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“Com’è bella la nebbia quando cade” è l’ultimo lavoro di Tania Piazza

 Un mix tra finzione e realtà sospeso fra cielo e mare. Difficile da dimenticare. Impossibile smettere di leggerlo. Un romanzo destinato ad occupare i comodini di fianco ai letti di tutta Italia.cop

Com’è bella la nebbia quando cade (Casa Editrice Kimerik, pp. 164), è il secondo romanzo della scrittrice vicentina Tania Piazza, autrice, nel 2013, del romanzo La cura delle parole (EdizioniSì).

 Il romanzo ruota attorno alla storia, complicata e tormentata, di Miriam, Ludovico e Catherine, rispettivamente moglie e marito i primi due e l’incarnazione di un amore mai dimenticato il terzo personaggio. Il giorno del loro anniversario di matrimonio Ludovico riceve in regalo dalla moglie un pacco di lettere a lui indirizzate, risalenti a più di cinquant’anni prima, che Miriam non ha mai avuto il coraggio di spedire. Ludo è costretto a ricordare il periodo della sua vita nel quale ha conosciuto Catherine, docente universitaria inglese in visita nell’ateneo italiano in cui lui stesso tiene le lezioni. L’incontro tra i due diventa ben presto amore e Ludo la segue in Inghilterra. Qui, ha inizio una relazione che porta alla gravidanza di Catherine e al sogno di una nuova vita a tre. Miriam, innamorata di Ludo senza esserne ricambiata, comincia a frequentarlo proprio nel periodo precedente al suo viaggio, si illude di potergli vivere a fianco per sempre e decide di volare in Inghilterra e di incontrare Catherine, mettendo in atto un piano basato sulla menzogna per riportare a casa l’uomo che ama, a sua insaputa.

“Toni Servillo. Oltre l’attore”, omaggio del Dams all’attore napoletano

RENDE (CS) – Il Dams dell’Università della Calabria dedica un volume ad un’artista, attore e regista, che sta segnando il tempo presente. “Toni Servillo. Oltre l’attore” (edito da Donizelli), è stato realizzato a partire dall’incontro tenuto da Servillo all’interno della programmazione 2014 del Teatro Auditorium Unical, a cura di Roberto De Gaetano e Bruno Roberti. Fronte copertina Servillo. Oltre l'attore

Il volume, che si apre con un intervento inedito dello stesso Servillo, è articolato in tre sezioni (Sguardi, Letture, Ritratti) e contiene saggi di molti docenti e studiosi di cinema, teatro e letteratura, che rileggono la pratica attoriale e registica di Servillo in forma nuova.

Il Sud deve diventare adulto. Massimiliano Capalbo a Lamezia tra eresie e confronto

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Foto di Maria Elena Saporito

Perché se il Sud possiede tutte queste risorse non riesce a trasformarle in valore? E come può farlo?”. Questa è la domanda delle domande, quella alla quale tutti noi tentiamo di rispondere giorno dopo giorno, alla quale spesso ci sottraiamo comprendendone dolorosamente le molteplici implicazioni (e complicazioni). E proprio intorno a questo rilevante quesito è accaduto qualcosa di altrettanto importante la sera di martedì 6 ottobre, a Lamezia Terme, presso Palazzo Nicotera, sede della biblioteca comunale. L’attivo e puntuale collettivo Manifest. ha messo insieme, grazie a inviti tempestosi e tempestivi, un

Foto di Maria Elena Saporito
Foto di Maria Elena Saporito

gremito uditorio che ha partecipato con interesse e trasporto alla presentazione del libro di Massimiliano Capalbo dal titolo ‘La terra dei recinti’. Oltre all’autore, ‘imprenditore eretico’ e fondatore di Orme nel Parco, la discussione è stata alimentata dall’introduzione di Valeria D’Agostino, blogger di Manifest., e dallo scrittore e avvocato Francesco Bevilacqua, impegnato attivamente nella promozione del territorio con le sue Cliniche dei risvegli, luoghi nei quali si “fanno circolare le eresie per svegliare i nostri paesi”, come egli stesso ha affermato.

