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Covid-19, pericolo focolai nelle carceri. La denuncia di Giuseppe Graziano

CORIGLIANO ROSSANO (CS) – «Nonostante le stringenti disposizioni nazionali volte ad arginare il contagio, stanno proseguendo ininterrotte le traduzioni di detenuti da penitenziario a penitenziario. Nelle case di reclusione di Cosenza, Paola, Castrovillari e Corigliano-Rossano è forte la tensione perché non si riescono ad effettuare i controlli preventivi di routine sui nuovi carcerati trasferiti da altri istituti. A Corigliano-Rossano, ad esempio, c’è una postazione triage sguarnita di tutti i presidi medici di prevenzione e due detenuti, al momento, sarebbero in stato di isolamento in attesa che si eseguano i controlli sanitari». È quanto denuncia il consigliere regionale Giuseppe Graziano chiedendo al Ministero della Giustizia chiarimenti sulle procedure di sicurezza adottate, a tutela di detenuti, agenti e personale.

«In questo momento di emergenza – dice Graziano – dove tutti gli apparati dello Stato, i servizi e la produzione nazionale sono fermi per arginare il contagio dell’epidemia, non si riesce a tutelare uno dei settori più delicati del sistema Italia, come le carceri. In questi giorni sto raccogliendo la preoccupazione di numerosi dipendenti del penitenziario di Corigliano-Rossano, all’interno del quale gravitano oltre 500 persone tra reclusi, agenti e personale medico e amministrativo, preoccupati per i numerosi trasferimenti di detenuti che si stanno continuando ad effettuare, alcuni dei quali anche con provenienza dalle cosiddette zone rosse del nord dove, anche nelle case di reclusioni, si sono evidenziati casi di contagio. Non se ne può fare a meno? Non mettiamo in discussione, in tal senso, le scelte del Governo e del Ministero della Giustizia ma che almeno si mettano gli operatori e gli stessi detenuti nelle giuste condizioni di sicurezza per operare. Da quanto risulta, infatti, la quasi totalità delle aree triage allestite nei penitenziari italiani è sguarnita di mascherine, camici e degli stessi tamponi per effettuare gli esami sui detenuti che vengono da fuori e che sono una potenziale minaccia di contagio per tutto il resto della popolazione carceraria residente e per il personale operante. Chiedo, allora, che si faccia chiarezza e che soprattutto si attuino tutte le misure di prevenzione necessarie affinché questi luoghi non diventino focolai di infezione».

Il Partito Radicale fa visita ai detenuti per le feste

COSENZA – In occasione delle festività, il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito ha organizzato visite in 29 istituti penitenziari  – altre si erano già tenute nel corso del mese di dicembre – per ringraziare i 20.000 detenuti che con il loro digiuno di due giorni hanno sostenuto la Marcia del 6 Novembre per l’amnistia, l’indulto e la riforma della giustizia, marcia che è stata dedicata alle due personalità che più di tutte si sono battute per il raggiungimento dell’obiettivo del rientro del nostro Paese (e non solo) nella legalità costituzionale del rispetto dei diritti umani fondamentali: Marco Pannella e Papa Francesco.
«Mi auguro – ha dichiarato Rita Bernardini – che non sfugga ai massimi rappresentanti istituzionali il significato di una partecipazione così intensa, diffusa e all’insegna della nonviolenza da parte della popolazione detenuta, spesso vittima di violazioni di legge da parte dello Stato che per finalità costituzionali è chiamato a “rieducare” coloro che sono stati condannati per aver infranto le norme della civile convivenza. Senza dimenticare che il nostro Paese è fuori da ogni contesto europeo per l’elevato numero di detenuti in attesa di giudizio, ben il 35% della popolazione reclusa. Così come è utile ricordare che Pannella concepiva il provvedimento di Amnistia  come necessario per una radicale riforma della Giustizia, giustizia tanto inefficiente quanto lenta sì da non corrispondere alle esigenze dei cittadini perfino in termini di sicurezza e di competitività economica».

Eurodeputato Pirillo su emergenza carceri: necessario intervento tempestivo, soprattutto in Calabria

Le carceri italiane sono al collasso, le condizioni in cui vivono attualmente i detenuti della maggiorparte degli istituti di detenzione del nostro paese sono inaccettabili, spesso rasentano l’inciviltà.

Questo è un problema che viene posto di anno in anno, con il progressivo peggioramento della situazione che, di recente, ha richiamato anche l’attenzione dell’Unione Europea che si è esposta con un ammonimento nei confronti dello stato italiano.

In Italia a fronte di una capienza regolamentare di 45.568 posti, erano rinchiuse 66.271 persone, delle quali 23.773 stranieri. Degli oltre 66.000 detenuti, 25.970 erano ancora in attesa di giudizio mentre i condannati definitivi risultavano essere 38.906. Un’anomalia tutta italiana, se si tiene conto che in termini percentuali il sovraffollamento ha raggiunto il 157% contro una media europea del 97%. Nel 2012 nelle carceri italiane sono morti 117 detenuti, dei quali ben 40 per suicidio. Una situazione davvero allarmante, le cui criticità sono state evidenziate anche dal presidente della Repubblica napolitanoper cui bene ha fatto il Presidente Napolitano a evidenziarne le criticità.

A tal proposito, si è espresso l’on. Mario Pirillo, eurodeputato del gruppo S&D che ha messo l’accento su quanto questa problematica sia più acuta nelle carceri del Meridione e, soprattutto in Calabria, ove esistono case di reclusione di massima sicurezza, come ad esempio Palmi e Siano  più volte  al centro dell’attenzione per via delle precarie condizioni in cui vivono i detenuti.

“Si tratta di una situazione vergognosa – afferma Pirillo – che, insieme ad altri colleghi abbiamo già sottoposto con una interrogazione alla Commissione europea qualche mese fa. Una situazione davvero allarmante, per cui bene ha fatto il Presidente Napolitano a evidenziarne le criticità. Viviane Reding – fa sapere l’europarlamentare – a nome dell’Esecutivo europeo proprio il 22 gennaio 2013 rispose che “La Commissione attribuisce grande importanza al rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti nell’Unione europea. Le condizioni detentive rientrano però nelle competenze degli Stati membri, a loro volta vincolati alle norme internazionali definite in materia dal Consiglio d’Europa. Ciononostante, lo scorso anno la Commissione ha pubblicato un “Libro verde” sul rafforzamento della fiducia reciproca nel settore della detenzione. Sul sito della Commissione è possibile consultare la sintesi delle risposte fornite in merito, da cui emerge che, nonostante l’ampio consenso sui problemi dovuti al ricorso eccessivo alla custodia cautelare, la maggior parte degli Stati membri non è favorevole a interventi normativi particolarmente incisivi a livello dell’UE. In base ai risultati del “Libro verde”, la Commissione intende concentrarsi sulla corretta attuazione degli strumenti di riconoscimento reciproco esistenti in materia di detenzione prima di mettere a punto nuove proposte legislative e pubblicherà, entro la metà del 2013, relazioni sull’attuazione delle tre decisioni quadro”. Come si evince il deficit è imputabile agli stati membri dell’Ue che non gradiscono stravolgimenti normativi su questioni interne. Nel caso italiano – conclude Pirillo – ci sarebbe da intervenire con tempestività cercando di trovare la giusta sintesi tra le esigenze della giustizia con il rispetto dei diritti fondamentali. L’Italia può fare molto per evitare il collasso soprattutto nei penitenziari meridionali e in Calabria”.

g.m.r.