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Acqua, un nuovo progetto europeo firmato CNR di Rende e ISAFOM

RENDE (CS) –  E’ partito un nuovo progetto europeo che vede tra i protagonisti l’Istituto per i Sistemi agricoli e Forestali del Mediterraneo (ISAFOM) del CNR di Rende. Si tratta del progetto INNOMED (Innovative option for water resources management in the Mediterranean), i cui partner, oltre al CNR-ISAFOM, sono lo spagnolo CSIC di Saragozza (Spanish National Research Council), il francese CIRAD (French agricultural research organization), il Politecnico di Milano, la portoghese NOVA.ID.FCT (Association for Innovation and Development of the Faculty of Sciences and Technology), il cipriota CYI (Cyprus Institute), e, infine, il RIFC (Selectia Research Institute of Field Crops) con sede in Moldavia.

L’Obiettivo del progetto INNOMED, di durata triennale, è quello di «affrontare le sfide relative all’acqua a livello europeo e internazionale, attraverso lo sviluppo di azioni di ricerca e innovazione transnazionali, per verificare gli effetti fisici ed economici sul bilancio idrologico di diverse opzioni di gestione forestale e agricola». In particolare, esso i si prefigge di «migliorare la gestione della risorsa idrica considerando aspetti ecologici ed economici, elaborare misure a sostegno delle politiche in materia di acqua e uso del suolo, promuovere strumenti per una migliore comprensione dei principali processi idrologici a diverse scale, garantire l’uso efficiente delle risorse idriche sia nel settore forestale che agricolo, collegare questioni ecologiche, economiche e sociali, integrandole nei processi decisionali, istituire sistemi di valutazione delle risorse idriche per l’agricoltura e la silvicoltura, promuovere la collaborazione internazionale e lo scambio di conoscenze tra i paesi EU».

Come ha spiegato Tommaso Caloiero, ingegnere civile e ricercatore presso il CNR-ISAFOM, nel corso della presentazione del progetto svoltasi presso l’azienda Bio-Sila con sede nel territorio di Longobucco, lo stesso «si propone di affrontare, attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie di misura e di metodologie avanzate di modellazione matematica dei processi idrologici che avvengono a scala di bacino, il problema dell’ottimizzazione della gestione delle risorse idriche per mitigare la vulnerabilità quali-quantitativa delle stesse ai cambiamenti climatici anche attraverso una corretta attuazione di pratiche silviculturali».

Per la Calabria, al centro del programma scientifico c’è il bacino sperimentale del Bonis, situato nella Sila greca cosentina (sottobacino del torrente Cino), dove si effettuano, da oltre vent’anni, studi riguardanti gli «effetti degli interventi selvicolturali sul bilancio idrologico».

«Il monitoraggio ambientale a lungo termine riveste ad oggi un’importanza strategica – fa presente Gaetano Pellicone, assegnista di ricerca del CNR-ISAFOM – nel comprendere in modo esaustivo, attraverso la sperimentazione scientifica, quali potrebbero essere i probabili effetti del cambiamento climatico sulle nostre foreste attraverso lo studio del ciclo idrologico e del carbonio e, allo stesso tempo, capire se le attuali politiche di gestione forestale consentono di ottenere, nel prossimo futuro, un valido effetto mitigatore del clima o se iniziare a pensare ad alternative di gestione nuove che hanno in sé il carattere della dinamicità connotato, quest’ultimo, indispensabile in un contesto ambientale in continuo e progressivo cambiamento. È in quest’ottica e con questa mission – è la sua conclusione – che il CNR-ISAFOM di Rende (CS) prosegue da circa 30 anni le sue attività di ricerca in un sito sperimentale ricadente nel comune di Longobucco e denominato “Bonis” dal toponimo che ne indica l’ubicazione. Nello specifico, si tratta di un bacino idrologico di circa 140 ettari e coperto in prevalenza da pino laricio, una specie endemica che rappresenta e caratterizza a pieno il nostro territorio calabrese. Al suo interno, sono attualmente presenti diverse tipologie di stazioni di monitoraggio finalizzate all’approfondimento di aspetti riguardanti l’efficienza d’uso delle risorse idriche e del bilancio del carbonio in ecosistema forestale. Un bene della collettività che necessita di continue cure e attenzioni non solo da parte del CNR ma da parte di tutti gli enti pubblici che ognuno per propria competenza ne garantisce il suo attuale funzionamento».

