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Carnevale, sabato 9 febbraio arriva la parata differenziata

COSENZA- Una parata di Carnevale sul tema della raccolta differenziata. E’ quella promossa dall’Assessorato alla formazione della coscienza civica e alla scuola guidato da Marina Machì per sabato prossimo 9 febbraio e che coinvolgerà circa 300 bambini di 12 scuole primarie della città.

Il corteo carnascialesco, denominato per l’occasione “parata differenziata”, partirà alle ore 10,00 da Piazza XI Settembre per poi percorrere l’isola pedonale fino a Piazza dei Bruzi dove i bambini si esibiranno in una coreografia multicolore.

All’iniziativa hanno aderito le scuole primarie “S.Teresa” di via dei Martiri, dello Spirito Santo, di Casali-Caricchio, di via Misasi, il Convitto nazionale e ancora le scuole di via Milelli, Donnici, via Popilia, la scuola “Falcone” di Viale Parco, la “Cuturella” e quelle di viale Cosmai e via Negroni.

La parata è in preparazione da circa due settimane nelle diverse sedi scolastiche, grazie al lavoro certosino delle associazioni che collaborano con l’Assessorato alla scuola e cioè la Cooperativa delle Donne e l’ADISS, integrate queste ultime dalla preziosa presenza di tre artisti: Gianluca Salamone, Merusca Staropoli e Lindara Nobre Costa.

Le operatrici delle cooperative e gli artisti si stanno recando, infatti, nelle scuole dove stanno portando avanti un attento e proficuo lavoro propedeutico alla parata di sabato 9 febbraio. Nei laboratori attivati in ognuna delle scuole coinvolte si stanno realizzando i costumi, le maschere e gli strumenti musicali (costruiti con materiali poveri, di scarto e di riciclo : cartone, plastica, tappi di bottiglia) che saranno utilizzati durante il corteo di Carnevale.

 

Il romanzo deve divertire, appassionare e fare arrabbiare, intervista a Claudio Dionesalvi

COSENZA – Qualche giorno fa è stata presentata l’ultima fatica letteraria di Claudio Dionesalvi “B.D.D. – Romanzo degli anni zero”, edito da Coessenza, uno spaccato di vite che stentano a campare pienamente perché costrette a fare i conti con la precarietà, soprattutto quella esistenziale, ma con ancora il sangue bollente che schizza nelle vene fatto di entusiasmo che si mescola all’indignazione che da loro l’audacia di affrontare le contraddizioni che minacciano speranze e possibilità. Una generazione che vince o che perde ma sempre a testa alta ammettendo i propri errori senza provare a nasconderli, che si sporca le mani nel fango per dissotterrare la verità perché non vuole essere più ingannata e non vuole ingannare.

Una generazione che rifiuta le convenzioni di questo tempo che portano alla dispersione dei sentimenti e alla loro incomunicabilità, che volta le spalle alla realtà per crearne una alternativa fatta di incontri, di contaminazioni e di scontri contro tutti gli apparati di subordinazione e di sottomissione, una realtà che sia sua e non quella che un qualsiasi sistema di potere gli obbliga a vivere.

Per te lo scrittore ha una responsabilità nei confronti del lettore oppure il suo ruolo è semplicemente quello di raccontare delle storie in grado di suscitare emozioni e reazioni?

Sì, ha una responsabilità. Perché non deve illuderlo, annoiarlo, deprimerlo, vomitargli addosso tutte le proprie frustrazioni, le ansie, i desideri di vendetta. Il romanzo è una cosa che deve servire a divertire, appassionare e fare arrabbiare sia chi lo scrive sia chi legge. Ma la vera responsabilità è nei confronti della storia narrata e delle esistenze che in essa si celano. Non si può scrivere una storia sul presente, senza viverla in prima persona, senza condividerla con chi quel presente lo vive”.

Nel momento in cui cominci a dare forma a una delle tue storie immagini una tipologia di lettori a cui rivolgerti?

No, al contrario, provo a misurarmi con la totalità dei potenziali lettori. Ho la fortuna e il privilegio di trascorrere la maggior parte della mia giornata con bambini: a scuola, a casa con mia figlia, per strada. È un vantaggio, perché quando si parla con i più piccoli, se non si è giocosi e affettuosi, ma soprattutto se non si impara a calibrare e restringere il proprio repertorio lessicale, quelli non ti capiscono. Per questo motivo, inseguo l’oralità, ed evito qualsiasi linguaggio specialistico. Non si tratta di banalizzare la scrittura, bensì di renderla accessibile a tutti. Che è un dovere, qualsiasi cosa si scriva o si racconti”.

Il tuo romanzo “B.D.D. – Romanzo degli anni zero” ci porta tra le pieghe di un momento storico all’interno del quale un gruppo di amici nel calvario del movimento continuo e senza bussola non riesce a riconoscersi, premettendo che è difficile sottrarsi agli stereotipi che ancora oggi intrappolano Cosenza, come si può trovare un punto di equilibrio tra l’attesa e la ricerca di aspettative future?

I protagonisti di B.D.D. sono cresciuti in una città diversa da quella odierna. Però non provano nostalgia verso il passato. È naturale che gli stili di vita cambino. Sai che noia se linguaggi, consumi, relazioni e interessi fossero sempre gli stessi! Inoltre, sono tipi che anche in età adolescenziale, e oltre, hanno elaborato un autonomo modus vivendi. Quindi in un certo senso sono abituati ad andare ‘contro la corrente che va controcorrente’. Quello che proprio non riescono ad accettare dello spazio-tempo in cui si ritrovano a vivere, è il diffuso senso di rassegnazione, la rottura dei legami umani, la subcultura della sottomissione al Potere. Non c’è un possibile punto d’equilibrio. Per la B.D.D., quindi anche per noialtri, l’unica alternativa alla condizione alienante in cui viviamo, è l’autonomia, la capacità di entrare in conflitto con il Male, costruendo, qui e ora, luoghi e momenti alternativi, pezzi di Altra società”.

I protagonisti del romanzo, tra realtà e illusione, vengono raccontati nella loro quotidianità e nell’ardua impresa di sciogliere il mistero di un “delitto” spinti dalla loro stessa natura a cercare la verità, credi che questa generazione confusa e dai confini vaghi abbia realmente voglia di conoscere tutta la verità, tutti gli errori e orrori del passato e soprattutto di superare tutti quei luoghi comuni e quelle ipocrisie che bloccano un reale rinnovamento?

Non so cosa abbia in mente oggi la generazione dai 18 ai 30 anni. So solo che noi, quando avevamo quell’età, ci divertivamo da matti. E che nonostante i nostri 40 anni, ‘ni scialamu’ anche oggi, pur tra mille difficoltà di andare avanti nella giornata quotidiana. Costruire reti sociali, alterità, sfuggire al neoliberismo, combatterlo attraversando i movimenti sociali che a tratti si originano spontaneamente, è divertente, meraviglioso. Dunque per stare meglio con se stessi e col resto del mondo, qualsiasi sia la propria condizione economica o esistenziale, basta essere ancora ribelli, non restare soli, consumare il meno possibile, studiare, vivere in armonia con la natura, fare l’amore e, come recitava venti anni fa uno slogan a noi caro, cercare di essere “vivi e diretti, allegri e combattivi”.

Lo stadio San Vito, il posto attorno al quale si sviluppa il romanzo, diventa il simbolo di una generazione che non si limita ad esistere e a piangersi addosso, perché hai scelto proprio lo stadio come simbolo emblematico della rivendicazione?

Perché per me è un luogo magico, il tempio dei cori, del gioco e dei colori. È lì che ho stretto legami con gli affetti più cari della mia vita, è lì che ho imparato ad amare la mia città, è lì che ho praticato per la prima volta il conflitto con i poteri costituiti, insieme a tanti ragazzi che, come me, lo rendevano un luogo di incontro tra le anime più variegate, uno spazio liberato dal dominio dello Stato, dalle sue divise, e da ogni forma di perbenismo. Gli stadi erano ben altro, rispetto al presente. Niente a che vedere con le aride arene funzionali al Dio Mercato, che sono diventati oggi. Eppure, ogni domenica, quando i Lupi giocano in casa, non riesco a resistere. Devo andare a occupare il mio posto. Perché ogni essere umano si lega indissolubilmente ai luoghi che gli hanno ispirato i momenti più cari e simbolici della sua esistenza”.

Gaia Santolla

Gran finale della rassegna musicale Jazz#0 con il duo “Old Friends”

Cosenza – Domenica 3 febbraio, alle ore 18:00, presso la sede dell’associazione Alt Art creazioni in corso, in via Longeni 25/bis, Arcavacata di Rende (c/o Università della Calabria), si terrà la rassegna musicale Jazz#0 con il duo “old friends”.

Per la serata conclusiva della rassegna Jazz#0 è in programma l’esibizione del duo “Old Friends”, formato da Carlo Cimino e Mirko Onofrio. I due si rincontrano musicalmente dopo molto anni. Crescono insieme dai tempi della scuola prima con i “Frogs deep” e, successivamente, con i “Vinagre”. Nel corso degli anni si mescolano e rimescolano la loro esperienza per dare vita a diversi progetti: la sonorizzazione di film muti, l’orchestrazione moderna dalla musica greca antica fino ai Clash, gli esperimenti elettronici con Costantino Rizzuti. I due artisti hanno deciso di riunirsi per il 3 febbraio, regalando alla rassegna Jazz#0 un finale che segnerà anche un punto di snodo per le esperienze passate e gli intrecci futuri.

Lo staff di Alt Art ricorda che è ancora possibile visitare la mostra, tutta al femminile, “Running Shot. L’occhio fugace della donna contemporanea” con gli splendidi scatti di Daniela Attanasio, Roberta Fusco, Daniela Rende e Paola Scirchio che, cogliendo le sfumature più belle del tempo in cui viviamo, propongono personalissime ed originali interpretazioni del movimento. La serata sarà arricchita, come nei due precedenti appuntamenti, dalle degustazioni di prodotti locali grazie alla collaborazione con alcune aziende del territorio.

L’Associazione tiene a sottolineare che l’adesione alle attività poste in essere è consentita solo agli associati e che è possibile fare domanda di iscrizione contattando la segreteria.

La Commissione cultura ospita Totonno Chiappetta

Cosenza – “Non avrei mai voluto fare l’attore, un’intenzione lontana dalle mie ambizioni, ma mi interessava osservare la gente, soprattutto gli occhi della gente. Poi fui tirato a viva forza in uno spettacolo perché uno degli attori della compagnia ebbe un malore e da lì tutto ebbe inizio.”

Chi parla è Totonno Chiappetta, attore di cinema e teatro, cabarettista, poeta, personaggio televisivo di successo e tante altre cose ancora, tra le quali l’essere il continuatore ufficiale dell’epopea di Jugale, uscito dalla penna del nonno Antonio e parzialmente scampato al rogo al quale fu mandato dal regime durante la guerra, grazie al padre Luigi che salvò metà del manoscritto, scrivendo di suo pugno l’altra metà .

A Totonno Chiappetta la Commissione cultura ha voluto dedicare un omaggio-tributo, nell’ambito della rassegna dedicata agli artisti cosentini.

L’audizione di Chiappetta è partita con l’introduzione del Presidente della commissione Claudio Nigro che ha sottolineato il ruolo del popolare attore come ambasciatore della cosentinità in Italia ed anche nel mondo e come antesignano degli spettacoli nella casa circondariale di Cosenza.

Per Frammartino, però, c’è una soddisfazione in più: quella di aver puntato, tra i primi, sull’estro e la comicità di Totonno Chiappetta e per averlo voluto assessore allo spettacolo (era il 1987) in una delle primissime edizioni dell’Estate in città, tenutasi nello scenario naturale della Vecchia villa comunale.

Il segreto del successo di Totonno Chiappetta e la sua qualità di attore sociale, come ama definirsi, si annodano ad una questione genetica. Lo ammette lo stesso attore, orgoglioso di appartenere ai due opposti della scala sociale, padre intellettuale e giornalista e madre appartenente ad una famiglia povera.  Luigi Chiappetta, padre di Totonno, vinse un concorso per insegnare nelle scuole, scegliendo come sede il paesino di Carolei; e fu lì, ai margini di un fiume, che incontrò una ragazzina priva di scarpe. Fu coup de foudre e si sposarono. Da quel matrimonio nacque , tra gli altri, Totonno, che oggi si porta dietro i geni di quella commistione di sangue che gli fa maneggiare con cura ogni forma di arte, che lo ha predisposto al contatto con gli ultimi e con le persone in difficoltà. Non si spiegherebbe altrimenti il successo di Totonno Chiappetta quando porta i suoi spettacoli nelle carceri, dove cominciò nel 1987 e dove ha tenuto diversi laboratori teatrali. Il suo prossimo progetto è un disco nel quale canta proprio insieme ai detenuti.

