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Milano e la fashion week: il futuro è davvero nella moda?

Dalla collezione “Barbie” di Moschino a quella floreale di Rimondi, passando per Armani, Prada e Missoni. Lo scorso 17 settembre Milano ha aperto le porte, come di consueto, alla settimana della moda che per questa edizione però, complice forse la recessione di cui è vittima l’Italia, si presenta assai diversa dalle precedenti. Era sembrato già abbastanza evidente durante la Vogue Fashion’s night, che, per tutti coloro i quali non ci fossero mai stati o non sapessero cos’è, non è altro che una lunga notte bianca della moda, durante la quali Milano sembra colorarsi, più del solito, di tipi dalle fogge improbabili che per dimostrare di essere all’avanguardia, sfoggiano “tendenze” assai discutibili. Normalmente abituati ad una marea di gente e di pacchetti girovaganti per le strade più “in” di Milano, quest’anno le prospettive si sono rivelate leggermente differenti. All’ammassata folla milanese e non, si è sostituita una calca di gente, più o meno ordinata, che sembrava aver voglia, più che di comprare, di “immortalare” l’evento cool. Del resto, in tempo di “selfie” la parola d’ordine continua ad essere APPARIRE. E così, lontani dal voler spendere quei pochi soldi nei negozi più griffati del quadrilatero milanese, ci si è consolati bevendo qualche drink, rigorosamente low cost, e ballando a ritmo di musica. Del resto non risulta ancora svelato il mistero secondo il quale, durante un evento istituito per aumentare la visibilità e il commercio, le principali griffe, mantengano inalterati gli elevatissimi costi dei loro capi. Non che uno possa pensare di vedere scontato del cinquanta per cento un capo  firmato Versace del modesto valore di 4.100 euro però, una parvenza di promozione potrebbe rivelarsi efficace. E così, beati di poter accedere indisturbati e lontani da vaghe forme di imbarazzo, agli atelier più famosi, come se per una notte la targa ” non me lo posso permettere” svanisse all’improvviso, ci si consola passeggiando allegramente per le strade e acquistando dai soliti noti che, per l’occasione, ribassano ancor di più i prezzi, in perfetta logica di marketing. Aperitivi, dj set e lunghe fila di giovani regalano un tocco di allegria e danno la percezione, avallata dalle iniziative “free” della fashion week ancora in corso, che la moda sia davvero rivolta a tutti e proprietà di tutti, non solo di coloro che guadagnano abbastanza da potersela permettere ma hanno comunque bisogno del personal shopper per acquistare due capi che si accostino bene l’uno con l’altro. Moda, musica, giovani e Milano, dunque. Basteranno all’Italia per superare la recessione e risalire la china? Ai posteri l’ardua sentenza.

Lia Giannini