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Arghillà, in corso protesta pacifica dei detenuti della sezione alta sicurezza

REGGIO CALABRIA – Protesta dei detenuti nel carcere di Arghillà a Reggio Calabria. Da quanto si apprende da fonti sindacali, un’ottantina di detenuti della sezione ad alta sicurezza sta mettendo in atto la battitura ad orari programmati delle sbarre. A riferirlo è la Uilpa Penitenziari, spiegando che già alla fine della scorsa settimana nella struttura detentiva era scattato il rifiuto del vitto. Ora la battitura delle inferriate indica un innalzarsi del livello della protesta, che resta comunque pacifica, ma risulta più complessa da gestire da parte del personale di polizia penitenziaria. I detenuti lamentano disfunzioni e ritardi di tipo amministrativo-contabile per quanto riguarda la gestione dei conti correnti interni, su cui i familiari depositano somme di denaro, oppure nella gestione dei vaglia che vanno cambiati all’ufficio postale; e inoltre problemi riguardanti la frequenza dei colloqui con i familiari. (Foto Ansa)

Chiara Rizzo racconta la sua verità nel carcere reggino di Arghillà

REGGIO CALABRIA – Chiara Rizzo racconterà la sua versione dei fatti sul caso Matacena, suo consorte, e lo farà nel carcere reggino di Arghillà dove la donna si trova da martedì sera, per l’interrogatorio di garanzia davanti al gip Olga Tarzia. La donna è in arresto con l’accusa di avere favorito la latitanza del marito Amedeo Matacena – condannato a 5 anni per concorso esterno in associazione mafiosa – e di averne schermato le società per sottrarle ad eventuali confische.

Sempre che non decida di avvalersi della facoltà di non rispondere, in attesa di essere sentita dai pm.

Se deciderà di rispondere, sono tante le domande che i pm hanno in serbo per Chiara Rizzo, a cominciare dai rapporti con Scajola, definito nell’ordinanza di custodia cautelare come completamente “asservito” alle necessità della donna. Ma perché lo era? L’ex ministro dell’Interno non era legato solo da vincoli di amicizia a Matacena ed alla moglie, ma, secondo l’ipotesi dell’accusa da cui nasce la richiesta di contestare l’aggravante della mafiosità, facevano parte, insieme agli altri arrestati, “di un’associazione segreta collegata alla ‘ndrangheta” che ha fornito un “qualificato contributo” al sistema delle cosche, diventando “terminale di un complesso sistema criminale”.

Un sistema finalizzato, tra l’altro, ad ottenere la candidatura di Scajola al Parlamento europeo, vista l’impossibilità di Matacena a farlo. Scajola, dunque, per i pm diventa “l’interlocutore destinato, in caso di elezione, ad operare” nella gestione e destinazione dei “finanziamenti”, dal momento che la ‘ndrangheta “ha necessità di disporre di parlamentari europei per canalizzare gli enormi flussi di denaro che derivano dai contributi gestiti in sede comunitaria”. Tutti interrogativi che Chiara Rizzo potrebbe adesso chiarire.