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Problemi alle vertebre lombari: traumi, fratture e rimedi

ALTOMONTE (CS) – Le fratture delle vertebre lombari si verificano a causa di traumi gravi, di un indebolimento patologico dell’osso o di entrambi. L’osteoporosi è la causa di molte fratture lombari, colpisce soprattutto le donne in menopausa. Le fratture spinali osteoporotiche possono verificarsi senza traumi apparenti. Una diagnosi accurata è necessaria per escludere un tumore spinale. Le 5 vertebre 1vertebre lombari sono le più grandi e forti della colonna vertebrale. Queste ossa costituiscono la parte inferiore della schiena. Le vertebre lombari partono all’altezza dell’ultima costa (o costola) e si estendono fino all’osso sacro. I muscoli stabilizzatori più forti della spina dorsale si inseriscono in questo tratto. La frattura amielica non provoca un danno neurologico a differenza della frattura mielica che causa una lesione nervosa e un deficit neurologico.

La maggior parte delle fratture della colonna vertebrale lombare, che richiedono un trattamento chirurgico, si verificano a livello t12 (o d12), l1 oppure l2. Queste lesioni sono principalmente di origine traumatica, mentre la maggior parte delle fratture lombari non traumatiche sono di origine osteoporotica. Le fratture del polso e quelle vertebrali interessano generalmente le donne con osteoporosi di tipo 1 (età compresa tra 51 e 65 anni). La carenza di estrogeni è il fattore di rischio principale della bassa densità di calcio nelle ossa. L’osteoporosi di tipo 2 (tipo senile) si verifica dopo i 75 anni, con una frequenza doppia nelle donne rispetto agli uomini.

Molte tipologie di fratture lombari, che colpiscono i giovani e gli uomini di mezza età, sono di origine traumatica. Le cadute che causano un forte impatto possono provocare la rottura dell’osso, mentre le cinture di sicurezza delle automobili possono causare fratture a cuneo in caso di colpo di frusta. Esistono due tipi di classificazione delle fratture: quella vertebrale stabile e quella vertebrale vertebre 2instabile. La stabile non causa una deformità spinale o problemi neurologici. La colonna vertebrale può ancora trasportare e distribuire il peso abbastanza bene. Il corpo della vertebra può essere deformato, la parte posteriore rimane intatta. La frattura instabile provoca difficoltà per la colonna vertebrale nel trasporto e nella distribuzione del peso: non curata può peggiorare e causare ulteriori danni. Il corpo della vertebra si lesiona insieme alla colonna posteriore che si può deformare in compressione, rotazione o flessione laterale. Generalmente si forma una cifosi post-traumatica e si verificano dei sintomi neurologici progressivi. Una frattura lombare può derivare da un incidente stradale in estensione, come un’improvvisa frenata, in cui forza della cintura di sicurezza allontana le vertebre.

 

Fratture da compressione, da scoppio e da rotazione

Fratture da compressione: la parte anteriore (corpo) della vertebra si rompe e l’altezza si riduce, ma la parte posteriore non si deforma. Solitamente questo tipo di frattura è stabile e raramente provoca disturbi neurologici. Le fratture da compressione sono causate generalmente da una forza che viene dall’alto e provoca lo schiacciamento delle vertebre nella parte anteriore.

Frattura da scoppio: la vertebra perde altezza sia nella parte anteriore sia in quella posteriore. Di solito è causata da caduta in piedi dall’alto. Le fratture a volte possono causare retro-pulsioni della vertebra nel canale vertebrale.

Frattura da rotazione: le fratture del processo trasverso, oltre che rare, sono la conseguenza di una flessione laterale estrema: di solito non alterano la stabilità della colonna. La frattura con lussazione è una frattura in cui l’osso e il tessuto molle collegato si allontanano dalla vertebra adiacente. Questo tipo di frattura è instabile e può causare una grave compressione del midollo spinale.