Tra ruoli da protagonista e apparizioni in teatro (come attore quasi feticcio dei lavori di Vincenzo Ziccarelli, da “La casa di pietra” a “Un caso di morte apparente”, a “Cristina ‘a spedesa”) o anche al cinema (si ricordano “Angela come te” di Anna Brasi, il tv movie girato interamente a Cosenza “Uomo contro uomo” di Sergio Sollima, il regista del “Sandokan” televisivo, e ancora “Angeli a Sud” di Massimo Scaglione), Totonno Chiappetta è noto anche per le sue apparizioni televisive in trasmissioni cult dell’etere locale, come “Cataratta” o “Lupi in carrozza” o del panorama nazionale, come “Macao”.

Tra i successi di Chiappetta c’è anche il film del regista calabrese Giuseppe Gagliardi “La vera leggenda di Tony Vilar” in cui Totonno ha avuto un ruolo determinante non solo come attore, ma come ispiratore della pellicola, interpretata anche da Peppe Voltarelli.

Totonno Chiappetta, che nelle Americhe tentò la fortuna prima di far ritorno nella sua Cosenza, si adoperò per far uscire dalla depressione il cugino Tony Vilar, ma senza riuscirvi. Nei credits ufficiali del film questi particolari non sono contenuti, ma Totonno Chiappetta ha in qualche modo suggerito tutta la storia, che narra quella vera di Antonio Ragusa (in arte Tony Livar, cugino di Totonno nella vita), cantautore calabrese emigrato in Argentina in cerca di fortuna; baciato prima dal successo grazie alla canzone “Cuando calienta el sol” e poi condannato al declino a causa della caduta del parrucchino davanti ad una folla di fans osannanti, durante un concerto nella città argentina di Rosario.

Al termine dell’audizione Totonno ringrazia e porta a casa la targa ricordo della commissione cultura.

Prima di andar via non può esimersi dal declamare una delle sue tante poesie. Ha scelto “Festa di piazza” che evoca i profumi e i colori delle feste di paese, ricordando da inguaribile romantico quale è, gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza. Quegli anni che non tornano più.

Il 9 – 10 – 11 febbraio il “Rendano” ospita Albertazzi e De Filippo

COSENZA – Previste dal cartellone della stagione di prosa del teatro “Rendano” per i prossimi 9 – 10 e 11 febbraio due proposte teatrali particolarmente allettanti per gli appassionati del teatro di prosa. Si tratta dei due spettacoli, “Puccini – d’arte e d’amore”, con Giorgio Albertazzi (in programma sabato 9 febbraio, alle ore 20,30 per la sezione “Celebrity”), e “Peppino, quante belle risate!” con Luigi De Filippo (in programma domenica 11 febbraio, alle ore 18,00, e lunedì 11 febbraio, alle ore 20,30).

Puccini – d’arte e d’amore con Giorgio Albertazzi – La regia e il testo di “Puccini -D’arte e d’amore”, al “Rendano” di Cosenza sabato 9 febbraio (ore 20,30), sono di Giovanni De Feudis che nelle note di regia sottolinea come lo spettacolo “è indubbiamente un omaggio a Puccini, al grande compositore e alle sue opere immortali che ci restituiscono ancora oggi un teatro modernissimo. Ma è anche un omaggio ad Albertazzi, al grande attore e all’intensità delle sue straordinarie doti drammatiche”. Parte integrante dello spettacolo, le arie pucciniane più celebri ed entrate nella storia del melodramma: da “Vissi d’arte, vissi d’amore” dalla “Tosca” a “Signore ascolta” dalla “Turandot”, da “Che gelida manina” da “Bohème” a “Un bel dì vedremo” da “Madama Butterfly”, da “Sola, perduta, abbandonata” da “Manon Lescaut” a “Oh mio babbino caro” da “Gianni Schicchi”. Romanze che diventano tappe di uno storico percorso appassionato, affidate alle voci dei soprano Fabiola Trivella e Maria Carfora e al giovane tenore coreano Jeon Sangyong. Arie che si mescolano al ricordo di una biografia seducente di cui si impadronisce l’istrionico Giorgio Albertazzi per raccontare di memorabili amori, di passione per la musica e per le donne della sua vita, interpretate da Emy Bergamo (nel ruolo del soprano Rose Ader) , Stefania Masala (in quello di  Sybil Beddington ) e Giovanna Cappuccio, che interpreta la domestica-ragazzina Doria Manfredi, morta suicida nel 1909.  L’orchestrazione è di Luca D’Alberto, le scene di Andrea Bianchi.

