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A Cosenza una targa in memoria di Vittorio Staccione, il calciatore rossoblù morto a Mauthausen

“Ricordare oggi Vittorio Staccione, in occasione del 77° anniversario della Liberazione, è un atto doveroso.  Quando mi è stato proposto, mi si è aperto il cuore. Sono onorato di poter, insieme a voi, scoprire questa targa che ha un valore particolare. Dobbiamo, infatti, ricreare le condizioni perché questi luoghi non siano solo luoghi di memoria, ma di partecipazione democratica a quella che è l’azione politica che anche nella nostra città ha bisogno di essere alimentata quotidianamente e la democrazia è qualcosa che dovrebbe appartenere a tutti”. Lo ha detto il sindaco di Cosenza Franz Caruso intervenendo alla manifestazione promossa dall’ICSAIC (Istituto Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea) insieme all’ANPI provinciale (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), sezione “Paolo Cappello”, e con la partecipazione del Cosenza Calcio, per ricordare il calciatore antifascista torinese Vittorio Staccione, deportato e morto a Mauthausen il 16 marzo 1945 e che dal 1931, dopo aver giocato nel Torino e nella Fiorentina, vestì la casacca rossoblù del Cosenza (all’epoca Cosenza Sport Club).

Alla manifestazione di questa mattina hanno preso parte Maria Pina Iannuzzi, del direttivo dell’ANPI, che l’ha introdotta, il Presidente dell’ICSAIC Paolo Palma, il giornalista Francesco Veltri, autore del volume “Il mediano di Mauthausen”, edito da Diarkos e dal quale è scaturita la scintilla che ha riacceso i riflettori della memoria sulla vicenda di Vittorio Staccione fino al posizionamento della targa al Parco “Emilio Morrone”, dal nome del calciatore cui fu poi intitolato il “Città di Cosenza”, teatro delle gesta calcistica di Staccione.

Ospite d’eccezione, il pronipote di Vittorio Staccione, Federico Molinario, arrivato dalla Liguria per l’occasione e che ha ringraziato ripetutamente il sindaco Franz Caruso per aver accolto l’iniziativa. Alla cerimonia era presente anche una delegazione del Cosenza Calcio, con il vice direttore Marcello Pizzimenti ed il responsabile dell’ufficio stampa Alessandro Russo.

La targa intitolata a Vittorio Staccione è stata benedetta dal Vice Parroco della Chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù, don Davide Iuele. Matteo Dalena, del direttivo di ANPI e ICSAIC, ha letto il prologo al libro di Veltri “Il mediano di Mauthausen”,  suscitando una particolare emozione, quando ha scandito ad alta voce la formazione del Cosenza di quel tempo.  

“Esempi come quelli di Vittorio Staccione, Mario Martire, Paolo Cappello e di tanti altri deportati e trucidati nei campi di sterminio – ha aggiunto nel suo intervento il Sindaco Franz Caruso – devono servire per dire che la libertà è bella, ma ce la dobbiamo conquistare ogni giorno. Quella di Vittorio Staccione – ha aggiunto il primo cittadino – si interseca con una storia importante, quella dell’antifascismo, che è scritta nella nostra Costituzione che è una Costituzione antifascista. E’ una firma su quello che è un valore assoluto della nostra nazione e mai come oggi è importante ricordarlo e riconoscerlo. Chi non ha memoria – ha detto ancora Franz Caruso – non ha futuro. Per questo è importante essere qui a ricordare Vittorio Staccione. Una storia la sua che tutti dobbiamo conoscere e che dobbiamo additare alle nuove generazioni. Grazie all’iniziativa di oggi – e per me che sono attualmente l’unico sindaco socialista d’Italia ha un valore aggiunto – abbiamo potuto apprendere che  non solo Mario Martire e Paolo Cappello, ma anche Vittorio Staccione ha dato un grande contributo alla sconfitta del nazifascismo. Io sono vissuto e politicamente cresciuto in una sezione socialista che era intitolata a Paolo Cappello, per cui questa storia mi appartiene sia per tradizione che come cultura politica e partecipazione. Noi  dobbiamo contribuire a diffondere il sentimento dell’antifascismo capendo che è stato sì un momento storico, ma che rischia di ripetersi, perché dobbiamo pensare non solo a quello che si verifica nel nostro Paese, ma anche a quello che si verifica in Europa e nel mondo”.  