 

Sintomi della frattura delle vertebre lombari

La localizzazione del dolore corrisponde al punto in cui è avvenuta la frattura, come si vede dalle radiografie. I pazienti anziani con grave osteoporosi potrebbero non aver dolore dato che la frattura si verifica spontaneamente. Gli adulti e i giovani possono sentire un forte mal di schiena, dopo un trauma come una caduta o un incidente automobilistico. La debolezza o l’intorpidimento delle estremità inferiori sono importanti sintomi di lesioni neurologiche che possono verificarsi nelle vertebre 3fratture mieliche. Le rotture vertebrali possono anche causare dei dolori riferiti. Il trattamento della frattura con vertebro-plastica ha dato sollievo all’83% di questi pazienti. L’osteoporosi è una malattia che progredisce in silenzio. Le fratture osteoporotiche da compressione sono spesso diagnosticate quando un paziente anziano si presenta con sintomi quali scoliosi progressiva o dolore lombare meccanico e il medico effettua la radiografia lombare.

 

Esami diagnostici

La radiografia è l’esame standard necessario per la valutazione delle fratture della colonna vertebrale in proiezione antero-posteriore e laterale della colonna lombare. In caso di frattura somatica, la vista laterale mostra eventuali diminuzioni nell’altezza del corpo vertebrale. La vertebra cambia forma perché è schiacciata dal peso del corpo, può diventare a cuneo (con la parte anteriore più bassa) oppure biconcava (con la parte centrale corta). La tac mostra un eventuale restringimento nel canale spinale. Questo strumento è utile per escludere una frattura da scoppio. La risonanza magnetica è necessaria quando si sospetta una frattura con la compressione della radice del nervo e il paziente lamenta una sciatalgia. Questo tipo di immagine è più sensibile nel rilevare le emorragie, i tumori e le infezioni. La mineralometria ossea computerizzata (moc) attualmente è il metodo più usato per osservare la densità ossea di un individuo.

I test ortopedici di valutazione per le fratture della quarta e quinta vertebra lombare ( l4 e l5 ) dovrebbero essere: un esame clinico lombare con la palpazione delle vertebre, un esame neurologico delle estremità inferiori oppure un test di stiramento del nervo sciatico (test di lasegue) eseguito sollevando la gamba dritta da supino. Il fisioterapista dovrebbe osservare la zona lombare per individuare calore ed eventuali arrossamenti, oltre che testare le vertebre lombari, così da notare vertebre 4eventuali deformità. In caso di frattura, durante il movimento, il paziente lamenta forte dolore nel punto in cui l’osso è rotto. Il trattamento chirurgico della frattura della vertebra l1 o l2 si effettua quando sono presenti disturbi neurologici, così da riparare la lesione. Ci sono diverse procedure in base al grado di compressione, al livello spinale in cui è avvenuta la frattura e allo stato di salute del paziente. Se il soggetto con frattura lombare è giovane, il chirurgo può inserire placche, viti e altre strutture meccaniche per fondere le vertebre rotte.

 

Rimedi chirurgici

Vertebroplastica: è un trattamento efficace nella gestione delle fratture vertebrali di compressione che consiste nell’incisione chirurgica della schiena e nell’iniezione di una sostanza simile al cemento osseo nel corpo vertebrale fratturato.

Cifoplastica: è una procedura mini-invasiva in cui si esegue solo un piccolo foro invece di un’incisione con il bisturi. L’operazione allevia il dolore della frattura vertebrale inserendo del cemento osseo all’interno della vertebra, in modo da solidificare e stabilizzare la parte lesionata. Gli studi scientifici mostrano che la cifoplastica ha circa gli stessi risultati della vertebroplastica, ma presenta un maggior recupero dell’altezza vertebrale.

