Simposio nazionale il 13 e 14 giugno sul “drug repurposing”

Rende – Il processo di Ricerca e Sviluppo (R&D) di nuove terapie è uno tra i più difficili challenges attuali, richiede molto tempo ed è estremamente costoso. Inoltre, la R&D di nuovi farmaci incontra spesso complessi problemi di sicurezza oltre che di efficacia clinica. La disponibilità di informazioni sulla sicurezza (Fase IV della ricerca clinica o di Farmacovigilanza) di farmaci impiegati in clinica per lunghi periodi (circa 10-15 anni) e su un numero vasto di pazienti unitamente alla scadenza del brevetto consente la loro sperimentazione per la cura di patologie diverse da quelle previste dalla precedente autorizzazione all’immissione in commercio da parte dell’agenzia regolatoria (FDA, EMA, AIFA). Uno scenario simile può essere prospettato anche per quei farmaci sperimentati fino ad una delle fasi avanzate della loro sperimentazione preclinica o clinica (Fase II e Fase III) e che non siano stati, successivamente, registrati per l’immissione in commercio, e ciò non necessariamente per motivi di sicurezza.  Tale processo, definito “drug repurposing”, riceve oggi una grande attenzione per la Ricerca e lo Sviluppo (R&D) di nuove terapie dal momento che risulta, in principio, capace di superare i problemi di attrito (con conseguenze finanziarie catastrofiche per l’azienda che ne ha proposto la R&D) nel processo di sviluppo clinico dei farmaci.  Pertanto, il repurposing prevede la possibilità che lo stesso farmaco sia dotato di effetti basati su identici o diversi meccanismi d’azione utilmente sfruttabili in patologie distinte. L’aspirina, per esempio, è utilizzata da sempre come antipiretico ma da qualche decennio si è sviluppato su basi razionali e di evidenza clinica il suo impiego a più basse dosi nella prevenzione dell’infarto del miocardio. Ancora, farmaci neurolettici classici come la clorpromazina e congeneri agiscono come antipsicotici bloccando i recettori della dopamina ma gli stessi farmaci sono stati utilizzati, ed ancora lo sono, per la terapia del prurito dove agiscono bloccando i recettori dell’istamina e non della dopamina. Esempi se ne possono aggiungere tantissimi e di sempre più nuova concezione e, soprattutto, inerenti gli ambiti clinici dove maggiore è la necessità di terapie efficaci come, per esempio, l’oncologia, le malattie del sistema nervoso, e le malattie rare che risultano spesso mortali. Sebbene la R&D di un farmaco sia prevalentemente competenza industriale, interessante risulta la prospettiva, aperta dal repurposing, della ricerca accademica in questo ambito dal momento che dati recenti indicano come più frequentemente ricercatori universitari, sia in Europa che negli Stati Uniti, contribuiscono o, addirittura, propongono sempre nuovi progetti di repurposing.  Pertanto, pur essendo attualmente la ricerca molto orientata nella direzione “from bed to benchside” viene riconosciuta la fondamentale importanza della ricerca di base. Di questi argomenti si discuterà dal 13 al 14 giugno presso l’Università della Calabria nell’ambito di un convegno monotematico sponsorizzato dalla Società Italiana di Farmacologia ed organizzato dalla sezione di Farmacologia Preclinica e Traslazionale del Dipartimento di Farmacia, Scienze della Salute e della Nutrizione. Accanto ad affermati ricercatori italiani e stranieri, al convegno parteciperanno, prevalentemente,  giovani ricercatori provenienti da molte Università ed Enti di ricerca italiani localizzati in città come Milano, Brescia, Firenze, Roma, Napoli, Catanzaro, Messina e Catania.

 

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