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Droga e ‘ndrangheta, 25 arresti, filo diretto tra Calabria e Albania

CATANZARO- Dalle prime ore della mattinata è in corso, su gran parte del territorio nazionale, l’esecuzione di decine di ordinanze di custodia cautelare emesse dal Tribunale di Catanzaro e volte a neutralizzare una ramificata organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetistico dai marcati profili internazionali, capace di far giungere in Italia
tonnellate di marijuana dall’Albania. L’operazione denominata “STAMMER 2 – MELINA”, che rappresenta l’epilogo di una complessa attività investigativa condotta dai militari della Guardia di Finanza del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catanzaro, con il supporto del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) di Roma e coordinata
dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, dott. Nicola Gratteri, dal Procuratore Aggiunto, dott. Giovanni Bombardieri, e dal Sostituto Procuratore, dott. Camillo Falvo, vede impiegati oltre 150 finanzieri, con l’ausilio di unità Antiterrorismo
Pronto Impiego, di unità cinofile e della componente aeronavale del Corpo, per l’arresto di 25 soggetti (18 in carcere e 7 agli arresti domiciliari, indagati a vario titolo in traffico internazionale di stupefacenti) tra Calabria, Puglia, Sicilia, Lazio, Toscana, Lombardia e Albania e l’esecuzione di numerose perquisizioni. L’operazione “STAMMER 2 – MELINA” nasce da uno stralcio della nota operazione “STAMMER”, con cui sono state già colpite, nel mese di gennaio dello scorso anno,
le ‘ndrine del vibonese solitamente impegnate nel business della cocaina, e costituisce un ampliamento delle indagini che hanno dimostrato come i trafficanti calabresi, fiutando la possibilità di ottenere a facili guadagni, investivano ingenti capitali in un imponente traffico di marijuana. L’attività odierna documenta proprio come le potenti ‘ndrine vibonesi sono entrate in
affari con i narcos albanesi, partner di provata efficienza, che, ad oggi, si possono considerare i più importanti produttori di marijuana del continente, vantando basi logistiche praticamente in tutta Europa. Le indagini hanno, di fatto, consentito di disarticolare un’organizzazione estremamente complessa, basata su un accordo criminoso tra le ‘ndrine Fiarè di San Gregorio d’Ippona (VV), Pititto-Prostamo-Iannello di Mileto (VV), Anello di Filadelfia (VV) e Franzè di Stefanaconi (VV), tutte collegate alla più nota ed egemone cosca dei MANCUSO di Limbadi (VV). Tra gli elementi di spicco caduti nella rete della Guardia di Finanza compaiono tre capi cosca del calibro di ANELLO Rocco cl.’61, indiscusso boss di Filadelfia, FIARÈ Francesco, alias “il dottore”, cl.’80, di San Gregorio d’Ippona, e FRANZÈ Giovanni cl.’62, di Stefanaconi, oltre ad altri soggetti di rilevanza come PITITTO Pasquale cl.’68 di Mileto, PROSTAMO Antonio cl.’89 e MANCUSO Domenico cl.’75 di Limbadi. Clan calabresi assolutamente a loro agio nel contrattare con i potenti “Cartelli Albanesi” l’importazione, in poco meno di tre mesi, di circa cinque tonnellate di marijuana, in grado anche di saltare l’intermediazione delle compagini delinquenziali brindisine, storicamente “in affari” con i narcos di stanza nel Paese delle Aquile. Il sodalizio criminale calabrese, se in una prima fase sfruttava gli oramai collaudati rapporti, intessuti nel tempo, tra i trafficanti brindisini ed i produttori albanesi, una volta reperiti i contatti ed aver acquisito la fiducia dell’organizzazione albanese, riusciva, senza alcuna difficoltà, a scavalcare gli intermediari pugliesi per contrattare direttamente con i fornitori. Secondo gli illeciti progetti, una volta raggiunte le coste pugliesi, i carichi di marijuana sarebbero stati divisi in più partite, pronte per essere cedute sulle molteplici “piazze” dislocate su gran parte del territorio italiano. L’inchiesta diretta da questa Procura della Repubblica – D.D.A. e svolta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria – G.I.C.O./Sez. G.O.A. di Catanzaro, con la fattiva collaborazione dello S.C.I.C.O. di Roma e l’indispensabile supporto della Direzione Centrale Servizi Antidroga (D.C.S.A.), ha consentito di identificare tutti i 46 soggetti coinvolti, alcuni dei quali già ristretti per fattispecie contestate nell’ambito dell’Operazione “STAMMER”, ognuno dei quali ricopriva un ruolo ben preciso: dai finanziatori ai mediatori, dai traduttori ai corrieri, da coloro che avevano il compito di monitorare l’uscita delle vedette della Guardia di Finanza ai personaggi incaricati di curare l’arrivo degli emissari dei narcos albanesi più volte giunti nel nostro Paese, fino ai soggetti demandati per lo stoccaggio e la successiva rivendita della marijuana. Grazie ad una serie di serrate attività che impegnavano, in perfetta sinergia, i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria – G.I.C.O./Sez. G.O.A. di Catanzaro e il Reparto Operativo Aeronavale di Bari, nell’arco temporale agosto- ottobre 2016 sono stati eseguiti, nel mar Adriatico al largo delle coste brindisine, cinque interventi repressivi che hanno permesso di sequestrare in mare oltre 2770 kg di marijuana, ai quali si sommano ulteriori 90 kg sequestrati presso il porto di Ancona, di ricondurre due ulteriori importazioni di droga, rispettivamente pari a 1178 e 386 kg, oggetto di sequestro da parte della Guardia di Finanza di Brindisi, destinate ai clan calabresi e infine, grazie ad una mirata attività a posteriori, di ricostruire un’ulteriore transazione pari a 400 kg di marijuana che, giunta proprio presso il sedimento portuale di Ancona, raggiungeva la piazza di Milano, ove il sodalizio calabrese vantava eccellenti ramificazioni per l’immissione in commercio del narcotico. Oltre alla sostanza stupefacente, venivano sottoposti a sequestro anche 2 potenti acquascooter, 4 velocissimi natanti ed un autoarticolato. Le suddette operazioni portavano contestualmente all’arresto in flagranza di 11 soggetti, grazie al contributo prestato dai Reparti della Guardia di Finanza su attivazione del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catanzaro. L’intera operazione ha, inoltre, permesso di infliggere all’organizzazione rilevanti perdite economiche, sia sotto il profilo dei capitali investiti che dei mancati guadagni. La droga complessivamente sequestrata, infatti, una volta lavorata ed immessa in
commercio, avrebbe fruttato ai “grossisti” oltre 10 milioni di euro.

