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Pinocchio metafora di un’umanità ritrovata

Pinocchio, foto di Angelo Maggio

COSENZA – Gli “Amici di Luca” incontra Babilonia Teatri, Babilonia Teatri e gli “Amici di Luca” incontrano il More allietando, con lo spettacolo Pinocchio, gli affezionati spettatori del venerdì sera.

Uno spettacolo diverso da quelli a cui siamo usualmente abituati, uno spettacolo di pancia più che di testa, di emozioni difficilmente narrabili più che di razionalità, una messa in scena che scrolla l’indifferenza e l’egocentrismo di dosso e fa scivolare sulle guance un po’ di “spremuta d’occhi”. Le tavole del teatro Morelli sono state calcate non da attori professionisti ma da uomini svegliatisi dal coma, privati per un lasso di tempo della propria effimera vita per poi riaprire gli occhi ed essere “ributtati” nella mischia di chi lotta per recuperare ciò che gli è stato tolto.

Uomini che si sono trovati su un palco protagonisti di un fervido dialogo che gli ha permesso di vagliare la propria esistenza, di raccontare il prima e il dopo intervallato da un vuoto che difficilmente si riesce a colmare, di ricordare com’era prima la propria vita e com’è cambiata in seguito agli incidenti di cui sono stati vittime, di prendere coscienza di essere diventati qualcun altro dopo la rinascita.

Uno spettacolo ironico e ad ondate struggente perché mette di fronte a delle realtà a cui, purtroppo, non siamo pienamente abituati, un incontro che porta alla luce un’umanità da comprendere e metabolizzare ma senza pietismo e paternalismo, ciò che bisogna ammirare è la forza con cui questi uomini si sono rimessi in piedi e hanno ricostruito passo dopo passo, terapia dopo terapia la propria vita. Bisogna comprendere e basta, è questo che si deve fare per capire che a volte indirizziamo la nostra vita verso cose futili che non hanno nessuna ragione d’esistere.

Uomini presi a calci in culo dalla vita e saliti su quel palco per restituirglielo con la stessa violenza che a loro è stata riservata, attori improvvisati che raccontano il coma con la serenità di chi sa di essere, nonostante tutto, fortunato perché ancora in vita, di chi ha visto la porta del paradiso sbattergli in faccia perché non era ancora il momento giusto, di chi ricorda il suo sonno profondo come una zucca di halloween vuota dentro e con un involucro esterno che da solo non ha nessun valore.

Storie e vissuti differenti passati al setaccio e poi ricomposti, racconti di vita vera e drammatica messi al servizio degli spettatori, stralci di esistenza che hanno infilzato l’anima creando commozione tra i presenti, momenti riportati alla memoria e amplificati dalle note di Patience dei Guns N’ Roses, Yesterday dei Beatles, Voglio una vita spericolata di Vasco e le dolci note di Allevi e del suo inseparabile piano.

Ma perché scegliere Pinocchio? Perché proprio il pezzo di legno dal naso lungo e non un altro personaggio? Perché Pinocchio è il burattino che si trasforma in un bambino in carne e ossa, è qualcosa che poi si trasforma e diventa qualcos’altro, è un prima seguito da un dopo, è il vecchio che cede il posto ad una nuova condizione proprio com’è accaduto ai nostri attori convinti del proprio essere fin quando il destino beffardo non ha mischiato le carte in tavola. Pinocchio è la metafora dell’umanità che si rimpossessa del corpo, è la vita che ritorna a battere forte nel petto, è lo spintone che ti riporta sulla strada giusta. Pinocchio è l’umanità dei nostri attori che senza bussare si riprende ciò che è suo di diritto.

Annabella Muraca