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Geologi insieme per raccogliere la sfida della prevenzione del rischio calamità

RENDE (CS) – La Calabria è tra le regioni del mondo più esposte al rischio sismico ed a quello idrogeologico. Eppure da queste parti latitano gli incarichi professionali per i geologi, tanto che moltissimi si sono cancellati dall’ordine. La regione annovera appena un migliaio di iscritti. Problematiche e difficoltà messe sul tavolo della discussione nel corso di un incontro organizzato dall’associazione “geologinsieme” al quale sono intervenuti tra gli altri il rettore dell’Università della Calabria Gino Crisci e Paolo Cappadona, responsabile dell’Unità Operativa di emergenza della Protezione Civile.

Frane, terremoti ed altre calamità naturali cui la Calabria è soggetta non si combattono con gli scongiuri, ma con la prevenzione. E soprattutto con la professionalità dei geologi. Per questo l’azione politica deve essere orientata verso la riduzione del rischio, con l’ausilio delle necessarie competenze.

I geologi e il rischio calamità

L’iniziativa, ospitata in un albergo di Rende, è stata coordinata da Marco Le Pera, referente dell’associazione “geologinsieme”. «Sentivamo la necessità di un momento di confronto – dice Le Pera – In questa regione abbiamo problemi di natura geologica, morfologica, strutturale. Abbiamo 780 chilometri di costa soggetta ad erosione, dobbiamo fare i conti con il rischio sismico. Davanti a queste incombenti calamità naturali ci troviamo in una situazione nella quale non riusciamo a coordinare le attività né ad avere uno spazio per mettere le nostre competenze al servizio della prevenzione».

Oggi a capo della Protezione Civile è stato chiamato un geologo: è il segnale di una inversione di rotta? «Sicuramente si tratta di un elemento positivo, ma non sufficiente – ribatte Le Pera – Bisogna creare una rete per supportare le amministrazioni pubbliche, soprattutto i sindaci che rappresentano un fondamentale anello della catena. Solo così potremo davvero riuscire a mettere in sicurezza l’intero territorio».

Francesco Farina

Rischio idrogeologico, arriva la certificazione di qualità

CATANZARO – «Il 2016 si chiude con una importantissima notizia per la Regione Calabria. Il 20 dicembre scorso, infatti, il Rina Services Spa, organismo accreditato ai sensi del Regolamento CE765/2008 del Parlamento e del Consiglio Europeo, ha rilasciato all’Ufficio del Commissario per la mitigazione del rischio idrogeologico della Regione Calabria, il relativo certificato di qualità aziendale secondo le norme UNI EN ISO 9001». Lo rende noto l’ufficio stampa della Giunta regionale in un comunicato. «Tale riconoscimento – prosegue la nota – è un fatto di straordinaria importanza e rappresenta un traguardo di assoluto rispetto, che garantirà altissimi livelli di efficienza ed economicità anche nella prossima gestione del Patto per il sud nel quale sono previsti investimenti per quasi 400 milioni di euro nel campo della mitigazione del rischio idrogeologico nella Regione Calabria. L’Ufficio del Commissario, che opera in qualità di stazione appaltante in adempimento ai compiti ad esso assegnati per il sollecito espletamento di tutte le procedure necessarie all’avvio delle opere di mitigazione del dissesto idrogeologico nel territorio regionale, ha ritenuto indispensabile intraprendere tale percorso di certificazione, durato quasi un anno ed iniziato già prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei Contratti Pubblici di cui al dlgs 50/2016, al fine di mantenere e consolidare i brillanti risultati raggiunti nel corso dell’ultimo biennio di lavoro. Questo importante traguardo è una tappa fondamentale di una complessa attività che potrà consentire all’Ufficio del Commissario di confermarsi Centrale di Committenza, non appena saranno emanate da parte dell’Anac le modalità attuative del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti di cui all’art.38 commi1-5 dlgs50/2016. Già da oggi comunque, con il rilascio di tale attestato l’Ufficio è abilitato quale ente certificatore regionale di progetti di opere pubbliche fino al massimale di 20 milioni di euro. Nel corso delle numerose verifiche compiute sui procedimenti in atto, i certificatori hanno potuto constatare la corretta applicazione di tutte le normative di settore, riscontrando con grande soddisfazione anche il bassissimo livello di contenzioso legale, con una percentuale di soccombenza prossima allo zer. L’Ufficio del Commissario – conclude la nota – è oggi costituito da un piccolo gruppo di funzionari pubblici altamente specializzati, in formazione ed aggiornamento continui, che svolgono un numero altissimo di procedimenti nel campo delle opere pubbliche. In particolare, le gare per l’affidamento delle opere vengono svolte esclusivamente attraverso una piattaforma telematica, nel rispetto dei tempi previsti e delle normative di legge. Anche i pagamenti, che sono effettuati attraverso la piattaforma telematica del MEF a valere su una contabilità speciale intrattenuta presso la Banca d’Italia, avvengono nell’assoluto rispetto dei tempi e delle modalità previste all’articolo 33 del dlgs 33/2013».

