Con Capossela il Rendano diventa una palestra folk

COSENZA – Bretelle, cappello rosso, giacca infilata solo ad un braccio e lunghi baffi finti così si presenta ieri sera il visionario Vinicio Capossella in un Teatro Rendano che a stento riesce a contenere tutto il pubblico accorso, eterogeneo come non mai, numerosissimo come lo si vede solo nelle grandi occasione e questa senza altro lo è.

Finisce il lungo viaggio tra i racconti mitici dei mostri e delle balene, abbandona le turbolenze e le tentazioni del mare, per ritornare, fermarsi in un porto nuovo, diverso dalle radici preziose quello della musica greca attraverso la quale rilegge tutti i suoi pezzi migliori, musica che sa di inquietudine, di emarginazione, ma anche di quell’estasi che spinge a uscire fuori da sé per arrivare alla rivolta.

Le luci si abbassano, sullo sfondo la sua personale palestra, le spalliere da ginnastica per gli esercizi dell’anima e nell’aria si respira da subito la vera atmosfera ellenica, racconta storie, balla da solo al centro del palco, si muove tra gli strumenti con la lentezza che lo contraddistingue e ogni qual volta si avvicina al suo piano parla e si concede un bicchiere, così per mantenere l’atmosfera da solito locale con gli amici di sempre .

Quasi tre ore di musica in cui la fisarmonica, il baglamas, le percussioni e il boukuzi si uniscono alla perfezione ai suoi pezzi storici come Con una rosa, Corre il soldato, Scivola via, non sono mancati gli illustri omaggi come quello al cantastorie  Enzo del Re con Lavorare con lentezza, quello al poeta più anarchico che abbiamo conosciuto Fabrizio De Andrè con Quello che non ho, fino a mettere in musica il Te deum dei calabresi.

Il pubblico è incontenibile, si alza dai propri posti, si lascia trasportare dai ritmi del blues e del folk urbano, dimentica di essere a teatro, del resto Vinicio fin dall’inizio ha invitato tutti a mettersi comodi, come in una taverna, persino ad accendersi una sigaretta magari evitando di spegnerla sul velluto delle poltrone.

Il finale con il Ballo di San Vito elettrico è un vero delirio, Capossela si leva il suo cappello per indossare ancora una volta la maschera da Minotauro, raffiche di luci bianche aggiungono vertiginosità ed è subito pura eccitazione, un’esplosione crescente e costante e poi di nuovo il buio.

Geniale come sempre, unico nel rendere un concerto una meravigliosa epopea.

Gaia Santolla

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *