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Dall’Italia all’Irlanda del Nord. Intervista a Giulia Caruso

Murale di Bobby Sands, simbolo di Belfast

COSENZA – A venticinque anni dalla caduta del muro di Berlino, ci sono ancora altri muri che creano separazioni e mantengono vivo il ricordo di scontri e violenze. Negli stessi confini europei muri “famosi”, anche se per ragioni storiche differenti, sono ad esempio i peace walls irlandesi. Barriere di metallo, cemento o reticolati di filo spinato che dal 1969 dividono Belfast in due parti per più di 20 chilometri.

La costruzione dei peace walls si accompagna ai Troubles, i combattimenti che tra la fine degli anni ’60 e la fine degli anni ’90 hanno diviso e insanguinato l’Irlanda del Nord. Posizioni politiche, ideologiche, religiose che hanno provocato oltre 3000 morti e che ancora oggi hanno lasciato cicatrici profonde nelle comunità locali.

Tra le realtà che si interessano di queste conseguenze c’è Tar an all una delle più antiche associazioni che si occupa del reinserimento nella società civile degli ex detenuti politici repubblicani e delle loro famiglie. E alle sue attività partecipa anche Giulia Caruso, giornalista italiana di origini calabresi e fiorentina d’adozione.

 

Dall’Italia all’Irlanda del Nord: vuole raccontare ai lettori qual è stato il suo viaggio? 

Tutto cominciò nell’estate del 2008 quando decisi di fare un viaggio alla scoperta dell’Irlanda del Nord. Avevo letto One day in my life, il diario di Bobby Sandy (attivista e politico nordirlandese, morto nel carcere di Maze, a Long Kesh, il 5 maggio 1981 a seguito di uno sciopero della fame contro il regime carcerario per i detenuti repubblicani, ndr)e ne ero rimasta profondamente colpita.

Un articolo scritto da Giulia Caruso

L’anno successivo, la rivista per cui lavoravo mi chiese di intervistare a Roma, un ex detenuto dell’Ira. Belfast divenne la mia meta estiva preferita. Ero attratta dalla sua atmosfera di città dalle due anime, divise ancora dai muri che separano la comunità nazionalista, irlandese di matrice cattolica e quella britannica di matrice protestante. Due anni e mezzo fa, decisi di farne l’argomento del mio primo romanzo e di concretizzare questo obiettivo trasferendomi direttamente in loco.

Cosa significa interessarsi e avere cura di ex detenuti politici? Qual è il compito di Tar Anall e in particolare il suo ruolo all’interno dell’associazione?

Tar an all che in gaelico irlandese vuol dire “Siamo qui”, in pratica è un centro polivalente che si occupa del sostegno ai detenuti politici ex Ira e alle loro famiglie, attraverso varie iniziative. Al suo interno sono attive varie strutture di supporto, assistenza psicologica, centro fitness e organizzazione di eventi ricreativi. Offre anche corsi di reinserimento nel mondo del lavoro e corsi di lingue. Io insegno cultura italiana e lingua francese. La maggioranza dei miei allievi ha un’età tra i 40 e i 60 anni, l’età di chi ha vissuto in pieno il conflitto.

Cos’è oggi Belfast? Quale immagine può aiutare i nostri lettori a visualizzare meglio la situazione?

Una volta trasferita qui, mi trovai a fare i conti con una realtà completamente diversa dall’idea mutuata attraverso i libri di storia (sono laureata in storia contemporanea) e attraverso i miei giri turistici e giornalistici, anche se avevo curato alcuni reportage per varie testate italiane.

Belfast con le Sei Contee dell’Irlanda del Nord fa ancora parte del Regno Unito, anche se esiste un Parlamento Autonomo con sede sulla collina di Stormont. Dalla fine del conflitto, sancita dagli Accordi del Venerdì Santo del 1998, la città ha subito un lento ma radicale cambiamento. Senza dubbio, pesa ancora l’eredità dei Troubles, il conflitto che ha sconvolto il paese per circa 30 anni e le tensioni sfociano in rivolte di strada, soprattutto in occasione delle Parate Orangiste del 12 luglio, anche se negli ultimi due anni la situazione, sta migliorando. Ufficialmente l’Ira ha proclamato il cessate il fuoco nel 2005, ma nell’ombra resistono gruppi armati come Oglaigh Na’Eireann, la nuova Ira, che non si riconoscono nel Peace Process portato avanti dallo Sinn Fein, il partito nazionalista di maggioranza. E sull’altro versante, sopravvivono come fuoco sotto la cenere gruppi paramilitari lealisti come Ulster Volonteer Force e Ulster Defence Force. Oggi Belfast è una città vivace che attira molti migranti, soprattutto dall’Est Europeo. È anche meta del cosiddetto ”turismo del conflitto” che attrae visitatori nel Gaelstacht Quarter, ricco di memorie, i Murales di West Belfast, la Tomba di Bobby Sands nel cimitero di Milltown. Ma è anche la città del Titanic, che è stato costruito qui, nei cantieri Harland&Wolf. Il Titanic Quarter, inaugurato nel 2012 per commemorarne il centenario, continua ad attirare ogni anno centinaia di turisti, dall’Europa e dagli Usa.

I suoi progetti futuri saranno ancora ispirati dalle tematiche legate alla “questione irlandese”?

Intanto cerco di pubblicare la mia prima fatica che è un romanzo sospeso tra cronaca e storia, scritto con il ritmo narrativo del romanzo d’azione.

In cantiere ho già una Storia dell’Ira di taglio prettamente giornalistico. E poi una serie di racconti brevi, in inglese, di tutt’altro genere, tra l’ironico e il surreale, ambientati tra Belfast, Liverpool e Brighton.

Mariacristiana Guglielmelli

Le foto correlate all’intervista sono della stessa Giulia Caruso