
VISCONTE (CZ) – Dodici km: tanto è lungo l’acquedotto Visconte-Catanzaro. La storia e l’impatto dell’opera voluta nell’Ottocento nel periodo napoleonico sono stati raccontati, nei giorni scorsi, da Walter Fratto e Salvatore Bullotta. Proprio a Visconte, centro al confine tra Pentone, Gimigliano e Catanzaro. La serata è stata organizzata dal circolo PD di Pentone in collaborazione con l’associazione culturale Musagete Due. La ricostruzione delle vicende dell’acquedotto e del suo tragitto si è rivelata un pretesto per conoscere un pezzo di storia. Storia globale che, oltre ai grandi eventi, considera le condizioni materiali e il cambiamento del paesaggio. Storia che potrebbe prendere una piega diversa se solo l’acquedotto – riscoperto – fosse valorizzato. Sull’opera, di recente, si è fermata anche l’attenzione della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Calabria. La sua storia è stata riannodata. Ora – sembra di leggere tra le righe di una serata in cui anche il pubblico è intervenuto – tocca ad amministratori, associazioni e cittadini evitare di smarrirla.
L’incontro, nelle intenzioni del PD locale, lascerà una traccia. Vincenzo Marino, coordinatore del circolo PD di Pentone e moderatore della serata, ha reso noto che verrà prodotto un documento sulla manifestazione e verrà richiesto ai comuni di Gimigliano e di Pentone di fare un deliberato per sensibilizzare il Comune di Catanzaro. L’associazione Musagete 2, nelle parole del presidente Gianpiero De Santis, si è detta pronta a impegnarsi per la valorizzazione dell’opera architettonica.

La sua riscoperta prende le mosse dalle sollecitazioni di Riccardo Elia, lo ha premesso Walter Fratto. Che ha commentato le immagini delle cartine e gli spezzoni del suo video, ‘Il Visconte Spezzettato: storia (sepolta) di un acquedotto rivoluzionario’. Prima dell’arrivo dei francesi nell’Ottocento, a Catanzaro non esisteva un acquedotto: le condizioni igieniche lasciavano a desiderare. La costruzione, ha spiegato l’architetto, è stata realizzata scavando nella nuda roccia. Il suo pensiero è andato al possibile tributo degli operai di cui, però, non è stata ritrovata traccia negli archivi. Fratto si è soffermato anche sull’importanza dell’opera per Visconte: «senza acquedotto non esisterebbe». Perché non si fanno gallerie, ma si scavano trincee. Vengono tolti alberi e pietre: resta una strada. Quella di Visconte.
Ma l’acquedotto rientra nel più ampio impatto del decennio francese (1806-1815). E’ Salvatore Bullotta, che ha collaborato al progetto, a contestualizzare. Il dottorando in storia ha focalizzato l’attenzione sull’ambivalenza della presenza francese. Ha spiegato che essa introduce conoscenze (anche nel campo dell’ingegneria), amministrazione del territorio a cui risalgono le odierne articolazioni amministrative, un codice civile. Tuttavia si tratta di un’occupazione militare: la popolazione è vessata. I suoi accenni al brigantaggio o alla continuità della nuova amministrazione borbonica aprirebbero altri nodi: si arriverebbe all’attuale dibattito tra Neoborbonici e sostenitori dell’Unità d’Italia.
Ma questa è un’altra storia. Quella dell’acquedotto è stata riportata alla luce. L’Uisp (Unione italiana Sport per Tutti) Catanzaro, di cui fanno parte Riccardo Elia e Walter Fratto, di recente ha organizzato una passeggiata ecologica proprio nelle zone in cui l’acqua sgorga. L’incontro di Visconte vi ha puntato di nuovo i riflettori. In molti sembrano non voler dimenticare.
Rita Paonessa