Peppino, quante belle risate! con Luigi De Filippo – E’ il teatro di Peppino De Filippo il protagonista di questo spettacolo, in scena al “Rendano” domenica 10 febbraio (ore 18,00) e lunedì 11 febbraio (ore 20,30).  “Peppino, quante belle risate!” si compone di due atti unici, scritti dal grande Peppino De Filippo, uno dei componenti della “famiglia reale del teatro italiano” : “Cupido scherza e spazza” e “Quale onore!”. In questo spettacolo il figlio Luigi, che firma anche la regia, rende omaggio alla figura paterna alla quale ha di recente intitolato il Teatro “Parioli” di Roma che gestisce dalla scorsa stagione insieme alla moglie Laura Tibaldi.

I biglietti degli spettacoli di Giorgio Albertazzi e Luigi De Filippo sono in vendita sia al botteghino del “Rendano” che all’agenzia “Inprimafila” di Viale degli Alimena.

Successo in Francia dell’ultimo saggio di Nuccio Ordine

RENDE (CS) – Dopo l’editoriale a firma del direttore Jean Birnbaum, che il prestigioso quotidiano ”Le Monde” gli ha dedicato in prima pagina, nel supplemento ”Le Monde des Livres” il 4 gennaio, per “L’utilita’ dell’inutile”, l’ultimo  lavoro di Nuccio Ordine, docente dell’Università della Calabria, edito da Les Belles Lettres arriva adesso anche uno straordinario successo di vendite: distribuito a partire dal 17 gennaio, e’ balzato immediatamente al 14esimo posto della classifica dei 100 libri piu’ venduti in Francia nella saggistica.

Il “Premio Bindi” arriva a Catanzaro e si rivolge al “sociale”

CATANZARO – E’ in programma per il prossimo 8 febbraio alle 18,30 presso la Tenuta Calivello in località Germaneto, una tappa dell’ottava edizione del “Premio Bindi”.

L’evento intitolato “Un vincitore vale quanto un vinto” in onore del grande Lucio Dalla recentemente scomparso, nasce nell’ambito della kermesse musicale interamente dedicata alla canzone d’autore, che vuole essere un omaggio al cantautore genovese Umberto Bindi.

Sul palco di questa serata speciale, presentata dal giornalista Jonathan Giustini, saliranno artisti e cantautori con pezzi del loro repertorio e alcune delle canzoni che hanno fatto la storia della musica leggera italiana.

Nel cast della serata sono previsti in una dimensione acustica, raccolta e dunque fortemente connotata ed originale, artisti quali Peppe Fonte, cantautore catanzarese che di recente ha pubblicato il suo secondo album “Secondo me è l’una” di cui una traccia dedicata proprio alla città di Catanzaro; Armando Corsi uno dei più importanti chitarristi italiani che ha accompagnato artisti come Paco de Lucia, Ivano Fossati e Samuele Bersani; Massimo Schiavon che con la sua poesia e la delicatezza presenta in questa occasione tracce tratte dal suo ultimo lavoro “Piccolo Blu” ; l’intensità della voce di Paola Donzella già vincitrice del Premio Tenco opera prima con gli Elisir, che accompagnata dalla chitarra di Paco Martucci, presenterà alcuni brani del suo nuovo repertorio; Roberta Alloisio che duetterà con Armando Corsi cimentandosi in brani noti e meno noti, i più bei temi della grande tradizione popolare italiana e della canzone d’autore; Ugo Mazzei cantautore originale e sanguigno, ma con quella densità e poesia che sono i siciliani sanno avere, ci presenta alcune canzon tratte dal suo ultimo disco “Adieu Shangri La”.

L’evento è realizzato in collaborazione con l’Agenzia di management romana Carta da Musica e l’ Associazione Culturale Le Muse Novae di Enrica Corsi, organizzatrice e direttore artistico del Premio Bindi, coordinato dall’Associazione Cassandra con il contributo dell’Amministrazione Provinciale di Catanzaro e dei numerosi sponsor che hanno condiviso il progetto.

La tappa catanzarese del premio Bindi presenta quest’anno un importante aspetto rivolto al sociale: è prevista infatti una operazione di fundrising a favore della Associazione Famiglie SMA, per il finanziamento dei suoi principali obiettivi, ovvero stimolare e finanziare la ricerca per trovare una cura per la SMA (Spinal Muscular Atrophy) promuovendo l’organizzazione tempestiva nel nostro paese di sperimentazioni cliniche di farmaci e terapie, migliorare l’assistenza dei bambini affetti da questa sindrome attraverso una migliore informazione e formazione sia delle famiglie sia degli operatori sanitari.

