesso ad affinarsi.

Nelle prime battute Kumatetsu cerca di insegnare a Ren un modo per diventare forte, ma andando avanti nel film capiamo che quello che vuole trasmettere Hosoda è che la vera forza non può essere insegnata, ma può essere ottenuta solo grazie a qualcuno di importante, la nostra “Spada nel cuore”. Partendo da questo presupposto, Hosoda riesce a trasmettere la propria voglia di emozioni allo spettatore, giocando molto sul “non detto”. Infatti Ren e Kumatetsu passano i loro giorni litigando, ma chi guarda il film si rende conto che dietro questi litigi si nasconde un rapporto di totale simbiosi tra i due, un legame unico e indissolubile. In un certo senso questo film insegna che i rapporti migliori sono quelli in cui ci si confronta, in cui ognuno esprime le proprie opinioni anche a costo di andare contro l’altro, non quelli in cui ci si tiene tutto dentro in silenzio. L’uomo da solo è ben misera cosa, una creatura piena di oscurità, ma quest’ultima può essere combattuta grazie ai legami che nascono nel corso della vita.

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Sul piano tecnico c’è veramente poco da dire. La regia di Hosoda è studiata nei minimi particolari. Di tanto in tanto abbiamo delle inquadrature fisse da lasciare a bocca aperta, dei veri e propri quadri, in cui il regista ci mostra le strade della città di Tokyo o del mondo delle bestie. In altri momenti l’inquadratura si muove con un dinamismo incredibile, con delle carrellate che sarebbero impossibili da riprodurre in un film live-action. Le animazioni sono magnifiche, con il solito character design di Yoshiyuki Sadamoto (Neon Genesis Evangelion), vero marchio di fabbrica di tutti i film di Hosoda. Oltre a questo abbiamo un sapiente utilizzo della computer grafica. Le musiche sono straordinarie, da ascoltare e riascoltare anche da sole, compresa la bellissima sigla finale dei Mr. Children.

The Boy And The Beast è un piccolo gioiellino dell’animazione nipponica, come gli altri lungometraggi di Hosoda, che consiglio di recuperare se non l’aveste ancora fatto. Chi scrive non vede l’ora che esca in blu-ray, perché voglio letteralmente consumarlo.

 

Antonio Vaccaro