 

 

“Il mediano di Mauthausen” e il “Che calabrese”, la malinconica resistenza di due eroi dimenticati

RENDE (CS) – Ricordare i piccoli, grandi, eroi di ieri per imparare ad essere piccoli eroi resistenti di oggi. Un approfondito e doveroso sguardo a due intense storie del passato per guardare con coraggio al presente.
Due storie di coraggio e di fedeltà agli ideali (di famiglia, di etica, di partito…), valori che oggi possono ancora avere un valore. Grazie alla ricerca, e alla penna, dei giornalisti cosentini Francesco Veltri e Alfredo Sprovieri, rispettivamente autori de “Il mediano di Mauthausen” (ed. Diarkos ) e di “Joca, il Che dimenticato” (Mimesis), abbinati e presentati insieme ieri, nella sala Tokyo del Museo del Presente, nell’ambito del ciclo di incontri denominato “Latitudini ribelli – Storie di coraggio e memoria” promosso dall’assessorato alla cultura del comune di Rende. «Due storie di resistenza – come dichiarato in apertura dei lavori dall’assessora alla cultura Marta Petrusewicz -, accomunate dal comune senso di libertà e democrazia”».

L’Arpad Weiz del Cosenza

Storie di resistenza, dicevamo, di lotta, di sport e di amore. La prima è quella del calciatore – operaio (come tiene a sottolineare l’autore) di Vittorio Staccione, centrocampista piemontese in ascesa negli anni ’30 (fratello del probabilmente piu noto Eugenio) che ha chiuso la sua carriera nel Cosenza Calcio prima di chiudere la sua vita nel campo di concentramento nazista. Ha militato anche nel Torino (con la quale ha vinto lo scudetto poi revocato del 1926-1927), della Cremonese (dove è stato addirittura “boicottato” giornalisticamente dalle cronache sportive dell’epoca e finanche nei tabellini delle partite) e della Fiorentina, alla passione per il calcio Staccione ha alternato anche quella per la politica e le lotte sociali all’interno delle fabbriche che lo hanno messo sotto la lente d’ingrandimento di fascisti e filofascisti. «Un resistente in campo, da perfetto mediano – racconta Veltri -, come nella vita». Una storia ben raccontata – come detto dal giornalista Eliseno Sposato durante la conferenza di presentazione coordinata da Simona De Maria –, a metà fra il romanzo e il saggio storico, che ha il merito di ridare memoria e dignità a Staccione e che ha incontrato l’apprezzamento della famiglia del calciatore dimenticato, in particolare del pronipote Federico Molinario.

L’altro “Che”, il “Che calabrese”

Giancarlo Castiglia detto “Joca” era invece l’emigrato calabrese, originario di San Lucido (Cs), che ha guidato in Brasile la ribellione contro il golpe istituzionale dei Gorillas. Una storia, come quella di Staccione, ancora poco conosciuta che parla della strenua resistenza durata tre anni di 69 attivisti contro 10 mila militari e che ha portato alla morte del loro comandante. Una storia che, come sostenuto dal ricercatore Francesco Campolongo, «interagisce con l’attualità e si inserisce come un pezzo di puzzle in un mosaico collettivo»; una testimonianza di come «la cultura possa battere la dittatura», rilancia Alfredo Sprovieri con un invito alla riflessione a chi deve resistere e lottare oggi: «Non può esistere processo di liberazione se non si fa un passo indietro da oppressori e uno avanti da oppressi».