Germano Celant ospite al MARCA

CATANZARO – Prosegue con grande successo l’esauriente retrospettiva su Angelo Savelli. Il Maestro del Bianco, a cura di Alberto Fiz e Luigi Sansone, proposta sino al 30 marzo dal MARCA di Catanzaro che consente di evidenziare il ruolo di primo piano svolto dall’artista calabrese nell’arte contemporanea del dopoguerra. Questo percorso, teso a rivalutare l’opera di Savelli, viene testimoniato anche da Germano Celant, uno dei maggiori critici internazionali conosciuto in particolare per la sua teorizzazione dell’Arte povera, che giovedì 28 febbraio alle ore 18.00 sarà ospite del MARCA dove terrà un incontro dedicato al rapporto tra Angelo Savelli e l’arte americana.

L’appuntamento sarà introdotto da Alberto Fiz, direttore artistico dell’istituzione e da Wanda Ferro, presidente della Provincia di Catanzaro. “La presenza di Germano Celant – secondo Wanda Ferro – è l’ulteriore testimonianza di un progetto di alto valore scientifico che permette di fare piena luce su un artista che ha saputo porsi in relazione con i maggiori esponenti dell’arte italiana e americana.”

Accanto a Afro, Lucio Fontana, Salvatore Scarpitta e Piero Dorazio, Savelli ha avuto intensi rapporti con i maestri americani tra cui Barnett Newman, Ad Reinhardt e Robert Motherwell. E’ stato proprio quest’ultimo a segnalare Savelli il 7 marzo 1983 per conferirgli il prestigioso premio dell’American Academy and Institute of Arts and Letters.

Il MARCA presenta attraverso 70 opere l’intero percorso dell’artista partendo dalle prime esperienze figurative degli anni Trenta influenzate da Renato Guttuso, per giungere sino a Where Am I Going una della sue ultime testimonianze risalente al 1993-94. Questo iter di oltre sessant’anni comprende alcune delle sue opere maggiormente emblematiche sia nell’ambito dell’espressionismo astratto sia in relazione al lungo periodo del “bianco” iniziato nel 1957 con Fire Dance in mostra insieme ad una serie di lavori d’impatto monumentale come Grande orizzontale, 1960, Speranza, 1961 Senza titolo, 1962.

 

 

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