Neve e gelo nel cosentino. Scuole chiuse in molti comuni della provincia

COSENZA – Scuole chiuse a Cosenza, Rende e in buona parte dell’area urbana per il maltempo. Nelle ultime ore, come previsto dai bollettini diffusi dall’Arpacal e dalla protezione civile, la situazione si è aggravata con il brusco calo delle temperature e l’inizio di abbondanti nevicate che stanno interessando buona parte del territorio provinciale. Chiusa anche l’Università della Calabria. Nevica anche nell’entroterra cosentino e a Castrovillari. Anas non segnala particolari disagi per la viabilità anche se i fiocchi cadono ormai da alcune ore su alcune arterie di grande comunicazione come la statale 107, sia nel tratto che attraversa l’Altopiano Silano sia in quello che collega Cosenza a Paola, e l’autostrada del Mediterraneo, al valico di Piano Lago, tra Cosenza e Altilia, e nella zona del Pollino, tra Morano e Padula. Si ricorda l’obbligo di transito con catene a bordo o con pneumatici da neve. Per informazioni sulla percorribilità delle strade statali, si può contattare la Sala Operativa Anas al numero 0961480020, operativo 24 ore su 24. (Foto Cosenza 2.0)

L’Arcivescovo Nolè sul caso sollevato da Le Iene: «Non fu Nunnari ad ordinare l’aborto»

