Tutti gli articoli di Angela Francesca Mandarino

Festa delle donne: le parole del presidente Oliverio

mario oliverioCATANZARO – Il presidente della Regione, Mario Oliverio, interviene oggi sul significato della Festa della donna, con una nota in cui afferma: “La Giornata Internazionale delle Donne è l’occasione per ribadire le esigenze di un mondo, quello femminile, a cui per troppo tempo sono stati negati i giusti diritti di rappresentanza in tutti gli ambiti della società. Dal lavoro alla politica, la necessità di un intervento a favore della parità di genere si è ormai reso improcrastinabile. In tal senso, fin da subito, il consiglio regionale ha operato affinché questo gap in Calabria andasse colmandosi. Già nel primo consiglio regionale abbiamo approvato, infatti, la modifica dello Statuto che impone una quota minima del 30% di presenza di genere nella composizione della giunta. Inoltre, entro il 2015, approveremo la nuova legge elettorale regionale in cui sarà prevista proprio la preferenza di genere. Promuoveremo poi la creazione di una rete che metta in comune le buone pratiche e le esperienze delle donne calabresi che in ambito lavorativo e sociale hanno costruito un percorso virtuoso che possa essere da stimolo ad altri esperimenti occupazionali. Condivido le parole del Presidente della Repubblica, quando dice che la crisi economica grava maggiormente sulle spalle delle donne, che ricoprono nella società ruoli delicati e fondamentali, e ritengo che attraverso gli strumenti legislativi a nostra disposizione sia compito di questa giunta regionale garantire alle donne calabresi le tutele sociali, professionali e politiche fino ad oggi trascurate e mortificate”.

Arrestati in flagranza di reato: rubavano materiale ferroso di impresa edile

poliziaCROTONE – Due persone sono state arrestate in flagranza di furto dagli agenti delle Volanti: stavano rubando del materiale ferroso dal capannone di un’impresa edile. I due sono stati bloccati mentre tentavano di raggiungere la loro auto per allontanarsi con il materiale. Una terza persona, individuata dai poliziotti, allertati dal titolare della ditta, a poca distanza dal capannone, è stata denunciata in stato di libertà per lo stesso reato.

“La fame negli occhi”: la seconda guerra mondiale negli occhi dei soldati semplici

la fame negli occhiCROPANI (CZ) –  Grande partecipazione per la presentazione dei racconti di vita di soldati nella Presila Catanzarese nelle pagine del libro “La fame negli occhi” di Michela Scalise di Sersale, nei giorni scorsi a Cropani, in una sala dell’auditorium al completo. L’importante manifestazione culturale di fatto ha dato inizio nella provincia di Catanzaro alle celebrazioni per i 70 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Prestigioso il tavolo dei relatori, a partire dal giornalista Luigi Stanizzi che, nel corso della moderazione, ha inteso “dar voce” al libro, citando alcuni passi sulle misere condizioni in cui si trovavano a combattere i soldati italiani. Viva soddisfazione è stata espressa dal dottor Paolino Altilia, vice presidente della Banca di Credito Cooperativo Centro Calabria, che ha sostenuto economicamente il progetto di realizzazione dell’opera. Particolarmente apprezzato l’intervento dell’autrice, che ha efficacemente illustrato la strutturazione del volume, con una prima parte dedicata agli aspetti metodologici e a una personale lettura delle 24 testimonianze raccolte tra Sersale, Cerva, Petronà, Cropani, Sellia Marina, Pentone e Zagarise e una seconda parte in cui sono stati fedelmente riportati i racconti del periodo al fronte dei reduci della Presila intervistati. La dottoressa Scalise ha spiegato che con il suo lavoro ha voluto raccontare la Seconda Guerra mondiale “da un’altra prospettiva, quella del soldato semplice”. Sul rigore metodologico nella ricerca e nella trascrizione delle testimonianze ha incentrato la sua relazione la professoressa Elena De Filippis, dirigente scolastico del Liceo Classico “P. Galluppi” di Catanzaro, che ha sottolineato il fondamentale contributo reso alla Storia dalla riscoperta dell’oralità. A seguire il giornalista e presidente dell’associazione “Calabria in armi”, dottor Mario Saccà, nel ricordare anche la sua esperienza di ricerca tra i reduci, ha sottolineato l’alta valenza delle interviste, quali documenti storici da consegnare alla memoria collettiva. Alla manifestazione hanno preso parte anche alcuni reduci tuttora in vita e le famiglie di altri impossibilitati fisicamente o venuti a mancare di recente. A i soldati protagonisti del libro si è reso omaggio con la consegna di una copia dell’opera da parte dell’autrice e di una pergamena celebrativa dell’evento da parte del comandante della locale stazione dei Carabinieri, Maresciallo Marco Minerva.

Terminati i lavori dell’XI Convegno Scientifico della Fondazione “Lilli Funaro”

convegno scientificoCOSENZA – Sono terminati ieri, 7 marzo, presso il Teatro di tradizione “A. Rendano” di Cosenza, i lavori dell’undicesimo Convegno Scientifico organizzato dalla Fondazione “Lilli Funaro” che quest’anno si è incentrato su “Formazione ed informazione: oncologia e territorio in Calabria”.

Anche quest’anno il convegno ha registrato la partecipazione di numerosi operatori del settore che hanno riempito la sala sala “M. Quintieri” del teatro cittadino, nonché  di numerose personalità del mondo scientifico calabrese e nazionale, tra cui il prof. Sebastiano Andò (Università della Calabria) i proff. Giovanni e Antonio Gasbarrini (Università Cattolica del Sacro Cuore – Roma), il prof. Sebastiano Cavallaro (Policlinico Vittorio Emanuele-Catania), e il prof. Ludovico Docimo (Seconda Università di Napoli). La consueta riflessione teologica che apre la prima giornata quest’anno è stata affidata a Mons. Luigi Renzo, vescovo di Mileto,  che nel suo intervento ha approfondito la tematica de La famiglia davanti al problema della malattia. Numerose anche le autorità intervenute a sostegno delle attività della Fondazione: tra gli altri, il presidente dell’Ordine dei medici di Cosenza dott. Eugenio Corcioni e, in rappresentanza del Comune di Cosenza, gli assessori Rosaria Succurro (Formazione Coscienza Civica e Cittadinanza Attiva) e Massimo Bozzo (Qualità Della Vita, Sanità e Salute Pubblica). Proprio l’assessore Bozzo, al termine della prima giornata dei lavori, ha consegnato il Premio Rocco Docimo, istituito con il Comune di Cosenza, dedicato – in questa sua prima edizione – alla memoria del Dott. Giuseppe Mollica.

 

A conclusione dei lavori della seconda giornata, da sempre dedicata alla ricerca scientifica di base che ha per protagonisti i giovani ricercatori calabresi, sono state consegnate le borse di studio, messe a disposizione grazie i ricavati del concerto di beneficenza annuale organizzato dalla Fondazione, che nell’ultima edizione ha visto esibirsi nella splendida location dell’Anfiteatro dei Ruderi di Cirella il talento – calabrese di nascita, nazionale per il successo di pubblico e critica – della BRUNORI SAS.  Proprio il cantautore Dario Brunori  è intervenuto nella seconda giornata per premiare i ricercatori giudicati dalla commissione internazionale presieduta dal prof. Paolo Montemaggi.

