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Processo “Gotha”, torna in libertà l’ex senatore Antonio Caridi

REGGIO CALABRIA – Nell’agosto 2016 giunse a carico dell’allora senatore Antonio Caridi un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha invece annullato tale ordinanza. Antonio Caridi, imputato nel processo “Gotha”, era ritenuto responsabile di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo l’accusa, sarebbe stato insieme al collega Alberto Sarra, uno strumento attraverso il quale la cupola massonica della ‘ndrangheta avrebbe infiltrato le istituzioni.Gli avvocati di Caridi, Carlo Morace e Valerio Spigarelli, sottolineano che «il  provvedimento esclude la partecipazione di Caridi alla struttura segreta della ‘ndrangheta, contestata nel processo Gotha in corso di celebrazione a Reggio Calabria».

‘ndrangheta, operazione “Gotha”, resta in carcere il senatore Caridi

REGGIO CALABRIA – Il Tribunale della libertà di Reggio Calabria ha rigettato l’istanza di scarcerazione del senatore Antonio Caridi, coinvolto nell’inchiesta “Gotha”, condotta dalla Dda reggina, in relazione ai suoi presunti rapporti con alcune cosche di ‘ndrangheta ed accusato di associazione per delinquere di tipo mafioso. Caridi, eletto col Pdl e che poi è passato a Gal, si era costituito nell’agosto scorso dopo che il Senato ne aveva autorizzato l’arresto. A Caridi si contesta, in particolare, di avere favorito in passato il controllo delle società esternalizzate del Comune di Reggio Calabria per la raccolta e il trattamento dei rifiuti solidi urbani, società di fatto monopolizzate dalle cosche De Stefano, Tegano e Condello.

‘ndrangheta, chiesto rinvio a giudizio per il senatore Caridi e altri 82

REGGIO CALABRIA – La Dda di Reggio Calabria ha chiesto il rinvio a giudizio del senatore di Gal Antonio Caridi e di altre 82 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, voto di scambio, violazione della legge Anselmi, corruzione, estorsione, truffa, falso ideologico e rivelazione di segreti d’ufficio. Caridi, costituitosi nell’agosto scorso dopo che Palazzo Madama aveva concesso l’autorizzazione al suo arresto, è accusato di essere stato uno strumento della cupola “riservata” della ‘ndrangheta. Oltre a Caridi sono indagati l’avvocato Giorgio De Stefano, l’ex parlamentare Paolo Romeo, l’ex sottosegretario della Regione Calabria Alberto Sarra, ed il dirigente della Regione Calabria Francesco Chirico. Secondo l’accusa avrebbero fatto parte della componente “riservata” della ‘ndrangheta che era al vertice dell’intera organizzazione. La richiesta di rinvio a giudizio sintetizza cinque diversi filoni investigativi condotti dai pm della Dda reggina Roberto Di Palma, Giulia Pantano, Giuseppe Lombardo, Stefano Musolino e Walter Ignazitto, e noti con i nomi di “Mammasantissima”, “Sistema Reggio”, “Fata Morgana”, “Reghion” e “Alchimia”.

Legali Caridi: «Non ha risposto all’interrogatorio davanti al Gip»

REGGIO CALABRIA – Si è avvalso della facoltà di non rispondere, su consiglio dei propri difensori, nel corso dell’interrogatorio davanti al gip di Reggio Calabria, il senatore Antonio Caridi in carcere con l’accusa di associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta Mammasantissima della Dda di Reggio Calabria. Caridi è stato trasferito nel carcere di Reggio Calabria nel corso del week end. A renderlo noto sono gli avvocati del parlamentare Valerio Spigarelli e Carlo Morace. Caridi nel corso del week end è stato trasferito a Reggio Calabria. «Tale scelta – spiegano i legali – è stata imposta dalla materiale impossibilità, da parte dello stesso senatore Caridi, persino di prendere mera visione del contenuto del fascicolo processuale che egli non ha fin qui avuto l’opportunità neppure di leggere».

«Tanto è dovuto – proseguono i legali di Caridi – da un lato alle stravaganti, vetuste ed inadeguate regole del Senato, per cui gli atti non vengono messi a disposizione né di chi giudica, l’Assemblea, né di chi è giudicato, cioè il parlamentare sottoposto alla procedura di autorizzazione; dall’altro al fatto che dopo essersi presentato spontaneamente presso il carcere di Rebibbia, il senatore Caridi è stato trasferito a Reggio Calabria, nel corso del week end, senza avere possibilità di incontrare i propri difensori e ricevere dagli stessi almeno parte degli atti ritirati presso l’autorità giudiziaria. Atti che, comunque – proseguono gli avvocati Spigarelli e Morace – mai avrebbe potuto conoscere approfonditamente in vista dell’interrogatorio, posto che sono costituiti da centinaia di migliaia di pagine. L’interrogatorio di garanzia dovrebbe essere uno strumento di difesa ma, in tali condizioni, evidentemente, finisce per trasformarsi in tutt’altro. Sarà dunque di fronte al Tribunale del Riesame che la difesa potrà far sentire, con cognizione di causa, la propria voce».

Il Senato vota per l’arresto, Caridi si costituisce a Rebibbia

ROMA – Il senatore di Gal Antonio Stefano Caridi, primo parlamentare della Repubblica ad essere accusato per 416 bis, associazione mafiosa, andrà in carcere. L’Aula del Senato, con voto segreto, dice sì alla proposta della Giunta per le Immunità di autorizzare il suo arresto. E lo fa con 154 sì, 110 no, 12 astenuti, in un clima di scontro totale. A dar fuoco alle polveri e’ la decisione, annunciata a inizio della seduta dal presidente del Senato, Pietro Grasso, di invertire l’ordine dei lavori in modo di consentire che si interrompa l’esame del ddl editoria, cominciato ieri, e si voti subito sulla richiesta di arresto. E’ nella facoltà del presidente anticipare un tema piuttosto di un altro quando il calendario dei lavori è già stato deciso dalla conferenza dei capigruppo. Ma quello che viene definito dal centrodestra “il blitz di Grasso” fa andare ugualmente su tutte le furie FI-Gal- Idea-Cor-Ncd-Ala e l’intero Pd. Ad eccezione di Lucrezia Ricciuti («Grasso ha fatto bene»). «Non ci aveva detto niente prima», lo «abbiamo saputo anche noi ora», precisa il capogruppo Dem Luigi Zanda intervenendo in Aula. «Avremmo comunque garantito il numero legale per votare su Caridi subito dopo il ddl sull’ editoria, ma lui evidentemente non si è fidato…» spiega un altro Dem visibilmente irato con Grasso. Il timore della presidenza, infatti, sarebbe stato quello che di non riuscire a far arrivare in porto nessuna delle due cose: né l’editoria, né il voto su Caridi. L’intenzione espressa ieri da buona parte del centrodestra, infatti, era quella di far mancare il numero legale a un soffio dal voto finale sull’editoria per evitare che alla fine ci si pronunciasse anche sull’arresto del senatore di Gal. Ma il “agguato” è sventato dalla decisione di Grasso che, da ex magistrato antimafia, non può sopportare che il Senato tardi nel pronunciarsi su un reato di tale entità. E’ vero, come ricordato più volte dal centrodestra, che il Tribunale del riesame, su ricorso dei legali di Caridi, si deve pronunciare a breve sulla richiesta di arresto, ma “il dovere” del Senato, si osserva, è quello di salvaguardare l’ istituzione da ogni attacco e critica. Così Grasso, incurante delle proteste, tira dritto. E anche di fronte al duro attacco che gli riserva il capogruppo di Ala, Lucio Barani, che si paragona persino a Matteotti quando accusa Grasso di averlo minacciato, non si scompone e dà la parola al presidente della Giunta Dario Stefano, autore della proposta e relatore del caso, affinché svolga la sua relazione. Al Pd non resta che convocare l’ufficio di presidenza per convincere tutti a restare in Aula e a garantire il numero legale. Su una questione così delicata, è l’input che arriva, il Pd deve tenere botta. Perché anche in caso di “salvataggio” di Caridi con il voto segreto, un’estate di attacchi dal M5S, la si vorrebbe evitare. Così, dopo un dibattito di 7 ore, con i pentastellati che intervengono solo in dichiarazione di voto con Mario Michele Giarrusso, si arriva al “verdetto”. Anche i 5 Stelle, che ieri avevano minacciato sfracelli se si fosse detto no alla loro richiesta di invertire l’ordine del giorno, sono spiazzati dall’ iniziativa di Grasso e restano silenti per l’intera seduta. Ad eccezione di quando interviene Barani e di quando parla Caridi per difendersi. Per protestare contro il Pd che insorge mentre un pentastellato filma con il telefonino l’autodifesa, subito richiamato da Grasso, Elena Fattori fa il gesto delle manette verso i Dem scatenando le ire dell’intero emiciclo. E anche Enza Blundo a fine seduta, fa un tweet in cui dice in sostanza che anche Zanda è un corrotto. Entrambe, poi, si scuseranno in Aula. Ma clima teso è anche nel salone Garibaldi, quando qualcuno prova a filmare un serrato colloquio tra Zanda e un Verdini particolarmente irato. Zanda denuncia la cosa in Aula e avverte che lui non «proprio nulla da nascondere». Alla fine, 154 senatori dicono sì all’arresto e il ddl sull’ editoria, come richiesto da Roberto Calderoli, slitta a settembre. «Grasso ha costretto il Pd a votare» è il commento di un cinque stelle «comunque soddisfatto».