COSENZA – L’Arcivescovo di Cosenza-Bisignano, monsignor Francesco Nolè, nell’ambito del lavoro di chiarificazione, trasparenza, ascolto e discernimento, ha avuto modo di verificare personalmente tutto il materiale relativo alla vicenda sulla presunta accusa di induzione all’aborto da parte di un sacerdote della diocesi, don Giuseppe Leone, con il coinvolgimento anche dell’Arcivescovo emerito Salvatore Nunnari. Come si ricorderà in un servizio della trasmissione Le Iene in onda su Italia 1, la giornalista Valeria Castellano aveva raccolto la testimonianza di Francesca (nome di fantasia ndr) che aveva dichiarato di essere rimasta incinta dopo aver intrattenuto una relazione con il sacerdote, sostenendo di essere stata poi indotta all’aborto dall’allora presule cosentino Salvatore Nunnari. Circostanza adesso smentita dall’attuale arcivescovo Nolè che nei giorni scorsi ha ascoltato direttamente anche la testimonianza delle persone interessate.

«In seguito a questa prima concreta verifica  – si legge in un comunicato della Diocesi – e dopo aver incontrato “Francesca”, monsignor Nolè rende noto che in nessun modo è coinvolto l’Arcivescovo emerito di Cosenza-Bisignano, monsignor Salvatore Nunnari, e che è assolutamente estraneo alla vicenda dell’aborto e alle accuse a lui rivolte. La stessa ragazza coinvolta ha consegnato a monsignor Nunnari una lettera nella quale lo dichiara estraneo ai fatti e afferma di averlo incontrato solo “dopo l’aborto”. Come Pastore della Chiesa cosentino-bisignanese monsignor Nolè rinnova il suo ‘grazie’ a tutti coloro che hanno pregato e continuano a pregare per la Diocesi e il suo Pastore e rinnova la Sua fiducia a monsignor Nunnari, così come rinnova l’invito ad una comunicazione rispettosa della verità, delle persone, del lavoro silenzioso di tanti sacerdoti, religiosi e laici che operano su tanti fronti della carità, della pastorale e dell’evangelizzazione, e della stessa Chiesa locale».

Uccide il marito nel sonno colpendolo con una roncola

OPPIDO MAMERTINA (RC) – Lo  ha sorpreso nel sonno e lo ha colpito a morte con una roncola. E’ successo ad Oppido Mamertina. Maria Giuseppina Barca di 63 anni, ha ucciso il marito Rocco Citrì di 64 mentre dormiva colpendolo violentemente con una roncola, un attrezzo agricolo,  trovato in un giardino di una casa disabitata adiacente alla loro abitazione. Le ferite riportate dall’uomo non gli hanno lasciato scampo. Secondo le prime indiscrezioni pare ci fossero dei rancori e dei dissapori tra i due coniugi, accresciuti nel corso degli anni, a causa della morte del figlio Domenico, ucciso a Sinopoli nel 2008 dopo una lite. La donna è stata portata nella circondariale di Reggio Calabria “San Pietro”, da dove dovrà ora spiegare agli inquirenti il motivo del gesto. Cutrì era noto agli inquirenti per la sua presunta vicinanza alla cosca “Alvaro-Violi-Macrì”, ed era il suocero di Carmine Alvaro  affiliato di spicco del clan, il cui spessore criminale sarebbe emerso nell’ambito delle indagini susseguitesi sul sodalizio sin dagli anni ‘80, con l’indagine “Prima”, tanto da scontare la condanna per associazione di tipo mafioso al 41-bis, il carcere duro.

 

La Regione investe in conoscenza, ingenti risorse per le università calabresi

RENDE (CS) – Entro il 2023 gli atenei calabresi avranno aule didattiche e laboratori all’avanguardia, utilizzando i quaranta milioni di euro stanziati dalla Regione, nell’ambito dell’Accordo di Programma Quadro del Sistema universitario regionale. È quanto ha anticipato il presidente della Regione, Mario Oliverio, a Rende, a margine dell’incontro organizzato all’University club dell’Università della Calabria per fare il punto sullo stato di attuazione del programma di interventi.