Nello specifico, i vincitori di questa edizione sono: Salvatore Panza, vincitore della Borsa di Studio “Lilli Funaro” del valore di € 5.000; Rosario Amato riceve il premio di 1.500 euro, istituito lo scorso anno, dedicato alla memoria di Carola Nicoletti; Daniela Naimo si aggiudica il Premio alla migliore comunicazione di ricerca oncologica, intitolato alla piccola Irene Mancuso, il cui importo è di euro 1.000. Alla ricercatrice di Rossano, attualmente in America Claudia Capparelli è stato assegnato un ulteriore premio di euro 1.000, finanziato in collaborazione con l’associazione  “Amici di Gabriele” O.N.L.U.S., che ha espresso istituire con la Fondazione Lilli una proficuo e duratura cooperazione.

Infine è stata riconosciuta e premiata con un contributo l’attività dell’ Associazione Mo.C.I. Cosenza, attiva da anni nel territorio con numeri programmi di solidarietà.

Continua così la strategia della Fondazione Lilli di sensibilizzazione attraverso il dialogo tra mondo scientifico e esperienze cliniche territoriali nonché l’impegno a valorizzare le potenzialità dei giovani ricercatori calabresi, dei quali si sollecita l’impegno nello studio e nella partecipazione, recuperandone la fiducia anche attraverso il sostegno economico e le borse di studio assegnate costantemente all’insegna del merito e della capacità professionale.

IV edizione Memorial Guerino Cittadino

memorial gueciCATANZARO – Al via le iscrizioni della IV edizione del  “Memorial Guerino Cittadino” il premio Internazionale di Poesia organizzato dall’Associazione GueCi, che da anni opera sul territorio con grande serietà e impegno. Il concorso è nato con l’intento di ricordare le vittime della malasanità e in particolare il padre della fondatrice dell’associazione; la scrittrice e poetessa rendese Anna Laura Cittadino.
In sole tre edizioni il concorso, per l’alta qualità e la rilevanza a carattere internazionale, ha ricevuto l’adesione del Presidente della Repubblica, che ha inviato una Medaglia nella scorsa edizione, del Presidente del Ministero Dell’Interno, e del Presidente dell’Universum Academy Switzerland. All’edizione di quest’anno ha aderito il M° Orafo Michele Lo Bianco che realizzerà i premi per i vincitori. Anche quest’anno il concorso è patrocinato dal comune di Rende.
Invariato il regolamento del concorso che prevede la partecipazione a tre sezioni di poesia: in lingua italiana, vernacolo, e  sul tema “I valori autentici della vita”. Il concorso è aperto ad autori sia italiani che stranieri che abbiano compiuto almeno 18 anni di età. Il termine ultimo per l’iscrizione al concorso è il 4 giugno, che si concluderà con la cerimonia di premiazione nel mese di ottobre, dopo che la giuria composta dal poeta  Mario De Rosa, dalla scrittrice e  recensionista Susanna Polimanti, dalla Presidente A.P.S “Le Ragunanze” Michela Zanarella  e dal poeta  Giuseppe Salvatore, avrà valutato le opere in concorso. Tutte le opere vincitrici saranno pubblicate nell’antologia del premio  e presentata nel corso della cerimonia di premiazione.
Il regolamento del bando è scaricabile in lingua italiana, francese e inglese sul sito web http://www.gueciass.altervista.org/

Anche la Camera di commercio di Cosenza aderisce al Digital Day

camera commercio csCOSENZA – Tra poche settimane, alla fine del mese di marzo, le distinte su carta dei fornitori della pubblica amministrazione saranno sostituite da files, su cui le fatture saranno trascritte, trasmesse e registrate. Una piccola rivoluzione, che ridurrà la carta e migliorerà la burocrazia. Obbligatoria nei confronti di Ministeri, Agenzie fiscali ed Enti nazionali di previdenza già dallo scorso 6 giugno 2014, la fatturazione elettronica sarà obbligatoria per tutte le altre amministrazioni, comprese le Camere di Commercio. All’Ente camerale di Cosenza, sempre attento e pronto a rispondere alle innovazioni tecnologiche e alle buone pratiche della gestione pubblica, in adesione al Digital Day, che domani si terrà contemporaneamente in tutta Italia, avrà luogo un Focus sulla fatturazione elettronica. L’incontro, organizzato in collaborazione con l’Agenzia per l’Italia Digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Unioncamere nazionale e l’associazione Digital Champions, si terrà lunedì 9 marzo 2015, dalle ore 9.00 alle ore 13.00, presso la Sala Petraglia dell’Ente camerale di Cosenza. La giornata di divulgazione avrà inizio con i saluti del Presidente della Camera di Commercio, Klaus Algieri, e della Componente della Commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera dei Deputati, on. Enza Bruno Bossio. All’introduzione dei lavori seguirà la relazione di Paolo Mirabelli, di Digital Champions, che tratterà della fattura elettronica con le sue norme e la definizione dei requisiti, degli adempimenti per le imprese e i professionisti, oltre gli adempimenti per le Pubbliche Amministrazioni. Concluderà l’incontro il rappresentante di Infocamere Alfredo Savaglio con una presentazione del servizio on line gratuito erogato dalle Camere di Commercio alle Piccole e Medie Imprese.

Leopardi era davvero pessimista? Il parere dei docenti di Letteratura

internazionale_logoLeopardi,_Giacomo_(1798-1837)_-_ritr__A_Ferrazzi,_Recanati,_casa_LeopardiRecentemente, la rivista “Internazionale” ha pubblicato un articolo di una docente universitaria, Clizia Carminati, che parte dall’analisi del pensiero di Leopardi, suddiviso convenzionalmente in tre o quattro fasi di pessimismo, ma che la docente critica, poiché la ritiene errata, per estendere la critica ai metodi di insegnamento, liceali e universitari compresa la strutturazione del Corso di Studi in Lettere.

Abbiamo pensato quindi di sentire il parere di tre esperti di Letteratura Italiana: la docente Luciana Donato, del liceo “Lucrezia della Valle” di Cosenza; la docente Margherita Ganeri dell’Università della Calabria e il Dott. Giovanni Potente, docente a contratto di Laboratorio di Italiano Scritto dal 2001 al 2014 presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria.

Link dell’articolo pubblicato giorno 02 febbraio 2015 della rivista Internazionale http://www.internazionale.it/opinione/clizia-carminati/2015/02/02/leopardi-non-era-pessimista-quello-che-sanno-e-non-sanno-i-futuri-insegnanti e a seguire le interviste

-Come si è avvicinato/a alla Letteratura italiana e come ha deciso di farla diventare la “scelta di una vita”? È stata una passione spontanea o è stato un autore in particolare che l’ha affascinato/a tanto da condizionare la sua scelta?

D: La mia passione per la letteratura italiana è frutto della sapiente stimolazione culturale ricevuta da parte di mia madre, saggia maestra elementare e grande appassionata di tutto ciò che concerneva azioni pedagogiche intensive e mirate. In casa mia i libri di letteratura infantile e poi quelli per giovani e adulti e anche le enciclopedie di ogni tipo, erano sempre disponibili e scelti con attenzione tra i più importanti e più adatti a contribuire alla formazione culturale di noi figli. Quale autore mi ha affascinata? Non so, trovavo affascinante ogni autore non solo italiano ma anche straniero: la Alcott; G.Sand; G.Verne; Dickens. Ma il primo, in assoluto, è stato Collodi e poi De Amicis letti dalla mia mamma.

G: Direi che la mia passione è stata spontanea e precoce. Fin da bambina mi piaceva molto leggere e scrivere, e già alle elementari sognavo di poter continuare a leggere e scrivere per tutta la vita. Dopo il liceo, però, avevo in mente di diventare archeologa. Mi ero iscritta a Lettere classiche con questo scopo. Le lezioni di Letteratura italiana di Romano Luperini all’università di Siena mi fecero cambiare idea. Ricordo che le prime che seguii erano sul Mastro-don Gesualdo di Giovanni Verga.

P: In quanto alla ‘passione spontanea’, sappiamo che la spinta alla conoscenza è un dáimon irrefrenabile e totalizzante, anzi, totalitario: esercita un dominio assoluto sull’esistenza di chi ne è preso. Nel mio caso si è manifestato prestissimo, e la lettura ha rappresentato la risposta più immediata. La mia infanzia e la mia adolescenza sono state segnate dalla letteratura. A cominciare da autori quali Jules Verne, Emilio Salgari, Jack London. Libri come Viaggio al centro della terra, Le tigri di Mompracem o Il richiamo della foresta ampliarono gli orizzonti della mia mente e del mio immaginario, intensificando ulteriormente la mia curiositas (nell’accezione classica: sete di conoscenza). E mi fornirono preziose coordinate storiografiche ed etiche: per esempio, grazie a Salgari iniziai già da allora a guardare con sospetto e col necessario senso critico all’imperialismo britannico e a quello dell’intero Occidente. In quel periodo il percorso formativo di bambini e adolescenti (perlomeno di quelli più attenti e predisposti) includeva una serie cospicua di fonti e opzioni, dai fumetti al teatro ai film. Allora era ancora vivo e vitale il grande cinema d’autore, e si poteva scegliere se andare a vedere Kubrick o Bertolucci, Wenders o Herzog. E la RAI mandava in onda in prima serata, tanto per dire, capolavori come L’asso nella manica, Fronte del porto, Viva Zapata! o Quarto potere, oltre ad importanti rappresentazioni teatrali e memorabili sceneggiati. La letteratura, tuttavia, per me restò a lungo il principale riferimento. Devo precisare però che questo avvenne senza distinzioni tra la tradizione italiana e quelle straniere. Così già i primi anni di università, tra l’impegno personale e quello legato agli studi, avevo completato un percorso di letture onnivoro e variegato, che includeva i più importanti capolavori della letteratura classica, di quella italiana e di quelle straniere. Ovviamente, alcuni autori e alcune opere hanno maggiormente segnato la mia formazione culturale e spirituale. Tra queste posso citare alla rinfusa l’Epopea di Gilgamesh, la Baghavad Gīta, l’Iliade e l’Odissea, le grandi tragedie greche (su tutte L’Edipo re, come grande discorso sul degrado della regalità sacra, e la Medea), Le Metamorfosi di Ovidio, L’Asino d’oro di Apuleio, i Trovatori, il ciclo di romanzi della Tavola Rotonda e quelli di Chretien de Troyes, naturalmente la Divina Commedia, poi il Don Chisciotte, quasi tutto Shakespeare compresi i Sonetti, i simbolisti francesi, Moby Dick, Kafka, l’Ulisse di Joyce, The Waste Land di T. S. Eliot, tutto Borges e poi ancora Conrad (in particolare La linea d’ombra e la memorabile denuncia del “cuore di tenebra” dell’Occidente. E a quel tempo risalgono i primi approcci – maturati in seguito – alla poesia mistica islamica del Medio Evo (Rūmī, Sana’i ecc.). Per quanto riguarda la letteratura italiana, invece, indimenticabile e decisivo è stato l’incontro con Torquato Tasso, in particolare con la Gerusalemme liberata, cui avrei in seguito dedicato la tesi di dottorato.

– In linea generale, è d’accordo su quanto afferma la docente che ha scritto l’articolo?

D: La docente, in linea generale, può essere condivisa; tuttavia, non è detto che la lettura diretta dei testi sia del tutto sparita dall’insegnamento della letteratura, anzi sarebbe privilegiata e ancor più affinata dall’introduzione di una tipologia di scrittura come l’analisi testuale, tra quelle proposte dal Ministero all’Esame di Stato.

G: Sono parzialmente d’accordo, ma credo i complessi problemi chiamati in causa nell’articolo avrebbero bisogno di analisi più approfondite.

P: L’articolo, lucido e pertinente, ‘fotografa’ la situazione. Non è opinabile: è semplicemente – e tristemente – oggettivo.

È d’accordo sul fatto che Leopardi non era pessimista? E se così fosse lei come lo definirebbe?

D: Leopardi sicuramente amava la vita e da essa fu drammaticamente deluso perché costretto a non veder mai realizzate le tante aspettative giovanili. L’ Autrice dell’articolo in questione rifiuta il fatto che si possa ridurre la conoscenza di Leopardi al saper incasellare ben bene i periodi della sua vita e la sua produzione poetica nelle varie fasi del pessimismo. Fino a questo è vero, è vero se si pretende di conoscere un autore tanto complesso e vivo tenendo a mente solo delle “formulette”; tuttavia chi dice che la lettura diretta dell’Autore non si usi più? Che la Scuola la abbia bandita totalmente e che gli insegnanti non la propongano più?

G: Sul fatto che Leopardi sia un pessimista non credo ci possano essere dubbi. Che non usasse il termine e non si autodefinisse tale non sono argomenti validi a smentire la definizione, derivante da un ampio dibattito filosofico e critico.

– Nella sua esperienza di docente liceale/universitario, ha avuto modo di osservare e verificare come gli studenti si rapportano a Leopardi e, in generale, alle Letteratura Italiana. Ritiene che comprendano davvero il pensiero del poeta o si limitano agli schemi che i manuali, e spesso i luoghi comuni, impongono? E per quanto riguarda la Letteratura Italiana in generale? Cosa pensa dell’utilizzo del manuale da parte degli studenti, che semplifica e schematizza i pensieri degli autori, invece di leggere, ad esempio, un’opera per ogni autore cardine della Letteratura Italiana?

