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In scena Amore e stalking, quando amare diventa reato

RENDE (CS) – “Faremo un’eccezione solo per chi porta belle ragazze dall’Albania” questa è una frase di qualche anno fa pronunciata dall’ex Primo Ministro Silvio Berlusconi con la quale allegramente commentava la questione immigrazione scafisti. Parole infelici che hanno scatenato l’ira di centinaia di donne, una fra tutte quella della scrittrice albanese Elvira Dones che con una lettera aperta, invita il Cavaliere a non usare i drammi umani per le sue mortificanti battutacce.

Ed è proprio questa lettera la premessa dello spettacolo andato in scena ieri sera al Piccolo Teatro Unical “Amore e stalking  (un viaggio all’inferno)”. Scritto e diretto da Lindo Nudo con Francesco Aiello, Noemi Caruso, Paolo Cutuli, Stefania De Cola, Giusy Mellace e Francesco Votano, è una produzione della compagnia teatro Rossosimona che si inserisce all’interno della rassegna di teatro civile “Il piacere della democrazia”.

Schiaffi per una camicia non stirata, abusi sessuali di gruppo, ossessione per un amore non corrisposto, sfruttamento della prostituzione, vite diverse che si intrecciano vorticosamente, che danzano in un alternarsi di immobilità e frenesia, che urlano rimbalzando inutilmente nel vuoto.

Storie reali, di donne vere, vittime del sentimento deviato di uomini che sempre più spesso confondono l’amore con il possesso, la frustrazione con il potere e per questa ragione capaci di ogni crudeltà. Drammi sommersi e sottaciuti nati da quel retaggio culturale e da quella logica perversa che vuole ancora oggi la donna sottomessa all’uomo e non solo vittima del proprio compagno ma della società intera.

Il linguaggio diretto e limpido del teatro mette perfettamente a fuoco l’insana dinamica che si viene a creare fra chi fa del male e chi crede di meritarlo ma soprattutto pone l’attenzione sull’inquietudine che alberga nel cuore dilaniato di tutte quelle donne che per vergogna e per paura di non essere credute continuano a subire ogni tipo di vessazione e di intimidazione.

Uno spettacolo che rattrista perché ti sbatte prepotentemente la realtà in faccia, ti costringe a immedesimarti, a sentire sulle tue di ossa tutte le botte di quelle donne, che ti risucchia come un tornado ma è anche uno spettacolo che ti indigna profondamente e per questa ragione è impossibile uscirne illesi.

E’ con le parole di Anna Maria Scarfò, giovane donna reggina che ha trovato il coraggio di denunciare il branco che più volte ha abusato di lei, che lo spettacolo si conclude, parole che fanno rumore nella testa perché ci ricordano di quanto dobbiamo essere tutte Malanova.

“Io sono la Malanova per chi ha abusato di me,

perché non mi fermerò se non davanti alla verità.

Io sono la Malanova per chi non crede nella forza delle donne.

Io sono la Malanova per quelle madri e quelle mogli che difendono i loro mariti e i loro figli, per timore, abitudine, ignoranza.

Io sono la Malanova per chi nella mia terra ha paura di denunciare, di rompere il silenzio, di cambiare.

Io sono la Malanova perché cerco l’amore”.

Gaia Santolla