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Reggio Calabria, sventato suicidio in carcere

REGGIO CALABRIA – Un detenuto del carcere di Reggio Calabria, di nazionalità nigeriana, ha tentato d’impiccarsi senza riuscire nel suo intento grazie al pronto intervento del personale di polizia penitenziaria. A darne notizia é il sindacato Sappe con un comunicato a firma del segretario generale aggiunto, Giovanni Battista Durante, e del segretario nazionale, Damiano Bellucci.

“Lo stesso detenuto – aggiungono i due dirigenti del Sappe – aveva tentato d’uccidersi poco tempo fa, non riuscendoci grazie, anche in quel caso, all’intervento delle guardie penitenziarie”.
“Il detenuto nigeriano – riferisce ancora il Sappe – è ospitato nella sezione psichiatrica del carcere reggino. Una sezione aperta circa dieci anni fa che all’inizio funzionava benissimo, ma nella quale adesso, a causa delle carenze dovute alla mancanza di personale di polizia penitenziaria e di altre figure professionali come infermieri, psichiatri e psicologi, è diventato davvero difficile gestire i reclusi”.

 

(ANSA)

Chiara Rizzo racconta la sua verità nel carcere reggino di Arghillà

REGGIO CALABRIA – Chiara Rizzo racconterà la sua versione dei fatti sul caso Matacena, suo consorte, e lo farà nel carcere reggino di Arghillà dove la donna si trova da martedì sera, per l’interrogatorio di garanzia davanti al gip Olga Tarzia. La donna è in arresto con l’accusa di avere favorito la latitanza del marito Amedeo Matacena – condannato a 5 anni per concorso esterno in associazione mafiosa – e di averne schermato le società per sottrarle ad eventuali confische.

Sempre che non decida di avvalersi della facoltà di non rispondere, in attesa di essere sentita dai pm.

Se deciderà di rispondere, sono tante le domande che i pm hanno in serbo per Chiara Rizzo, a cominciare dai rapporti con Scajola, definito nell’ordinanza di custodia cautelare come completamente “asservito” alle necessità della donna. Ma perché lo era? L’ex ministro dell’Interno non era legato solo da vincoli di amicizia a Matacena ed alla moglie, ma, secondo l’ipotesi dell’accusa da cui nasce la richiesta di contestare l’aggravante della mafiosità, facevano parte, insieme agli altri arrestati, “di un’associazione segreta collegata alla ‘ndrangheta” che ha fornito un “qualificato contributo” al sistema delle cosche, diventando “terminale di un complesso sistema criminale”.

Un sistema finalizzato, tra l’altro, ad ottenere la candidatura di Scajola al Parlamento europeo, vista l’impossibilità di Matacena a farlo. Scajola, dunque, per i pm diventa “l’interlocutore destinato, in caso di elezione, ad operare” nella gestione e destinazione dei “finanziamenti”, dal momento che la ‘ndrangheta “ha necessità di disporre di parlamentari europei per canalizzare gli enormi flussi di denaro che derivano dai contributi gestiti in sede comunitaria”. Tutti interrogativi che Chiara Rizzo potrebbe adesso chiarire.

Minacce ad Agenti Nel Carcere di Reggio Calabria

REGGIO CALABRIA – Questa mattina sono pervenute delle minacce ad alcuni agenti impegnati nella sorveglianza della sezione speciale del carcere di Reggio Calabria tramite un modulo utilizzato per le richieste quotidiane dei detenuti alla direzione e distribuito regolarmente dal personale del penitenziari.

Gli agenti minacciati si occupano dei detenuti imputati in alcuni processi contro la ‘ndrangheta.

Nel foglio, privo di firma, vi erano scritte frasi minacciose con cui si chiedeva l’allontanamento degli agenti della sezione nella quale sono ristretti i detenuti ad alta pericolosità e sottoposti quindi a sorveglianza “livello 3” secondo i codici dell’amministrazione penitenziaria. Alcune delle minacce, scritte sul foglio, sono rivolte ad un agente “di origine messinese” ed invitano la direzione al trasferimento degli agenti con minacce dirette (“altrimenti finisce a cazzotti”).

Un ispettore ancora in servizio nel carcere reggino ha ricevuto, nei mesi scorsi, altre minacce simili.