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“La signora di Wildfell Hall”. Il grido di rivolta di una donna per tutte le donne

 

Brontë-sisters-520x245Quando nasciamo siamo ‘femmine’, lo gridano ai vicini, ai parenti, agli amici. È femmina. Cresciamo e diventiamo donne, quindi mogli e madri. E poi basta. Immagino che sia questa la riflessione alla quale dev’esser giunta Anne Brontë guardando la propria vita, le quattro sorelle più grandi e il fratello scapestrato. Un’esistenza difficile, con un destino già tracciato da altre prima di lei, dalla tradizione asfissiante per una mente creativa e viva come la sua. Una donna poco meno che trentenne che per scrivere usava uno pseudonimo maschile e che, in tutta franchezza, conosceva il femminismo più a fondo di quanto possiamo saperne noi, giovani e meno giovani donne di un’epoca in cui abbiamo fatto conquiste per le quali non abbiamo neanche combattuto e sulle quali ancora barattiamo. Lo conosceva più a fondo, questo femminismo, questo orgoglio di essere donna, di appartenere a una metà del genere umano per nulla inferiore, sebbene costantemente schiacciata e sopita dalla bramosia maschile di prevaricare, si avere per sé la fetta migliore del creato. E sapeva bene di avere un valore diverso dall’ancestrale maternità al punto da non accettare l’oscurità impostale dagli uomini, ma affidando proprio a un uomo, un essere fittizio, il proprio grido d’indipendenza. Fu così che nel 1848 mise nelle mani indexdi Acton Bell, il proprio io senza gonnella, la sua personale fiammella di rivolta e questi, senza esitare, diede alle stampe uno dei più profondi e avanguardistici romanzi sulla condizione femminile, ossia La signora di Wildfell Hall (The tenant of Wildfell Hall).
Con questo romanzo, da poco riproposto in Italia da Neri Pozza, Anne Brontë, la sorella meno conosciuta dell’irrequieto trio letterario, ha puntato il dito contro l’ingiusta sottomissione della donna, considerata oggetto o addirittura merce di scambio priva di sentimenti e passioni. La vicenda si apre con un mistero che avvolge questa nuova affittuaria, chiusa come uno scrigno e, allo stesso modo, protettrice estrema di un segreto amaro. Parola dopo parola, scoperta dopo scoperta, la Brontë ha allestito un romanzo crudele e tagliente, denso di risvolti che sconvolgono e, per certi versi, scandalizzano; in questo libro ci si conosce tutti, ma in fondo nessuno sa chi è la persona che ha al fianco perché “si può guardare nel cuore di una persona attraverso i suoi occhi e si può arrivare a conoscere l’altezza, la larghezza e la profondità dell’anima di un altro in una sola ora, mentre non ti basterebbe una vita per scoprirle se la persona non fosse disposta a rivelarle o se tu non avessi la sensibilità necessaria a comprenderle”.
2015-01-03 17.00.00-1Quest’autrice relegata in secondo piano, surclassata da uno pseudonimo che la dice lunga sulle proprie prigioni sociali, non usa mezzi termini, ma al contrario pizzica con estrema precisione le corde del lettore costringendolo a non perdere di vista la strada maestra che lo condurrà alla soluzione del mistero. Nessuna pietà viene mostrata per la cattiveria, per le menzogne e per i tradimenti. I peccatori, che sono tali non nei confronti di Dio bensì nei confronti dei loro simili, pagano per il dolore che hanno inflitto. La malvagità è smascherata e fatta a brandelli, ma il processo non è immediato, in quanto necessita della metabolizzazione, della consapevolezza dell’errore. E nel mezzo si fa largo il solco tracciato dalle gioie e dalle sofferenze della vita, ci sono le donne che combattono per non farsi seppellire vive in un mondo costruito dagli uomini per gli uomini. “A chi è dato meno, meno è richiesto; ma a tutti è richiesto di sforzarsi al massimo”.
Le donne che Anne Brontë tratteggia in questo romanzo non sono coraggiose e neppure intelligenti; esse si limitano ad alimentare quella naturale inclinazione a resistere alle intemperie affrontando il dolore armate sono di fiducia in sé stesse. Chissà se, a questo punto, La signora di Wildfell Hall potrà essere considerato alla stregua di un antesignano manifesto del femminismo. Magari sì, ma prima di tutto è un grido di rivolta che ci sospinge verso il futuro ricordando che “la possibilità di morire c’è sempre; ed è sempre bene vivere tenendola presente”.
Buona Giornata internazionale delle Donne!
Daniela Lucia

Violenza sulle donne. Un aperitivo e un libro per discuterne a Cosenza

Tra i mali assoluti di una società che si evolve dal punto di vista tecnologico ed economico, ma rimane ancorata a pregiudizi e rapporti ‘malati’, vi è senza alcun dubbio la violenza che si dispiega in diverse accezioni. La violenza nei confronti del diverso da sé, del quale non comprendiamo le ragioni, le idee, i comportamenti; un’aggressività gratuita, priva di fondamenti (se mai la violenza possa trovare giustificazione). Ma ancora più atroce è il dolore inferto all’inerme, al debole, al soggetto posto in condizioni di inferiorità fisica o psicologica. Una violenza da codardi che è sicuramente la più diffusa, quella che è più difficile da estirpare perché spesso viene taciuta e nascosta, quasi protetta, dalle stesse vittime. Il romanzo “Maschere di vetro e polvere” della scrittrice catanzarese Jesa Aroma, edito dalla casa editrice Falco, indaga proprio su questo genere di violenza, che coincide soprattutto con drammi domestici vissuti in un’intimità che dovrebbe essere invece sinonimo di sicurezza e protezione.

Una storia di sottomissione e riscoperta di sé che stimolerà una discussione densa di spunti proprio il prossimo venerdì, 6 marzo, in occasione dell’aperitivo letterario che si terrà a Cosenza a partire dalle ore 19 presso la sala conferenze della casa editrice Falco.

L’incontro con l’autrice e con tematiche tanto intime quanto delicate verrà scandito dalle raffinate note musicate da Januaria.

L’evento nasce dalla volontà di opporsi a quest’ondata di violenza che, nonostante le numerose campagne di sensibilizzazione, non sembra essersi ancora quietata. Dire ‘no’ tramite e con l’arte, lottare con un libro e con la cultura rappresenta di certo un’arma potente che, se usata con mira e destrezza, può riportare nel vaso di Pandora tutta quella brutalità e quella violenza che da lì erano uscite disseminando solo devastazione e sconfitte.

Un libro per combattere, dunque, ma anche per discute insieme sul quel genere di violenza che si nasconde dietro la facciata rassicurante delle più felici foto di famiglia. All’incontro saranno presenti, oltre all’autrice, anche l’editore Michele Falco e il giornalista Carlo Minervini.

Un bicchiere di prosecco, un libro forte e una musica soave, i migliori ingredienti per godere insieme di cultura e riflessione, senza lasciar cadere nell’oblio temi forti e importanti com’è appunto quello sviscerato dall’opera di Jesa Aroma.

 

Daniela Lucia

‘La penisola dei tesori’ di Agostino Perri raccontata ai lametini

Una chiave di lettura per conoscere la nostra regione in rottura con la tradizione narrativa calabrese è ciò che Agostino Perri propone ai suoi lettori con il libro ‘La penisola dei tesori’, presentato ieri a Lamezia Terme. Non è la regione della ‘ndrangheta quella che si dispiega pagina dopo pagina, non è la regione violentata da una politica egoista e affatto lungimirante, né quella dell’assistenzialismo preteso, bensì un territorio denso di tesori per lo più nascosti, sotterrati dalle pesanti coltri dell’oblio e dell’ignoranza.