D: Nella mia lunga esperienza di docente ho sempre riscontrato molto efficaci le letture dirette degli autori e non mi sono mai fermata alla esposizione, più o meno schematica, di notizie su di loro. Ho sempre proposto la lettura di brani significativi dei diversi autori, variata il più possibile. Gli alunni seguono le letture e, in particolare, la poesia e Leopardi, per loro è sempre, come dire?, una bella sorpresa. Perché basta una attenta ed efficace “visita” nelle pieghe più nascoste dell’anima leopardiana, per far cadere gli stereotipi più radicati e duri a sparire. Se poi si riesce anche a far apprezzare, oltre al contenuto, anche la musicalità della lirica, leopardiana e non, il gioco è fatto. Più volte ho visto classi “chiacchierine” prestare attenzione e anche a lungo, se, come dicono i ragazzi ciò che si dice “è bello”; sarebbe bello poter proporre lo studio dell’opera più significativa degli autori studiati; per alcuni scrittori bisognerebbe renderlo obbligatorio: i narratori del Novecento, per esempio.

G: Non si può dare una risposta unica e valida per tutti i casi a questa domanda, perché gli studenti universitari, essendo adulti in larga parte già formati, sono difficilmente omologabili in un’entità unitaria. In generale posso dire che il rapporto tra l’attuale popolazione studentesca e il linguaggio della tradizione letteraria è diventato difficile. Chi studia oggi ha molte difficoltà persino nella comprensione letterale dei testi. Nella didattica universitaria contemporanea, i manuali sono ridotti al minimo e in molti casi sono addirittura scomparsi. I programmi degli esami di Letteratura italiana e di Letteratura italiana contemporanea contemplano classici e testi critici, solo in rari casi anche manuali storiografici. Il problema, però, è che il numero di classici che può far parte di un programma d’esame è limitato. Per questo molti laureati ignorano molti autori, opere, fenomeni, correnti. Dal mio punto di vista i manuali dovrebbero essere reintrodotti, perché sono gli unici strumenti utili a padroneggiare l’insieme di quello che si chiama il «canone letterario».

– Cosa pensa del fatto che gli studenti non comprendono, fraintendono l’italiano arcaico? Tra l’altro, l’italiano moderno è sempre più brutalmente violentato dalle abbreviazioni e dagli errori grossolani. Cosa pensa di ciò? Nella sua esperienza di docente ha riscontrato, statisticamente, una buona conoscenza della lingua italiana nei suoi studenti?

D: La lettura guidata dall’insegnante può aiutare i ragazzi a superare le difficoltà che sicuramente riscontrano nella lettura dell’Italiano più antico che è faticosa per loro e richiede paziente applicazione per evitare fraintendimenti; le versioni facilitate possono essere utili per mantenere viva l’attenzione; è certo, comunque, che anche la lettura del testo originale è importante. Per quanto riguarda la conoscenza e padronanza della lingua moderna, devo ammettere di riscontrare un progressivo decadimento e un radicamento di usi errati difficili da estirpare.

G: Penso che sia vero, ma anche inevitabile, perché le lingue si evolvono e trasformano. La vera crisi contemporanea, a mio parere, non è tanto di natura linguistica, quanto di natura culturale. Ė la letteratura stessa a essere in declino, e per ragioni che non sono determinate dal sistema scolastico, come si sostiene nell’articolo, ma da un complesso insieme di fattori economici che si intrecciano alla cosiddetta «rivoluzione informatica». Lo scarso grado di padronanza della lingua italiana tra gli attuali studenti universitari è un dato ormai ampiamente certificato. Ciò che riscontro quotidianamente, purtroppo, è che all’impoverimento dell’espressione orale fa seguito un ben più grave impoverimento dell’espressione scritta.

P: In verità, nei 15 anni di didattica di Laboratorio di Italiano Scritto non ho registrato troppi casi di evidenti lacune grammaticali. Invece, ho dovuto verificare un drastico impoverimento tanto del repertorio lessicale degli studenti quanto della cosiddetta ‘cultura generale’. Il fenomeno deriva, in tutta evidenza, da una più articolata e complessa dinamica sociale, che coinvolge pure quella minoranza fortunata di giovani che ancora può iscriversi all’università: la sempre più rara familiarità delle persone con la lettura (con la lettura in senso lato, compresa quella di un semplice quotidiano). Il contesto generale da cui provengono e in cui continuano a muoversi i nostri studenti è quello di un Paese in cui, come riportano i dati e le statistiche, aumenta in modo esponenziale il cosiddetto “analfabetismo di ritorno”, ed in cui, come attesta l’Istat proprio in questi giorni, il 26% dei giovani tra i 15 e i 30 anni non studia né lavora ( in Calabria questa percentuale già scabrosa sale ad un drammatico 35,6%), mentre solo il 42% delle persone raggiunge il diploma di scuola media. Del resto, di queste dinamiche i nostri giovani sono le vittime, non i protagonisti. Si tratta, a ben vedere, di una autentica e perversa ‘involuzione antropologica’ che ha investito il nostro Paese a partire da almeno gli anni Ottanta del Novecento, col diffondersi dei modelli culturali imposti dalle televisioni commerciali: una involuzione che ha stravolto il nostro sistema di valori, innescando una deriva consumistica ed edonistica che ha spazzato via, tra le altre cose, anche il rilievo e l’importanza che prima (fino a tutti gli anni Settanta) si annetteva all’istruzione e alla cultura, quindi alla lettura, ai saperi e alla loro condivisione. Chi abbia innescato e a chi abbia giovato questa ‘mutazione’ delle ‘strutture profonde’ della mentalità, del comune sentire e dei nostri valori mi sembra chiaro: definirlo genericamente ‘Potere’ può bastare. L’argomento è essenziale, ed ovviamente in questa sede non mi ci posso soffermare (l’ho trattato, però, più diffusamente nelle dispense del mio Laboratorio). Posso solo far notare come non solo il Potere, nella sua essenza, sia fatto esso stesso di linguaggio, ma anche come le Istituzioni del Potere (Governi, Stati, organismi sovranazionali) abusano quotidianamente e sistematicamente del linguaggio che ci circonda, attivando le prassi più bieche ed ingannevoli della peggiore propaganda. In questo senso, è sono prima di tutto le Istituzioni che ‘violentano brutalmente’ l’italiano. Oppure, semplicemente quanto perfidamente, lo rinnegano, adottando termini e formule stranieri. Per esempio, uno squallido anglismo come Jobs Act non rappresenta soltanto un oltraggio alla lingua di Dante e alla nostra identità culturale, ma cercando di evocare una sensazione di moderna efficienza anglosassone, aziendale e tecnocratica, serve a nascondere una ben più cruda verità: l’ennesimo attacco ai diritti dei lavoratori. Un attacco che comincia appunto con un atto supremamente linguistico.

– Uno fra gli scrittori presi a modello di riferimento dai giovani d’oggi è Moccia piuttosto che Leopardi, D’Annunzio, Montale, scrittori della Letteratura italiana che tradizionalmente si studiano a scuola. È d’accordo con questa affermazione? E se sì, pensa che si tratti di un’evoluzione o di un’involuzione? Se così fosse, pensa vi siano soluzioni?

D: Il modello di riferimento non per tutti è solo Moccia, la percentuale di giovani che non hanno letto nemmeno Moccia è abbastanza alta, tuttavia, tra i giovani che leggono c’è anche chi legge Montale e altri Autori. Bisognerebbe riportare i giovani alla lettura. Non so indicare soluzioni che non appaiano banali; forse la Scuola può agire, cercando di far amare agli studenti ciò che viene insegnato.

G: Probabilmente tra i giovani in età scolare o tra quelli che non intraprendono studi universitari quanto Lei afferma è vero. E certamente si tratta di un’involuzione, visto lo scarso livello di scrittori come Moccia. Le soluzioni dovrebbero essere cercate in primo luogo a scuola, ma servirebbe anche l’influenza di una società colta, di una società di lettori, che l’Italia non ha e che rischia di avere sempre meno, in questo momento di grave crisi.

P: Non so se il modello di riferimento dei giovani sia Moccia o Leopardi. Certo, una generazione di adolescenti e di giovani chiusa negli orizzonti svenevoli ed auto-referenziali di un autore come Moccia rappresenta esattamente la realizzazione di uno dei più intensi desideri del Potere: avere a che fare con una generazione il cui senso critico è disinnescato a monte, il cui potenziale ‘impegno’ sociale e politico è inibito in partenza, e la cui attenzione è distratta rispetto ai veri problemi della società, pertanto è facilmente suggestionabile e manovrabile. Esattamente come gli adulti, a loro volta distratti e impauriti dalle stringenti necessità della mancanza di lavoro e della ‘crisi’ (una crisi indotta a tavolino e innescata da politiche monetarie europee, come l’introduzione dell’euro). Insomma, è chiaro che un popolo di ignoranti è più facile da controllare, e che Moccia è parte integrante del rincretinimento generale in atto.

– Ritiene che i criteri per iscriversi al Tfa siano validi e sufficienti?

D: Non conosco bene i criteri in questione, penso, però, che i TFA dovrebbero garantire l’accesso a chi ha già delle conoscenze specifiche.

G: Condivido l’idea che si possa accedere al Tfa solo dopo una laurea superiore. I processi di selezione affidati ai test, invece, non mi sembrano validi, perché non selezionano i candidati migliori.

– Cosa ne pensa dei corsi di laurea in Lettere che prevedono nel piano degli studi un solo esame di Letteratura italiana? Secondo lei come dovrebbe essere strutturato un Corso di Laurea in Lettere?

D: Il mio corso di laurea in Lettere Classiche, allora quadriennale, prevedeva due esami di letteratura italiana, due di letteratura greca, due di letteratura latina, per non parlare delle filologie, della storia ecc. Questi esami imponevano, oltre ai diversi corsi monografici, anche lo studio di una vasta scelta di autori ed opere: non basta un solo esame! È durante gli anni universitari che si approfondisce la conoscenza della disciplina studiata, quando altrimenti? Quindi, bisognerebbe riproporre un piano di studi strutturato in maniera simile a quello vecchio, quadriennale.

G: Ormai esistono moltissimi corsi di laurea, e in molti, secondo me, non serve più di un esame di Letteratura italiana. In generale credo che al centro della formazione universitaria odierna, nei percorsi di laurea in Lettere, dovrebbe essere posta la scrittura. Si dovrebbe scrivere molto, dal primo all’ultimo anno, perché oggi, come ho già detto, solo una minoranza esigua degli studenti mostra di saper scrivere in modo corretto.

P: Naturalmente, un corso di laurea in lettere che preveda un solo esame di letteratura italiana è inconcepibile. Quanto a come dovrebbe essere strutturato un corso di laurea in Lettere, non mi esprimo nel dettaglio. Posso solo dire che il mio ideale percorso formativo umanistico include categoricamente, in una prospettiva il più possibile interdisciplinare, studi di Letteratura italiana, latina e straniera, di Storia, Geografia, Storia dell’arte, Storia della filosofia, Storia del cinema, Antropologia culturale e Storia delle religioni.

– Studiare in modo approfondito tutti gli autori della Letteratura italiana sarebbe, purtroppo, impossibile, per mancanza di tempo. Quali sono gli autori, secondo lei, la cui conoscenza è imprescindibile per poter dire di conoscere la nostra Letteratura? Ritiene davvero che gli studenti dovrebbero leggere tutti i componimenti del Petrarca, come auspica la Carminati?

D: La letteratura italiana è vasta e molto articolata, se si tentasse di approfondire anche un solo secolo sarebbe già una bella scommessa! Gli Autori non possono non essere quelli già studiati nei Trienni della Scuole Superiori (Petrarca deve essere letto e in modo approfondito, sono quasi d’accordo con la Carminati ma con la necessaria attenzione a non trascurare i Contemporanei, narratori e poeti. Non è completa la conoscenza della Letteratura Italiana se non si è letto, per esempio, Calvino, Pasolini, Bertolucci, Luzi, Fo, Sciascia, Maraini, Tomasi di Lampedusa, Ginzburg……..non continuo: la lista è lunga!

G: Un canone pur ristrettissimo dei classici fondamentali non può non prevedere: Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto, Machiavelli, Tasso, Foscolo, Leopardi, Manzoni, Verga. Per il Novecento il discorso si complica, perché il canone non è ancora del tutto formato. Tuttavia, autori come Pirandello, Saba, Svevo, Montale, Ungaretti, Gadda, Sciascia, Tomasi di Lampedusa, Morante, Calvino, Pasolini dovrebbero essere noti a tutti gli studenti. E però ci sono parecchi “minori” che non mi sentirei di escludere. Le mie predilezioni di lettura, per esempio, mi fanno credere che se non si conosce l’opera di Federico De Roberto, non si conoscere la letteratura italiana post-unitaria.

P: Ritengo sia necessario seguire, più che i canoni e le mode, un criterio preciso. Che è quello valido in ogni aspetto della vita. Ossia ricercare ciò che ci aiuti nel compito precipuo dell’esistenza (almeno delle esistenze più evolute): “espandere la coscienza”. Ecco: anche nella scelta degli autori cui dedicare il nostro impegno, si vada ad individuare quelli che ci aiutano ad amplificare la nostra consapevolezza spirituale e sociale. In questo senso, Dante e Tasso sono i soli Maestri della nostra civiltà letteraria che considero assolutamente ineludibili.

– È d’accordo con la frase con cui la docente chiude l’articolo “Non si può quantificare la conoscenza, e tanto meno il pessimismo.”?

D: La conoscenza è fatta di tante cose che non si possono, però, confondere con le nozioni; il pessimismo non so se si possa quantificare, non credo si debba fare.

G: Che si tratta di una frase ad effetto, su cui non c’è bisogno di ragionare troppo.

– Ritiene che davvero gli studenti dovrebbero leggere tutti i componimenti del Petrarca, come auspica la giornalista?

G: Per un esame o per una tesi su Petrarca, certamente sì. In altri casi credo che una selezione possa bastare.

– Cosa ne pensa del fatto che gli studenti leggano opere in italiano arcaico (come il Machiavelli citato dalla Carminati, ma come tanti altri) esclusivamente nella traduzione in italiano moderno?

G: Che sia come leggere Sofocle o Shakespeare o Tolstoj in italiano moderno. Non vedo quale sia il problema, a meno che non studino per diventare insegnanti di letteratura italiana.

– Cosa pensa del fatto che gli studenti utilizzano il manuale che semplifica e schematizza i pensieri degli autori invece di leggere, ad esempio, un’opera per ogni autore cardine della Letteratura Italiana? E cosa pensa del fatto che gli studenti non comprendono, fraintendono l’italiano arcaico?

P: Posso iniziare a rispondere a queste due domande – strettamente interconnesse – citando proprio l’articolo della Carminati, che giustamente rileva come sia un problema il fatto che tanto nelle scuole quanto nelle università i docenti insistono troppo sulla “critica” e sui manuali (la “bibliografia secondaria”) rispetto alla lettura diretta dei testi (la “bibliografia primaria”). Questo scompenso è assolutamente pernicioso. Messi troppo poco a confronto con i testi, gli studenti non sono adeguatamente allenati ad operare in senso filologico, quindi a praticare la comprensione letterale dei testi e la loro parafrasi (la ‘traduzione’ dal loro italiano in quello corrente). E in effetti, fu anche per ovviare a queste mancanze che, come sanno i miei ex studenti, proprio la comprensione e la parafrasi di testi in prosa e in versi erano parte del programma del Primo Livello del mio Laboratorio di Italiano Scritto. In effetti, ritengo che nell’insegnamento della letteratura italiana si dovrebbe seguire sempre il metodo di cui ho potuto usufruire come studente della Facoltà di Lettere dell’Unical. La parte monografica dei due corsi di Letteratura italiana da me seguiti, tenuti dal prof. Roberto Mercuri, era dedicata alla Divina Commedia. Le lezioni consistevano principalmente in una puntuale e mirata disamina filologica dei canti sui quali era maggiormente concentrata l’attenzione. Il testo era analizzato parola per parola, verso per verso. Quindi si procedeva alla sua corretta comprensione letterale e alla sua parafrasi. Solo a questo punto si passava al disvelamento dei livelli semantici del testo, inclusi i suoi più profondi significati simbolici e allegorici, ricollegandoli al complesso della cultura filosofica e teologica dell’autore e al contesto generale della civiltà medioevale. Ebbene, penso che un corso di Letteratura italiana vada sempre tenuto in questo modo. E ciò vale prima di tutto per il metodo: qualunque sia l’autore trattato, gli studenti vanno messi a diretto rapporto con i testi, prima che con la critica, e vanno guidati nell’analisi filologica, quindi nella comprensione letterale e nella parafrasi. Ma il discorso riguarda anche il merito del testo su cui operare: sono convinto che almeno uno dei due corsi di Letteratura italiana essenziali per una laurea in Lettere debba essere categoricamente destinato alla Divina Commedia, opera fondamentale della moderna civiltà letteraria occidentale, unico capolavoro della letteratura italiana che il più grande critico vivente, Harold Bloom, ha inserito nel suo The Western Canon. E vale giusto la pena ricordare come il capolavoro di Dante sia al tempo stesso eterno e attualissimo. Eterno come solo un classico universale può esserlo, nella misura in cui conferisce al lettore saperi e significati di ordine metafisico (in questo senso la Divina Commedia è un testo che rientra pienamente nella Tradizione, nell’accezione che alla Tradizione assegnava René Guénon). Attualissimo per come resta pertinente e all’ordine del giorno la sua critica di fondo alle degenerazioni della ‘civiltà borghese’. Per esempio, a fronte del degrado sociale e morale indotto nel contesto globale dal dominio plutocratico esercitato dall’élite finanziaria, i versi che nell’Inferno Dante dedica al peccato di usura, di cui denuncia la dimensione oltremodo oscena e contro-natura, restano illuminanti e, appunto, di pregnante attualità. Infine, relativamente alla parte della domanda in cui Lei fa riferimento al fatto che i nostri studenti dovrebbero leggere almeno una delle opere maggiori dei nostri più importanti autori, ricordo che solitamente, a prescindere dallo studio delle parti monografiche, il resto dei due esami di letteratura italiana consisteva appunto nella lettura di buona parte dei capolavori della nostra tradizione. Laddove oggi così non fosse, si tratterebbe di un clamoroso errore di impostazione.     

– Ha mai riscontrato questi “equilibri di potere” di cui parla la giornalista all’interno delle Università?

P: Già da studente mi resi conto che l’Università non è il “tempio del sapere”, il luogo d’elezione di una nobile congrega di sapienti che ritenevo fosse. Comunque, vorrei rispondere in parte riprendendo un articolo che dedicai tempo fa all’argomento. L’Università è un luogo “del” Potere per il fatto stesso di essere una Istituzione: come la Scuola, le caserme, le banche e le carceri. Ora, noi abbiamo imparato dal Foucault di Sorvegliare e punire che il Potere svolge un doppio ruolo: “reprimere” e “produrre”. Ed il Potere “produce” innanzi tutto se stesso, determinando, mettendo in atto e dispiegando l’immateriale “impalcatura culturale” che lo sorregge. In altri termini, il Potere “produce” il sistema di valori che lo legittima, la visione del mondo condivisa dalle persone, il linguaggio che lo rappresenta (propaganda, slogan). In ultima analisi, ancora ha ragione Foucault: il Potere “produce” le persone, attraverso, si intende, la trama di condizionamenti (culturali, linguistici, mediatici ed etici) che mette in campo. Per questo la sua funzione repressiva è perfino secondaria: quando il Potere reprime, lo fa nei confronti di persone che sono già, in buona parte, sue emanazioni. Così, laddove la “caserma” (il comparto poliziesco-militare) reprime e il carcere punisce (la punizione senza redenzione della galera), l’Università è luogo “del” Potere in quanto è lì che il Potere “produce” e ribadisce se stesso attraverso la propria “rappresentazione” in termini di idee e concezioni del mondo. Più precisamente, l’Università è luogo “del” Potere perché in definitiva ne è un logo . Proprio come un logo o un brand “raccontano” e manifestano una azienda o un prodotto, così l’Università “narra” il Potere, giorno dopo giorno, lezione dopo lezione, nella misura in cui procede alla “grande narrazione” o “meta-narrazione” (la definirebbe Lyotard) della Kultur occidentale, raccontando e letteralmente “pubblicizzando” (nel senso di presentare – ed imporre – ad un pubblico: gli studenti) il prodotto di se stesso: l’impalcatura ideologica che lo riafferma e giustifica, legittimando la “realtà” così com’è. Insomma: alle persone che sono in larga misura già un suo “prodotto”, il Potere offre la “struttura” (inverto volutamente la terminologia marxiana) dei valori e delle credenze che esso stesso “produce” e che simultaneamente lo identifica, nel senso che gli conferisce la sua identità, attraverso la quale si fa riconoscere e si impone al mondo. In ogni caso, la “grande narrazione” della “cultura ufficiale” accademica si offre e ci offre l’immagine di un “mondo così com’è” conciliato con se stesso, congruo, auto-fondato, coerente. Quindi giustificato e legittimato culturalmente in ciò che è: la versione moderna dell’inesausto Imperialismo dell’Occidente. Ma l’Università non è solo una Istituzione “del” Potere. Essa stessa è intimamente costituita “di” Potere. Come tutto ciò che è fatto da e di relazioni umane. Perché il Potere non consiste solo nelle Istituzioni che lo incarnano e rappresentano. Piuttosto, come ancora vuole Foucault, esso è (anche) una sorta di aura immateriale: è ovunque, impersonale e anonimo; si «esercita a partire da innumerevoli punti e nel gioco di relazioni diseguali e mobili» (La volontà di sapere). Questa dimensione del Potere, la più sottile e subdola, nell’Università si respira assieme all’aria, appunto perché vibra nelle relazioni interpersonali: trionfa nel sussiego superbo di uno sguardo; dilaga nell’autocompiacimento intellettuale mal dissimulato di certi discorsi; si distende in un sorriso di superiore accondiscendenza; giace nella deferenza subalterna di qualcuno; si scuote nelle gratuite impennate autoritarie di altri; insiste nelle prassi nepotistiche; si palesa nel mobbing e nel bossing quotidiano; si dispiega nelle stanze, negli uffici e negli studi. Insomma, vive nella struttura gerarchica stessa che costituisce l’accademia. E che poi questo Potere si manifesti in forma di torbidi giochi ed “equilibri di potere” (per i quali a volte persino qualche corso o qualche Laboratorio viene fatto scomparire), ciò è purtroppo inscritto nella natura stessa dell’Università, che riflette problemi e contraddizioni di ogni ambito di una società in crisi: in crisi etica, prima che economica.