Il teatro dell’Acquario non deve chiudere il suo sipario. Intervista al direttore artistico Antonello Antonante

Cosenza – Trentadue anni di lavoro e amore per l’arte, trentadue anni di programmazione ininterrotta al Teatro dell’Acquario, trentadue anni di passione per la cultura, per la partecipazione e la condivisione; sì trentadue anni che sulla carta sono numeri, semplici , insignificanti ed asettici numeri ma che per chi li ha vissuti rappresentano molto di più. Trentadue anni sono 11.680 giorni di esperienze, di fatica, di studio, di nuovi progetti e di costanti riconferme da parte di un pubblico attivo che ha permesso all’Acquario di divenire centro propulsore della cultura e dell’arte, trentadue anni sono quasi una mezza vita vissuta in pieno e che ora rischia di cadere nell’oblio e nella dimenticanza.

Il teatro dell’Acquario rischia di chiudere per l’incuranza e la sordità della Regione Calabria che continua imperterrita ad eludere le richieste di “aiuto” di Antonello Antonante, direttore artistico del teatro, e di tutta la sua “squadra”. I fondi per la cultura sono sempre i primi ad essere tagliati e a queste difficoltà, cui per molto tempo il Centro R.A.T. (Ricerche Audiovisive e Teatrali) ha cercato di sopperire, si aggiunge l’impossibilità di partecipare, in quanto cooperativa, ai bandi Pon Cultura pubblicati dalla stessa Regione Calabria. Le risorse sono dunque terminate, la possibilità si è trasformata in impossibilità e si è stanchi di lottare come il Don Chisciotte contro i mulini a vento; il teatro dell’Acquario sta per chiudere il sipario ed è arrivato il momento di insorgere, di alzare forte la voce perché se con la cultura si riesce ancora a vivere con l’ignoranza si crepa.

I libri, il teatro, le biblioteche, le università, le scuole sono le nostre armi; lucidiamole, affiliamole e usiamole perché armati di cultura diventiamo padroni di noi stessi e schiavi di nessuno.

La parola ad Antonello Antonante, direttore artistico del teatro dell’Acquario, che ha molto da dire e, sicuramente, ancora di più da insegnare.

L’8 Novembre 2012 c’è stata la presentazione del progetto “Isole in rete” a cui, “virtualmente”, ha partecipato anche l’Assessore Regionale alla Cultura Mario Caligiuri che ha affermato “Il Centro R.A.T. è una realtà importante e significativa per Cosenza e per la Calabria e, come membro della Giunta, dichiaro che è possibile diventare partner di tutti i progetti che l’Acquario vorrà sperimentare” dove sono finite queste promesse?

Il Centro R.A.T. ha sempre avuto la vocazione di confrontarsi con il resto dell’Italia e dell’Europa e il progetto “Isole in Rete” ne è la riprova. Io penso che l’intervento di Caligiuri sia stato più che una promessa una formula dialettica in “politichese”; è vero che le cooperative non trovano collocazione nei POR e ciò è un’eredità che Caligiuri si è trovato a portare avanti ma, è pur vero, che in tre anni si poteva lavorare per trovare una soluzione adatta.
Dico ciò perché il Centro R.A.T., che gestisce il Teatro dell’Acquario, ha subito un taglio dell’80% da parte della Regione e tutte le limitazioni del Centro vengono subite, di conseguenza, dal teatro stesso. Per ciò che riguarda la protesta cerchiamo di creare una mobilitazione per promuovere un dialogo “vero” sulla situazione culturale della nostra regione e le domande da porsi a riguardo sono tante.

Quali potrebbero essere, secondo lei, le soluzioni da adottare per risollevare le sorti dell’Acquario?

La situazione più semplice è ripristinare i contributi che il Centro R.A.T. riceveva fino a tre anni fa; dopo di che sarebbe auspicabile individuare uno strumento che permetta al Centro e al teatro dell’Acquario di continuare ad essere quel punto di riferimento che è stato fino ad ora.

L’Acquario è diventato una realtà fondamentale per giovani e meno giovani che cercano riparo nella cultura. Il Teatro è sinonimo di partecipazione, di creatività e di condivisione ma nonostante ciò la Regione, che ha il compito di salvaguardavi, vi misconosce come centro propulsore di cultura e sapere. Come spiega questo paradosso?