 

Terapia non chirurgica

La cura per i pazienti che non necessitano di un intervento chirurgico serve per alleviare il dolore e si basa sul rinforzo e sulla riabilitazione. Le fratture con compressione e quelle che interessano la parte anteriore e centrale delle vertebre sono le più adatte a questo tipo di trattamento. Il tutore usato per questo tipo di lesione è il busto in estensione che comprende il dorso e la parte lombare della schiena. Durante le sedute di fisioterapia, i pazienti devono aumentare la propria mobilità senza avvertire vertebra 5dolore. Con questo tutore possono muoversi ed eseguire esercizi di riabilitazione. Le opzioni non chirurgiche stanno diventando il metodo di trattamento preferito in caso di frattura lombare perché spesso il rinforzo e le terapie sono più efficaci dell’operazione. Gli obiettivi della riabilitazione sono: ridurre il dolore, recuperare la mobilità e migliorare la forza e l’equilibrio. Esistono problematiche che potrebbero complicare il raggiungimento degli obiettivi: mancata riduzione della frattura, lesioni neurologiche (paralisi) e deformità della colonna vertebrale.

 

Tempi di recupero post-frattura vertebrale e prognosi

I tempi di guarigione dipendono dal tipo di danno: una lesione neurologica può non guarire, mentre l’osso, generalmente recupera in modo graduale in circa 3 mesi. La magnetoterapia riduce i tempi di formazione del callo osseo fino al 50%.

 

Dott. Fisioterapista Mario Turano, Via Aldo Moro, Altomonte (CS), cell. 348 8841170

 

 

 

 

 

 

 

La Sindrome del Canale di Guyon

ALTOMONTE (CS) – A livello del polso e del palmo della mano, il nervo ulnare è situato internamente e superficialmente al tunnel carpale dove scorre il nervo mediano. Separato da quest’ultimo per mezzo di una parete fibrosa, decorre in una “loggia” denominata canale di guyon, all’ingresso e all’uscita della quale si trova impegnato in due anelli osteofibrosi, costituiti da legamenti e inserzioni muscolari tesi fra l’osso pisiforme e l’osso “uncinato”. Poiché il nevo ulnare, prima di uscire dal canale di guyon, si divide nei suoi rami terminali, uno motore profondo e l’altro sensitivo superficiale (che abbandona il tronco comune senza quindi impegnarsi nel secondo anello fibroso), il livello della compressione determina una sintomatologia molto differente. Il quadro clinico potrà essere quindi caratterizzato da deficit globale guyon 1sensitivo e motorio, o da deficit muscolare puro. I disturbi sensitivi sono costituiti da parestesie e diminuzione di sensibilità sull’anulare e sul mignolo, quelli motori da perdita di forza e di agilità nei movimenti fini delle dita, atrofia della muscolatura, e degli interossei con atteggiamento a griffe delle ultime due dita e difficoltà ad allargare e avvicinare le dita estese. Il trattamento è chirurgico e va eseguito precocemente prima dell’instaurarsi di lesioni irreversibili e consiste nella sezione delle arcate legamentose fibrose che determinano la compressione del nervo. Il post-operatorio non richiede cure particolari ma è preferibile il mantenimento di una immobilizzazione con doccia gessata del polso per 10 giorni, mentre il recupero della sensibilità e della forza può richiedere qualche mese.

 

Ecografia muscolotendinea
La tecnica ecografica si è da tempo diffusa ed affermata per l’esplorazione delle parti molli, dei tendini, dei muscoli, dei vasi e dei nervi. Ciò è stato possibile grazie allo studio, all’evoluzione ed alla commercializzazione di sonde ad alta frequenza e di apparecchiature digitalizzate che permettono di cogliere particolari anatomici di ridottissime dimensioni. Per lo studio dei muscoli, dei tendini, dei nervi e dei vasi ci si serve di sonde con frequenza compresa tra i 7,5mhz ed i 18mhz. L’uso di tali alte frequenze trova una spiegazione nel fatto che maggiore è la frequenza degli ultrasuoni e migliore sarà la definizione guyon 2delle strutture da indagare. Le apparecchiature ecografiche connesse alle sonde devono essere digitalizzate per ottenere il maggior numero di informazioni possibili. L’indagine attualmente è completata anche dalla tecnica color doppler che consente l’esame della vascolarizzazione dell’area di interesse. Il color doppler è da considerarsi la “quarta dimensione” dell’esame ecografico tradizionale perché aggiunge a quest’ultimo il dato emodinamico. Per le indagini “ecocolorpowerdoppler” è indispensabile un’attrezzatura di altissime prestazioni in grado di rappresentare flussi relativamente bassi e vasi sottili. L’indagine ecografica è indolore, poco costosa, facilmente ripetibile, di veloce esecuzione. La tecnica è ben diffusa sul territorio ed è ormai entrata a far parte della moderna semeiotica medica e medico sportivo in generale. Anche il canale di guyon rientra tra le strutture evidenziabile ecograficamente, in maniera piuttosto agevole.

 

Sintomatologia

Data la particolarità anatomica del canale di guyon qualunque neoformazione e/o espansione dei vasi che vi decorrono può comprimere il nervo ulnare e dare origine alla sindrome del canale di guyon. La sindrome del canale di guyon è una condizione che si manifesta meno frequentemente rispetto alle altre patologie da intrappolamento, come ad esempio la ben più nota sindrome del tunnel carpale. Le compressioni del nervo mediano del polso al tunnel carpale sono più numerose nei confronti delle compressioni sul nervo cubitale. I sintomi sono essenzialmente rappresentati da una sensazione di formicolio e da una riduzione della sensibilità dell’anulare e del mignolo. La sintomatologia iniziale è caratterizzata da parestesie e disestesie nel territorio autonomo del nervo ulnare in assenza di vero e proprio dolore: questo corrisponde alla fase irritativa. Nella successiva fase compressiva si manifesta deficit piuttosto accentuato dei muscoli intrinseci della mano innervati dal nervo ulnare. La mano assume in breve tempo il tipico atteggiamento benedicente.

 

Riabilitazione nella sindrome del canale di guyon

In molti casi è possibile risolvere con efficacia e in breve tempo il problema sottoponendosi a una riabilitazione altamente qualificata condotta da tecnici esperti. Il fisioterapista procede, innanzitutto, alla valutazione dei disturbi del paziente, alla visita e alla raccolta dei dati per una corretta anamnesi, oltre ad alcuni esami come l’elettromiografia e l’ecografia: quest’ultima è necessaria per escludere la presenza di cisti. Il trattamento conservativo si avvale di fisioterapia specifica spesso accompagnata da terapia farmacologica con antinfiammatori e vitamina b e, a seconda dei casi, anche dell’aiuto di bende gessate guyon 3per mantenere l’arto a riposo. Le moderne tecniche fisioterapiche apportano un importante giovamento attraverso l’elettroanalgesia che il fisioterapista può effettuare dopo aver valutato i problemi neuro-muscolo-scheletrici e l’anamnesi del paziente. Per quanto riguarda gli interventi antinfiammatori il fisioterapista può sottoporre il paziente a sedute con apparecchiature elettromedicali ad alta frequenza, interventi non invasivi che eliminano l’infiammazione e migliorano la mobilità articolare. Dove prescritto, gli interventi riabilitativi possono essere eseguiti anche mediante applicazioni laser o ultrasuoni. Esercizi terapeutici e mobilizzazione passiva sono solo alcune tecniche che vengono applicate durante le sedute si fisioterapia per il recupero nella compressione del nervo ulnare a cui, a seconda dei casi, si integrano altre metodologie di intervento.

 

Dott. Fisioterapista Mario Turano, Via Aldo Moro, Altomonte (CS), cell. 348 8841170

Salute: Trattamento chirurgico è più efficace dei farmaci per il controllo del Diabete di tipo 2

LONDRA – Uno studio della Cleveland Clinic presentato ieri al congresso dell’American College of Cardiologists (ACC) in corso a Washington conferma che la chirurgia bariatrica è superiore ai farmaci nel controllo della glicemia in pazienti con diabete di tipo 2. E’ quanto si legge in un articolo pubblicato oggi sul New England Journal of Medicine, la più autorevole rivista medica.
Lo studio denominato “STAMPEDE” (acronimo di Surgical Treatment and Medications Potentially Eradicate Diabetes Efficiently) ha coinvolto 150 pazienti con diabete di tipo 2 inizialmente e sottoposti a due interventi chirurgici (bypass gastrico o gastrectomia “sleeve”) o a terapia farmacologica (insulina e ipoglicemizzanti orali) e seguiti per almeno tre anni.

