Operazione “Jonny”, fiumi di denaro nella disponibilità delle cosche VIDEO e NOMI

CATANZARO – Le indagini, che hanno portato allo smantellamento della cosca di ‘ndrangheta “Arena”, hanno evidenziato l’infiltrazione della cosca nel tessuto economico crotonese e, in particolare, il controllo mafioso, da almeno un decennio, di tutte le attività imprenditoriali connesse al funzionamento dei servizi di accoglienza del Cara “Sant’Anna” di Isola Capo Rizzuto. Più specificamente è stato documentato come la cosca Arena, attraverso l’operato di Leonardo Sacco – governatore dell’associazione di volontariato “Fraternita di Misericordia” di Isola di Capo Rizzuto, nonché presidente della Cofraternita Interregionale della Calabria e Basilicata – si sia aggiudicata gli appalti indetti dalla Prefettura di Crotone per la gestione dei servizi – in particolare quello di catering – relativi al funzionamento del centro di accoglienza richiedenti asilo “Sant’Anna” di Isola di Capo Rizzuto e di Lampedusa, affidati in sub appalto a favore di imprese appositamente costituite dagli Arena e da altre famiglie di ‘ndrangheta per spartirsi i fondi destinati all’accoglienza dei migranti. In particolare, le indagini hanno documentato come le società di catering riconducibili ai cugini Antonio e Fernando Poerio, nonché ad Angelo Muraca, dal 2001 abbiano ricevuto, inizialmente con la procedura dell’affidamento diretto e successivamente in subappalto, la gestione del servizio mensa del centro di accoglienza isolitano la cui conduzione era stata ottenuta dall’associazione di volontariato “Fraternita di Misericordia”: sino al 2009 in via d’urgenza, in ragione dello stato di emergenza dovuto all’eccezionale afflusso di extracomunitari che giungevano irregolarmente sul territorio nazionale; dal 2009 a seguito di tre gare d’appalto vinte. Al riguardo, le indagini hanno evidenziato come l’organizzazione criminale, al fine di neutralizzare le interdittive antimafia che nel tempo avevano colpito le proprie società di catering, avesse provveduto più volte a mutamenti della ragione sociale e dei legali rappresentanti delle aziende controllate, proprio per mantenere inalterato il controllo della filiera dei servizi necessari al Cara.

E’ stato documentato l’imponente flusso di denaro pubblico percepito dalle imprese riconducibili alla cosca nell’arco temporale 2006-2015 per la gestione del Cara di Isola di Capo Rizzuto, pari a 103 milioni di euro, dei quali almeno 36 milioni di euro utilizzati per finalità diverse da quelle previste (quelle cioè di assicurare il vitto ai migranti ospiti nel centro) e riversati invece, in parte nella cosiddetta “bacinella” dell’organizzazione per le esigenze di mantenimento degli affiliati, anche detenuti, e in parte reimpiegati per l’acquisto di beni immobili, partecipazioni societarie e altre forme di investimento in favore del sodalizio. Le ingenti somme da destinare all’organizzazione mafiosa venivano fatte confluire alla cosca sia con ripetuti prelievi in contante dal conto della “Misericordia” e delle società riconducibili agli indagati, sia attraverso erogazione di ingenti somme a fini di prestito, sia ancora attraverso pagamenti di inesistenti forniture, false fatturazioni, acquisto di beni immobili per immotivate finalità aziendali. In tale quadro, una somma consistente sarebbe stata distribuita indebitamente al sacerdote, don Scordio Edoardo, parroco della Chiesa di Maria Assunta, a titolo di prestito-contributo e pagamento di asserite note di debito: solo nel corso dell’anno 2007, per servizi di assistenza spirituale che avrebbe reso ai profughi, avrebbe ricevuto 132 mila euro.

In particolare, don Scordio, indicato come gestore occulto della Confraternita della Misericordia, sarebbe emerso quale organizzatore di un vero e proprio sistema di sfruttamento delle risorse pubbliche destinate all’emergenza profughi, riuscendo ad aggregare le capacità criminali della cosca Arena e quelle manageriali di Leonardo Sacco al vertice della citata associazione benefica, da lui fondata. Ulteriore introito per la cosca sarebbe derivato dalla truffa posta in essere da Leornado Sacco, e dai cugini Antonio e Fernando Poerio che, nel 2013, attraverso il controllo occulto della società Quadrifoglio srl, avrebbero fatturato alla Prefettura di Crotone un numero di pasti maggiore rispetto alle prestazioni effettivamente rese, ottenendo un ingiusto profitto di circa 450 mila euro. Il complesso sistema progettato per la distrazione di denaro pubblico, godeva della collaborazione dei familiari degli indagati, la cui partecipazione associativa si sarebbe realizzata attraverso l’interposizione, attuata per il tramite di fittizie partecipazioni sociali ed emissione di falsi documenti contabili, dai cugini Antonio e Fernando Poerio e da Angelo Muraca, insieme ai familiari Aurora Cozza, Maria Lanatà, Stefania Muraca, Pasquale Poerio, e Antonio Poerio, di 36 anni.

A costoro si aggiungono i cosiddetti “fatturisti”, Mario Ranieri, Santo Tipaldi, Ercolino Raso, Benito Muto, Beniamino Muto, Domenico Mercurio, Salvatore De Furia, che, intranei alle cosche isolitane, avrebbero fornito prestazioni contabili artificiose in favore del gruppo economico in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di notevoli somme di denaro e di evadere le previste imposte fiscali.

Dalle indagini è emersa, in sintesi, la capacità imprenditoriale, in chiave di sfruttamento delle risorse pubbliche, della ‘ndrangheta crotonese, in grado di soddisfare le complesse esigenze della varie cosche locali. In tale ambito, proprio l’elevato flusso di finanziamenti pubblici riservati all’emergenza migranti ha finito per costituire la principale motivazione dell’intervenuta pacificazione tra le cosche Arena e Dragone contrapposte ai Nicoscia e Grande Aracri che, nel primo decennio del 2000, si erano rese protagoniste di un cruento conflitto degenerato in numerose uccisioni e scontri a fuoco. Infatti, la faida cessava proprio quando andava a regime il sistema di drenaggio di denaro pubblico derivato dagli appalti per la gestione del centro accoglienza. Ciò infatti ha costituito l’occasione per una mirata distribuzione delle risorse tra le varie famiglie mafiose interessate a mettere da parte i pregressi dissidi e sfruttare le notevoli opportunità di guadagno. In tale contesto si rilevano le figure di Salvatore Nicoscia, di Pasquale Nicoscia, di 26 anni, di Domenico Nicoscia , di 39 anni, di Luigi Manfredi, detto “Gigino ‘u Porziano” e del fratello Antonio Manfredi “’u Mussutu”, di Mario Manfredi, di Giuseppe Pullano, “la molla”. Nel contesto dell’operazione è stato eseguito, sulla base di accertamenti preliminari del Ros, un sequestro preventivo di beni emesso dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro nei confronti degli indagati per un ammontare complessivo di circa 70 milioni di euro. Il sequestro ha interessato, tra l’altro, anche l’intero patrimonio immobiliare riconducibile alla Fraternita di Misericordia di Isola di Capo Rizzuto, costituito da un convento di 1700 metri quadrati, successivamente ristrutturato ed adibito a poliambulatorio, dal teatro Astorino di Isola Capo Rizzuto e da diversi immobili, alcuni dei quali acquistati dallo stesso Sacco da soggetti organici alla cosca Arena, per salvaguardarli da possibili interventi ablativi.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *