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Unical, Master in Conservazione di documenti digitali

RENDE (CS) Sono aperte le domande di ammissione al primo master universitario per Conservatori di documenti digitali. Il corso si rivolge a laureati di triennale, di specialistica, di magistrale o di vecchio ordinamento e forma una figura profes-sionale espressamente prevista dall’art. 6 comma 5 del DPCM 3 dicembre 2013 – Regole tecniche in materia di si-stema di conservazione ai sensi degli articoli 20, commi 3 e 5 -bis , 23 -ter , comma 4, 43, commi 1 e 3, 44 , 44 -bis e 71, comma 1, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005 (una delle dieci nuove pro-fessioni per il digitale) obbligatoria per le pubbliche ammini-strazioni e per i soggetti privati che sono accreditati o intendo-no accreditarsi come conservatori.

Unical

Gli sbocchi professionali individuati hanno una ricaduta in di-versi domini tra cui anche quelli della sanita e della giustizia di-gitale. Il profilo trova inserimento professionale nei seguenti servizi: conservazione e gestione documentale delle pubbliche ammini-strazioni; archivi; biblioteche; musei; centri di documentazione; conservazione di immagini e documenti digitali in strutture sani-tarie pubbliche e/o private; gestione e conservazione di documen-tazione in ambito giudiziario, digital libraries; digital curation centers; servizi di open government; soggetti pubblici o privati operanti come conservatori accreditati; valorizzazione e promo-zione dei contenuti del patrimonio culturale; knowledge manage-ment.

Due Borse di Studio a totale copertura dei costi del Master sono state offerte dalla ScanShare S.r.l. e dal Laboratorio di documentazione.

Presentazione del progetto CO.RE.

PEDACE (CS) – Lunedì 1 luglio, alle ore 18.00, nella sala del consiglio comunale di Pedace sarà presentato il progetto CO.RE., la comunità scientifica internazionale sulla Conservazione e il Restauro del patrimonio architettonico, artistico e ambientale che avrà sede proprio a Pedace, presso il suggestivo Convento di San Francesco di Paola.

Il progetto, che comprende una scuola di alta formazione, una rivista scientifica internazionale e un incubatore d’impresa, prenderà ufficialmente il via facendo così partire le numerose attività previste in programma.

Il seicentesco convento diventerà un vero e proprio campus dove professionisti da tutto il mondo avranno la possibilità di formarsi, confrontarsi e dar vita ad una comunità scientifica con i propri insegnanti, riportando pluralità di linguaggi, usi e costumi all’interno del convento che ritornerà così ad essere luogo di saperi e conoscenza, mettendo insieme culture provenienti da tutto il mondo.

CO.RE., come istituzione culturale, ha avviato rapporti di partnership con oltre 20 stati nel mondo e con numerose istituzioni culturali, onlus e ong italiane ed europee operanti nel campo della cultura e del restauro.

Il progetto, in stretta collaborazione con le Soprintendenze, si prefigge di formare quelle figure professionali direttamente connesse con il mondo della preservazione delle opere d’arte e dell’architettura, garantendo ai giovani formati, visibilità internazionale, docenze qualificate, e il sostegno per lo start-up di impresa, concedendo gli spazi e favorendo l’avvio dell’attività con appoggio, tutoring e consulenza da parte delle imprese che sostengono il progetto. Un impegno economico notevole che CO.RE. sta affrontando con il sostegno di imprese private che ancora credono fortemente nel rilancio di questa terra, che non solo può rappresentare luogo di lavoro per molti ma che addirittura possa costruirne per chi, formatosi qui, voglia lavorare in tutto il mondo.

Il progetto CORE è aperto a tutti coloro i quali vogliano contribuire a formare una comunità scientifica sulla conservazione e il restauro dei beni culturali. Lunedì la presentazione, ma ulteriori informazioni e notizie possono trovarsi sul sito www.corecultura.org

 

Taverna, abiti che possono raccontare la storia. Vestiti ritrovati da salvaguardare, Lucia Portoghesi: volontariato culturale

Lucia Portoghesi

TAVERNA (CZ) –  Una camicina per bambino, ricamata con un disegno detto ‘reticello umbro’, tipico della Firenze cinquecentesca. E’ impolverata, presenta alcuni buchi: segni del tempo passato in circa quattro secoli. E’ uno dei vestiti ritrovati, nella Chiesa di Santa Maria, una decina di anni fa. Potrebbe raccontare la storia di chi l’ha indossato, della sua famiglia, di un’epoca intera: il modo di pensare, i rapporti sociali, la vita quotidiana. Ma, per questo, è necessario salvaguardare gli abiti. Lo spiega Lucia Portoghesi. «Salviamo questo tesoro – dice – rimbocchiamoci le maniche tutti insieme».

L’archeologa e storica del costume venne chiamata a Taverna, a seguire i lavori poi bloccati. Ad oggi, i vestiti si sono ulteriormente deteriorati, alcuni sono stati aggrediti dalle muffe. E’ urgente, perciò, che si proceda a una corretta conservazione. Si tratta di disinfestare gli abiti per distruggere i microorganismi che li rovinano e reidratarli. In tempo di ristrettezze economiche, Lucia Portoghesi propone il volontariato culturale. Si potrebbe istituire una scuola di restauro a Taverna. Lei insegnerebbe gratuitamente, le operazioni più semplici potrebbero essere addirittura eseguite da tutti. Nello stesso tempo si formerebbero delle professionalità (alcune sue allieve di scuole passate lavorano a Berlino e Monaco). Il progetto pensato dall’archeologa ultraottantenne, dunque, valorizzerebbe le persone e il patrimonio artistico. Anche in vista del turismo e del quarto centenario di Mattia Preti.

La Chiesa di Santa Maria

Il ritrovamento dei tessuti risale al 2004. Nella Chiesa di Santa Maria vengono eseguiti alcuni lavori. Crolla un muro: si scopre una cripta, resti umani, vestiti, scarpe. Risalgono al tempo di Mattia Preti, appartengono alle famiglie nobiliari di Taverna. Lucia Portoghesi segue gli scavi. I lavori, però, vengono stoppati. A distanza di dieci anni, «recuperare questo patrimonio è importante».

Quanto alla camicina, da ricerche successive è emerso che a Firenze, nel 1500, venivano fatte ordinazioni di tessuti dalla Calabria: solo una delle informazioni celate dagli abiti ritrovati.

 

Rita Paonessa