I risultati dimostrano che ben due tipi di intervento chirurgico, la sleeve gastrectomy e il bypass gastrico riducono la glicemia molto più della terapia medica. Anche se alcuni pazienti dimostrano una recidiva di  iperglicemia, i risultati rassicurano sulla sostanziale tenuta nel tempo dell’effetto anti-diabetico della chirurgia.
Sebbene lo studio non fosse strutturato per verificare differenze fra l’efficacia dei singoli interventi, i dati dimostrano una maggiore potenza terapeutica del bypass gastrico (maggiore riduzione della glicemia, maggiore riduzione dei farmaci anti-diabete) rispetto alla sleeve gastrectomy. In particolare, più di un terzo dei pazienti sottoposti a bypass gastrico non presenta alcun segno di malattia e non necessita di trattamento farmacologico a tre anni dall’intervento (remissione completa di malattia).

I risultati confermano inoltre che anche nei pazienti con obesità lieve o anche solamente in sovrappeso le percentuali di successo della chirurgia sono sostanzialmente simili a quelle osservate nei pazienti con obesità più severa.
Nonostante la preoccupazione abbastanza diffusa che l’intervento chirurgico possa risultare in effetti indesiderati che riducano la qualità di vita dei pazienti, i dati della Cleveland Clinic dimostrano esattamente il contrario. Infatti, entrambi gli interventi, ma soprattutto il bypass gastrico, migliorano la qualità della vita in misura molto maggiore della terapia farmacologica.

«E’ importante sottolineare che tutti gli studi clinici randomizzati fin ora eseguiti (con quello di oggi ve ne sono 5) dimostrano la superiorità della terapia chirurgica rispetto a qualsiasi farmaco anti-diabetico oggi disponibile». Lo afferma il professore italiano Francesco Rubino, da poco titolare della prima cattedra mondiale in chirurgia bariatrica al King’s College di Londra. Anche se non direttamente coinvolto nello studio, Rubino commenta con soddisfazione i progressi della sua teoria.
«Questo dimostra in maniera ormai incontrovertibile come la chirurgia sia da considerare una legittima opzione terapeutica per il diabete si tipo 2. Ciò però – aggiunge Rubino – non significa che tutti i pazienti con diabete debbano essere trattati chirurgicamente. L’indicazione alla chirurgia per il diabete può essere posta solo dopo una accurata valutazione del rapporto rischio-beneficio, caso per caso».
«Nel 1999 – ricorda il professore Rubino – quando per la prima volta proposi uno studio del genere al comitato etico del Mount Sinai di New York non riuscii ad avere l’approvazione: una terapia chirurgica per il diabete era allora sostanzialmente “impensabile”. Con lo studio di oggi sono almeno 5 i “trials” che hanno confrontato chirurgia e terapia farmacologica per diabete (uno di questi eseguito al Gemelli di Roma, in collaborazione con i Professori Mingrone e Castagneto): un segno di come l’idea di operare il diabete abbia ricevuto una attenzione crescente dalla comunità scientifica nel corso degli ultimi dieci anni».
«L’efficacia della chirurgia – conclude – anche in pazienti con obesità lieve nello studio di Cleveland è una ulteriore conferma, anche se indiretta, che i meccanismi d’azione della chirurgia sono indipendenti dalla perdita di peso, come dimostrato dai nostri studi sperimentali sui ratti, pubblicati esattamente dieci anni fa. Credo che l’evidenza clinica imponga oggi a tutti i medici che si occupano di pazienti con diabete di tipo 2 di considerare attentamente la necessità di una opzione chirurgica, specialmente quando la terapia farmacologica non arriva a garantire un controllo adeguato del diabete».