Angela Francesca Mandarino

AlterAzioni Festival al Morelli

 

alterazioniCOSENZA – Il suo titolo è “AlterAzioni” ed è un festival composto da quattro significativi appuntamenti con alcune delle migliori proposte del panorama musicale internazionale, artisti che nella loro carriera sono riusciti a mettere d’accordo critica e pubblico nel mondo del jazz, del blues e della fusion. Il Festival, scaturito da una joint-venture tra due delle realtà più attive e consolidate del panorama degli eventi culturali e musicali cosentini, MK Live e Be-Alternative, e patrocinato dall’Assessorato al teatro, agli eventi e allo spettacolo guidato da Rosaria Succurro, vedrà avvicendarsi sul palcoscenico del Teatro “Morelli”, a partire da lunedì 16 marzo, musicisti di particolare spessore e qualità. Vera e propria anteprima del festival “AlterAzioni” sarà, lunedì 16 marzo, alle ore 21,00, il concerto del nuovo trio di Paolo Di Sabatino, affermato compositore, arrangiatore e pianista jazz abruzzese che vanta significative collaborazioni con jazzisti di spicco come Enrico Rava, Paolo Fresu, Fabrizio Bosso, Lee Konitz, Rosario Giuliani e tanti altri ancora.

In occasione del concerto del prossimo 16 marzo, Paolo Di Sabatino sarà affiancato da due musicisti di primaria grandezza, leader indiscussi della scena pop, jazz e fusion internazionale: Jo Jo Mayer alla batteria e Christian Galvez al basso. Insieme danno vita a “TRACE ELEMENTS” che è anche il nome del più recente progetto discografico del pianista abruzzese, anche se nel disco Di Sabatino era supportato da Gary Willis al basso e da Peter Erskine alla batteria.

Direttore artistico di “AlteraZzioni” è Marco Verteramo, infaticabile animatore della MK Live e patròn della etichetta discografica MK Records.

“AlterAzioni sottolinea Verteramo in una nota – ha come obiettivo quello di mettere in higlights la musica di qualità, la cosiddetta musica “suonata”, quella dei musicisti con la “M” maiuscola. Con questo festival garantiremo una kermesse   prestigiosa alla città di Cosenza e agli appassionati provenienti da tutta la regione ed anche da fuori regione”.

Particolare soddisfazione per la qualità degli artisti messi insieme da MK Live e Be-Alternative, è stata espressa dall’Assessore Rosaria Succurro. “Quando abbiamo visto e valutato la proposta degli organizzatori – ha detto la Succurro – non abbiamo esitato ad accoglierla, sulla scorta del fatto che nel nostro Teatro “Morelli” si esibiranno dal 16 marzo musicisti di riconosciuta qualità e di fama internazionale”.

Il programma dettagliato del festival sarà reso noto nei prossimi giorni in una conferenza stampa. Il 14 Aprile la rassegna del “Morelli” entrerà nel vivo con il concerto di Scott Henderson, eccezionale chitarrista che da sempre ha varcato il confine tra jazz e blues, con i suoi ritmi arditi per velocità e contenuto, scivolando con naturalezza da una scala jazz obliqua ad una blues o araba. Henderson sarà accompagnato da Travis Carlton al basso ed Alan Hertz alla batteria.

Sarà poi la cantante newyorchese Jacqui Naylor la protagonista del concerto in programma il 21 aprile. La Naylor è considerata tra le nuove voci più interessanti del jazz americano.

Il 9 Maggio sul palco del Teatro Morelli saliranno, infine, “TUCK & PATTI” storico duo statunitense, ormai stabilmente opzionati ogni anno da festival internazionali come “Umbria Jazz”. Un’affermata coppia musicale da oltre trent’anni che porta in giro per il mondo un originale repertorio jazz, gospel, soul e new age per sola chitarra e voce. Tuck Andress, vero e proprio virtuoso delle sei corde, è uno dei chitarristi più originali ed eclettici emersi nel jazz negli anni ’80. Patti Cathcart, afroamericana di San Francisco, è una cantante di estrazione gospel e blues dalla voce potente, limpida e densa di feeling e musicalità. A fare da apripista a “Tuck & Patti” il duo cosentino “In the loop”, formato dalla voce di Marida Longo e dal basso elettrico di Marcello Politano.

