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‘Ndrangheta, i pm chiedono otto anni di carcere per Francesco Talarico

LAMEZIA TERME – I pm della Dda di Catanzaro Paolo Sirleo e Veronica Calcagno hanno chiesto, nel processo con rito abbreviato denominato “Basso profilo”, in corso nell’aula bunker di Lamezia Terme, otto anni di reclusione a carico di Francesco Talarico. Il processo è incentrato sui presunti rapporti tra alcune cosche del crotonese con imprenditori ed esponenti della pubblica amministrazione e Talarico é imputato di associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso e di scambio elettorale politico-mafioso.

Sei anni sono stati chiesti per il notaio di Catanzaro Rocco Guglielmo, accusato di falso ideologico. Gli altri imputati per i quali sono state formulate richiesta di condanna sono Tommaso Rosa, accusato di essere stato il riferimento operativo della ‘ndrangheta di Roccabernarda, legato al capo del “locale” Antonio Santo Bagnato, per il quale sono stati chiesti 20 anni; Rodolfo La Bernarda, accusato di traffico di influenze illecite aggravato dal metodo mafioso, e di corruzione (8 anni ed 8 mesi); Carmine Falcone, accusato di associazione mafiosa quale organizzatore dell’articolazione mafiosa denominata “locale di San Leonardo di Cutro” (16 anni) e Antonino Pirrello, titolare della società Puliservice, accusato di essere stato il promotore di un’associazione per delinquere semplice aggravata dal metodo mafioso (6 anni). L’assoluzione é stata invece chiesta per Luciano Basile, amministratore delegato della Sicurtransport spa, società di vigilanza privata con sede in Sicilia, che era accusato di traffico di influenze illecite.

Blitz “Basso Profilo”, altri due imprenditori indagati

CATANZARO – Ci sono altri due indagati nell’ambito dell’inchiesta Basso Profilo, l’operazione della Dda di Catanzaro che giovedì scorso ha portato all’arresto di una cinquantina di persone accusate, a vario titolo, di essere legate alle cosche di Cutro, nel crotonese.

Il blitz ha visto il coinvolgimento di imprenditori, professionisti e politici tra cui due nomi importanti, l’assessore al bilancio della Regione Calabria, Francesco Talarico, dell’Udc, ed il segretario nazionale dello stesso partito, Lorenzo Cesa.

Agli indagati già noti, dunque, secondo quanto riferisce l’Ansa, si aggiungono due imprenditori: Gianni Mazzei, che è tra l’altro presidente della sezione di Crotone dell’Ance, l’Associazione dei costruttori, e Antonio Melino.

Nell’inchiesta sono spiccati anche i nomi di un altro imprenditore, Antonio Gallo, ritenuto intraneo alla cosca dei Trapasso di San Leonardo di Cutro, e quello di Ercole D’Alessandro, ex luogotenente della Guardia di Finanza di Catanzaro accusato, tra le altre cose, di accesso abusivo a sistemi informatici.

Secondo gli inquirenti, l’ex militare avrebbe preso informazioni, illecitamente, su altre persone per scopi privati, simulando si trattasse di lavoro e l’avrebbe fatto, nella maggior parte dei casi, su istigazione della compagna, Odeta Hasaj (gastroenterologa di origini albanesi) oltre che di Mazzei e Melino, desiderosi di ottenere informazioni su un loro socio considerato reo di essersi appropriato di somme di denaro appartenenti agli altri soci e per poi sparire.

In cambio di lavori edili gratuiti nell’abitazione della figlia, D’Alessandro avrebbe effettuato delle visure dalle banche dati in uso alle Fiamme Gialle e contattato dei colleghi della polizia giudiziaria elvetica dopo avere appreso che il socio fosse emigrato in Svizzera, dopo una indagine per bancarotta fraudolenta.

Indagini improprie, quelle dell’ex finanziere, che sarebbero andate avanti da maggio a novembre del 2018.

Il luogotenente, sempre in base a quanto ricostruito dalle indagini, in quattro occasioni avrebbe indotto i colleghi a rilevare ogni genere di informazione sull’ex amministratore unico della società Hexagon srl, che ha sede a Simeri Crichi – che produce e commercializza energia da fonti rinnovabili – e nella quale, tra gli altri, erano soci Mazzei e Melino.

D’Alessandro si sarebbe fatto consegnare le informazioni dai colleghi sostenendo di dovere “riferire al Dottore”, millantando un rapporto con il Procuratore Capo di Catanzaro Nicola Gratteri.

Mazzei, inoltre, sarebbe stato raccomandato dal finanziere ai suoi interlocutori come “affidabile e solido imprenditore a cui affidare i lavori appaltati da enti pubblici”.

Blitz “Basso Profilo”: talpe tra le forze dell’ordine e fatture false “nuovo oro” della criminalità

CATANZARO – Nella maxi operazione “Basso profilo”, l’inchiesta della Dda di Catanzaro coordinata dal procuratore capo Nicola –  in cui sono coinvolti anche esponenti politici (tra cui l’assessore regionale Franco Talorico e il segretario nazionale Udc Lorenzo Cesa indagato), amministratori locali, imprenditori e professionisti – emergono nuovi particolari.

Secondo quanto riferisce la procura catanzarese, “il nuovo “oro” delle organizzazioni criminali sono le fatture per operazioni inesistenti, merce che oggi è assai ricercata e “trafficata” dalle organizzazioni criminali per i benefici che può determinare per gli imprenditori disonesti e per le aziende a gestione o funzionali della ‘ndrangheta”. L’attività di indagine ha consentito di accertare il prelevamento in contante di 22 milioni di euro, attraverso l’arruolamento da parte dell’organizzazione mafiosa di un folto numero di soggetti prelevatori, vere e proprie “scuderie” in un network complessivo di 159 società fruitrici di fatture per operazioni inesistenti e ben 86 società “cartiere” emittenti i documenti falsi. Sono state analizzate e interfacciate alle indagini anche276 segnalazioni di operazioni finanziarie sospette trasmesse dagli operatori finanziari.

I passaggi dalle aziende “filtro”

Il settore prediletto era quello dei servizi e fornitura di dispositivi di protezione individuale, mascherine, caschi, guanti ecc, a copertura del sistema fraudolento, costituendo, parallelamente, diverse aziende cartiere e “filtro” che si sono dedicate, stabilmente, all’attività di emissione fraudolenta di fatture per operazioni inesistenti. Allo stesso tempo, i membri dell’organizzazione coordinavano “un drappello di individui incaricati, con costanza e senza soluzione di continuità, di recuperare il denaro corrisposto dalle società beneficiarie della frode, prelevandolo in contanti presso i vari uffici postali dove erano stati accesi specifici conti correnti, retrocedere le somme decurtate del compenso illecito, redigere documentazione fiscale ed amministrativa fittizia nonché di “arruolare” nuove “teste di legno”. Durante il passaggio delle somme, da cartiera in cartiera, in taluni casi l’indicazione dell’Iva spariva perché veniva utilizzato l’espediente normativo. Venivano quindi inscenate come avvenute operazioni di commercializzazione mai realmente avvenute. Gli inquirenti parlano di aziende prive di sostanza economica, magazzini affittati ma sprovvisti di merce, e mezzi di trasporto che vi permanevano per simulare operazioni di scarico/carico. Nel corso delle indagini sono state trovate migliaia di documenti fiscali ed amministrativi falsi emessi ed annotati nelle scritture contabili, ai pagamenti realmente eseguiti, tranne, poi, prelevare il denaro e retrocederlo, decurtato del 11% dell’imponibile quale compenso per la costruzione e la gestione del sistema fraudolento.

La percentuale riconosciuta variava a seconda del cliente che richiedeva le fatture per operazioni inesistenti: quando l’impresa era riconducibile a soggetti della criminalità organizzata la percentuale scendeva dall’11% al 7% per acquisire la “captatio benevolentiae” del boss e continuare ad operare indisturbati verso altri imprenditori-clienti beneficiari di false fatture, alcuni dei quali acquisiti proprio grazie all’indicazione del boss all’ombra del quale si era operato.

Società intestate ad albanesi, indagato notaio

C’è il notaio catanzarese Rocco Guglielmo fra le persone indagate nell’ambito dell’operazione della Dda di Catanzaro “Basso profilo”. Il professionista è stato raggiunto dalla misura cautelare del divieto di dimora nel capoluogo calabrese e dal divieto di esercitare la professione di notaio per la durata di un anno. A lui i clan si sarebbero rivolti per concretizzare il passaggio di quote societarie a cittadini albanesi che, prelevati a Bari e provenienti da Durazzo sono stati ospitati a Catanzaro e dotati di codice fiscale italiano. Gli albanesi, intestatari fittizi di tante cartiere anche di nuova costituzione, sarebbero stati accompagnati dal notaio per apporre le firme sugli atti predisposti dal professionista senza i dovuti controlli dalla normativa antiriciclaggio.

Talpe fra le forze dell’ordine informavano clan

C’erano “talpe” tra le forze dell’ordine che permettevano ai componenti del cartello criminale sgominato dalla Dia e dalla Dda di Catanzaro di ottenere informazioni sulle operazioni di polizia. Una vera e propria rete di fonti e connivenze entro la quale spicca il ruolo di un luogotenente della Guardia di Finanza, oggi in pensione, raggiunto da una misura cautelare. Con la sua condotta, finalizzata ad ottenere uno stipendio fisso tramite l’assunzione del figlio in una società costituita ad hoc dall’imprenditore Antonio Gallo in Albania, forniva notizie sullo stato dell’indagine denominata “Borderland”, avvicinando i colleghi delegati alle indagini.

Il militare, secondo l’accusa, era a conoscenza dei legami di Gallo con la ‘ndrangheta. Un ruolo avrebbero avuto due politici catanzaresi, Tommaso Brutto e il figlio Saverio, l’uno consigliere di minoranza del Comune di Catanzaro, l’altro assessore del Comune di Simeri Crichi (Cz), i quali avrebbero messo il luogotenente in contatto con l’imprenditore delle cosche, attraverso promesse di “entrature” da realizzare con il contributo del segretario regionale dell’Udc, Franco Talarico, oggi assessore al bilancio della Regione Calabria che, a sua volta, avrebbe coinvolto politici nazionali.

Accertate 388.000 operazioni bancarie

“E’ stata un’indagine complessa, anche per i tanti ‘colletti bianchi coinvolti. Inoltre abbiamo documentato un volume di affari commerciali illeciti da circa 250 milioni di euro“. A dirlo il direttore della Direzione investigativa antimafia Maurizio Vallone, incontrando i giornalisti dopo l’operazione “Basso profilo”. Nel corso delle indagini, ha aggiunto Vallone, sono state fatte intercettazioni telefoniche e ambientali, con “266.500 dialoghi ascoltati e trascritti, sostenuti da contestuali indagini bancarie e accertamenti patrimoniali con 1.800 conti correnti esaminati e 388.000 operazioni bancarie ricostruite, per un giro d’affari di circa 250 milioni di euro. Accertamenti che hanno confermato la mole di dati riferiti dai collaboratori di giustizia e hanno permesso di confermare l’esistenza di un insieme di ‘locali e ‘ndrine distaccate e operanti nelle diverse Province calabresi nei territori di riferimento che corrispondono a Cirò Marina, Cutro, San Leonardo di Cutro, Isola di Capo Rizzuto, Roccabernarda, Mesoraca, Botricello, Sellia, Cropani, Catanzaro e Roccelletta di Borgia”. Il vice direttore delle operazioni della Dia Nicola Altiero, ha sottolineato come “l’anonimato della pletora di imprenditori incensurati coinvolti, per noi significa la mimetizzazione imprenditoriale. Nell’inchiesta sono emersi sia i mafiosi imprenditori, esponenti delle cosche dediti all’economia, ma anche imprenditori mafiosi”.

