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Rende, l’analisi del voto secondo Filorosso

RENDE (CS)  – Riceviamo, e di seguito pubblichiamo, le riflessioni del gruppo Filorosso Unical sulle recenti elezioni amministrative di Rende.
 
«Leggiamo in queste ore dichiarazioni e analisi del voto amministrativo di Rende che hanno dell’incredibile. C’è una gara a chi la spara più grossa, si straparla di “vittoria del civismo”, di “sconfitta della vecchia politica”, addirittura di “liberazione”. Visto che noi, a differenza di altri, ci abbiamo messo la faccia, misurandoci direttamente con il consenso e riscuotendo anche un discreto successo (171 voti di preferenza in una tornata elettorale in cui erano candidate pure le pietre sono un risultato straordinario), pensiamo di poterla sparare anche noi qualche riflessione.
La prima riflessione è per il sindaco rieletto, a cui facciamo i nostri più sinceri auguri di buon lavoro: ora che il debito è risanato (?) potrà dare cenni di vita e uscire finalmente dall’immobilismo che l’ha caratterizzato nel passato quinquennio. Ad essere completamente sinceri, la battuta a caldo la notte della vittoria lo fa sembrare un sindaco divisivo, il suo primo pensiero non è andato alla città e ai cittadini, bensì agli avversari. Un sindaco eletto è il sindaco di tutti, Marcello, non il sindaco dei suoi elettori (anche perché sarebbero una minoranza).  
Seconda riflessione: l’amministrazione uscente quest’anno era guidata dall’avvocato Manna non da altri. Vorrebbero riportarci d’un colpo a cinque anni fa, come se il “nuovo” promesso dovessimo ancora sperimentarlo, come se cinque anni di non governo non ci fossero mai stati. Come se si trattava di scegliere tra conservazione e cambiamento, come se la conservazione stavolta non era l’amministrazione uscente. La “liberazione” come la chiamano alcuni è avvenuta cinque anni fa (forse non la ricordano perché non c’erano), quando ha vinto il primo sindaco nella storia di Rende non indicato dal “principato”.
Noi c’eravamo e quel passaggio lo abbiamo fortemente voluto. Ma stavolta no, dopo cinque anni devi giudicare se un sindaco è valido o meno. Invece si è capovolta la narrazione, gli elettori hanno finito per esprimere un giudizio non sul passato recente, fatto di incuria e sciatteria, ma su un trapassato morto e sepolto, che non sarebbe mai tornato. Con percentuali tutt’altro che bulgare e un’affluenza di poco superiore al 50%, la città ha scelto di tenersi il pacco a occhi chiusi. Senza conoscere – ammesso che ve ne fossero – finalità alte, visione e progetti per la città che verrà e consegnando quasi una delega in bianco al sindaco (il che è molto pericoloso).
Terza riflessione: sulla sconfitta della vecchia politica e la vittoria del civismo. Quella che ha appena vinto le elezioni amministrative non è una compagine “nuova”, non ci sono energie giovani e incontaminate, non entrano rivoluzionari in consiglio comunale, non ha trionfato il movimentismo o il civismo. Ha vinto una conventicola composta da esponenti di Forza Italia e Fratelli d’Italia, con la complicità di vecchi e logori protagonisti del PD, che adesso guardano con ottimismo allo scranno più ambito della Regione Calabria (a cui è andato il secondo pensiero del sindaco la notte della vittoria). Ha vinto un nuovo sistema Rende, già ben consolidato, con i suoi interessi, le sue clientele, le sue zone d’ombra e le sue anime belle.
Insomma, quello di Rende è il classico caso in cui si vince non per meriti propri ma per demeriti altrui, e su questi non possiamo tacere. Primi fra tutti la frammentazione cronica della sinistra e l’incapacità di alcuni leader e leaderini di fare un passo indietro per il bene comune. Che Manna avrebbe vinto lo avevamo capito già all’indomani del voto del 26 maggio, quando le urne hanno affidato a Sandro Principe l’impossibile compito di rappresentare l’alternativa: come poteva un “condottiero d’altri tempi” intercettare le speranze di cambiamento che pure si erano manifestate al primo turno bloccando l’uscente al 31%? Difronte a una figura così compromessa, il discorso politico è passato definitivamente in secondo piano.
Veniamo a noi. Non senza difficoltà, abbiamo deciso comunque di rispettare la scelta della coalizione guidata da Mimmo Talarico fino al ballottaggio. Pur non condividendo l’accordo politico, non siamo riusciti a indicare un’alternativa, perché alternativa non c’era. Non si poteva tornare indietro, né si poteva dire (come qualcuno ha fatto mostrando ancora una volta la propria inconsistenza politica) che l’elettorato è libero di scegliere. L’elettorato è sempre e comunque libero di scegliere, ma chi si candida a rappresentare i cittadini non può abdicare alla scelta: quando si intraprende una strada, bisogna avere il coraggio di andare fino in fondo, anche quando il fondo non ci piace per niente. Come ha fatto Mimmo, a costo di attirarsi critiche aspre e volgari.
Noi abbiamo ottenuto un risultato straordinario considerato il quadro di partenza, inficiato da parentele e candidature zero voti: la nostra candidata ha raccolto preferenze in tutti i quartieri della città, segno che il messaggio è stato recepito in maniera capillare. E’ un piccolo punto fermo dal quale ripartire, poiché rappresenta una speranza, la fiducia in una nuova Rende, che non ha legami forti con questo territorio, né con le sue famiglie e i suoi cognomi, se non quelli costruiti negli anni praticando altre forme di vita, di relazioni, di comunità. Questo pezzo di città, che pure esiste, non è ancora caratterizzante e non ha avuto la forza evocativa sufficiente per emergere rispetto alla dinamica del consenso interessato. Nonostante la presenza dell’Università, Rende non brilla in quanto ad innovazione politica nel panorama calabrese.
Comunque ne è valsa la pena. Anche se questo non è il nostro mondo, lo abbiamo attraversato con dignità, imparando qualcosa in più sugli uomini e sulle relazioni. Abbiamo parlato a tanti, abbiamo raccontato le nostre storie, abbiamo trasmesso contenuti, forse abbiamo insinuato anche qualche dubbio. Ora torniamo a costruire le istituzioni del comune, le nostre reti dal basso, come ogni giorno da oltre vent’anni, praticando e producendo socialità e cultura nell’area urbana. Il nostro resta un percorso limpido, libero e coerente, a lungo termine, che saprà fare tesoro del consenso ricevuto e coinvolgerà i giovani, le donne, i cittadini con cui abbiamo condiviso impegno disinteressato e tanta generosità».

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