Il teatro è un progetto completo e complesso che prevede la produzione, la programmazione, la promozione e la formazione. In questi 32 anni (il teatro è stato inaugurato l’8 Marzo 1981) il teatro dell’Acquario ha guadagnato sul campo la sua credibilità artistica, creativa e professionale programmando delle stagioni con le compagnie più importanti del panorama italiano, nazionale, grazie ad ospiti come Dario Fo, Franca Rame e Paola Borboni, e anche internazionale.
Il teatro dell’Acquario sicuramente è diventato un presidio importante per la comunità cittadina e regionale ma anche un punto di riferimento a livello nazionale. Avendo noi la consapevolezza di aver lavorato sempre con passione, dedizione, impegno e professionalità questa tua domanda dovresti girarla ai politici regionali che avrebbero il dovere istituzionale di promuovere e salvaguardare le “eccellenze” della regione; il Centro R.A.T./Acquario è certamente una struttura consolidata, storicizzata e di eccellenza.

Da giorni circola in rete una petizione e molti cittadini sono in continua mobilitazione per salvare un pezzo di storia della città Bruzia. Quanto questo attivismo riesce a rincuorarvi e, soprattutto, quanto riuscirà a smuovere le istituzioni?

Non so quanto tutto questo attivismo riesca a smuovere le istituzioni ma colgo comunque l’occasione per ringraziare tutti coloro che ci stanno dimostrando affetto e simpatia.

La stagione teatrale non si farà e in bacheca campeggia un foglio bianco, vergine, immacolato. Cosa simboleggia per voi quel foglio?

L’altra mattina affiggendo alla bacheca il manifesto bianco non nego di aver provato un po’ di tristezza ma poi, guardandolo meglio, mi sono reso conto di quanto fosse bianco e mi sono rincuorato perché ho preso coscienza del fatto che su un foglio bianco si può riprendere a scrivere e a raccontare. Il foglio bianco è dunque simbolo di una stagione che non ci sarà ma anche segno di una nuova avventura da cominciare.

Annabella Muraca

“Con gli occhi della meraviglia”: un viaggio sensoriale nel cinema di Ron Fricke

Ron Fricke torna a stupirci 19 anni dopo l’uscita del film cult Baraka, e lo fa con questo Samsara in programma all’AcquarioBistrot venerdì 1 febbraio alle ore 21.00 con cui si inaugura una miniretrospettiva in collaborazione col cineforum Falso Movimento di Rovito dedicata al regista e direttore della fotografia statunitense, considerato un maestro della fotografia con tecnica time-lapse (fotogrammi ad intervalli di tempo superiori rispetto alla norma).
Come già avvenuto per il suo Baraka anche Samsara stordisce per la bellezza dell’immagine. È nuovamente la pellicola da 70mm a garantire il doppio della definizione rispetto ai normali film che popolano le nostre sale. La nitidezza è massima, i colori brillano come scintille e il contrasto magnifico. Ogni scena dona naturale profondità ai luoghi filmati con il risultato di una mimesi percettiva che sa scalzare senza rimpianti i nuovi fasti del cinema in 3D. Fricke mantiene così la bidimensionalità di ciò che non può essere che tale, assicurando una visione cristallina, scevra dalla quasi totalità di disturbi visivi affinché lo spettatore, pur consapevole d’essere di fronte a uno spettacolo cinematografico, possa sottomettersi ad esso e subire coscientemente la sacralità che il regista stesso vuole trasmettere.
Se in Baraka era il rapporto tra uomo e natura a essere indagato, in Samsara, come suggerisce il titolo stesso, è la circolarità della vita a catalizzare la carica comunicativa delle immagini. Dalla vita, alla morte, alla rinascita.
«La sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa: come muoiono queste, così muoiono quelli; c’è un solo soffio vitale per tutti. L’uomo non ha alcun vantaggio sulle bestie, perché tutto è vanità. Tutti sono diretti verso il medesimo luogo: tutto è venuto dalla polvere e nella polvere tutto ritorna».
Così sentenzia il Sapiente in Qohèlet 3, 19-20 e così inscena Fricke che dalla polvere del deserto sahariano ritorna alla polvere del deserto sahariano e dalla polvere colorata di un mandala ritorna alla polvere colorata di un mandala.
Le musiche, appositamente create, sostengono perfettamente le immagini senza prevaricarle e al contempo senza sottostarne passivamente. Da questa interdipendenza tra immagine e suono ne emerge vincente assoluto un montaggio ineguagliabile, fantasticamente attento a trasformare con mimesi puntualissima un ambiente in un altro, un oggetto in un altro, offrendo visivamente allo spettatore la vera idea di trasformazione delle cose in un unicum che muta tutto, non mutando nulla.
Samsara è dunque il nuovo capolavoro di Ron Fricke, riprendendo cinematograficamente quel medesimo discorso che da quasi vent’anni attendeva d’essere rinsaldato e integrato.

Omaggio della Commissione Cultura allo Scrittore e Drammaturgo Vincenzo Ziccarelli

COSENZA – Sono veramente in pochi a Cosenza che possono vantare nel campo del teatro e delle lettere quel che può orgogliosamente esibire una personalità come quella di Vincenzo Ziccarelli. Scrittore, drammaturgo, regista, uomo di teatro nel senso più pieno della parola, Ziccarelli può, a giusta ragione essere considerato una delle espressioni più alte della drammaturgia del nostro tempo appartenenti alla Calabria ed il cui impegno di straordinario e instancabile uomo di teatro e di intellettuale ne ha fatto una delle figure più apprezzate ben oltre i confini regionali ed alle quali è andato in tutti questi anni l’apprezzamento dei maggiori teatri italiani che hanno avuto la fortuna di ospitare gli allestimenti delle sue opere più conosciute.

Cosenza non finirà mai di saldare con lui un debito che è insieme di riconoscenza e di attenzione, per essersene troppo a lungo, in passato, dimenticata.

A questo peccato di oblio ha voluto porre rimedio la Commissione cultura di Palazzo dei Bruzi, presieduta da Claudio Nigro che ha inteso tributare un doveroso omaggio a Vincenzo Ziccarelli.

Un messaggio al Presidente della Commissione Nigro è stato indirizzato da Roma da Isabel Russinova, direttore artistico del Teatro “Rendano” di Cosenza che ha voluto condividere anche se a distanza l’iniziativa della commissione, ricordando l’altro omaggio che il teatro cosentino dedicherà a Ziccarelli negli appuntamenti tematici della stagione di prosa con gli artisti del territorio.

Ziccarelli è uno dei pochi che può vantare un intero numero monografico dedicatogli qualche anno fa dalla rivista “Sipario”, diretta da Mario Mattia Giorgetti, una sorta di “bibbia” del teatro italiano e nella quale si trova racchiusa e sintetizzata la sua produzione teatrale.

E in quella summa sono ricordati i suoi testi più celebri, poi divenuti apprezzati allestimenti: “Un caso di morte apparente”, “Francesco e il Re” (memorabile la prima versione con Nando Gazzolo e Salvatore Puntillo), poi ripreso a distanza di anni da Ugo Pagliai, Paola Gassman e Philippe Leroy, “Signori, la mafia!”, “La casa di pietra” (che al suo debutto fu interpretato dal compianto Gianni Musy), “Volevo conoscerti meglio”, “Cristina ‘a spedesa”, titolo cult che collezionò ininterrotte repliche al “Rendano” e un totale di circa 50 mila spettatori e che vide protagonista, nel suo primo storico allestimento, la svedese doc Solvi Stubing, l’attrice resa celebre dallo spot della Birra Peroni nel Carosello televisivo. Cristina ‘a spedesa ebbe anche il privilegio di essere replicato per un’intera settimana al Piccolo Eliseo di Roma, primo lavoro in dialetto calabrese ad essere rappresentato nei circuiti ufficiali dei teatri della capitale.

A passare in rapida rassegna l’attività di Ziccarelli sono stati il Presidente della Commissione cultura Claudio Nigro e il relatore Mimmo Frammartino che ha parlato di Vincenzo Ziccarelli come di “un ospite di riguardo, di grande spessore culturale ed  uomo dalla vastissima produzione artistica e letteraria che avrebbe potuto dare ancora di più alla città, come alla sua terra, se solo la sorte fosse stata più benevola nei suoi confronti.” Ziccarelli si è detto lusingato ed anche un po’ commosso.

La vita non è stata magnanima con Vincenzo Ziccarelli, ma consapevole della sua durezza e delle difficoltà da cui è attraversata, lo scrittore e drammaturgo cosentino si è congedato dalla commissione, non senza aver prima ritirato la targa-tributo preparata per lui, con una battuta dolceamara: “sono un pessimista che si dà forza e mi sento a volte come quel pugile interpretato da Vittorio Gassman nel film “I mostri” di Dino Risi che resiste ad oltranza per evitare di finire al tappeto ed esclama “son contento!”