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Coldiretti, sempre più importante la sfida di far conoscere il vino made in Calabria

CATANZARO – Sempre più convinta, la Coldiretti ribadisce la sua opposizione al Decreto del Dipartimento agricoltura che autorizza «l’aumento del titolo alcolometrico – volumico minimo naturale delle uve e dei mosti per la produzione di vino comune, IGP e DOP nonché, dei spumanti per la campagna 2016/2017”. Pratica lecita, per carità, ma inopportuna, precisa Pietro Molinaro Presidente Coldiretti Calabria,  poiché questo dovrebbe succedere solo nelle annate sfigate dove il sole non ha fatto abbastanza bene il suo lavoro, invece si ripete ogni anno e quest’anno poi il sole, come abbiamo già avuto modo di dimostrare, non è mancato. Su questa vicenda, Coldiretti rilancia anche sulla scorta di quanto dichiarato dal Presidente del Consorzio di Tutela di Cirò-Melissa – al quale diciamo innanzitutto che vogliamo valorizzare insieme ciò che di bello è stato fatto in questi anni – che parla di “pratica autorizzativa preventiva».

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  «La Regione – prosegue – avrebbe fatto bene almeno ad evitare il ricorso all’arricchimento per i vini DOP che rappresentano la distintività del territorio. A sostegno, Molinaro cita quanto previsto dai disciplinari di produzione dei vini DOC di Cirò e Terre di Cosenza che garantiscono storia, zona di produzione, destinazione delle uve  che devono provenire dai vigneti ubicati nell’intero territorio amministrativo delle DOC. I disciplinari, prevedono già clausole di salvaguardia,  sui valori relativi al Titolo alcolometrico volumico naturale minimo, sono insomma, (i disciplinari),  la carta di identità del vino che beviamo.  Il Decreto del Dipartimento ci pare va in tutt’altra direzione ed è palesemente a “maglie larghe” sia per la provenienza dei mosti da impiegare che per l’allargamento a tutta la Calabria. Molinaro allora suggerisce, proprio  per valorizzare ruolo e funzioni dei Consorzi di Tutela, che ci sia come elemento di trasparenza a beneficio dei cittadini-consumatori,  nonché di cantine, l’evidenza sull’uso di mosti concentrati rettificati (MCR) e la loro provenienza, proprio per rimarcare la differenza delle produzioni. Altrimenti – prosegue – il rischio è che si rendono inefficaci gli sforzi di chi, invece, ha scelto di fare vino in vigna, potando, diradando e selezionando, valorizzando i vitigni autoctoni,  alla ricerca di quel valore aggiunto che i mercati di tutto il mondo sono pronti a riconoscere. È doveroso e fondamentale  – continua ancora Molinaro – che non si crei confusione e che le differenti scelte produttive siano comunicate in modo chiaro e diretto e che le istituzioni regionali attraverso i Consorzi di Tutela intervengano a tutela di queste differenze. Ritengo  -conclude  – che l’intera vicenda possa essere utile anche a rivedere il disciplinare di produzione del vino Cirò. Il vino  – conclude – deve essere sempre di più ambasciatore del vero “made in Calabria”: questo è il campionato competitivo che la Coldiretti vuole giocare».