Abbiamo sentito tante, troppe, volte gente, nostri conterranei, che ci sciorinavano aneddoti più o meno edificanti su quanto sia difficile, se non impossibile, fare l’imprenditore in Calabria. C’è la ‘ndrangheta, ci sono i molteplici compromessi, ci sono i bastoni tra le ruote a ogni angolo. E poi non ci sono risorse, per accedere ai finanziamenti pubblici devi avere la raccomandazione. Insomma, metti da parte le tue idee, cercati un posto al call center di zona e stai buono buono che prima o poi una porta si apre. Intanto… aspetta. Accontentati… E mentre ti accontenti, ascolta con fiducia chi ti ricorda costantemente “quanto questi territori siano ricchi di potenzialità, di prodotti di qualità, di risorse naturalistiche, di bellezze culturali, storiche e artistiche e di come sia indispensabile puntare su di essi per rimettere in moto l’economia, creare posti di lavoro e promuovere lo sviluppo, salvo poi stilare o appoggiare programmi elettorali che vanno nella direzione esattamente opposta rispetto a quella proclamata”.

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Foto di Maria Elena Saporito
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Foto di Maria Elena Saporito

E invece no, c’è chi ha deciso di gridare che accontentarsi, continuare a essere vittime, vivere di    assistenzialismo senza sviluppi non genera alcuna gratificazione. I recinti ci tengono prigionieri, come orsi in cattività, come ostaggi con una sindrome di Stoccolma mai curata, divenendo i veri ostacoli che impediscono al Meridione, in generale, e alla Calabria, in particolare, di crescere e di offrire le proprie risorse a quanti, in questi territori, vogliano davvero mettersi in gioco per uscire sani e salvi dal turbinio arido e straniante della disoccupazione e della povertà d’iniziativa, prima che di denaro. La scossa al risveglio è quindi giunta a Lamezia Terme grazie all’impegno dei ragazzi del collettivo Manifest. che hanno chiamato a raccolta tutti gli operatori economici e culturali dell’hinterland per discutere sui rilevanti temi messi nero su bianco da Massimiliano Capalbo nel libro confrontandosi quindi, oltreché con l’autore eretico, anche con il già citato Francesco Bevilacqua, da sempre attento alle risorse e alle potenzialità della regione che spesso l’incuria della classe dirigente tende a far dimenticare.

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Foto di Maria Elena Saporito
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Foto di Maria Elena Saporito

L’incontro con Lamezia dunque è stato caratterizzato da una particolare attenzione alle iniziative imprenditoriali e socio-culturali già in corso, delle quali Manifest. e i propri partner si sono resi testimoni, oltreché protagonisti. Capalbo si è pertanto trovato al centro del discorso dove, oltre a illustrare i suoi ormai famigerati quattro responsi alla domanda delle domande, ha anche accolto con interesse e partecipazione gli interventi degli altri ‘eretici’, tra i quali spiccavano artisti, attivisti e imprenditori oltre alla gente comune, i lettore nudi e crudi accorsi per poter interagire con l’autore e udirne la viva voce dopo esser stati scossi con veemenza e calore dalla parola scritta. Dunque, in questa atmosfera densa di condivisione e confronto, si è a lungo parlato del pericolo di coma topografico, come ha inteso indicarlo Bevilacqua riferendosi alla radicata (quanto errata) credenza insita nei calabresi “di vivere in luoghi privi di valore, dei non luoghi. Il rischio è che se noi calabresi non iniziamo a prendere coscienza della valenza effettiva della nostra terra, arriverà qualcun altro più furbo, molto più ricco e con meno scrupoli ad appropriarsene e, magari, arricchendosi proprio grazie alle nostre risorse”. In sostanza, i calabresi devono finalmente diventare adulti: questo è, secondo Bevilacqua, l’unico modo per uscire dalla condizione di orsi in cattività chiusi entro i confini di uno zoo. Capalbo ha ripreso le fila del discorso, aggiungendo che la via per uscire da questo stadio comatoso è quella di abbattere il complesso di inferiorità che ci perseguita, retaggio anche di un’educazione familiare e scolastica frutto di secoli di sottomissione e accondiscendenza. “Le false credenze si sviluppano nelle famiglie”, ha dichiarato senza mezzi termini l’imprenditore. E una di queste false credenze è sicuramente il vittimismo: siamo incapaci di affrontare le difficoltà e ‘decidiamo’ quindi di essere vittime sacrificali di un qualche carnefice che ci tiene sotto giogo. “Questa è quella che definisco fragil-età, ossia l’incapacità della società di affrontare le difficoltà”. Una fragil-età che ha preso piede nella nostra regione e nel sud in generale, paralizzando i nostri arti e le nostre idee. Fare impresa in maniera eretica è, secondo Capalbo, un modo per difendere e allenare il proprio talento a partire da motivazioni che ciascuno di no11060318_1626967060885556_8868129501561902929_ni può trovare dentro di sé e stabilendo legami deboli, ossia fuori dalla cerchia di parenti e amici, andando oltre i nostri confini geografici. “L’impresa prima che economica deve essere umana. È necessario prendersi cura del proprio territorio”, ha concluso lo scrittore e imprenditore.

Prendersi cura di risorse e talenti che è infatti diventata la mission di Manifest., tant’è che proprio in questi giorni il collettivo di giovani blogger si sta attivando con i primi appuntamenti del laboratorio di lettura. Già il prossimo sabato 10 ottobre infatti i ragazzi si ritroveranno presso il Caffè Letterario – Bar del Popolo a Sambiase – Lamezia Terme a partire dalle 16, invitando quanti volgiano prender parte all’evento e ricordando di portare con sé le idee, la passione e un buon libro. Questo è il punto di partenza per portare il nostro Sud nell’età adulta. Finalmente.

 

Daniela Lucia

 

 

Per saperne di più sul libro leggi la recensione di Ottoetrenta firmata da Lia GianniniMassimiliano Capalbo: il segreto è  ‘abbattere i recinti’

 

Presentata la guida “I borghi più belli del Mediterraneo”

RENDE (CS) – Stamane, venerdì 2 ottobre,  presso l’ aula “University Club” dell’Università della Calabria, è stata presentata, per iniziativa dell’ufficio di rappresentanza di Cosenza della Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo, la seconda edizione della guida “I Borghi più belli del Mediterraneo”. L’ iniziativa è stata promossa dall’associazione de “I Borghi più belli d’Italia”, nata nel marzo 2001 su impulso della Consulta del Turismo dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) con l’intento di contribuire a salvaguardare, conservare e rivitalizzare piccoli comuni, che, trovandosi al di fuori dei principali circuiti turistici, rischiano, nonostante il grande valore, di essere dimenticati con conseguente degrado, spopolamento e abbandono.IMG_20151002_105601

L’iniziativa realizzata grazie al contributo della Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo, istituzione che mira a dare risposte concrete alle esigenze più impellenti della nostra società in questo delicato momento storico, integra nella sua denominazione sia la valenza solidaristica, soprattutto con un impegno sussidiario nei confronti delle organizzazioni di Terzo Settore, sia la funzione di trait d’union tra le culture e le società civili del Mediterraneo.

Con l’apertura dell’ufficio di rappresentanza presso l’Università della Calabria, la Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo intende sviluppare, in particolar modo,  attività rivolte ai giovani ed alle comunità mediterranee, attività peraltro già avviate nell’ottobre del 2014 con la realizzazione del convegno “Mediterraneo – un mare di culture” svoltosi in collaborazione con la stessa Università, mentre nel 2013 ha promosso – sempre a Cosenza, a Palazzo Arnone – una delle tappe dell’importante mostra sull’emigrazione italiana nelle Americhe di fine Ottocento e primi del Novecento intitolata “Partono i bastimenti”.

Alla presentazione della guida hanno partecipato il Rettore dell’Università della Calabria Prof. Gino Mirocle Crisci, il Cav. Lav. Prof. Ercole P. Pellicanò consigliere della Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo, coordinatore per la Calabria, l’Avv. Rinaldo Chidichimo delegato per l’ufficio di rappresentanza di Cosenza della Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo, oltre all’autore Claudio Bacilieri ed al Dott. Giuseppe Simone Vicepresidente nazionale dell’Associazione de “I Borghi più belli d’Italia”.

Sabato la presentazione del libro di Mimmo Pace “Montagne..immagini e appunti di viaggio”

CASTROVILLARI (CS) – A “spasso sui belvedere” tra racconti di esperienze uniche, di amicizia e di bellezza. Fortemente appassionato delle nostre montagne a tal punto da raccontarle e “dipingerle” in più modi: con la sua caparbia tensione di trasmettere la loro attrattiva attraverso scatti da favola, con la parola, lo scritto ed il suo temperamento da montanaro infaticabile. Stiamo parlando di Mimmo Pace, classe 1939, che sabato 3 ottobre , alle ore 17, nella sala 14 del Protoconvento francescano, presenterà la sua ennesima fatica editoriale dal titolo “Montagne…immagini ed appunti di viaggio”.

La partecipazione alla città ed al Territorio avverrà con il patrocinio del Comune di Castrovillari, dell’Ente Parco Nazionale del Pollino e grazie alla promozione della Sezione locale del Club Alpino Italiano dove Pace è socio da anni.Montagne2015

La serata oltre ai saluti del Sindaco, Domenico Lo Polito, e del Presidente del Parco, Mimmo Pappaterra, prevede gli interventi, moderati  da Tommaso Ferrari,  del già vice presidente nazionale del CAI, Teresio Valsesia, dei naturalisti e scrittori Francesco Bevilacqua e Franco Caruso, del presidente e vice presidente del CAI di Castrovillari , rispettivamente Carla Primavera ed Eugenio Iannelli nonché dell’importante apporto dell’autore che presenterà e sottolineerà le ragioni di quest’altra full immersion verde “sopra quota mille”.

Saggi brevi, frammenti di vita di Armando V. Vacca

IMG_20150928_212051Armando Valentino Vacca è nato a Saracena nel 1952. Già laureato in Lettere Moderne, in Pedagogia e in Filosofia è attualmente iscritto all’Università della Calabria. Dopo aver vinto alcuni concorsi nella Pubblica Amministrazione, aver insegnato e scritto diverse opere, ha dato alla luce “ Saggi Brevi”, una raccolta di scritti che, come precisato nella Prefazione, partendo dalla vita quotidiana offrono approfondimenti e spunti che l’autore coglie attraverso la propria esperienza. Saggi brevi, ma densi di significato e riferimenti bibliografici che ripercorrono arte, letteratura, musica e filosofia. Un viaggio che riesce a cogliere in maniera del tutto personale le parole di autori come Montale, Freud, Nietzsche e tanto altro. Il filo rosso che collega i saggi sembra colorarsi con Armando Vacca di Giallo, elemento in perenne e costante ritorno,  “il colore basico dell’amore, della poesia, della musica, […] , tinta trionfante e invincibile”. E’ infatti questo il colore che ritroviamo nei Girasoli di Van Gogh delle prime pagine, tra le luci che si oppongono alle tenebre,tra le rose o le quattro stagioni.

 Concetta Galati

‘Come al cinema’ di Hannelore Cayre. Piccola fiaba giudiziaria tra straniamento, scene madri e paradossi

E se la giustizia non fosse altro che l’ennesima messa in scena di uno spettacolo che non si rinnova mai, 9788849843750_15E0049_Cayre_Piatto_HR dove a influenzare il giudizio è l’appeal più o meno affabulatore del primo attore? Se in un processo avessero maggior peso le intuizioni e le convinzioni personali piuttosto che l’effettiva innocenza o colpevolezza dell’imputato? Cosa accadrebbe se, come al cinema, bastasse rimanere comodamente seduti in poltrona e lasciar scorrere innanzi agli occhi la propria vita e quella altrui, in un’ordinaria sequela di ripensamenti, rimpianti, speranze, ambizioni e piani sequenza stagnanti? Questi gli interrogativi che Hannelore Cayre, scrittrice, regista e avvocato penalista francese, sembra voler proiettare sul lettore con la sua intensa piccola fiaba giudiziaria dal titolo Come al cinema uscita per i tipi di Rubbettino editore lo scorso aprile.
Giovane e affascinante rapinatore di banche, Abdelkader Furier si trova a Chaumont, località dell’Haute Marne, per affrontare il processo a suo carico. Sullo squattrinato ragazzo, che ha dalla sua oltreché un’eclatante avvenenza solo Jean e Anne Boylé, coppia d’avvocati di grido, incombe la pena all’ergastolo pretesa dal presidente della Corte d’assise, il temuto e implacabile ‘macellaio dell’Haute Marne’. Le ragioni di un simile accanimento sono da individuare nelle contraddizioni culturali e sociali delle quali il giovane rapinatore, figlio di madre algerina e padre normanno, è veicolo. “Là dove un osservatore parlerebbe di una giustizia secondo il colore della pelle del soggetto, il vecchio vedhannelore-cayreeva una sana misura di profilassi sociale. […] Quel povero ragazzo, quell’essere incomprensibile che rispondeva al nome di Abdelkader Furier, avrebbe senza dubbio buscato, a tamburo battente, la pena massima, con l’unanimità dei dodici giurati guidati dalla grande verve di Anquentin”.
Intanto, mentre a Chaumont si schiera la coppia d’assi dell’avvocatura parigina, poco distante, ospite di un semisconosciuto festival del cinema sulla Resistenza, dà mostra di sé e della propria malandata esistenza Ètienne Marsant, attempato divo del grande schermo, pieno di acciacchi e di questioni irrisolte, con l’inquietante timore della morte alle calcagna. “Una paura panica, sul genere di quella che vi fa nascondere sotto i sassi del vostro acquario purché Dio soprattutto non vi noti più”.
L’incontro tra i due principi del foro e la vecchia gloria del cinema nazionale condurrà alla messa in scena di un finale imprevedibile, dai risvolti paradossali e assurdi che non mancheranno di regalare al lettore intensi attimi di genuino divertimento. Hannelore Cayre mette quindi in scena ciò che conosce meglio: il cinema e la giustizia. L’autrice allestisce un set di caratteri spigolosi, luci soffuse e colori caldi che si alternano mostrando le molteplici angolazioni di una umanità esasperata, chiamata a fare i conti con l’assurdo cinismo della vita quotidiana.
La giustizia diviene uno spettacolo il cui gradimento sarà il termine di salvezza. I buoni sentimenti sono messi al bando, ciò che conta è solo l’illusione che il bello sia qualcosa che possa durare in eterno, in uno show che deve continuare nonostante i protagonisti si sentano ormai estranei ed esausti.
Dunque, cos’è la giustizia se non uno schermo nel quale il bene e il male si alternano strizzando a turno l’occhio allo spettatore? E quest’ultimo, comodo nella propria poltroncina, potrà quindi seguire la piccola fiaba giudiziaria, dalle venature nere e dai richiami camusiani, fino a che il sipario non calerà in maniera definitiva, lasciandosi dietro l’ironia di un racconto che ha avuto l’ardire (e il merito) di aver saputo illustrare brandelli d’esistenza con toni leggeri, puntuali, ma mai superficiali. Non rimarrà che l’attesa dei titoli di coda, come al cinema, appunto.

 

 

Daniela Lucia

Massimiliano Capalbo: il segreto è “abbattere i recinti”

La terra dei recinti“Non sono qui per vendere un libro ma per accendere fuochi sotto la cenere”. A parlare è Massimiliano Capalbo, un imprenditore eretico  (come ama definirsi), calabrese, che nella vita, piuttosto che scegliere di adeguarsi ai suoi conterranei nell’affannosa ricerca di favori politici, ha scelto di avviare un’attività, senza aiuti, inseguendo il suo “talento”, a dispetto degli stereotipi che troppo spesso impediscono alla Calabria di creare valore con ciò che ne rappresenta un plus.

Di questo, e di molto altro, racconta nel suo ultimo libro “La terra dei recinti”, edito da Rubbettino. Un testo diretto, efficace, semplice, in cui l’autore mira a sfatare luoghi comuni, pregiudizi e false credenze che fino ad oggi hanno impedito, al Sud, di “salvarsi”.  E lo fa cercando di non cadere mai nel banale, raccontando un esempio pratico, il suo, che da quando ha iniziato ad occuparsi di turismo, ha girato in lungo e in largo questa Regione, la sua Regione, per arrivare a dimostrare che la Calabria non è seconda a nessun’altra. Semmai lo sono i calabresi. Cresciuti nel complesso d’inferiorità, convinti che comunque vada saranno sconfitti, vivono una vita attorniati da false credenze, completamente assorbiti dalle comodità dentro le quali sono stati abituati, coccolati da una generazione che,avendo sofferto la fame, ha cercato di restituire ai figli tutto ciò che le era mancato e finendo quindi inevitabilmente col sfornare una serie di “professionisti” che, inevitabilmente, oggi “fanno la fame”.

E se in epoca moderna, nella nostra terra, sopravvivono più disoccupati che talentuosi e settori come la sanità diventano un pericolo per la vita umana, è solo perché abbiamo passato la vita a convincerci che piuttosto che allenare il nostro talento e rischiare di diventare “qualcuno” dovendo fare troppi sacrifici, preferiamo consolarci con ruoli e professioni più o meno detestabili ma che aiutano a trovare lavoro.

CapalboRacconta di questo, Capalbo, e di come siamo abili a mettere i bastoni tra le ruote a chiunque nel proprio piccolo voglia “provare” a fare qualcosa, di come tarpiamo le ali ai nostri figli, pronti a proteggerli da qualunque caduta, come se cadere fosse davvero il male peggiore rispetto al non essere in grado di rialzarsi. E’ un fiume in piena mentre si rivolge ad un pubblico elitario ma incantato, che lo osserva assorta e curiosa di scoprire anche essa la ricetta della felicità. Qualcuno, durante il suo mini “convegno” a Castiglione Cosentino, ci prova a dargli contro e a dimostrare che la sua, in realtà, è una teoria semplicistica ma Massimiliano Capalbo è una di quelle persone estremamente positive a cui la vita sembra aver già dato le risposte o che, forse, le risposte sembra averle trovate dentro sé stesso.

Perché se è vero che nel suo testo analizza nel dettaglio i problemi, è altrettanto vero che in esso offre delle possibili soluzioni, come quella di imparare ad ascoltare i propri bisogni e aver fiducia nelle proprie capacità, consapevoli che non esistano limiti laddove è la volontà a volerli superare.

“Se qualcuno vi dice che siete folli, allora vuol dire che state facendo bene” dice rivolgendosi ai presenti nella speranza di averli convinti a tentare di inseguire il proprio sogno anche se questo comporta investire i propri soldi e rischiare un fallimento.

Il suo libro è un monito. Non una Bibbia, non una legge assoluta. Semplicemente il pensiero di qualcuno che ha scelto di non accontentarsi, di non vittimizzarsi, di non chiedere nulla ai politici. Una di quelle persone che, per dirla alla Steve Jobs, “think different” ma che, diversamente pensa davvero,  non come chi trascorre un’intera giornata a far la fila per acquistare lo stesso oggetto del mondo intero. Una perla, in questa Regione dove “l’arte di chiacchierare del peggio e del nulla, prefigurando il meglio e il tutto in un futuro sempre promesso e mai arrivato”, è davvero troppo diffusa.

Lia Giannini

 

“Cassano. Storia di un popolo” di Giuseppe La Padula

CASSANO ALLO IONIO (CS) – Grande e atteso evento ci sara’ il giorno 16 Settembre 2015, alle ore 18.30, nello splendido scenario delle Teme Sibarite, a Cassano Allo Ionio,il prof.Giuseppe La Padula,presenta il suo libro ” CASSANO: STORIA DI UN POPOLO “.  Una  vera perla,una rarità ricca di informazioni e storia che si legge con la piacevolezza di un romanzo .received_10206578559655731