Nel suo romanzo breve, l’autore, già firma nota della Gazzetta del Sud, tratteggia da costa a costa una Calabria viva, che esiste sotto gli occhi dei suoi stessi abitanti i quali, nella maggior parte dei casi, non la conoscono nemmeno. Ed è proprio il desiderio di valorizzare la propria ‘patria’ ciò che sta alla base della spinta creativa e creatrice di Perri, che in poche pagine ha saputo distillare lo scrigno nascosto di una regione dimenticata da tutti, persino da chi nei suoi territori ci vive. “Dopo vent’anni di esperienza alla Gazzetta del Sud, mi sono accorto che c’è un buco nella formazione didattica della regione. I corsi regionali che parlano della Calabria non sono molti, basta andare in giro per le scuole e accorgersi che poche di esse destinano il 20% delle ore, come disposto dal Miur, allo studio del territorio. Ma la Calabria è una terra ricca di tesori. Non vengono fuori proprio perché c’è questa zona grigia nella formazione. Pertanto ho deciso di scrivere questo libro mettendo in risalto appunto i tesori, le bellezze e le contraddizioni della nostra regione”, ci ha spiegato lo stesso autore.

All’evento di ieri, che ha ottenuto un soddisfacente riscontro di pubblico con un’affluenza sintomatica di quanto la città della Piana sia curiosa di sapere e di conoscere, hanno preso parte anche Valentina Tedesco, presidente dell’associazione ‘Muse’ che ha organizzato l’evento, l’editore Roberto Laruffa, e gli assessori Giusi Crimi e Rosario Piccione, rispettivamente delegato alla cultura e allo sport. A fine serata è arrivato anche il sindaco di Lamezia Terme, Gianni Speranza. L’incontro è stato moderato da un’altra prestigiosa firma della Gazzetta del sud, la cosiddetta ‘gazzetta bianca’ del romanzo, Vinicio Leonetti.

Ma che significa promuovere cultura in Italia, in generale, e in Calabria, nello specifico, in un’epoca storica in cui si legge poco e il settore dell’editoria non gode certo di molti momenti felici? Ebbene, se è una sfida parlare della nostra regione senza ricorrere al leitmotiv della ‘ndrangheta, lo è ancor di più ‘produrre’ cultura, sebbene un antidoto alle difficoltà sia rappresentato proprio dalla passione. E di passione ed entusiasmo ci ha parlato l’editore Roberto Laruffa, sottolineando per prima cosa che per fare un mestiere come il suo ci deve essere ‘amore’, soprattutto “per poterlo portare avanti. Quindi se uno guarda esclusivamente al lato commerciale o economico, è chiaro che si tende a spostare l’interesse su altri settori imprenditoriali. Se si fa con amore invece non si deve rimanere fermi, ma è necessario tirar fuori energia ed entusiasmo. Certo, anche qualche strategia commerciale. Nonostante tutte le difficoltà del settore, una casa editrice che vuole lavorare in Calabria riesce a stare a galla”. E sul punto è chiaro che appare quanto mai fondamentale un pubblico che accolga con benevolenza le offerte editoriali, così com’è avvenuto col libro di Perri che, stando a quanto confermatoci dallo stesso autore, ha trovato un caloroso riscontro. “Un’accoglienza soddisfacente – afferma Perri – soprattutto da parte di calabresi che

Perri e Laruffa - Più libri più liberi

ancora non conoscevano bene i tanti tesori di cui dispone la Calabria. La cosa che mi fa piacere è che sia in occasione della fiera Più libri più liberi sia nel corso di una presentazione a Torino, i calabresi di fuori regione lo hanno apprezzato di più. Per questi nostri conterranei emigrati il libro ha rappresentato una sorta di rivalsa, già solo leggere il titolo è stato motivo di orgoglio”. Un punto di forza avvalorato dal rapporto di condivisione d’intenti andatosi a creare tra lo scrittore e il suo editore. “C’è stato un incontro tra me e l’autore favorito dal comune amore per la Calabria. Ci siamo conosciuti virtualmente perché lui cercava un editore, evidentemente aveva proposto il libro a più case editrici ed era inevitabile che scegliesse colui che dimostrava di avere questo comune amore per la propria terra. Il romanzo, tramite il quale si vuole promuovere appunto l’amore per la Calabria, è una lettura per tutti, dagli adulti ai ragazzi”, ha commentato Laruffa.

Così, Agostino Perri, l’ottimo cronista dello sport calabrese, si è cimentato, come affermato dal collega Leonetti, nell’impresa pericolosa quanto riuscita di tramutarsi in cronista dell’immaginario, partendo dalla macabra pagina dei sequestri che è insita nella storia regionale, per proporre infine una vera e propria mappa del tesoro, o dei tesori. Ai suoi lettori Perri ha dichiarato di non aver ancora capito se l’opera possa definirsi un racconto. “È un racconto?”, si chiede e ci chiede l’autore. “Il libro parla essenzialmente di Calabria, ma allo stesso tempo introduce tematiche risorgimentali ed è altresì disseminato di aspetti motivazionali che danno l’impulso a mettersi in moto. Penso quindi che non sia semplicemente un racconto e che vada vissuto fino in fondo”.

La presentazione dell’opera di Perri si inserisce nel calendario delle iniziative promosse da ‘Muse’ in qualità di primo appuntamento che, come ci ha confermato lo stesso presidente Valentina Tedesco, è stato scelto proprio “per il condiviso legame con la Calabria e con Lamezia Terme, nello specifico”. ‘Muse’ infatti “nasce come associazione culturale, sportiva e artistica” che mira a valorizzare il proprio territorio di appartenenza con attività rilevanti, tra le quali le principali sono il “concorso canoro regionale che si svolge a luglio e i giochi che si ripetono ogni anno”.

Ieri abbiamo quindi assistito a una richiesta di sapere che inizia a farsi strada non soltanto a Lamezia Terme, ma in tutta la regione. I calabresi vogliono conoscere e conoscersi, riscattandosi da anni di prolungata oscurità. “Credo che la Calabria possa riscattarsi, ma tutto dipende da noi. Il punto sta nell’alzare il livello di sensibilità. Il riscatto non può che partire dall’amore nei confronti del territorio di appartenenza”, conclude Agostino Perri, secondo il quale l’unica via per risalire la china è il ritorno ai valori.

 

Daniela Lucia

Alberto Angela a Lamezia racconta la ‘sua’ Pompei

Vedere Pompei, quindi la storia, come qualcosa di vivo. Questa è la chiave di lettura dell’incontro che Alberto Angelaha avuto ieri con i suoi lettori a Lamezia Terme. Un evento ricco di stimoli che fin da subito ha superato le aspettative sia dell’autore che degli organizzatori.

Atteso quasi come una rockstar, in un contesto come quello del complesso museale che forse tutta quella gente insieme non l’aveva mai vista, l’autore e divulgatore scientifico non ha deluso quanti hanno sfidato l’angusta location per poter assistere alla presentazione del suo libro ‘I tre giorni di Pompei’. Gli organizzatori, nello specifico la Libreria Tavella, il Sistema Bibliotecario Lametino e l’Associazione Archeologica Lametina, di certo non avrebbero mai immaginato che l’arrivo di Angela a Lamezia avrebbe suscitato tanto scalpore. Eppure così è stato e le strette sale del museo, piene zeppe di gente pigiata in fremente attesa, sono risultate fin da subito incapaci di contenere sia l’entusiasmo che il numero dei partecipanti. Così, quando è scattato il segnale, tutti i convenuti, tra cui molti bambini e lettori non più giovani, si sono spostati a flotta verso il Teatro Grandinetti, che si è addirittura riempito in pochissimo tempo.

