Festival del Giornalismo, Claudio Cordova e l’inchiesta sulle mafie capitali

PERUGIA – Il giornalista calabrese Claudio Cordova, direttore della testata de “Il Dispaccio”, ha partecipato all’incontro dal titolo “Investigare sulle mafie più potenti al mondo” durante il programma odireno del Festival Internazionale del Giornalismo. Il reporter di Reggio Calabria si è soffermato sugli aspetti relativi alla sua terra e quindi sulla ‘ndrangheta. A Cordova si sono aggiunti Claudia Anesi, co-fondatrice dell’IRPI, i giornalisti free-lance Craig Shaw e Lorenzo Bagnoli e Matteo Civillini dell’Investigative Reporting Project Italy.

Spiegare l’importanza del lavoro d’inchiesta è alla base dell’incontro di oggi. La collaborazione del team e la divisione dei compiti sono i valori fondamentali e imprescindibili per svolgere questo tipo di giornalismo; fare inchiesta deve essere necessariamente un lavoro di squadra. Questa la premessa che introduce i cinque protagonisti nel racconto di diversi episodi relativi alle più disparate inchieste condotte con l’unico obiettivo: scoprire la verità.

«Provo a raccontare questo inferno – afferma Cordova – che sotto il profilo giudiziario si è smaterializzato. È stato colpito il livello più alto della massoneria che è stata a stretto contatto con gli ambienti mafiosi. Reggio, la città dove vivo, è un laboratorio criminale. Per diversi anni – continua Cordova – si sono ripetuti episodi di efferata violenza». Una descrizione degli ambienti calabresi ed una parola detta con forza per combattere un male oscuro. «Combattere la masso – ‘ndrangheta non è facile. I capi della cupola massonica sono due avvocati attualmente detenuti, capaci di influenzare e mettere le proprie mani su qualsiasi settore della vita reggina».

Il potere della mafia calabrese si basa su un modello relazionale e intessuto nei meandri della società. Basare il proprio lavoro di indagine, e gli intrecci ad esso connessi, sul lavoro certosino delle fonti porta, senza ombra di dubbio, a dei risultati a lungo termine. L’intimidazione del nuovo millennio non è più basata sugli attentati bensì sul processo dello screditare la figura del singolo soggetto tramite i giornali. Fare informazione ad ampio raggio, in merito alle dinamiche cosiddette nascoste, pare essere la via più adeguata. Conoscenza come strumento per combattere tutte le mafie e per mettere in luce quegli aspetti poco chiari. «Le mafie sono un problema nazionale – conclude – Cordova – e non riguardano esclusivamente una specifica parte della penisola italiana».

Alessandro Artuso

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