La storia illustrata nel libro e’ l intesa conoscenza e recupero dell’identità di un popolo, scritte nel lontano 1845 dal grande Pietro Camardella, si conserva ancora una sostanziale attualità, in quanto pongono il problema della conoscenza consapevole di ciò che si è stati, dei momenti essenziali che ne hanno determinato sentimenti e valori costitutivi, fino a costruire una coscienza collettiva, sia pure nelle sue accezioni pluralistiche e mai unidimensionali. L’esigenza di conoscere e di approfondire la storia di Cassano e del suo territorio, di recuperare una memoria comune e rielaborarla criticamente, ha costituito la spinta che  ha consentito di mettere in piedi, prima, un laboratorio di ricerca avente come protagonisti quanti volessero dare un contributo reale a ricostruire fatti, momenti, aspetti dimenticati o, peggio, mai conosciuti di un passato collettivo.

Il laboratorio del Liceo classico di Cassano, il “Simposio”, ha trovato il suo primo naturale mezzo di comunicazione nel  periodico,di cui sono stati pubblicati ben undici numeri, più un numero speciale, che pur essendo nato nella scuola ha inteso aprirsi alla società civile, al fine di costituire una ideale comunità dialogante, aperta allo studio di tutte le complesse problematiche del territorio.

Questo progetto di rivisitazione e comprensione del passato, se non fosse stato attentamente calibrato e, soprattutto, se non fosse stato inserito in un contesto più ampio, poteva rischiare di declinare in una sorta di celebrazione nostalgica.

Giuseppe La Padula
Giuseppe La Padula

Prima di questo grande evento ho voluto intervistare di persona il  Professore Giuseppe la Padula, classe ’48, nato a Cassano Allo Ionio. Ha frequentato il  Liceo classico di Castrovillari e in seguito  l’Università di Roma con laurea in Filosofia .Due abilitazioni e due concorsi a Cattedra, sempre in storia e filosofia  superati con ottimi voti. Ha insegnato  a  Cosenza, Castrovillari, Trebisacce, Cassano. Un grande!

A.M.S: < Era un sogno da sempre scrivere questo libro? >

Prof.G.L.P. : < Assolutamente no! Il libro è maturato nel periodo che ho insegnato a Cassano, nel Liceo Satriani. In questi anni si tentava di costruire un laboratorio di Storia del territorio, anche se i risultati erano molto modesti. La scintilla è nata quando il Preside Aldo Viola mi ha proposto di scrivere un libro su Cassano. Impresa ardua per mancanza di fonti…Per cui proposi l’esigenza di dotarci di strumenti divulgativi, da qui il SIMPOSIO, e di aprire la ricerca ai ragazzi. Ovviamente, questo no poteva essere sufficiente a costruire un testo di storia, per cui ho cominciato ad approfondire la ricerca, al fine di offrire un quadro completo delle vicende dei Cassanesi. La procedura usata in senso metodologico, era lo studio dei documenti, eliminando “vulgate” no provate ed il ricorso a studi più fantasiosi che storici. Lavoro che mi ha impegnato per ben 7 lunghi anni, duranti i quali la ricerca si è estesa agli archivi di Castrovillari, Cosenza, Napoli, Firenze, oltre a quelli di Cassano. Molti sono stati i contributi documentari di privati,del rinvenimento di testi antichi, di lettere e di giornali, che hanno consentito di dare un senso a quanto accaduto nel nostro territorio dal 1500 ad oggi. >

 

A.M.S. : <  Il titolo  del libro era  studiato da tempo? >

Prof.G.L.P: < Il titolo del libro è stato sempre una costante delle mie ricerche. Il progetto era quello di raccontare le vicende di tutto il ed il suo rapportarsi con le grandi vicende dei contesti più ampi in cui le stesse si sviluppavano. Al riguardo, ho scritto nell’introduzione al libro che l’esigenza era certamente “guardare l’albero, ma non perdere mai di vista la foresta”. Un rapporto dialettico tra piccolo e grande, senza cui la storia locale, anche più interessante, perde di significato e di spessore interpretativo.>

 

Come disse il grande pittore irlandese, Francis Bacon: La lettura rende un uomo completo, la conversazione lo rende agile di spirito e la scrittura lo rende esatto.

 

Anna Maria Schifino