«Questo accordo – ha detto Oliverio – rientra in un investimento più complessivo di 128 milioni di euro, con l’obiettivo di elevare le opportunità per i nostri giovani, per l’esercizio del diritto allo studio». I fondi sono stati ripartiti in funzione del numero degli iscritti, tra l’Università della Calabria (24 milioni di euro), l’Università degli Studi Mediterranea (circa 7,5 milioni di euro), l’Università Magna Graecia di Catanzaro (8 milioni di euro) e l’Università per stranieri “Dante Alighieri” di Reggio Calabria (550mila euro).

Il presidente Oliverio e le Università calabresi

«Nel tempo – ha aggiunto il presidente Oliverio – si è assottigliato il fondo nazionale trasferito alle università del Sud e questo ha portato ad una restrizione notevole dell’esercizio del diritto allo studio. I nostri investimenti vanno nella direzione del sostegno al sistema universitario, superando le impostazioni campaniliste, per offrire ai nostri studenti un’elevata qualità didattica. Attualmente – ha detto il rettore dell’Unical, Gino Mirocle Crisci – siamo in fase di definizione per la progettazione e il potenziamento infrastrutturale dei laboratori e delle aule, questo ci consentirà di avere una didattica rinnovata».

Presenti all’incontro Pasquale Catanoso, dell’Università degli Studi Mediterranea, Giovanni Cuda delegato del rettore dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, Salvatore Berlingò dell’ Università per stranieri “Dante Alighieri” di Reggio Calabria e il prorettore, delegato al Centro residenziale dell’Unical, Luigino Filice.

Francesco Farina

Alessandria, pastore trovato morto forse a causa del freddo.Era calabrese

ALESSANDRIA – Tragedia nell’alessandrino,  il cadavere di Vincenzo Perri, pastore di 75 anni, è stato ritrovato in mezzo alla neve. L’uomo era originario della provincia di Catanzaro, ma abitava da anni a Cerrina un una roulette posizionata a Piancerrato, dalla quale badava spesso al suo gregge. L’uomo forse è deceduto a causa delle basse temperature. Ieri pomeriggio i familiari, non riuscendosi a mettere in contatto con l’uomo, hanno allertato i carabinieri. Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo, malato di diabete e con altre patologie,  potrebbe essersi sentito male a causa delle forte freddo.La figlia che l’ha ritrovato è stata poi ascoltata dai carabinieri per ricostruire i dettagli della vita del padre.

Assunzioni fantasma, truffa allo Stato da parte di una cooperativa agricola (VIDEO)

CASTROVILLARI (CS) – La Guardia di Finanza della Compagnia di Castrovillari (CS), a conclusione di un’articolata e complessa attività di indagine coordinata dalla locale Procura della Repubblica, ha smascherato una truffa ai danni dell’Inps, perpetrata da una società cooperativa con sede nella medesima cittadina mediante 133 false assunzioni di dipendenti, con un danno alle Casse dello Stato per oltre 550.000 euro. La cooperativa agricola presentava all’ente previdenziale falsi contratti di comodato e/o locazione di terreni – riconducibili a ignari e completamente estranei proprietari – nonché, di fatto, fasulle denunce aziendali e trimestrali attestanti l’impiego, mai avvenuto, di braccianti agricoli, al fine di consentire l’indebita riscossione di indennità di disoccupazione, malattia e maternità. Nel corso delle indagini – svolte anche con la fattiva collaborazione degli uffici I.N.P.S. di Cosenza e Castrovillari – i finanzieri hanno acquisito informazioni
anche dai soggetti estranei al contesto e falsamente indicati dal responsabile dell‘impresa al centro delle indagini, riscontrando la mancata conoscenza delle false dichiarazioni inoltrate all’I.N.P.S. e dei contratti fasulli redatti. L’analisi documentale ha evidenziato la falsa dichiarazione e comunicazione all’I.N.P.S da parte del falso datore di lavoro di n. 21.000 giornate lavorative mai effettuate, sulla base delle quali, i braccianti hanno richiesto ed ottenuto la corresponsione delle prescritte indennità saranno avviate le procedure di recupero a cura degli Uffici dell’INPS. Il rappresentante legale della società cooperativa ed i 133 falsi braccianti agricoli dovranno rispondere di truffa aggravata ai danni dello Stato.
L’attività svolta si inquadra in un più ampio dispositivo di polizia economicofinanziaria predisposto dalla Guardia di Finanza, di concerto con il Procuratore della Repubblica Dott. Eugenio Facciolla e gli Uffici INPS territoriali per la tutela della legalità economica e la repressione dei reati in materia tributaria e di spesa pubblica.

