Armi chimiche Siria/Ferruccio Trifirò (comitato scientifico OPAC): tutto sotto controllo

Ferruccio Trifirò (comitato scientifico dell’OPAC – Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche) è professore emerito di chimica industriale all’Università di Bologna. Lo abbiamo sentito sull’operazione di distruzione delle armi chimiche siriane di OPAC (Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche) e ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite).

 

Il trasbordo degli agenti chimici dal cargo danese Ark Futura alla nave americana Cap Ray è stato fatto ieri nel porto di Gioia Tauro. Questo passaggio era necessario? In molti si sono chiesti perché gli agenti chimici non sono stati caricati direttamente sulla nave americana…

E’ stata la Siria che ha rifiutato. La Siria non ha voluto perché era preoccupata che gli americani avessero contatti con i ribelli.

 

Il cargo è danese, ma c’è anche un’altra nave norvegese che porterà le sostanze meno pericolose direttamente in Finlandia e Stati Uniti e ci sono delle navi da guerra che fanno da controllo, sono cinesi, russe, di diverse nazioni.

 

Perché è stato scelto proprio il porto di Gioia Tauro?

Perché è un porto sul Mediterraneo, è un porto capace, attrezzato per fare trasbordo di cassoni, container, è un porto dove si fanno moltissimi trasbordi di sostanze anche chimiche. C’è una certa esperienza e poi ci sono anche delle competenze.

 

Dopo il trasbordo, gli agenti chimici saranno distrutti per idrolisi sulla nave, in acque internazionali, nel Mediterraneo. In che cosa consiste questo procedimento?

L’idrolisi è un trattamento che avviene sui 90 gradi con idrossido di sodio in un reattore particolare, dove avviene la rottura – diciamo –  di queste sostanze altamente tossiche. Ne hanno due di questi reattori, hanno già fatto delle prove. Si ottengono dei sottoprodotti, si ottiene una gran quantità di soluzione tossica. La soluzione ottenuta, questi rifiuti, diciamo, li mettono in contenitori che saranno tenuti nella nave e andranno un po’ in Germania un po’ in Inghilterra per essere trattati, la distruzione totale avverrà sul terreno. Viene fatta questa reazione perché le sostanze che si ottengono, sono sostanze convenzionali che si utilizzano nell’industria chimica, sono sostanze che queste industrie  già trattano, per questo motivo queste nazioni hanno accettato di riceverle e di distruggerle.

 

Alcuni comitati, però, hanno avanzato dei dubbi sul procedimento, sul fatto di farlo in mare…

Viene fatto in mare perché nessuna nazione avrebbe accettato di ricevere armi chimiche da distruggere, per questo lo fanno in mare, la distruzione è sempre una reazione pericolosa. Hanno accettato di distruggere rifiuti o sostanze di priorità seconda e terza che non sono proprio armi chimiche. Quindi l’alternativa era di farlo in alto mare, non avevano alternativa. Inoltre il fatto di farlo in alto mare dà il grosso vantaggio di essere più sicuri, nel senso che, se c’è un incidente, non c’è popolazione civile. Ma dove è il problema di farlo in mare aperto? Il problema di farlo in mare aperto è se il mare è mosso, questo è il vero problema: la speranza è che il mare sia calmo perché queste operazioni possono farle solo se il mare è tranquillo.

 

Nel caso in cui ci fosse mare mosso, la nave si dovrebbe spostare nel porto più vicino, quindi ci sarebbero dei rischi per la popolazione?

Se c’è il mare  mosso e la nave deve andare in un porto, la Croazia ha offerto il porto, la nave dovrebbe andare in Croazia perché la Croazia ha offerto il porto.

 

L’unico rischio è rappresentato dal mare mosso?

Le reazioni chimiche sì sono rischiose, ma lì ci 60 specialisti, 60 chimici ( e 32-33 marinai), i primi a rischiare sono loro, quelli che sono sulla nave: faranno le cose con cura. Sono degli specialisti, persone che conoscono il problema, hanno fatto delle prove, sono i primi a rischiare. L’unica cosa è avere il mare tranquillo, dei ritardi potrebbero esserci per questo

 

Per quanto riguarda l’idrolisi, da che cosa deriva il rischio? Che cosa potrebbe succedere?

E’ tutto sotto controllo, sono preparati, c’è un’apparecchiatura automatica, non dovrebbe succedere niente però, quando si fa una reazione chimica, può succedere che aumenti la temperatura, scoppia il reattore, quindi le persone che sono lì vicine possono essere soggette alle emissioni di questi gas tossici, questo è il pericolo.

 

Questo è il pericolo per chi è sulla nave, ma può essere un pericolo anche per l’ecosistema?

Il pericolo è per le persone che sono sulla nave perché le quantità sono piccole, lì fanno reazioni in piccole quantità, per questo ci metteranno due mesi, anche questo diminuisce il rischio: per aumentare la sicurezza, mettono pochissima sostanza. Anche se ci sono emissioni, non sono grosse quantità.

 

Alcuni comitati hanno sollevato un problema di inquinamento…

I rifiuti non andranno in mare, sulla nave ci sono dei membri dell’organizzazione che distrugge le armi chimiche, presenti lì proprio per controllare che tutto vada in questi recipienti che andranno in Inghilterra e in Germania. Non c’è il problema che li buttano in mare come qualcuno ha ipotizzato, hanno scelto una nave che ha lo spazio per fare questo. A controllare ci sono i dipendenti dell’Opac, sono i garanti per noi. Hanno delle strumentazioni analitiche per fare delle misure, per sapere che cosa entra e che cosa viene fuori, controlleranno tutto. Alla fine della reazione controlleranno che prodotti ci sono.

 

Rita Paonessa

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