‘ndrangheta, Dda: «Struttura elitaria occulta accanto a vertice»

REGGIO CALABRIA – Una struttura segreta legata alla massoneria che si poneva al vertice della piramide ‘ndranghetista, dettava le linee strategiche alle cosche, interagiva sistematicamente e riservatamente con politica, istituzioni e mondo imprenditoriale, e condizionava le elezioni, dalle comunali alle Europee nella provincia di Reggio Calabria. A portare alla luce gli “invisibili” componenti di quella che viene ritenuta l’elite della ‘ndrangheta sono stati i carabinieri del Ros e del reparto operativo di Reggio Calabria che insieme al pm della Direzione distrettuale antimafia Giuseppe Lombardo hanno passato anni a rileggere atti di vecchie inchieste ricucendo fatti e circostanze apparentemente scollegate fino a delineare il quadro del nuovo assetto ‘ndranghetista. Tanto lavoro si è concretizzato con l’operazione Mammasantissima che ha portato alla richiesta d’arresto per il sen. Antonio Caridi, di Forza Italia – la richiesta è già arrivata alla Giunta per le autorizzazioni a procedere – e all’arresto dell’ex deputato del Psdi Paolo Romeo, ritenuto l’anima “grigia” di Reggio, già condannato in passato per concorso esterno in associazione mafiosa e detenuto dal 9 maggio scorso per un’altra inchiesta che si scopre adesso essere stata un’anticipazione di quella di oggi; l’avv. Giorgio De Stefano, cugino del capo storico della cosca Paolo, ucciso nel 1985 nella guerra di mafia, ma lontano dall’ala militare e ritenuto capace di elaborare alleanze e strategie individuando le attivita’ piu’ lucrose; l’ex assessore e consigliere regionale Alberto Sarra; Francesco Chirico, ritenuto dagli investigatori un elemento di spicco della cosca De Stefano, fino al 2004 dipendente del Comune di Reggio poi passato al servizio giuridico-economico della Regione Calabria. Erano loro secondo l’accusa, i componenti del “direttorio” delle cosche. Un’organismo, sconosciuto anche ai picciotti, capace di condizionare appuntamenti elettorali in ambito comunale, provinciale e regionale ma che voleva fare il salto di qualità: non contare più solo sull’utilizzo di soggetti che si mettono a disposizione ma costruire in casa gli uomini più capaci da proiettare nel parlamento nazionale per garantire gli interessi dell’organizzazione. Ed in questo contesto gli inquirenti pongono il senatore Caridi,«figura politica – ha detto il procuratore Federico Cafiero de Raho – costruita in tutto lo sviluppo della sua carriera fino al Parlamento nazionale e, di volta in volta, strumento per eseguire gli ordini della ‘cupola’ e conseguirne le finalità». E sarebbe stato sempre il “direttorio” a fare eleggere nel 2002 Giuseppe Scopelliti – la cui abitazione è stata perquisita oggi – a sindaco di Reggio Calabria con il sostegno delle cosche, così come sarebbe avvenuto per Pietro Fuda alla Provincia. Elezione, quella di Scopelliti, che consentì a Sarra, primo dei non eletti nella tornata del 2000, di approdare in Consiglio regionale subentrandogli. E questo non era che il primo momento della strategia impostata da Romeo per arrivare in Parlamento. Il secondo era quello, concretizzatosi nel 2004, con l’elezione di Umberto Pirilli al Parlamento Europeo che consentì a Sarra di subentrargli come assessore regionale. Nelle stesse occasione, secondo quanto si legge nelle oltre 2000 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, il “direttorio” dette indicazione alle cosche di sostenere Pirilli e Gianni Alemanno. E’ sfumato il terzo momento della strategia, che avrebbe dovuto concretizzarsi con la candidatura di Fuda alla Presidenza della Regione. Intento vanificato da vicende giudiziarie che coinvolsero l’interessato oltre che lo stesso Romeo. Il “direttorio”, in sinergia con quello che è l’organo collegiale di comando della ‘ndrangheta reggina, la “provincia”, che riunisce i vertici dei tre mandamenti, centro, ionico e tirrenico, coordinava tutte le operazioni criminali in Italia ed all’estero di ‘ndrangheta e dalle altre mafie storiche – Cosa Nostra, Camorra e Sacra Corona Unita – e definiva le strategie criminali di massimo livello. Il fine ultimo era sempre quello: impadronirsi o infiltrarsi in enti pubblici».

LA CONFERENZA STAMPA DI DE RAHO

C’era una “struttura elitaria occulta”, di cui facevano parte le cinque persone arrestate stamane dai Carabinieri nell’ambito dell’operazione “Mamma Santissima”, accanto agli organi di vertice della ‘ndrangheta. Una struttura talmente segreta che i nomi dei componenti erano sconosciuti alla “base” della mafia calabrese. Ne facevano parte l’ex parlamentare Paolo Romeo, l’avvocato Giorgio de Stefano, l’ex sottosegretario regionale Alberto Sarra e Francesco Chirico (al quale sono stati concessi i domiciliari), arrestati stamane. Con loro, come emerge dalle 2056 pagine dell’ordinanza, operava il parlamentare Antonio Caridi, per il quale la Dda reggina ha già chiesto al Senato l’autorizzazione all’arresto. L’indagine “Mamma Santissima”, come spiegato oggi in conferenza stampa dal procuratore capo, Federico Cafiero De Raho, ha permesso di ampliare le conoscenze sulla struttura della ‘ndrangheta acquiste grazie a diverse operazioni (Crimine, Meta, Infinito, Olimpia) permettendo di ridisegnare, rispetto alle acquisizioni del 2010, con l’operazione “Crimine”, l’apparato criminale di cui è dotata. La mafia calabrese si caratterizza, ha ribadito il procuratore, per la presenza di una struttura direttiva occulta che opera in sinergia con l’organo collegiale di vertice denominato “Provincia”, alla quale la struttura riservata fornisce indicazioni e scelte strategiche, “allevando” i referenti in seno alle istituzioni, determinando l’elezione di uomini di fiducia in diverse fasi elettorali, partendo dal 2001 fino al 2010, in occasioni di elezioni comunali, provinciali, regionali, fino alle elezioni per il parlamento nazionale e di quello europeo. «Questa componente riservata – ha detto Cafiero De Raho – seleziona gli obiettivi strategici da perseguire e gestisce le relazioni con le altre organizzazioni similari inserite in un più vasto sistema criminale di tipo mafioso operante in Italia ed all’estero». I componenti del gruppo, definiti “segreti”, in alcune intercettazioni si infiltrano, attraverso i loro referenti, negli ambiti di maggior rilievo politico, economico ed imprenditoriale in cui si articola la società civile. I “riservati” sono soggetti appartenenti alla ‘ndrangheta ma di estrazione non propriamente criminale, «che hanno seguito un percorso nella ‘ndrangheta – scrive la Dda – pensato in funzione della loro esclusiva proiezione verso i contesti informativi, imprenditoriali, economici, finanziari, bancari, amministrativi, politico-istituzionali più delicati, condizionandoli e piegandoli dall’interno ai fini illeciti del sodalizio unitario. La ‘ndrangheta ha quindi evoluto il proprio modello – scrivono gli inquirenti – che è fondato, non più solo sull’utilizzo di soggetti che si “mettono a disposizione”, ma anche su soggetti di propria estrazione che meglio di tutti possono garantire gli interessi dell’organizzazione».

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