Il CNR di Rende tra i protagonisti di una ricerca per sconfiggere il tumore al pancreas

RENDE (CS) –  Il carcinoma del dotto pancreatico è il più comune tumore che colpisce questa ghiandola. Le sue percentuali di guarigione sono minime, non solo a causa delle difficoltà di una diagnosi precoce, ma anche per l’assenza di un trattamento farmacologico specifico. Nuove speranze giungono da uno studio pubblicato su Scientific Reports dall’Istituto di nanotecnologia del Cnr, sede di Rende (Cs), in collaborazione con un team di ricercatori francesi e spagnoli. Una molecola utilizzata da tempo per curare gli stati d’ansia si è rivelata utile ad interferire nell’attività di una proteina a struttura disordinata, coinvolta nei processi di sviluppo del tumore al pancreas. Il cancro al pancreas è uno dei tumori più letali e i farmaci finora a disposizione per combatterlo sono solo i generici trattamenti chemioterapici. Il coinvolgimento in questa patologia della proteina Nupr1, appartenente alla classe speciale delle ‘proteine intrinsecamente disordinate’, è stato dimostrato fin dagli anni ’90 da un’équipe dell’Istituto nazionale della sanità di Marsiglia. L’obiettivo di individuare una molecola in grado di inibire questa proteina è stato ora raggiunto grazie a uno studio condotto dall’Istituto di nanotecnologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Nanotec) di Rende (Cs), in collaborazione con l’Università della Calabria e varie unità di ricerca spagnole, tra cui le università di Elche e di Saragozza, il Centro di malattie epatodigestive di Madrid e il Cancer Center di Marsiglia. «La ricerca è cominciata con lo screening di oltre mille farmaci già approvati per varie indicazioni terapeutiche», spiega Bruno Rizzuti del Cnr-Nanotec di Rende. «L’uso combinato di tecniche sperimentali e di simulazioni al calcolatore ha permesso di identificare alcuni di questi farmaci in grado di interagire con la proteina Nupr1. Esperimenti ‘in vitro’ hanno poi dimostrato che i composti selezionati sono capaci di diminuire la vitalità delle cellule tumorali, di ridurne le capacità di migrazione e di sopprimere completamente la possibilità di formazione di colonie. Il composto più efficace – una molecola nota come trifluoperazina, finora utilizzata solo per la sua azione antipsicotica – è stato sperimentato ‘in vivo’ su cellule del tumore del pancreas umano trapiantate su modelli murini, e si è dimostrato in grado di arrestare completamente lo sviluppo della malattia. La molecola in questione ha avvalorato un’efficacia antitumorale superiore perfino ai più potenti trattamenti chemioterapici finora disponibili». «Secondo uno dei dogmi della biologia classica”, aggiunge il ricercatore del Cnr-Nanotec, la conformazione di una proteina dovrebbe essere unica e ben definita per consentire a ciascuna di queste ‘macchine molecolari’ di svolgere una precisa funzione. Le ‘proteine disordinate’ rovesciano la validità di questo principio e, grazie alla loro struttura flessibile, sono in grado di svolgere molteplici funzioni di comunicazione e regolazione cellulare. Tuttavia, quest’assenza di elementi strutturali ben definiti appariva in passato un ostacolo invalicabile per procedere al design razionale di farmaci selettivi per contrastarne l’azione. La dimostrazione della possibilità di individuare molecole attive in grado di inibire le ‘proteine disordinate’ è un importante passo in avanti che cambia completamente lo scenario nella lotta a numerose patologie e apre la possibilità di moltiplicare il numero di bersagli molecolari che si possono colpire attraverso l’uso mirato di farmaci».