WhatsApp: il valore legale dei messaggi nel processo civile e penale.

WhatsApp è ormai divenuta l’applicazione di messaggistica gratuita più diffusa al mondo. Con la diffusione delle nuove tecnologie ormai chiunque conosce e utilizza questo strumento, che permette agli utenti di inviare e ricevere messaggi, scritti e vocali, in maniera immediata. La questione del valore legale dei messaggi spediti e ricevuti per il tramite di WhatsApp è, ormai, divenuta di grande attualità. Il tema è da considerarsi particolarmente delicato, considerato il numero elevato di messaggi che si inviano o ricevono e, soprattutto, la leggerezza con cui spesso si scrivono o registrano. La giurisprudenza di merito e di legittimità, sia in materia civile che penale, ha affrontato il tema cercando di dirimere le questioni emergenti. Una serie di sentenze, infatti, risulteranno utili per approfondire la questione e per meglio comprendere se le conversazioni contenute su WhatsApp possono avere valore di prova in un processo civile o penale. Il nostro Codice Civile all’art. 2712 prevede che le riproduzioni meccaniche, fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime. Ed inoltre, l’art. 2719 c.c. dispone che le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l’originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero se non è espressamente disconosciuta. Riportandosi a tali disposizioni, la Cassazione aveva già riconosciuto pieno valore probatorio a SMS e MMS, ritenuti “elementi di prova” integrabili con altri elementi anche in caso di contestazione (Cass. n. 9884/2005), chiarendo peraltro che in caso di disconoscimento della “fedeltà” del documento all’originale, rientrerebbe nei poteri del Giudice accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (Cass. n. 866/2000). Tali disposizioni possono essere applicate ai messaggi WhatsApp in quanto gli stessi costituiscono documenti informatici, equiparati ai documenti tradizionali a tutti gli effetti. La trascrizione delle conversazioni WhatsApp è utilizzabile ai fini probatori ma è condizionata dall’acquisizione del supporto, telematico o figurativo, contenente la menzionata registrazione. Infatti, la trascrizione non è altro che una riproduzione del contenuto della principale prova della quale, pertanto, devono essere controllate l’attendibilità, la veridicità e la paternità mediante l’esame diretto del supporto (Cass. n. 49016/2017). Secondo l’insegnamento della Corte di legittimità, infatti, i dati informatici acquisiti dalla memoria del telefono hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p. e, di conseguenza, la relativa attività acquisitiva non soggiace né alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche (Cass. n. 1822/2018). Ai messaggi rinvenuti in un telefono sottoposto a sequestro non si applica, dunque, la disciplina prevista dall’articolo 254 c.p.p. sul sequestro di corrispondenza, in quanto la nozione di corrispondenza “implica un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito” (Cass. n. 928/2015). Non è configurabile neppure un’attività di intercettazione, che postula, per sua natura, la captazione di un flusso di comunicazioni in corso, mentre nel caso del messaggio WhatsApp ci si limita ad acquisire ex post il dato conservato in memoria. Si potrà, dunque, concludere che, con l’osservanza delle procedure previste, i messaggi di WhatsApp e le relative conversazioni contenute nelle chat, salvate nella memoria del telefonino, potranno avere valore probatorio in un processo, sia civile che penale. Infatti, con il deposito nelle modalità prescritte, l’apparecchio cellulare o il supporto informatico potranno essere sottoposti alla perizia di un tecnico nominato dal Giudice che dovrà verificare che il testo non abbia subito alterazioni. Per conferire maggiore valore probatorio ai messaggi e superare qualsiasi possibile contestazione, sarà utile munirsi di una relazione tecnica di un consulente informatico e di una copia conforme ed autenticata dei messaggi WhatsApp a uso legale, da depositare in giudizio. Sarà necessario procurarsi, inoltre, un’attestazione di conformità delle trascrizioni alle conversazioni originali presenti sul supporto informatico esibito, da parte di un notaio o altro pubblico ufficiale.

Avv. Boellis

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