‘Ndrangheta, arresti tra boss e colletti bianchi. Ai domiciliari Talarico, indagato Cesa

CATANZARO – È in corso su tutto il territorio nazionale una maxi operazione contro la ‘Ndrangheta, coordinata dalla Procura Distrettuale di Catanzaro, che vede impegnati duecento donne e uomini della Direzione Investigativa Antimafia e centosettanta unità tra Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza con il supporto di quattro unità cinofili e un elicottero.

Sono 81 gli indagati nel corso dell’operazione “Basso profilo” coordinata dalla Dda di Catanzaro e scattata all’alba. Secondo le prime indiscrezioni è stata sottoposta a perquisizione l’abitazione del segretario nazionale dell’Udc, il deputato Lorenzo Cesa, mentre sarebbe scattata la misura cautelare degli arresti domiciliari per l’assessore al Bilancio della Regione Calabria, Francesco Talarico, segretario regionale dell’Udc. 

Talarico, Cesa e lo scambio di voti

E’ associazione per delinquere semplice, il reato contestato a Lorenzo Cesa, segretario nazionale dell’Udc mentre Francesco Talarico è accusato di associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso e voto di scambio. Tutto sarebbe riconducibile ad un patto consistente in una promessa di appoggio elettorale fra gli uomini dell’Udc ed esponenti della ‘ndrangheta. 

In particolare Antonio Gallo, il consigliere comunale di Catanzaro Tommaso Brutto e il figlio Saverio, Antonino Pirrello e Natale Errigo, sarebbero entrati in scena durante le elezioni politiche del marzo 2018, per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato. In quella circostanza, secondo gli inquirenti, ci sarebbe stato un “patto di scambio” con Francesco Talarico, assessore regionale al Bilancio finito agli arresti domiciliari, con la promessa di “entrature” per l’ottenimento di appalti per la fornitura di prodotti antinfortunistici erogati dalla sua impresa e banditi da enti pubblici economici e società in house, “attraverso – scrivono gli inquirenti – la mediazione dell’europarlamentare Lorenzo Cesa in cambio della promessa di un “pacchetto” di voti”.

Numerose misure di custodia cautelare

Il personale della D.I.A., congiuntamente con quello della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, ha eseguito numerose misure di custodie cautelari nei confronti dei maggiori esponenti delle ‘ndrine tra le più importanti di Crotone, Isola Capo Rizzuto e Cutro come “Bonaventura”, “Aracri”“Arena” e “Grande Aracri”, nonché di imprenditori di spessore ed esponenti della pubblica amministrazione collusi con le predette organizzazioni criminali.

Nel corso dell’inchiesta sarebbe stata accertata una movimentazione illecita di denaro per un valore di oltre trecento milioni di euro. Oltre alle misure cautelari, la Procura della Repubblica di Catanzaro ha disposto l’esecuzione di numerosi sequestri di beni costituiti da compendi aziendali, immobili, autoveicoli, conti correnti bancari e postali per un valore che è stato definito “ingente”.

In carcere

Antonio Santo Bagnato di Rocca Bernarda (Kr), Eliodoro Carduccelli di Catanzaro, Ercole D’Alessandro di Fuscaldo, Luciano D’Alessandro di Palermo, Vincenzo De Luca di Catanzaro, Concetta Di Noja di Torino, Natale Errigo di Reggio Calabria, Carmine Falcone di Cutro, Antonio Gallo di Catanzaro, Umberto Gigliotta di Catanzaro, Andrea Leone di Catanzaro, Antonino Pirrello di Reggio Calabria, Tommaso Rosa di Crotone.