Dopo un breve intervento degli organizzatori, che si sono assunti ogni responsabilità circa le errate previsioni di affluenza sgravando così le già minate spalle dell’Amministrazione comunale, la parola è finalmente passata al noto divulgatore scientifico che, dando prova delle proprie doti oratorie, ha allestito sul palco approssimato del teatro cittadino un intenso monologo. Nella sala è subito calato un lungo silenzio carico di rapita attenzione.

Dapprima Alberto Angela ha confessato che gli sarebbe piaciuto parlare del passato in una ‘bellissima collocazione’ quale sarebbe stata appunto il museo archeologico lametino, che finalmente dopo nove mesi è stato riaperto. “È importante poter parlare del passato in una struttura dove trova casa”, ha esordito. Ma il passato trova casa anche in un teatro sul cui palcoscenico hanno ripreso a vivere, per poco più di tre quarti d’ora, le cittadine di Pompei ed Ercolano nei tragici tre giorni della loro scomparsa.

Alberto Angela ha ripreso i fili del discorso approfondito nel libro, illustrando una quotidianità non tanto dissimile dalla nostra e facendo luce su questioni che, nella maggior parte dei casi, abbiamo dato per scontate. “La pagina del passato è piena di sorprese”, ha continuato, svelando poi ai convenuti quali di queste sorprese hanno riguardato da vicino il dramma di Pompei ed Ercolano. Innanzitutto, l’autore ha posto un interessante focus sulla questione della data, che secondo indagini approfondite risulta ricadere tra il 23 e il 25 ottobre, non invece il 24 agosto come originariamente creduto. Angela sostiene che con molta probabilità l’errore a monte di questa incongruenza è da individuare in una traduzione sbagliata di una delle lettere di Plinio il Giovane. Svelato questo mistero, l’autore si è soffermato sugli aspetti di mera quotidianità, descrivendo il contesto sociale ed economico delle due cittadine campane all’epoca dell’eruzione e mostrando come alcune delle loro abitudini, vizi e virtù fanno parte del nostro bagaglio culturale oltreché del nostro modo d’agire contemporaneo. “Romani siamo noi. E noi siamo i Romani”, ha ripetuto Angela, mostrandoci allo stesso tempo una Pompei in rottura con quella che i racconti comuni ci hanno insegnato a immaginare. La città era in crisi, in preda a uno stato d’emergenza che aveva spinto gli aristocratici a darsi alla fuga, vendendo agli ex schiavi liberati le rispettive proprietà. Era una città sfiancata dai continui terremoti, tra i quali l’ultimo si era proprio verificato una manciata di giorni prima dell’eruzione costringendo gli abitanti a darsi da fare con i lavori di ristrutturazione. Insomma, una cittadina che si dava da fare, nel cuore dell’impero romano. Poi avvenne l’impensabile. La fine del mondo. Arrivarono la grandine, il calore, la cenere e la lava. Tutto fu sommerso e tale rimase fino al Settecento, quando Pompei ed Ercolano iniziarono a riaffiorare e a pretendere un posto nel panorama culturale mondiale.

L’impegno di Alberto Angela nei confronti degli scavi di Pompei ed Ercolano è quanto mai concreto, tant’è che con l’acquisto di questo volume, un euro verrà destinato al restauro degli affreschi.

La storia siamo noi, dunque. È vero. Non abbiamo scampo, siamo braccati da ricordi collettivi che dobbiamo tutelare, proteggere e spingere verso il futuro. Il futuro è la storia, non può essere altrimenti. Per usare le parole dello stesso Angela, la storia e i reperti archeologici rappresentano “un tesoro inimitabile che si proietta nel futuro” e che nessuno potrà mai sottrarci. E il volume proposto in questa occasione non è altro che uno dei tanti mezzi messi in circolazione per proteggere parte di un simile tesoro proiettandolo verso il futuro.

Daniela Lucia

Premio Tropea 2014: vince “La Lucina” di Antonio Moresco

È Antonio Moresco, con La lucina, a conquistare l’ottava edizione del “Premio Letterario Tropea”. Tra i finalisti presenti alle serate del 26 e del 27 Luglio, il suo libro, edito nella collana “Le libellule” per i tipi di Mondadori, è stato preferito ad altri due ottimi romanzi, totalmente diversi per genere, cioè Almanacco del giorno prima (Einaudi 2013) di Chiara Valerio, e Marguerite (Neri Pozza 2014) di Sandra Petrignani.

“Sono venuto qui per sparire, in questo borgo abbandonato e deserto di cui sono l’unico abitante”. È questo l’incipit con cui si apre La lucina, di Antonio Moresco. Una storia dalla trama originale, che sovverte la normale concezione del tempo e dello spazio, fino a capovolgere la percezione che si ha della realtà. Quello che l’autore mantovano ha definito “un libricino”, presentandolo al proprio editore, è invece un romanzo che conquista il Premio Tropea ed entrerà di diritto tra i più bei libri italiani di questo periodo.

In un vecchio borgo abbandonato, tra i boschi e lontano da tutto, un uomo sceglie di vivere in solitudine. La sua quotidianità è però turbata da un mistero: una lucina che, distante, si accende ogni sera alla stessa ora. La curiosità lo spinge a dare una risposta al suo interrogativo. Parte alla ricerca e dapprima si imbatte in un personaggio, anch’egli alla ricerca di qualcosa, che è convinto di essere di fronte a fenomeni alieni. Ma questa risposta non soddisfa l’uomo, che si spinge fino a trovare il punto esatto da cui proviene la lucina. Trova una casa, in mezzo al bosco, con dentro un bambino che vive in solitudine, come lui, ma che  sembra provenire da un tempo ormai passato. La risposta apre quindi la strada ad altre domande: chi è il bimbo? da dove viene?  Ha inizio un rapporto tra i due che giungerà ad un epilogo per niente scontato.

 

Un Natale sotto il segno dei libri

CATANZARO  – Un Natale sotto il segno dei libri quest’anno in Calabria”. Cosi’ l’Assessore Regionale alla Cultura Mario Caligiuri commenta i primi risultati delle vendite nelle librerie e nei negozi che vendono book reader oltre che dei prestiti nelle principali biblioteche della regione. “E’ un bel segnale – ha detto Caligiuri – che conferma come nella nostra regione il consumo culturale si stia caratterizzando verso una spesa intelligente e prioritaria che porta ad aumentare il numero dei lettori”. Caligiuri ha poi ricordato che nel nuovo portale delle biblioteche della regione. (www.bibliotechecalabria.it) e’ stata allestita una sezione che consente di scaricare gli e-book e anche quotidiani e audiolibri. Una parte dei documenti digitali presenti nel portale sono direttamente scaricabili da chiunque e gratuitamente, mentre per scaricare gli e-book più recenti occorre registrarsi in una delle biblioteche calabresi del Servizio Bibliotecario Regionale (ad oggi 140) e il cui elenco si trova sul sito apposito. I documenti digitali disponibili sul sito sono già molte migliaia e si sta lavorando per incrementare i titoli più richiesti.

‘Leggevamo quattro libri da Otra Vez’, ultime ore per aderire

COSENZA – Ultime ore per aderire a ‘Leggevamo quattro libri da Otra Vez’. La bottega di commercio equo e solidale di Via Mario Mari, a Cosenza, organizza un ritrovo di parole e condivisioni.  Sabato 28 settembre, dalle ore 18.30, chiunque voglia partecipare può leggere un testo (edito, inedito, estemporaneo) che racconti la realtà sociale di cui fa parte. A seguire, la possibilità di gustare un aperitivo equosolidale con un contributo di 5 euro (primo drink incluso). L’iniziativa rientra nella settima edizione di ‘Leggevamo quattro libri’, evento nazionale in cui i partecipanti si ritrovano in un bar, un salotto, un prato, un autobus e scambiano letture ad alta voce. Otra Vez ha pensato di fare una «lettura interassociativa» in bottega coinvolgendo le associazioni di volontariato e gli altri soggetti del Terzo Settore. Le associazioni interessate possono aderire scrivendo all’indirizzo di posta elettronica otravezequosolidale@gmail.com entro giovedì 26 settembre.

