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Operazione della Dda a Cosenza: 18 arresti per omicidio ed estorsione – Video

COSENZA – Dalle prime ore della mattinata, uomini della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza hanno dato esecuzione a un articolato provvedimento di fermo di indiziato di delitto della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti dei 18 soggetti appartenenti ai due principali clan di ‘ndrangheta operanti a Cosenza e ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di omicidio, estorsione (tentata e consumata, vari episodi), porto e detenzione abusivi di arma (diversi episodi), ricettazione, spaccio di sostanze stupefacenti, usura (diversi episodi), lesioni, tutti aggravati dalle modalità mafiose.

Nel corso dell’attività investigativa sarebbero state accertate anche estorsioni ai danni di imprenditori di Cosenza. I due clan inoltre pare avessero a disposizione diverse armi alcune già sequestrate in diverse operazioni di controllo del territorio compiute a Cosenza. Per quanto riguarda, invece, lo spaccio di droga, i proventi, anche del pizzo, sarebbero tutti confluiti nella “bacinella”. Sarebbe coinvolto inoltre anche un poliziotto in servizio nella Questura di Cosenza.

Tra le 18 persone coinvolte nell’operazione congiunta coordinata dalla DDA di Catanzaro ed accusate a vario titolo di reati di omicidio, estorsione (tentata e consumata, vari episodi), porto e detenzione abusivi di arma (diversi episodi), ricettazione, spaccio di sostanze stupefacenti, usura (diversi episodi), lesioni, tutti aggravati dalle modalità mafiose, ci sono i presunti reggenti dei due clan dominanti, quello degli italiani, Roberto Porcaro ed i fratelli Luigi, Marco, Nicola e Francesco Abbruzzese per il clan degli “zingari”. Oltre a loro, sono indagati Danilo e Alberto Turboli; Andrea Greco, Carlo Drago, Antonio Marotta, Francesco Casella, Domenico Celebre, Giovanni Drago, Silvia Guido, Andrea D’Elia, Pasquale Germano, Franco Abbruzzese e Antonio Bevilacqua.

«Un grande lavoro di squadra tra territori e forze investigative: questa indagine mette a segno non solo un risultato importante sul piano del contrasto alla mafia ma segna un metodo nuovo nello svolgimento stesso delle indagini, dal momento che hanno collaborato polizia, Guardia di finanza e carabinieri in un gioco di squadra molto qualificato. Inoltre, abbiamo messo in campo investigatori da Reggio Calabria a Cosenza, a significare che lo Stato in Calabria si muove in maniera univoca».

Ad affermarlo è il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, nel corso della conferenza stampa relativa all’operazione antimafia che ha decapitato le consorterie criminali che operavano nella provincia di Cosenza.

«Si tratta – ha aggiunto il magistrato vicario, Vincenzo Capomolla – di gruppi criminali violenti e aggressivi che agivano per il controllo del territorio attraverso estorsioni, usura e spaccio di droga. Confermato il quadro di una doppia criminalità, l’ala italiana e l’ala di etnia rom assemblate fra loro per la realizzazione dei loro obiettivi criminali».

Operazione Nemea, restano in carcere gli esponenti del clan Soriano

VIBO VALENTIA-  I carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Vibo Valentia hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip su richiesta della Dda di Catanzaro nei confronti di 9 presunti esponenti di vertice della famiglia ‘ndranghetistica dei Soriano di Arzona-Pizzinni di Filandari. L’operazione Nemea, condotta recentemente, ha azzerato i vertici della struttura con l’arresto anche di vari sodali affiliati alla ‘ndrina di Pizzinni, ritenuto responsabili di una vera e propria strategia del terrore per riacquisire il controllo criminale della zona di Filandari. Le ordinanze di oggi sono state emesse dopo che è stata confermata la sussistenza delle esigenze cautelari per tutti i soggetti già destinatari di fermo. Il gip di Catanzaro ha emesso inoltre un’ulteriore misura cautelare in carcere nei confronti di Gaetano Soriano, fratello di Leone, accusato di detenzione e traffico di sostanze stupefacenti in concorso con gli altri.

L’ombra dei clan calabresi sull’omicidio di Jan Kuciak, il giornalista slovacco

CATANZARO – Hanno origini calabresi i tre imprenditori italiani arrestati dalla polizia slovacca per l’omicidio del giornalista Jan Kuciak. La polizia ha fatto irruzione negli appartamenti a Michalovce e a Trebisov di Antonino Vadalà ed insieme a lui sono stati arrestati il fratello Bruno Vadalà e il cugino Pietro Catroppa. Della famiglia Vadalà e dei suoi presunti legami con la ‘ndrangheta ha scritto Kuciak nel reportage pubblicato ieri dal suo giornale. L’articolo descrive le attività di criminalità organizzata italiane in Slovacchia citando in particolare quattro famiglie calabresi operanti nei settori dell’agricoltura, del fotovoltaico, del biogas e dell’immobiliare: Vadalà, Cinnante, Rodà e Catroppa riconducibili a decine di società e a numerose operazioni di frode dei fondi europei. Nell’articolo Kuciak ha denunciato anche i contatti tenuti tra il premier Roberto Fico e questi soggetti legati alla ‘ndrangheta. Intervenuto ai microfoni di “6su radio1” il Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha dichiarato «E’ verosimile che dietro l’omicidio ci siano famiglie Calabresi. La ‘ndrangheta si sta estendendo verso l’Est. Va dove c’è da gestire potere e denaro e dove ci sono da gestire opportunità»

Talpe dei clan, indagini chiuse

COSENZA – La Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro ha chiuso le indagini sull’ex agente della squadra mobile di Cosenza Vincenzo Ciciarello, di 60 anni e su Enrico Francesco Costabile, di 49 anni, poste agli arresti domiciliari nello scorso mese di aprile con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo gli inquirenti avrebbero rivelato informazioni riservate al clan Rango-Zingari. Nell’ambito della medesima inchiesta sono indagati anche l’ex carabiniere oggi in pensione Antonino Perticari e un impiegato civile dell’ufficio verbali della Polstrada di Cosenza, Fabrizio Bertelli.

Cosenza, estorsione da mille euro ai danni di un commerciante

COSENZA – La Squadra mobile di Cosenza ha arrestato Antonio Marotta, 37 anni, con l’accusa di estorsione ai danni di un imprenditore. L’uomo, ritenuto dagli investigatori vicino al clan degli zingari, si sarebbe fatto consegnare, dietro minacce, la somma di 1000 euro in contanti dal titolare dell’esercizio commerciale. I poliziotti, che pedinavano Marotta da giorni, lo hanno fermato all’uscita del negozio. Sono state altresì acquisite le immagini di videosorveglianza del locale che avrebbero registrato il passaggio del denaro. Sono in corso ulteriori indagini, coordinate dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Pierpaolo Bruni.

‘Ndrangheta: 34 arresti nella Provincia di Reggio Calabria

REGGIO CALABRIA – Alle prime luci dell’alba, in provincia di Reggio Calabria, è scattata una vasta operazione anticrimine condotta congiuntamente dalle Fiamme Gialle e dai Carabinieri nei confronti di un gruppo di persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, usura ed esercizio abusivo del credito, con l’aggravante del metodo mafioso, operanti nella Locride ed, in particolare, nei Comuni di Siderno, Gioiosa Jonica e Marina di Gioiosa Jonica. L’operazione, che ha impegnato oltre 400 militari, tra finanzieri del comando provinciale della guardia di finanza di Reggio Calabria e dello Scico di Roma, e carabinieri del Ros, del comando provinciale di Reggio Calabria e dello squadrone eliportato carabinieri “Cacciatori di Calabria”, ha portato all’esecuzione di un decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura della Repubblica-Dda di Reggio Calabria a carico di 34 persone, nonché a perquisizioni nei confronti di 52 indagati ed al sequestro preventivo di beni mobili, immobili e società per un valore di circa 15,5 milioni di euro. L’indagine prende le mosse dalla denuncia di un imprenditore operante nel settore tipografico, ora residente insieme alla sua famiglia in località protetta, che ha delineato una complessa attività di usura ai suoi danni da soggetti contigui alle cosche di ‘ndrangheta operanti nei Comuni della fascia Jonica della Locride, gli “Ursino-Macrì” e “Jerinò” di Gioiosa Jonica, i “Rumbo-Galea-Figliomeni” di Siderno, i “Bruzzese” di Grotteria, i “Mazzaferro” di Marina di Gioiosa Jonica. Le indagini, corroborate dalle investigazioni dei carabinieri del Ros sulle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia, hanno permesso di ricostruire la struttura della locale della ‘ndrangheta di Gioiosa Ionica, riconducibile alle famiglie Ursino – Macri’ – Jerino’ e individuare un consistente giro di usura ai danni di oltre 50 persone alle quali le cosche applicavano interessi usurari oscillanti tra il 50% ed il 500% annuale. Le indagini hanno evidenziato che quando la vittima di usura non poteva far fronte agli interessi mensili con il denaro, veniva costretta, in alcuni casi, ad emettere fatture false a favore di società riconducibili e/o vicine agli usurai, al fine di far figurare costi mai sostenuti da queste ultime ed abbattere così la base imponibile ai fini della successiva tassazione. Molti dei componenti della locale di Gioiosa Ionica sono già detenuti in quanto coinvolti in varie operazioni di polizia giudiziaria e colpiti da condanne, pertanto il provvedimento di fermo è stato emesso a carico degli affiliati in stato di libertà, sul conto dei quali sono emersi concreti elementi a suffragio della sussistenza del pericolo di fuga all’estero, in considerazione degli strettissimi legami tra la ‘ndrangheta di Gioiosa Ionica e la criminalità organizzata di matrice calabrese operante in Canada che, come accertato, tra l’altro nei processi “Crimine” e “Morsa sugli appalti”, costituisce una diretta emanazione della stessa “società” gioiosana.

Cosenza, scacco matto al clan Perna. Diciannove provvedimenti di fermo

carabinieri-3COSENZA – Diciannove provvedimenti di fermo emessi nei confronti di altrettanti esponenti della cosca di ‘ndrangheta dei Perna sono stati eseguiti dai carabinieri di Cosenza nel corso di un’operazione condotta dai carabinieri del comando provinciale di Cosenza e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro. Secondo l’accusa, il clan dei Perna sarebbe a capo di un ampio traffico di sostanze stupefacenti articolato su una fitta rete di spaccio in grado di rifornire l’area urbana cosentina e gli altri comuni ad essa limitrofi. Tra i fermati spicca il nome di Marco Perna, di 41 anni, figlio del capo della cosca Franco, attualmente detenuto in regime di 41 bis. Dalle indagini è emerso il ruolo di leader che era stato assunto nel gruppo criminale da Marco Perna, che aveva di fatto assunto la guida della cosca dopo l’arresto del padre e che poteva contare anche sulla disponibilità di un deposito di armi, scoperto dai militari dell’Arma. All’interno di tale deposito, ubicato a Cosenza nel quartiere di Serraspiga, erano custoditi, tra l’altro, anche due revolver di grosso calibro. Per imporre il loro potere sul territorio, gli uomini della cosca, secondo quanto riferito dai carabinieri, si avvalevano di modalità tipicamente mafiose, specificamente contestate nel provvedimento di cattura. Secondo quanto si è appreso, l’attività di monitoraggio e controllo dei principali indagati da parte dei carabinieri ha riguardato un periodo di circa un anno, a partire dal mese di settembre del 2014. Le indagini sono state coordinate dal procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Giovanni Bombardieri e dal sostituto Pierpaolo Bruni e condotte dai carabinieri del reparto operativo del comando provinciale di Cosenza in collaborazione con i militari della compagnia.

Il procuratore Lombardo: “Sconfiggere un clan non vuol dire sconfiggere la ‘ndrangheta”

Vincenzo Antonio Lombardo, procuratore capo della DDA di Catanzaro ha parlato in una conferenza stampa degli arresti di alcuni membri del clan “gli zingari” avvenuti oggi a Cosenza: “Non si pensi che sconfiggere un clan voglia dire sconfiggere tutta la ‘ndrangheta. L’operazione di oggi registra l’evoluzione delle cosche cosentine – ha detto Lombardo – e dopo l’operazione “Tela del ragno” e altre operazioni, i clan Cicero, Lanzino e Perna sono stati sostituiti, a Cosenza, dal clan Rango e dagli zingari, visto che Maurizio Rango ha sposato una nipote di Giovanni Abbruzzese, realizzando una unione personale e attirando a se’ anche gli uomini del clan Bruni”.

Confische di beni per 5 milioni di euro ai clan Commisso e Longo

REGGIO CALABRIA – La polizia di Reggio Calabria ha eseguito delle confische di beni nei confronti di cosche di ‘ndrangheta operanti sul versante jonico e tirrenico della provincia reggina.

Le confische hanno interessato immobili ed imprese site nel territori di Siderno e Polistena, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro.

I provvedimenti emanati dal Tribunale sezione misure di prevenzione, riguardano esponenti dei clan Commisso e Longo, coinvolti nelle indagini “Crimine” e “Scacco matto”, entrambe coordinate dalla procura distrettuale di Reggio Calabria e condotte dalla squadra mobile.

 

‘Ndrangheta: clan Bonavota, un arresto

 

VIBO VALENTIA –  I carabinieri della Stazione di Sant’Onofrio,  hanno arrestato Domenico Cugliari, 54 anni,  gia’ noto alle forze dell’ordine. Cugliari, rinchiuso nel carcere di Vibo Valentia e ritenuto dagli investigatori un elemento carismatico del clan Bonavota di Sant’Onofrio, e’ lo zio di Pasquale e Domenico Bonavota, considerati gli elementi di vertice dell’omonima cosca. L’arresto e’ avvenuto in esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dal giudice di sorveglianza di Catanzaro poiche’ Cugliari, detto “Micu i Mela”, e’ stato notato dai carabinieri in un bar di Maierato, intrattenersi con soggetti pregiudicati, pur dovendo essere autorizzato ad uscire dal comune di residenza esclusivamente per motivi di lavoro.