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L’economia e la filosofia delle mafie raccontate da Saviano

COSENZA – Deve essere un esempio per tutti, ma poi cosa ha detto di nuovo queste cose si sapevano già, è il simbolo della lotta contro le organizzazioni criminali, non vedi come ci sta marciando Peppino Impastato si rivolterebbe nella tomba, queste sono alcune delle frasi che vengono pronunciate ogni qualvolta salta fuori il nome di Roberto Saviano, perché una cosa è certa o lo si ama o lo si odia, non ci sono vie intermedie e nessuno mai si astiene dall’esprimere commenti positivi, critici e più o meno onesti.

Da ieri l’Università della Calabria gode di un storico primato, è il primo ateneo del Sud Italia ad aver ospitato Roberto Saviano per la presentazione del suo ultimo libro edito Feltrinelli ZeroZeroZero, 450 pagine che raccontano il viaggio lungo le rotte del narcotraffico mondiale, nelle quali l’inchiesta incontra, ancora una volta come nel caso di Gomorra, la prosa narrativa, parole che non lasciano scampo.

Introdotto dal direttore del Dipartimento degli Studi Umanistici Raffaelle Perrelli e dal professore Nuccio Ordine, Saviano sale in cattedra sorridente ed emozionato molto più di quando va in televisione e con le mani sulla testa dice di non essere più abituato a incontrare così tanti coetanei. E sono proprio le domande di tre studenti a dare il via al suo intervento, domande che aprono scenari sconfinati, immensi su come poter uscire fuori dall’inferno del potere criminale, sulla piaga dell’omertà, sulla liberalizzazione delle droghe.

Saviano ascolta ogni singola parola per poi partire con un lungo monologo che inizia con il mito che le organizzazioni creano di loro stesse, un falso mito perché si rifanno a film come Scarface e Il Padrino per trovare una grammatica  che sia comprensibile ed efficace, atteggiamenti connotativi che vengono poi riprodotti dai ragazzi che ne subiscono il fascino.

L’unico modo per distruggere questo mito dice Saviano è raccontarlo, senza negare la sua esistenza, smontarlo pezzo per pezzo, decostruirlo mostrandone tutte le contraddizioni, educare alla felicità.

Non esiste economia più forte del narcotraffico, continua Saviano, perché non conosce crisi e ritiene che uno dei modi per contrastare la logica proibizionista, dalla quale le mafie traggono il loro massimo potere, sarebbe quello di legalizzare le droghe, una proposta che implica costi sociali e morali elevatissimi ma certamente inferiori a quelli che stanno attorno al giro di affari illegali.

Poi ci sono le regole che stanno alla base del perfetto uomo d’onore, regole che addestrano alla disumanità, codici necessari per delineare un certo tipo di mascolinità che diventano dei veri e propri modi di stare al mondo, non fidarsi mai di nessuno, tanto meno del proprio stesso sangue perché conosce di più, vivere in solitudine, fare figli e non vederli crescere, regole che stabiliscono in che modo e con chi fare l’amore.

Siamo alla fine quando Roberto Saviano spiega come il racconto e la condivisione siano forme di resistenza all’idea che sia tutto comprabile, che disarticolare il potere diventa l’unico modo per dimostrare che siamo l’esatto contrario dell’omertà, che bisogna prendere coscienza della realtà non solo quando ci coinvolge direttamente ma anche quando ci sfiora e citando Giordano Bruno invita tutti a credere sempre in un progetto anche se difficile, perché ogni piccola e grande impresa mette alla prova, fa conoscere limiti e difficoltà, ma sconfitti o vincitori poco importa perché il percorso porta comunque a un cambiamento e questo sarà già un premio.

Gaia Santolla