Inviata a Giunta del Senato anche l’ordinanza su un’altra inchiesta su Caridi

REGGIO CALABRIA Sono le 1.800 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Reggio Calabria nell’ambito dell’inchiesta Alchemia sulle infiltrazioni delle cosche della ‘ndrangheta in Liguria, le nuove carte inviate dalla Direzione distrettuale antimafia reggina alla Giunta delle autorizzazioni a procedere del Senato che deve decidere sulla richiesta d’arresto per Antonio Caridi, di Gal. Nei confronti di Caridi il gip di Reggio ha emesso l’ordinanza d’arresto – sospesa in attesa della decisione del Senato – nell’ambito dell’inchiesta Mammasantissima che avrebbe individuato una cupola di “invisibili” al vertice delle cosche di ‘ndrangheta. Ma la Dda aveva chiesto l’arresto di Caridi anche in Alchemia. Richiesta rigettata dal Gip che, evidenziando l’unitarietà della ‘ndrangheta, ha ritenuto le accuse assorbite nel precedente provvedimento anche se riferite a fatti ed episodi diversi. «Il senatore Antonio Stefano Caridi si dimostra riferimento funzionale della ‘ndrangheta anche in questa inchiesta» era stato il commento all’unisono, il giorno dell’operazione, del capo della Procura distrettuale di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho e dell’aggiunto Gaetano Paci. Le intercettazioni agli atti dell’inchiesta, tra l’altro, scrive il Gip dell’ordinanza Alchemia, hanno «consentito di accertare che, in occasione della competizione elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale del 2010, la cosca Raso-Gullace-albanese ha svolto attività di propaganda elettorale a sostegno di Antonio Stefano Caridi, candidato del Pdl arrivando a minacciare, qualora avessero orientato le proprie preferenze su candidati diversi da Caridi, il licenziamento dei dipendenti nella struttura alberghiera Uliveto Principessa Park Hotel».

Cupola mafiosa a Reggio. Cinque arresti. C’è anche il senatore Caridi

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REGGIO CALABRIA – Individuata dai carabinieri quella che viene definita la «struttura segreta di vertice della ‘ndrangheta in grado di dettare le linee strategiche» di tutta l’organizzazione e di «interagire sistematicamente e riservatamente con gli ambienti politici, istituzionali ed imprenditoriali»: cinque gli arresti, eseguiti dai carabinieri del Ros e da quelli di Reggio Calabria. L’ordinanza di custodia cautelare, eseguita stamani dai carabinieri, è stata emessa su richiesta della procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria: i cinque destinatari del provvedimento sono tutti accusati di associazione mafiosa. L’indagine del Ros ha dunque scoperto la “struttura segreta di vertice” della ‘ndrangheta che dava le direttive a tutta l’organizzazione e teneva contatti di “alto livello”, nei vari ambienti, «al fine di infiltrarli ed asservirli – affermano gli investigatori – ai propri interessi criminali». Il senatore Antonio Caridi, di Forza Italia, è una delle cinque persone coinvolte nell’operazione che ha portato alla scoperta della struttura segreta di vertice della ‘ndrangheta. L’ordinanza è stata inviata alla Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato. Arrestati l’ex deputato del Psdi Paolo Romeo, già in carcere dal 9 maggio scorso, l’ex consigliere regionale e sottosegretario della Giunta regionale di centrodestra Alberto Sarra, l’avvocato Giorgio De Stefano e Francesco Chirico.

«La misura cautelare di oggi rappresenta un ulteriore sviluppo del descritto quadro ‘ndranghetistico-massonico che figura in provincia di Reggio Calabria. Si tratta di un livello superiore». Questo il primo commento del procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de  Raho, in merito all’inchiesta, denominata “Mammasantissima”, che ha portato alla scoperta della “struttura segreta di vertice della ‘ndrangheta”.

I dettagli dell’operazione – anche con riferimento agli appuntamenti elettorali che sarebbero stati condizionati dalla “cupola” – saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle 10,30 presso il comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria.