Mal’essere o essere? Al Tau l’Amleto tra rap e “napoletano”

RENDE (CS) – Mettere in scienza l’Amleto è senza dubbio un atto di grande fatica, perché rischi di lasciare sempre qualcosa che l’Autore inglese non ha voluto tralasciare, perché rischi di “sporcare” l’opera con qualcosa che ne danneggerebbe la sua natura.

I tentativi poi di tradurlo in un’operazione contemporanea alza maggiorente l’asticella ed il rischio si fa ancora più grande. Eppure l’attualità della sofferenza di Amleto la riscontriamo ancora oggi come ieri. L’aspetto più intimo del dolore di un uomo che oscilla tra dubbi e irresolutezze, si coglie ieri come si coglie oggi.

Ma sul palco del TAU dell’Università della Calabria c’è qualcos’altro, oltre al dolore intimo del protagonista c’è una messa in scena che tiene conto dell’opera specchio in cui tutti ci ritroviamo. Un’opera che manifesta più che l’essere o il non essere, il malessere del dilemma che Davide Iodice rintraccia nei quartieri di Napoli.

Mal’Essere è infatti il dramma ideato da Davide Iodice che ne cura anche drammaturgia e regia, <<una dolorosa necessità, un modo per riflettere e dire una parola mia su Napoli. In questo tempo di “paranze de criature” e di “criature morti ammazzati”, di padri che mandano – ancora – i figli alla strage, nell’Elsinore dove vivo, tra Forcella e Sanità, qui mi riappare l’ombra di Amleto, qui sento che non è una questione dell’essere o non essere ma di mal’essere, nel senso doppio della nostra lingua che dice insieme di persona cattiva ma anche di un profondo scoramento, esistenziale: essere o non essere il male, piuttosto».

Il napoletano è la lingua che in mano dei rapper campani traduce una delle opere forse più discusse delle tragedie shakesperiane dando voce all’incertezza di un destino che non sa scegliersi, alla lacerazione tra contrastanti impulsi psicologici, storici, culturali, dove l’inazione del protagonista invita da una parte ad indagare l’agire umano, dall’altro a cogliere le angosce del passaggio di un’epoca . Una tragedia che, attualizzata, si consuma nei quartieri periferici e che i rapper, con rabbia e amore, hanno tradotto gridando i dolori di una vita in bilico tra l’essere e mal’essere con grande impegno e responsabilità.

Ancora una volta sono loro a chiudere lo spettacolo con la canzone siamo tutti Ofelia, la giovane vittima di una società violenta che muore senza capire i motivi della tanta cattiveria.

Tuttavia Ofelia non muore perché nella speranza di una voglia di riscatto c’è una Napoli buona che vede sbocciare come un candido fiore, nei sobborghi abbandonati, la voglia di non darsi per vinto.

Bravissimi tutti i giovani attori Salvatore Caruso, Luigi Credendino, Veronica D’Elia, Angela Garofalo, Francesco Damiano Laezza, Marco Palumbo, Antonio Spiezia

Lo spettacolo è stato accompagnato dalla musica dal vivo e con i rapper attori Gianni ‘O Yank De Lisa, Vincenzo Oyoshe Musto, Paolo Sha One Romano, Damiano Capatosta Rossi, Peppe Oh Sica.

Mentre la riscrittura in napoletano è di Gianni ‘O Yank De Lisa (Fuossera), Pasquale Sir Fernandez (Fuossera), Alessandro Joel Caricchia, Paolo Sha One Romano, Ciro Op Rot Perrotta, Damiano Capatosta Rossi.

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