Per la piccola Cloe Grano bisogna continuare le indagini

COSENZA –Per chiarire le eventuali responsabilità che hanno causato la morte della piccola Cloe Grano bisogna continuare ad indagare. Lo ha stabilito il giudice per le udienze preliminari Luigi Branda rigettando la richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero Antonio Bruno Tridico. Una vicenda drammatica quella della bimba di Rende, di soli quattro mesi e mezzo. E’ deceduta nell’aprile 2014 al Santobono di Napoli nonostante il disperato tentativo dei medici di salvarle la vita. Al nosocomio partenopeo la piccola era giunta in condizioni gravi dopo un lungo calvario patito, secondo la ricostruzione dei legali della famiglia, gli avvocati Antonio Iaconetti e Ferdinando Palumbo, nelle corsie del reparto di pediatria dell’ospedale dell’Annunziata. I genitori di Cloe si erano recati al pronto soccorso una decina di giorni prima perché la figlioletta accusava mal di pancia e vomito ma i medici non l’hanno trattenuta né in quella circostanza né in altre successive occasioni, quando la mamma e il papà della piccola, Edyta e Dino sono tornati con la bambina che accusava sintomi sempre più gravi. Finchè le sue condizioni di salute non sono precipitate giungendo al tragico epilogo. Secondo il giudice, le indagini sono state lacunose, tanto che a tutt’oggi, anche a causa dei pareri discordanti dei periti, non è stata accertata la causa della morte. “Le relazioni degli esperti non collimano” scrive il gup riferendosi al fatto che, mentre i consulenti del pm individuano quale causa del decesso una invaginazione intestinale derivata da una precedente occlusione, il perito nominato dallo stesso giudice ritiene che proprio l’occlusione avrebbe causato il decesso. “L’individuazione della causa della morte su cui gli esperti non concordano– scrive ancora il gup – appare essenziale perché in ipotesi di occlusione intestinale la diagnosi con una semplice ecografia e l’intervento anticipati, avrebbero potuto determinare un differente e fausto sviluppo causale. Sul punto si riscontra la carenza investigativa perché non sono stati assunti a sommarie informazioni i medici che hanno eseguito l’intervento presso il Santobono i quali hanno potuto riscontrare de visu quale sia stata la causa scatenante, avendo proceduto alla resezione del tratto intestinale in necrosi”. Il giudice ha pertanto disposto un supplemento di indagini da eseguirsi entro 120 giorni, durate i quali bisognerà sentire i medici che hanno eseguito l’intervento a Napoli i quali “potranno fornire informazioni essenziali – scrive ancora Branda – sulla esatta individuazione della causa della morte e indicazioni utili a precisare la data di insorgenza della patologia che ha innescato lo sviluppo causale”. In altre parole il giudice, con queste verifiche, intende accertare il momento in cui l’occlusione intestinale poteva essere diagnosticata e se fosse stato possibile intervenire per tempo per evitare la morte della piccola.

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