Modello Riace, le ultime relazioni ispettive elogiano il lavoro di Mimmo Lucano

Riceviamo e pubblichiamo un lungo articolo di Emilio Sirianni, presidente della sezione lavoro della Corte di Appello di Catanzaro, il quale interviene sulle vicende amministrative e giudiziarie del sindaco di Riace, Mimmo Lucano, relative alle attività promosse nel piccolo borgo reggino per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti. Si tratta della versione integrale del pezzo apparso nell’edizione odierna del quotidiano “Il Manifesto”.

«Riace è così: si vede e non si vede. Conficcata su una collina della fascia ionica reggina, segue alcuni paradigmi delle realtà locali vicine, con tutti i loro difetti (e i loro pregi): la chiusura, la diffidenza, la larvata impudicizia del bene comune, il senso di abbandono, la povertà. E l’accoglienza». E’ così è arrivata l’ultima, lungamente celata, relazione ispettiva della Prefettura di Reggio Calabria sul sistema di accoglienza migranti di Riace ed è un’altra sorprendente perla, nella collana di miracoli che questo piccolo paesino di Calabria continua a regalare ad un paese immiserito ed incattivito.

I verbalizzanti dichiarano, in incipit, di voler abbandonare «formule di stretto criterio burocratico amministrativo», al fine di «spiegare non solo quello che viene fatto (o non fatto) a Riace, ma soprattutto come viene fatto direttamente dalle persone (di ogni colore e nazionalità) che ne sono le dirette e principali protagoniste». Ecco così un documento che non ha nulla dell’arido ed a volte astruso linguaggio dei burocrati ministeriali e riesce a rendere il senso profondo di un’esperienza unica.

Funzionari prefettizi, all’evidenza travolti dall’immersione in quel piccolo cosmo che apre anche i cuori più duri e trasporta lontani dall’odio e dalla paura che traboccano nei racconti di politici e media, descrivono la scuola in cui «ragazzini di Riace scherzano e scambiano commenti ironici con i loro coetanei dell’Africa o del vicino oriente»; le «case vecchie ed umili …ma pulite ed ordinate, venate della mescolanza di donne ed uomini di provenienza disparata» in cui ospiti d’altre parti del mondo conducono la stessa vita dignitosa della gente umile di Calabria; «un abile cuoco sahariano che sta preparando magnifiche pizze»; le «botteghe artigiane in cui si lavora il legno, il vetro, la lana, i tessuti…» e dove un cinquantenne del Kurdistan dipinge una bambola e scuote la testa rievocando il suo paese; quella «insenatura verde scavata nella collina», lavorata a terrazzamenti che ospitano le case degli asini, usati per la raccolta differenziata e gli orti che vi saranno realizzati, anch’essi da affidare ai migranti per integrare il sostentamento e forse anche per alimentare il ciclo dell’economia agricola.

Descrivono gli ispettori ed il verbale diventa un racconto. Sono quattro queste ispezioni, eseguite a gennaio, maggio, giugno e luglio del 2017, le altre tre redatte con il consueto tono ministeriale. Sono state eseguite in maniera più approfondita di quelle di settembre e dicembre 2016, da cui sono iniziati i guai giudiziari di Mimmo Lucano ed hanno tutte, a differenza delle prime due, conclusioni, non solo positive, ma largamente elogiative per il “sistema Riace”.

Eppure le prime sono state immediatamente trasmesse al sindaco, finite alla Procura di Locri e finanche (in tempo quasi reale) su organi di stampa (di centrodestra), queste sono singolarmente rimaste a lungo non conoscibili. Mimmo Lucano le ha chieste più volte verbalmente, senza esito. Le ha chieste due volte con note protocollate in Prefettura il 15 settembre 2017 ed il 5 novembre 2017 e gli hanno risposto accampando poco consistenti ragioni che ne avrebbero impedito il rilascio.

Infine, circa due settimane fa, ha presentato denuncia contro questa omissione presso la procura di Reggio Calabria ed ecco che il 20 febbraio, finalmente, queste relazioni arrivano ed hanno il contenuto e l’esito che si immaginava avrebbero avuto. Nel frattempo, dalle prime relazioni negative è nata un’indagine penale, per la quale Lucano è stato crocifisso. Nel frattempo i finanziamenti sono stati bloccati e tali sono rimasti, nonostante nelle ultime relazioni di cui si parla se ne sollecitasse lo sblocco.

A questo punto, essendo i Prefetti dei funzionari gerarchicamente subordinati al Ministro degli Interni, viene spontanea la domanda: il ministro Minniti sapeva di questo singolare operato? Sapendolo adesso, intende far qualcosa o si deve concludere che la realtà di Riace, negazione vivente della validità di una politica di respingimenti, paura e muri, rappresenti una spina nel fianco da eliminare? Non soltanto per qualche burocrate o interessato gestore locale di progetti di accoglienza.

Emilio Sirianni

Impatto nella notte sulla statale 106, tre feriti

CATANZARO – E’ di tre feriti, di cui uno in gravi condizioni, il bilancio di un incidente stradale verificatosi nel corso della notte tra sabato e domenica, lungo la statale 106, tra gli abitati di Isca Marina e Badolato, sullo Jonio catanzarese. A scontrasi per cause in corso di accertamento due auto, una Peugeot 107 ed una Punto. Sul posto sono giunti i sanitari del 118, i carabinieri ed il personale Anas. I feriti sono stati trasportati all’ospedale di Catanzaro. La più grave è una donna di 46 anni, mentre avrebbero riportato solo delle contusione le altre due persone coinvolte, due giovani di 20 e 19 anni. Sono in corso indagini per accertare eventuali responsabilità.

Rossano, banda di ladri sgominata dalla polizia

ROSSANO (CS) – Quattro persone sono state arrestate a Rossano in flagranza di reato, dagli agenti del locale commissariato, per resistenza a pubblico ufficiale, detenzione di sostanza stupefacente ai fini dello spaccio, ricettazione, porto ingiustificato di arma impropria e possesso ingiustificato di strumenti atti allo scasso. Si tratta di Goran Jovanovic, serbo di 30 anni; di Toni Radosavljevic, sloveno di 18 anni; di Denis Radosavljevic, 19 anni, nativo di Secondigliano e di Dusepe Dordevic, 20 anni, nativo di Aversa. I poliziotti li hanno intercettati a bordo di una Opel Astra mentre si aggiravano furtivamente in un quartiere del centro cittadino. Gli agenti gli hanno intimato l’alt al veicolo, ma il conducente ha provato a forzare il blocco speronando l’auto della polizia. Dopo un breve inseguimento, durante il quale la banda ha anche infilato un senso vietato, le forze dell’ordine sono riuscite a catturare i componenti della banda. 

Arnesi da scasso nell’auto e refurtiva in quantità a casa di uno dei malviventi

Nella vettura, veniva trovata una borsa contenente numerosi arnesi destinati allo scasso e un coltellaccio a serramanico. La perquisizione è stata allora estesa nell’abitazione di uno dei quattro fermati dove la polizia ha rinvenuto e sequestrato numerosi altri arnesi da scasso, un altro coltello simile a quello rinvenuto in auto, numerosi monili in oro del peso complessivo di oltre duecento grammi, un televisore, una playstation e vari capi di abbigliamento, alcuni telefoni cellulari nuovi con relative scatole ed alcuni telefoni usati, occhiali da sole, scarpe, profumi, orologi. Tutto materiale di provenienza furtiva per come dichiarato anche da uno degli arrestati. Inoltre, nascosti in un cassetto della cucina, venivano rinvenuti due involucri in cellophane contenenti della sostanza stupefacente del tipo marijuana, un bilancino di precisione ed un arnese per tritare la marijuana. I quattro malviventi sono stati condotti nel carcere di Castrovillari.