Calabria,Inquinamento Mar Tirreno: quando il depuratore non c’è, i topi ballano?

C’era una volta il mare pulito della Calabria. Prima che in esso trovassero ristoro i topi, che le spiagge assumessero le sembianze di una discarica e i soldi destinati alla depurazione delle nostre coste facessero una fine “non meglio identificata”. Quando ancora il Tirreno era il mare più invidiato e frequentato da nord a sud ma soprattutto quando passare una giornata al mare rilassava e non innervosiva. La stagione estiva, all’inizio della sua attività, appreso delle bandiere blu riconosciute all’altro lato della costa calabrese, quella Ionica, aveva dato vita alla speranza che quest’anno, finalmente, si sarebbe potuto sperare in un mare davvero da bere. E’ bastato recarsi qualche domenica al mare nelle zone di Paola e dintorni per fare la macabra scoperta: non solo la situazione non è cambiata ma pare addirittura peggiorata dal momento che, oltre al solito liquame, quest’anno a sguazzare tra le onde vi sarebbero anche i topolini. Indignati e disgustati da una costa che merita molto di più di questo, diversi bagnanti hanno segnalato il  loro disprezzo per una gestione che continua a danneggiare un territorio potenzialmente in grado di offrire tanto al turismo e all’economia. Nel tentativo di dare risposte concrete ad una cittadinanza che aspetta l’estate per poter godere ciò che di più bello il territorio calabrese può offrire, abbiamo richiesto un’intervista sia al responsabile di Legambiente, Francesco Falcone, sia al Comitato Mare Pulito di Paola.

Legambiente, l’unico del quale attualmente abbiamo risposte, ci ha spiegato che la loro battaglia quest’anno si è arrestata. Il motivo è molto chiaro: ogni anno, stessa spiaggia, stesso mare. E non è un’allegra canzoncina. Come è possibile rilevare dal dossier conservato sul sito Calabria.Legambiente.it. meno del 50% del carico inquinante è servito in modo adeguato e nella maggior parte dei casi l’impianto di depurazione viene gestito in maniera poco consona. Nella maggior parte dei casi, come si rileva dalle indagini effettuate tra il 2012 e il 2013, si verifica una cattiva gestione dei fanghi e di altre forme di inquinamento, gli impianti di depurazione non funzionano o sono gestiti in modo illecito, i soldi che la Regione stanzia (circa 38 milioni di euro) si dissolvono in tutt’altre attività. A nulla valgono le numerose segnalazioni che i cittadini del territorio, stanchi di ammalarsi a causa dell’inquinamento del mare, effettuano giornalmente al numero verde Sos Mare, centralino dell’Arpacal, l’unico organo deputato a stabilire eventuali divieti di balneazione. L’impressione è che si lotti troppo poco o peggio che si tratti di una lotta persa in partenza. Gli organi di stampa denunciano la situazione, i cittadini si lamentano, le cose non cambiano mai. La stagione si intensifica, gli impianti di depurazione che dovrebbero essere in grado di sopportare un carico maggiore, smettono di funzionare. E così, le spiagge più belle e ridenti, un tempo tanto agognate, assumono le sembianze di acque putride.

Il perché, in alcuni orari, il mare sembri diventare improvvisamente pulito o piuttosto si riveli trasparente da una conca all’altra, non è frutto di giochi di prestigio ma di semplici fattori naturali ( la struttura della costa, la temperatura dell’acqua, l’intensificazione della depurazione da parte della struttura alberghiera lì vicina). Spesso, anzi quasi sempre, il mare è sporco anche se non si vede ad occhio nudo. Situazione insostenibile per chi ama la propria terra e quel mare, così bello, a cui essa è stata conformata. Inammissibile il silenzio o peggio ancora la negazione che arriva da alcuni organi politici che rifiutano, come attestano i verbali pubblicati dal Comitato Mare Pulito, di fornire dati precisi in merito allo stato di attivazione e funzionamento dei depuratori e che addirittura negano l’esistenza di tanto inquinamento. In attesa di avere ulteriori sviluppi e disponibili ad eventuali nuove attestazioni di interesse all’argomento, una cosa vogliamo dire: la Calabria non chiede un mare da bere, per quello può utilizzare l’acqua ordinaria. Chiede rispetto. Per il territorio e per tutti coloro che, fieramente, ne sono gli abitanti.

 

Lia Giannini

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