Calabria e Rischio Idrogeologico, 408 comuni su 409 in pericolo

CATANZARO- In Calabria il 99,8% dei comuni calabresi presenta aree esposte a pericolo di frane o alluvioni. Si tratta di 408 comuni su 409di cui 354 sono a pericolosità sia da frana (P3 e P4) che idraulica; 30 solo a pericolosità frana e 24 a pericolosità idraulica. Su 15.222 chilometri quadrati della superficie totale, infatti, 914,1 è a pericolosità sia da frana che idraulica; 347,8 a pericolosità frana e 576,3 a pericolosità idraulica.

Numeri e dati aggiornati sul rischio idrogeologico in Italia sono stati illustrati oggi a Roma da Legambiente, nel corso di un convegno per la presentazione del dossier Ecosistema Rischio 2016, l’indagine sulle attività nelle amministrazioni comunali per la mitigazione del rischio idrogeologico, realizzata sulla base delle risposte fornite dalle amministrazioni locali al questionario inviato ai Comuni in cui sono state perimetrale aree a rischio idrogeologico (i dati si riferiscono quindi ai 1.444 Comuni che hanno risposto al questionario di Legambiente).

Solo nel 2015 frane e alluvioni hanno causato in Italia 18 vittime, 1 disperso e 25 feriti con 3.694 persone evacuate o rimaste senzatetto in 19 regioni, 56 province, 115 comuni e 133 località. Secondo l’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica (Irpi) del Cnr, nel periodo 2010-2014 le vittime sono state 145 con 44.528 persone evacuate o senzatetto, con eventi che si sono verificati in tutte le regioni italiane, nella quasi totalità delle province (97) e in 625 comuni per un totale di 880 località colpite.

“In un contesto in cui sono sempre più evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici in atto – ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Calabria Andrea Dominijanni – è necessario concentrare gli sforzi su interventi di prevenzione, avviando al più presto una seria politica di mitigazione del rischio che sappia tutelare il suolo e i corsi d’acqua e ridurre i pericoli a cui sono quotidianamente esposti i cittadini. Per essere efficace però, l’attività di prevenzione deve prevedere un approccio sistemico, che sappia tenere insieme le politiche urbanistiche, una diversa pianificazione dell’uso del suolo, una crescente attenzione alla conoscenza delle zone a rischio, la realizzazione di interventi pianificati su scala di bacino, l’organizzazione dei sistemi locali di protezione civile e la crescita di consapevolezza da parte dei cittadini”. “Legambiente – ha detto ancora Dominijanni – è disponibile ad offrire il supporto alle amministrazioni nei piani comunali, nell’informazione alla popolazione e nelle esercitazioni di emergenza”.

Rispetto all’attività di prevenzione del rischio, nell’80% dei comuni italiani intervistati sono stati redatti piani urbanistici che hanno recepito le perimetrazione delle zone esposte a maggiore pericolo. Nonostante l’evidente fragilità del territorio, nel corso dell’ultimo decennio, nel 10% dei comuni (146 fra quelli intervistati) si è continuato a costruire in zone a rischio: nel 88% dei casi sono state urbanizzate aree a rischio di esondazione o a rischio di frana con la costruzione di abitazioni (in 128 comuni su 146); nel 14% dei casi in tali aree sono sorti addirittura interi quartieri (in 20 comuni). Nel 38% l’edificazione ha riguardato fabbricati industriali (55 comuni). Nel 12% dei casi (17 comuni), invece, sono state costruite in aree a rischio idrogeologico strutture sensibili come scuole e ospedali, nel 18% (26 comuni) strutture ricettive e nel 23% (33 comuni) strutture commerciali.

La Presidenza del Consiglio, con la Struttura di missione Italia Sicura, ha dato un segnale importante per uscire dalla logica dell’emergenza superando la tendenza degli ultimi anni in cui sono stati spesi circa 800 mila euro al giorno per riparare i danni e meno di un terzo di questa cifra per prevenirli. Facendo da cabina di regia e coordinamento tra le molteplici strutture, enti e soggetti che fino ad ora si occupavano in maniera disomogenea e frammentata della gestione del territorio, i primi frutti del lavoro di razionalizzazione si sono cominciati a vedere quando sono stati recuperati e stanziati i primi 654 milioni di euro per i primi 33 cantieri che fanno parte del più ampio Piano delle città metropolitane che comprende 132 interventi complessivi per un totale di oltre 1,3 miliardi euro.

Proprio le città rappresentano oggi il cuore della sfida per l’adattamento ai cambiamenti climatici e agli affetti che essi comportano. E’ qui, infatti, che si produce la quota più rilevante di emissioni ed è qui che l’intensità e frequenza di fenomeni meteorologici estremi sta determinando danni crescenti, mettendo in pericolo vite umane e determinando danni a edifici e infrastrutture. Tra le città capoluogo solo 12 hanno risposto al questionario di Ecosistema rischio: Roma, Ancona, Cagliari, Napoli, Aosta, Bologna, Perugia, Potenza, Palermo, Genova, Catanzaro e Trento. In Calabria, solo 60 amministrazioni comunali hanno risposto al questionario di Legambiente.

E’ necessario sottolineare ulteriormente che per ottenere risultati realmente efficaci nella prevenzione e nella mitigazione del rischio idrogeologico, oltre all’impegno da parte delle amministrazioni comunali su alcuni aspetti di stretta competenza, è necessario dar vita ad una filiera virtuosa a cui contribuiscano soggetti ed enti diversi, dallo Stato centrale agli enti locali, alle Autorità di Bacino, ciascuno con il proprio ruolo e le proprie prerogative.

Di seguito, alcuni estratti del Rapporto con le tabelle che riguardano la Calabria ed i dati comune per comune:

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Tabelle del rischio comune per comune al seguente link:  http://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/tabelle_regionali_comune_per_comune_ecorischio_2016.pdf

 Link al dossier completo: http://www.legambiente.it/contenuti/dossier/ecosistema-rischio-2016

Centrale a biomasse di Sorbo San Basile (Cz), presentato il ricorso

CATANZARO – Depositato presso il TAR della Regione Calabria il ricorso contro la l’Autorizzazione Unica concessa, dalla Regione Calabria, per la costruzione di una centrale a biomassa (4, 236 MW di potenza) nel comune di Sorbo San Basile. I promotori del ricorso, WWF Calabria, Forum Ambientalista e Comitato ‘No Biomassa a Sorbo San Basile’, lo hanno presentato alla stampa presso la sala concerti del Comune di Catanzaro. Rispetto della salute e della biodiversità le motivazioni di fondo della contestazione: «vanno rispettate sempre e integralmente, a dispetto di limiti e prescrizioni». Alla conferenza stampa  gli avvocati  Marcello Nardi e Francesco Calzone e i membri del direttivo del comitato, Marco Gentile, Eugenio Occhini, Gioconda Chiarella, Angela Campi. Nei prossimi giorni, volantini saranno distribuiti nel capoluogo e nei comuni della Presila.

Alcuni vincoli di tutela, secondo i promotori del ricorso, sarebbero stati «ignorati in sede autorizzativa». Si tratta della presenza, nelle prossimità dell’area destinata alla realizzazione dell’impianto, di una IGP (patata della Sila), di una DOP (Caciocavallo Silano) e di zone SIC, Siti di Interesse Comunitario protetti (se costruita, la centrale sarà vicina al Parco Nazionale della Sila). Viene chiesta, perciò, «una valutazione di incidenza che, in sede istruttoria, diversamente da quanto prescritto dalla Direttiva Habitat [direttiva europea per la conservazione della biodiversità, ndr],  non è stato espletata dalla Regione Calabria».

Viene contestata anche parte del Piano di approvvigionamento forestale di legname: «dal computo mancano circa 7000 tonnellate di legname». Detto altrimenti: per il funzionamento della centrale sarebbe necessario più legname di quello presente sul territorio.

Ma è stata la salute il centro delle obiezioni: «anche se la centrale viene autorizzata in base a precise osservanze della legge in materia di emissioni, la nostra preoccupazione si fonda sul concetto che a volte negli anni la legge ritocca al ribasso tali inquinanti nei livelli massimi ammessi, quindi spesso arriva tardi rispetto alle prescrizioni di riduzione che vengono diramate dalle comunità scientifiche».

 

Rita Paonessa