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[#Nerd30Consiglia] Aoi Bungaku Series

Eccoci di ritorno con il consueto appuntamento mensile in cui vi consigliamo un anime poco conosciuto.

Uno di quelli che hanno come unica colpa il non avere combattimenti esplosivi, storie d’amore a lieto fine o trame leggere e alla portata di tutti.

Aoi Bungaku è un anime in 12 episodi prodotto nel 2009 dallo studio Madhouse. Il titolo si può tradurre come “Letteratura blu”. Infatti l’anime in questione ha come compito quello di adattare in animazione 6 dei più grandi romanzi giapponesi, dei veri e propri capolavori della letteratura nipponica.

I capolavori sono blu: il blu rappresenta il colore della tristezza della tragedia, solo i capolavori ci fanno percepire il dolore.

Questo spiega un narratore in carne ed ossa all’inizio di ogni episodio. Infatti sarà l’attore Masato Sakai a raccontarci i retroscena riguardanti i romanzi in questione all’inizio di ogni episodio, aumentando l’interesse per la storia che si va a dipanare.

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I romanzi adattati nella serie sono:

Lo squalificato di Osamu Dazai (episodi 1-4)

Sotto la foresta dei ciliegi in fiore di Ango Sakaguchi (episodi 5-6)

Il cuore delle cose di Sōseki Natsume (episodi 7-8)

Corri Melos di Osamu Dazai (episodi 9-10)

Il filo del ragno di Ryūnosuke Akutagawa (episodio 11)

La scena dell’inferno di Ryūnosuke Akutagawa (episodio 12)

Da appassionati di animazione nipponica ci saremo sicuramente resi conto che la vena artistica degli orientali è sempre molto ricercata, a differenza di quella occidentale che con il passare degli anni sembra concentrarsi sempre di più sul lato estetico. Guardando determinati anime, o anche solo guardando un film orientale, ci si rende conto che la trama di base viene utilizzata quasi sempre per raccontare qualcos’altro. Nel caso di Aoi Bungaku ogni storia ha un impatto diverso e delle tematiche differenti, che non stiamo a raccontarvi perché vanno scoperte e assaporate minuto per minuto. Possiamo solo dirvi che, con una visione attenta, proverete una quantità di sensazioni che raramente si trovano in un anime di appena 12 episodi.

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Sul piano tecnico ci troviamo di fronte ad una serie realizzata splendidamente. Il character design è curato da mangaka del calibro di Takeshi Obata (episodi 1-4 e 7-8), Tite Kubo (5-6 e 11-12) e Takeshi Konomi (9-10), che riescono a dare alle varie storie un proprio tocco personale.
La regia varia di  storia in storia, passando dalla lentezza e cupezza dei primi 4 episodi (composti prevalentemente da fotogrammi fissi e bellissimi primi piani, che enfatizzano la forza riflessiva dell’opera), a vari stili di regia nei successivi, accompagnati da delle animazioni curatissime sia nelle scene movimentate che in quelle statiche. Sul piano delle musiche abbiamo delle OST estremamente minimali e poco varie, ma questo non va ad inficiare la visione, che anzi viene esaltata da dei silenzi fortemente immersivi.

Concludendo

Aoi Bungaku è uno di quegli anime che riescono a dare tantissimo allo spettatore e che fanno riflettere su quanto la letteratura nipponica possa essere interessante. Consigliatissimo a chi cerca un anime diverso dai soliti canoni.

Antonio Vaccaro

[#Nerd30Consiglia] Beck: Mongolian Chop Squad

Anche questo mese è arrivato il tanto atteso momento dei consigli di Nerd30 con un anime del 2004 targato Madhouse, una di quelle perle che resteranno per sempre nella storia dell’animazione giapponese.
Beck: Mongolian Chop Squad
è un anime musicale in 26 episodi, distribuito in Italia da Dynit per il reparto home-video (su Amazon si trova a circa 10 euro). Si tratta dell’adattamento dell’omonimo manga di Harold Sakuishi, ma copre circa un terzo dell’opera cartacea.

La trama è la seguente: il protagonista della storia è Yukio Tanaka, detto Koyuki, un ragazzo di appena 14 anni, stanco della sua vita noiosissima. Un bel giorno il nostro Koyuki salva la vita ad un cane di nome Beck, il cui padrone, Ryusuke Minami, è un chitarrista di 16 anni che ha suonato in America con una band chiamata The Dying Breed. Ryosuke trascina Koyuki nel mondo della musica ed insieme ad altri 3 ragazzi fondono una band chiamata BECK (Mongolian Chop Squad negli Stati Uniti per via dell’omonimia con altri musicisti).

Nonostante la semplicità della trama, Beck è un anime che si sviluppa in maniera veramente interessante, senza mai perdersi nel banale. L’atmosfera dell’opera è permeata da un amore incondizionato per quello che è il tema principale dell’anime: la musica.

