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Scioglimento della comunione legale tra coniugi

Con sentenza n. 11668/2018 del 14 maggio 2018, la Seconda Sezione civile della Suprema Corte, in tema di azione di scioglimento della comunione legale avente ad oggetto un immobile acquistato da uno dei coniugi in costanza di matrimonio, ha affermato che la decisione del coniuge non acquirente di non partecipare all’atto di acquisto del bene e la successiva destinazione del bene all’utilizzo esclusivo del coniuge acquirente non sono condizioni sufficienti per escludere il bene dalla comunione legale, occorrendo a tal fine non solo il concorde riconoscimento positivo della natura personale del bene di entrambi i coniugi, non sussistente nel caso di mancata partecipazione all’atto di uno di essi, ma anche l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione tassativamente indicate dall’art. 179, primo comma, lett. c), d) ed f), cod. civ.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso proposto dal coniuge soccombente – affidato a quattro motivi – così confermando l’impugnata sentenza di merito, ha espresso il principio secondo cui in caso di comunione legale tra i coniugi, il bene acquistato dagli stessi, insieme o separatamente, durante il matrimonio, costituisce in via automatica e diretta oggetto della comunione tra loro e diventa, quindi, bene comune ai due coniugi. Ciò anche se il bene sia destinato a bisogni estranei a quelli della famiglia ed il corrispettivo sia pagato, in via esclusiva o prevalente, con i proventi dell’attività separata di uno dei coniugi. 

Nel caso di beni immobili o di beni mobili registrati, come nel caso di specie, tale esclusione deve risultare dall’atto di acquisto, alla cui stipulazione è tenuto a partecipare il coniuge non acquirente ai fini di rendere la dichiarazione in ordine alla natura personale del bene ex art. 179, comma 2, cod. civ.

Avv. Antonio Nappi

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