 

 

L’assessore Caligiuri sul successo della mostra “Bookhouse”

CATANZARO – L’assessore regionale alla Cultura Mario Caligiuri si è complimentato con la commissaria della Provincia di Catanzaro Wanda Ferro per il grande successo di pubblico che ha riscosso la mostra “Bookhouse”, allestita al MARCA di Catanzaro.

“Un’esposizione – ha detto Caligiuri – che arricchisce ulteriormente gli eventi che si sono svolti negli ultimi anni al museo di arte contemporanea del capoluogo calabrese. La Regione Calabria ha riconosciuto il grande valore del progetto della Provincia di Catanzaro sull’arte contemporanea sostenendolo e finanziandolo per due anni. Se ci saranno le condizioni, faremo di tutto nel 2014 per esporre parte della mostra al Salone del Libro di Torino. “Nel corso di questa estate – ha concluso l’assessore Caligiuri – con la mostra “Bookhouse” e con le altre iniziative, la Provincia di Catanzaro si è dimostrata uno dei protagonisti più qualificati dell’estate calabrese, che mai come quest’anno si è qualificata con una proposta culturale di grande qualità, dimostrando la vivacità dell’intera società regionale”.

Arriva “Una biblioteca per la casa circondariale”

COSENZA – Arriva in porto il progetto “Una biblioteca per la casa circondariale”, promosso dai club Rotary della città e della provincia di Cosenza, dal Comune di Cosenza, dalla LIDU (Lega Italiana per i Diritti dell’Uomo) e dall’Amministrazione penitenziaria.

L’iniziativa era partita lo scorso anno dal Club “Rotary Cosenza Telesio” ed ha raccolto strada facendo le adesioni degli altri due club cittadini, il “Rotary Cosenza” ed il “Rotary Cosenza Nord”, ma anche dei club Rotary di Corigliano e Rossano, di Castrovillari, Paola e Amantea.

Il progetto venne illustrato il 22 febbraio scorso durante un incontro svoltosi al Terrazzo Pellegrini. Obiettivo è attrezzare le quattro piccole biblioteche delle carceri di Cosenza, Rossano, Castrovillari e San Lucido al fine di delineare un percorso di reinserimento, rieducazione e risocializzazione dei detenuti. Accanto all’implementazione delle dotazioni librarie delle biblioteche delle case circondariali, piccoli luoghi di cultura da destinare al recupero dei detenuti, prevista anche l’attivazione di corsi di restauro, di scrittura creativa, recitazione e lettura dei giornali.

Dalle linee progettuali ora si passa ai fatti. Grazie al finanziamento della “Rotary Foundation” il progetto potrà spiegare concretamente i suoi effetti e lunedì 22 luglio, alle ore 17,00, nel salone di rappresentanza di Palazzo dei Bruzi, sarà data ufficialmente la notizia dell’arrivo dei fondi per finanziare la biblioteca della casa circondariale di Cosenza, da dove partirà il progetto pilota che sarà esteso alle carceri di Rossano, Castrovillari e San Lucido.

All’incontro parteciperanno il Sindaco Mario Occhiuto, l’Assessore alla solidarietà e coesione sociale Manfredo Piazza, il Presidente del Rotary Club Cosenza Telesio, Michele Falco, di fresca nomina, il suo predecessore Carlo Zanolini che ha seguito tutta la fase di ideazione e di gestazione del progetto unitamente all’ex assessore al welfare del Comune di Cosenza Alessandra De Rosa, Paola Rizzuto, Presidente del Comitato provinciale della LIDU, e il direttore della casa circondariale di Cosenza Filiberto Benevento.

A finanziare la Biblioteca della casa circondariale di Cosenza saranno in parte i fondi stanziati dalla “Rotary Foundation”, in parte i conferimenti dei diversi clubs Rotary del territorio. Alla manifestazione di lunedì sono stati invitati tutti i Presidenti dei Rotary club cittadini e della provincia di Cosenza. Saranno presenti anche Maria Rita Acciardi, Governatore del Distretto 2100 e Francesco Socievole, Past Governor e Presidente della commissione distrettuale della “Rotary Foundation”.

Il progetto “Una Biblioteca per la casa circondariale” è modellato sull’esempio di quello realizzato con ottimi risultati in Campania nelle carceri minorili di Nisida. Grazie al progetto rieducativo molti minori ristretti nel carcere di Nisida hanno seguito corsi sull’arte presepiale o di qualificazione per pizzaioli e, su segnalazione dei rotariani del territorio, sono riusciti a reinserirsi nel tessuto sociale trovando lavoro in alcune aziende private.

 

 

Un viaggio a ritroso nel tempo per la Calabria al Salone del Libro di Torino

TORINO – Volge al termine la seconda giornata di uno degli eventi fieristici più attesi d’Europa che ogni anno si arricchisce raccogliendo i più disparati contributi dal mondo editoriale e non. Anche questo venerdì 17 fitto di eventi ha registrato una massiccia partecipazione di visitatori: tra i più gettonati, oltre la sezione tech di Book to the Future, gli stand degli “ospiti” di questa 26esima edizione: Cile e Calabria.

Per gli spazi espositivi dello stand della Regione Calabria, la seconda giornata di Salone è iniziata con un viaggio a ritroso nel tempo, nella cultura e laboriosità della regione, con un evento dal titolo La tipografia  della regione dal XV al XVII secolo. Iniziative per la valorizzazione del patrimonio storico delle biblioteche calabresi. Titolo che non soltanto richiama lo specifico oggetto dell’evento (le stampe antiche), ma che dà una chiave di lettura importante sul rapporto che le utenze hanno con il mondo delle biblioteche. Il libro, si sa, è spesso associato all’idea di essere rinchiuso e custodito negli angusti spazi di questi luoghi oscuri, cioè le biblioteche; invece la cultura, spesso, parte proprio da lì.

Oltre al difficile tema della valorizzazione del patrimonio librario (sulle scelte da intraprendere sono stati versati fiumi d’inchiostro), sicuramente una delle iniziative migliori è stata proprio quella di esporre al Salone alcuni dei tesori di questo patrimonio.  Gli incunaboli, le cinquecentine, le secentine sono state collocate in uno dei quattro lati esterni dello stand regionale; le teche nelle quali sono racchiusi sono ben visibili dai visitatori, che, incuriositi, hanno affollato tale zona degli spazi espositivi; tra tutti forse il più antico, ricordiamo il primo incunabolo con caratteri ebraici calabrese, il Pentateuco stampato a Reggio Calabria nel 1475.

Ma la Calabria è stata presente anche con il talento e il lavoro di scrittori e giornalisti che hanno presenziato ai diversi eventi di cui non solo il Padiglione 1 ha potuto fregiarsi. Tra tutti ricordiamo la presentazione del dizionario enciclopedico “Le mafie in Italia” – frutto dei preziosi contributi di giornalisti italiani di caratura nazionale, specializzati nella cronaca giudiziaria – edito Castelvecchi tenutasi stamani alle 17 nella Sala Gialla alla presenza di Claudio Camarca, Giancarlo Caselli, Don Luigi Ciotti, Raffaele Cantone e Nicola Zingaretti.

L’appuntamento è per domani, con una nuova serie di interessanti iniziative, per tutti i gusti, i generi e le età.

 

Giovanna M. Russo