Ai domiciliari

Luigi Alecce di Catanzaro, Annarita Antonelli di Olevano Romano, Henrik Baci (Albania), Elena Banu (Romania), Giuseppe Bonofiglio di Crotone, Rosario Bonofiglio di Rocca Bernarda, Tommaso Brutto di Settingiano, Saverio Brutto di Catanzaro, Ilenia Cerenzia di Crotone, Nicola Cirillo di Catanzaro, Eugenia Curcio di Crotone, Giulio Docimo di Cosenza, Antonella Drosi di Catanzaro, Valerio Antonio Drosi di Catanzaro, Mario Esposito di Soveria Simeria, Santo Faldella di Crotone, Glenda Giglio di Bari, Giuseppe La Bernarda di Torino, Rodolfo La Bernarda di Cotronei, Giuseppe Lamanna di Torino, Francesco Lerose di Rocca Bernarda, Francesco Mantella di Catanzaro, Ieso Marinaro di Catanzaro, Daniela Paonessa di Catanzaro, Raffaele Posca di Catanzaro, Victoria Rosa di Torino, Giuseppe Selvino di Santa Severina, Maria Teresa Sinopoli di Catanzaro, Francesco Talarico di Nicastro, Luca Torcia di Crotone, Rosa Torcia di Catanzaro, Giuseppe Truglia di Catanzaro, Pino Volpe di Catanzaro, Alberto Zavatta di Catanzaro, Claudio Zavatta di Gerace.

Divieto di dimora

Il gip ha disposto per il notaio Rocco Guglielmo il divieto di dimora nel Comune di Catanzaro e il divieto di esercitare la professione per la durata di un anno. Il gip della distrettuale Alfredo Ferraro ha inoltre disposto la misura cautelare del divieto di dimora nel comune di Catanzaro, unitamente all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Odeta Hasaj.

Indagati a piede libero

Bruno Andreoli di Crotone, Edmond Baci (Albania), Luciano Basile di Palermo, Mariarosaria Caliò di Catanzaro, Pierpaolo Caloiero di Crotone, Simone Cannarozzi di Ivrea, Lorenzo Cesa di Arcinazzo Romano, Monica Comberiati di Crotone, Matteo Femia di Ivrea, Antonello Formica di Settingiano, Francesco Gallo di Squillace, Bilar Hoxa (Albania), Domenico Iaquinta di Crotone, Alban Keta (Albania), Bledar Koci (Albania), Francesco Luzzi di Cosenza, Santo Mancuso di Catanzaro, Giuseppe Mangone di Catanzaro, Roberto Mari di Roma, Liberato Giuseppe Paciullo di Catanzaro, Rositsa Pazieva (Bulgaria), Andrea Rosa di Torino, Rolando Russo di Catanzaro, Giovanni Lorenzo Servidio di Cosenza, Maurizio Silipo di Catanzaro,  Giorgia Sollecchia di Bracciano, Tommaso Stranges di Conflenti, Rosa Talarico di Catanzaro, Memlin Voci (Albania).

Le ipotesi di accusa

Gli indagati rispondono a vario titolo di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, riciclaggio, associazione a delinquere di tipo mafioso, trasferimento fraudolento di valori, rivelazione e utilizzazione del segreto d’ufficio, accesso abusivo al sistema informatico.

Il collegio difensivo

Il gip Alfredo Ferraro ha disposto il divieto per i difensori impegnati nell’operazione di interloquire con i propri assistiti per cinque giorni, ad eccezione per il notaio Rocco Gugliemo e Odeta Hasaj. Sono impegnati nel collegio difensivo, tra gli altri, gli avvocati Enzo De Caro, Salvatore Staiano, Valerio Murgano, Eugenio Felice Perrone, Nicola Cantafora, Piero Mancuso, Arcangelo De Caro, Davide De Caro, Magda Mellea, Armonio Migali, Maria Laura De Caro, Antonio Larussa, Vitaliano Leone, Massimo Gimigliano. Tutti gli avvocati per cautelati hanno preannunciato ricorso al Tribunale della Libertà di Catanzaro.