Comitato Ambientale Presilano: “Le bugie hanno le gambe corte”

Fiaccolata-contro-celico-comitato-presilanoIl Comitato Ambientale Presilano dichiara: “È ormai passato un anno dai giorni del blocco della discarica di Celico ad opera della popolazione presilana ed è passato esattamente un anno da quel Consiglio Comunale aperto e congiunto, simbolicamente organizzato, sotto la pioggia, proprio all’ingresso della strada che porta in discarica. Un bel palcoscenico, una bella cornice mediatica, con tv e giornali presenti. Ma come per tutti i palcoscenici che si rispettino, anche allora è andato in scena il teatrino della politica del PD presilano, che attraverso la bocca dei suoi rappresentanti istituzionali, prendeva allora e successivamente in altre decine di occasioni formali e ufficiali, impegni precisi con la popolazione rispetto alla questione della discarica illegale di Celico.In particolare, il Comune di Celico, per bocca dell’allora Sindaco Corrado, spalleggiato dall’allora assessore e oggi a sua volta Sindaco Falcone, prendeva un impegno solenne in merito al monitoraggio ambientale di tutta l’area interessata dalle discariche di contrada San Nicola, affermando a chiare lettere e per iscritto che i fondi derivanti dalle royalties della discarica (l’affitto che paga Vrenna al Comune di Celico, per intenderci) sarebbero stati destinati al controllo dell’inquinamento attraverso studi e analisi specifici e monitoraggio costante dell’area. Tale impegno, riconfermato mediante delibera nel primo consiglio comunale in cui ha fatto il suo esordio la nuova amministrazione di Celico guidata dal Falcone, ad oggi è stato TOTALMENTE DISATTESO e benché le prime tranche delle royalties siano già state corrisposte dalla Mi.Ga. al Comune di Celico, nemmeno un centesimo è stato speso per ciò che si era promesso e sottoscritto attraverso quegli atti ufficiali. Chiediamo pertanto, e per l’ennesima volta, all’Amministrazione di Celico di rendere conto di questo suo inaccettabile atteggiamento non al C.A.P., ma proprio alla popolazione alla quale quelle cose erano state promesse. Diversamente, tutti in presila, saremmo portati a ritenere ormai non solo un sospetto, un’illazione politica, ma una certezza fondata sui fatti che per questa Amministrazione, la salute dei propri cittadini e di quelli limitrofi non solo non rientra tra le priorità della sua azione amministrativa, ma è semplicemente uno tra i tanti mezzucci dai quali cavar consenso. Chiediamo altresì e ufficialmente che l’Amministrazione di Celico si faccia immediatamente promotrice dell’organizzazione di un consiglio Comunale congiunto con gli altri comuni della fascia, anche alla luce delle ultime deliberazioni consiliari del Comune di Rovito, in cui da parte sua dovrà rispondere alla cittadinanza di questa ormai inaccettabile e reiterata condotta fraudolenta.”

Ciclo di seminari Unical

unical seminariCOSENZA – L’Università della Calabria ha organizzato, nell’ambito del progetto SILA PONa3_00341, un ciclo di seminari con l’obiettivo di diffondere lo straordinario patrimonio di conoscenze e di competenze maturato dall’Ateneo calabrese nei macrosettori relativi alla mitigazione dei rischi naturali; alla caratterizzazione, trattamento e valorizzazione di inquinanti, reflui, rifiuti ed ecosistemi; a biodiversità e relazioni tra ambiente e salute dell’uomo, razionalizzando e rendendo più efficiente la rete dei laboratori che operano nel settore ambientale.

L’iniziativa, dal titolo “CICLO DI SEMINARI TIA: Tecnologie Innovative per l’Ambiente: caratterizzazione, trattamento e valorizzazione di inquinanti, reflui e rifiuti”, si concretizza in 6 giornate di seminari di diffusione scientifica, per un totale di circa 22 ore effettive di corso, durante le quali saranno trattati i seguenti temi:

 

  • 14 Marzo – Caratterizzazione chimica, fisica e strutturale di inquinanti, reflui e rifiuti;
  • 20 Marzo – Processi avanzati per il trattamento dei reflui;
  • 21 Marzo – Il controllo e il monitoraggio ambientale;
  • 11 Aprile – Recupero e riutilizzo di reflui e rifiuti: valorizzazione di biomasse residuali per la produzione di biofuels;
  • 17 Aprile – Da rifiuto a risorsa: la produzione di energia da biogas e di biometano a partire da biomasse residuali;
  • 18 Aprile – La modellazione dei processi per la salvaguardia dell’ambiente.

 

Il Ciclo di seminari, organizzato con il supporto dei Laboratori Hall Tecnologica per la mitigazione dell’Inquinamento HTI e CAMILAB, si inquadra nelle attività di formazione e di disseminazione previste nel Progetto SILA PONa3_00341.

 

I seminari, che saranno tenuti da personalità di spicco della comunità scientifica dell’Ateneo e da esperti nel settore, si svolgeranno presso la Sala Seminari del Liaison Office d’Ateneo, Università della Calabria, Piazza Vermicelli, Arcavacata di Rende (CS), secondo il seguente orario:

 

sabato (14 marzo, 21 marzo, 11 aprile, 18 aprile): ore 9.00-13.30

venerdì (20 marzo, 17 aprile): ore 15.00 – 19.30.

 

L’iniziativa è rivolta a laureati in discipline scientifiche e a dipendenti di enti pubblici residenti nella Regione Calabria, con l’obiettivo di diffondere competenze e conoscenze su tutto il territorio regionale.

Per il ciclo di seminari TIA è stato richiesto anche il riconoscimento dei crediti formativi agli ordini professionali interessati all’iniziativa. Tale riconoscimento sarà garantito a tutti coloro che parteciperanno ad almeno 5 seminari sui 6 previsti.

 

Modalità di partecipazione e registrazione.

La partecipazione al Ciclo di Seminari è gratuita ed subordinata alla presentazione di una domanda di iscrizione, che sarà resa disponibile on line dal giorno 9 marzo,

sui sito del CAMILAB, al seguente link: http://www.camilab.unical.it

sul sito del PON SILA al seguente link: www.sila-ambiente.it

Su entrambi i siti sarà possibile trovare tutte le informazioni e gli aggiornamenti relativi all’iniziativa.

 

La domanda potrà essere scaricata dal sito e dovrà essere compilata in ogni sua parte, firmata ed inviata, unitamente ad una fotocopia del proprio documento di identità, all’indirizzo e-mail: silaseminaritia@gmail.com

 

L’invio delle domande sarà valido dalle ore 12.00 del giorno 10 marzo fino alle ore 12.00 del giorno 12 marzo 2015.

Saranno ammesse al ciclo di seminari le prime 60 domande valide pervenute all’indirizzo e-mail: silaseminaritia@gmail.com

 

Il ciclo di seminari sarà attivato se si raggiungerà un minimo di 25 iscritti. Il numero massimo di partecipanti è fissato a 60, con scorrimento della graduatoria in caso di disponibilità di posti.

 

Nell’ambito dei 60 ammessi, i primi 25 residenti al di fuori della Provincia di Cosenza avranno diritto al rimborso delle spese di vitto e di viaggio documentate (con esclusione del mezzo proprio). Per fruire dei rimborsi è richiesta la partecipazione a tutti i 6 seminari.

 

L’iscrizione è relativa all’intero ciclo di seminari ed è richiesta la partecipazione ad almeno 5 dei 6 seminari affinché venga conferito l’ Attestato di partecipazione e riconosciuto agli aventi diritto il rimborso delle spese.

 

Per iscrizioni ed info: Segreteria del “Ciclo di Seminari TIA”

http://www.camilab.unical.it

www.sila-ambiente.it

tel. 0984 496670 / 6703; e-mail: silaseminaritia@gmail.com.

 

Arcavacata di Rende, 04/03/2015