[#AnimeSchool] I tanti volti della morte, Death Parade

Anche per questo mese ritorna la rubrica che tratta di un interessante tema presente in un anime. Questa volta tocca a Death Parade, sicuramente uno degli anime più apprezzati degli ultimi anni, prodotto dallo studio Madhouse con regia di Yuzuru Tachikawa.

In particolare ci concentreremo su come viene trattato il tema “morte” all’interno dell’anime.

L’argomento “morte” è tra i più inflazionati all’interno del mondo degli anime, basti pensare ai famosi shinigami, esseri diventati di culto tra gli appassionati di animazione giapponese. Nonostante questo, Death Parade riesce a trattare questo tema stereotipato in modo abbastanza originale, concentrandosi su quelli che sono i sentimenti e le emozioni legate alla morte.

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Il protagonista della storia è Decim, un giudice apparentemente senza emozioni, che ha il compito di giudicare due anime morte in contemporanea, costringendole a partecipare ad un gioco in cui si mette in palio la propria vita (o almeno è quello che il giudice afferma). In questa situazione i giocatori tirano fuori il loro lato peggiore, avendo perso memoria sul fatto di essere già morti (rivivono solo sporadici flash back nel corso del gioco, fino a riacquistare completamente la memoria alla fine della partita). Dopo il giudizio le persone diventano dei manichini, che Decim conserva con grande cura, e l’anima di reincarna o finisce nell’oblio.

L’idea del manichino è parecchio interessante, fa riflettere su quello che è l’uomo al momento della sua creazione e quello che diventa al momento della sua morte, ovvero un contenitore vuoto. Questo contenitore viene riempito grazie ai sentimenti che proviamo nel corso della vita, e sono proprio questi sentimenti a renderci quello che siamo, togliendoci dallo stato di manichini.

Quindi come possiamo essere giudicati da qualcuno che non prova emozioni?

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Death Parade parla di morte, ma lo fa elogiando la vita, che va vissuta nel pieno delle emozioni, liberando i nostri sentimenti per tutto il tempo che ci rimane. L’uomo da solo non è nessuno, è solo un manichino, ma grazie a quello che prova per gli altri riesce a diventare una persona completa, che ha vissuto la sua vita serenamente e che alla fine del percorso non avrà nessun rimpianto.

Death Parade insegna ad accogliere gli altri, a non avere pregiudizi e idee sbagliate, a cercare la verità nel dialogo, nel provare a comprendersi a vicenda, anche se ci sembra sbagliato.

Sicuramente tra i tanti personaggi quello con la storia più interessante è Chiyuki, che inizialmente sembra un giudice apprendista, ma poi scopriamo essere una ragazza che ricordava fin da subito di essere morta. Nell’ultimo episodio scopriamo che Chiyuki si è suicidata e Decim gli permette di osservare la sua casa a tre mesi dalla sua morte, offrendogli anche la possibilità di tornare in vita sacrificando uno tra i 7 miliardi di abitanti del pianeta. In una scena straziante scopriamo che la madre di Chiyuki non riesce a darsi pace per la morte della figlia, incolpandosi di non essere riuscita a comprendere quello che provava. La ragazza vorrebbe parlare con sua madre e spiegargli che non è così, anche a costo di tornare in vita uccidendo qualcun altro. Ma alla fine decide di non farlo. Il motivo è semplice: ogni persona al mondo ha qualcuno di caro che piangerebbe la sua morte. Chiyuki ha buttato via la sua vita per non essere riuscita a comprendere quello che provava sua madre.

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Decidere di togliersi la vita è dunque un gesto egoista, di chi non pensa alle persone che piangeranno la nostra morte e che non riusciranno a darsi pace perché forse potevano fare di più per noi. La vita è una sola e non c’è una seconda possibilità. Bisogna affrontare i problemi quando si è vivi, perché togliendosi la vita non si fa altro che scaricarli addosso a chi ci vuole bene.

Con le lacrime di Decim capiamo che anche il giudice prova emozioni e che il suo intento era semplicemente quello di comprendere Chiyuki. Una cosa che dovrebbero fare tutti al giorno d’oggi, quella di

cercare di comprendere gli altri.

Antonio Vaccaro

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