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L’amore per la musica è insito nel 99,99% degli esseri umani e proprio per questo è praticamente impossibile non affezionarsi ad un’opera come Beck, soprattutto se si è musicisti e la musica rappresenta una buona fetta della nostra vita. Infatti la musica è uno dei pochi linguaggi universali, un qualcosa che riesce ad unire i cuori di milioni di persone, nonostante le ovvie divergenze su artisti o generi preferiti. Beck riesce a trasformare la musica nel motore del cambiamento dei nostri personaggi nel corso dell’opera. Proprio i personaggi sono uno dei punti di forza di Beck, tutti caratterizzati magnificamente e con una grande evoluzione psicologica. Difficile aggiungere altro, Beck è un anime che va vissuto, proprio come la musica, e non può essere descritto a parole, ma va goduto nella sua sincerità. Probabilmente è l’anime preferito di molte persone e non posso assolutamente dargli torto, è un anime di cui ci si innamora facilmente e non riesci nemmeno a capirne il motivo.

Sul piano tecnico abbiamo delle animazioni molto semplici sui personaggi (probabilmente molti storceranno il naso), ma trattandosi di un anime musicale troviamo una cura maniacale nelle animazioni degli strumenti, oltre a delle musiche veramente incredibili, da ascoltare e riascoltare. Le varie canzoni sono state curate dai Beat Crusaders, noto gruppo J-Rock. Anche sul piano registico troviamo una grande esaltazione del comparto sonoro, oltre ad una grande naturalezza nell’utilizzo delle inquadrature. Magnifico l’adattamento e il doppiaggio italiano, con voci molto azzeccate, in particolare il grande Vittorio Guerrieri su Ryusuke.

Concludendo, Beck è un’opera di quelle che si amano incondizionatamente, un capolavoro che resterà piantato per sempre nella storia degli anime. Probabilmente dopo averlo visto vi verrà voglia di imparare uno strumento. Se non succederà, sicuramente il vostro amore per la musica sarà salito ad un livello superiore.

Antonio Vaccaro

[#Anime] Le serie da non perdere della stagione autunnale 2016

Passata l’estate, ci troviamo già addentrati nella stagione autunnale anche per gli anime, che sono tanti, anche troppi. Quali seguire? Quali non seguire? Nerd30 risponde a ogni vostra esigenza, quindi ecco quali potrebbero essere i titoli di punta di questa nuova programmazione:

Tiger Mask W – 02/10/2016 – Toei Animation.

Grande ritorno de L’uomo Tigre e i nostalgici non possono che gioire. Ma questo titolo non sarà un remake della storia originale, bensì un seguito: i protagonisti sono Naoto Azuma e Takuma Fujii, ragazzi che si allenano nella piccola federazione Zipang Pro-wrestling. Quando questa viene schiacciata dalla malvagia federazione GWM, dietro la quale si nasconde una nuova Tana delle Tigri, i due ragazzi si dividono: Naoto vestirà i panni di Tiger Mask, deciso a sgominare l’organizzazione, mentre Takuma entrerà a far parte della Tana delle Tigri come Tiger the Dark per distruggerla dall’interno.
Ovviamente è impossibile non consigliare Tiger Mask W, che sembra essere il titolo di punta di questa stagione autunnale. La nostalgia piace, quindi nulla da aggiungere.

https://youtu.be/D0BEkwQQuJw

Occultic; Nine – 08/10/2016 – A-1 Pictures.

Un solo nome, Chiyomaru Shikura. Cosa vi ricorda? Stiamo parlando dello sviluppatore di Steins; Gate e fondatore della “5pb. Inc.”, questo dovrebbe bastare a convincervi.
La storia ruota attorno a nove ragazzi legati fra loro da un blog dell’occulto gestito da Yūta Gamon, studente al secondo anno delle superiori. Delle piccole incongruenze che avvengono intorno ai protagonisti condurranno a un evento inimmaginabile che cambierà la concezione di ciò che viene considerato senso comune nel mondo.
Trama scarna e misteriosa, già iniziamo bene. Cosa si vuole ancora? Consigliatissimo!

TRICKSTER – 04/10/2016 – Shin-Ei Animation e TMS Entertainment.

La storia prende inizio negli anni ’30 del ventunesimo secolo. Protagonista è Kogoro Akechi, capo del Club dei Giovani Detective, i cui membri risolvono i casi grazie alle loro particolari abilità. Fra essi vi è Kensuke Hanazaki che un giorno si imbatte in Yoshio Kobayashi, un giovane che possiede un corpo immortale ma che in realtà desidera la morte. Incuriosito da questo personaggio, Hanazaki lo invita a entrare nel Club, ma il loro incontro è legato al destino che unisce Kogoro e il demone dalle venti facce, nemico principale di quegli anni.
Trama particolarmente interessante che racchiude un po’ di tutto: dal giallo al thriller, con un po’ di superpoteri qua e là e, naturalmente, la vita adolescenziale. Sembra un titolo interessante ma da prendere con le pinze: nonostante le premesse siano buone c’è il rischio di mettere troppa carne al fuoco, ma staremo a vedere. Per ora, visto anche lo zampino della TMS Entertainment, è fortemente consigliato.

https://youtu.be/4bxfumGrdlc

Un Marzo da Leoni – 08/10/2016 – Shaft.

Impossibile non raccomandare la trasposizione del pluripremiato manga di Chika Umino, vincitore di un Manga Taishō, di un Premio Kodansha nel 2011 e della diciottesima edizione del Premio culturale Osamu Tezuka.
Il protagonista è Rei, ragazzo che conduce un’esistenza tormentata dai ricordi e dai sensi di colpa. Quando si trasferisce nel Rione Giugno, poco distante dal Rione Marzo, conosce tre sorelle, Akari, Hinata e Momo. Dividendo la sua vita fra il lavoro, lo studio e i momenti con le ragazze, Rei intraprende un percorso che cambierà completamente la sua vita.
Opera dalla forte impronta psicologica che non deluderà gli appassionati del genere. Sperando che l’anime segua le orme del manga, il titolo è da non perdere.
https://youtu.be/ppziK5QliYI

Ajin – Demi-Human 2 – 08/10/2016 – Polygon Pictures.

Dopo il successo dello scorso anno, non possiamo che consigliare, in fine, la seconda serie di “Ajin – Demi-Human”, fra le più attese della stagione. Ovviamente, per chi se la fosse persa, è da recuperare in fretta la prima stagione.
Buona visione!

Paolo Gabriele De Luca

[I Consigli di Nerd30] Colorful, un filo sottile tra la Vita e la Morte

La vita e la morte, due temi che da sempre tormentano la mente dell’uomo e su cui sono stati eseguiti studi e ricerche per poter trovare la ricetta dell’immortalità. Molti artisti e grandi menti hanno tentato di dare una loro interpretazione di questi due grandi ingranaggi che caratterizzano la nostra esistenza, così come hanno tentato anche semplici uomini, nel loro piccolo, una personale ricerca di risposte.
E vita e morte sono solo due delle molte tematiche di Colorful, film d’animazione giapponese del 2010, ispirato al romanzo omonimo di Eto Mori. L’opera è stata prodotta dalla Sunrise e dalla Ascension, sotto la regia di Keiichi Hara.
Ancora non edito in Italia, si spera che, un giorno, possa arrivare anche nel nostro Paese.

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Colorful è la storia di un’anima arrivata alla fase finale della morte, a cui viene offerto di reincarnarsi nel corpo di un adolescente suicida. L’anima, quindi, macchiatasi di una grave colpa nella precedente vita, tornerà a vivere, senza memoria, sotto le sembianze di Kobayashi Makoto. In questo nuovo viaggio dovrà ricordare, entro un tempo limite, il suo errore e scoprire perché l’adolescente in cui si è reincarnato ha deciso di togliersi la vita. L’essenza vitale di un’altra persona si troverà, quindi, a dover affrontare la difficile vita quotidiana del ragazzo.
Colorful ha tutte le carte per essere considerato un capolavoro.

Può sembrare una conclusione affrettata, ma andiamo ad analizzare quali sono, a nostro avviso, gli elementi che lo rendono tale. 

La forza del film sono i temi trattati: al centro delle vicende ruotano, ovviamente, la vita e la morte, mai analizzati direttamente, ma con grande sottigliezza e strategia. Lo spettatore, a conoscenza della loro costante presenza nel film, è come se non li percepisse, mettendoli quasi in secondo piano.
Vita e morte, in una sorta di piramide gerarchica, sono le tematiche chiave dell’opera, eppure sono inserite così delicatamente da rendere alla portata di tutti dei temi tanto profondi.

A dominare concretamente la scena, poi, sono altri contenuti molto sentiti, soprattutto per la complessa società in cui viviamo: primo fra tutti, tangibile già nei primi minuti del film, è il terribile mondo claustrofobico in cui, giorno per giorno, ogni individuo è costretto a vivere secondo schemi e obblighi già disegnati. Pressione che il Giappone percepisce particolarmente. Coloroful ci rende partecipi, quindi, delle conseguenze negative dell’oppressione sociale. La vita porterà ogni personaggio dell’opera a tentare qualche tipo di ribellione, in ogni sua forma, ed è proprio così che l’anime sviluppa i restanti temi: lo sfogo si concretizza con la prostituzione giovanile, contenuto attualissimo, soprattutto in Giappone; troviamo il tema del bullismo, quasi invisibile ma percepibile grazie ad alcuni personaggi;  infine quello dell’inevitabile emarginazione. Molto peculiare, e particolarmente sottile, è il tema del viaggio, rappresentato dalle suggestive scene tra le antiche stazioni del Tamaden, vecchia linea ferroviaria, metafora che, inserita al centro dell’opera, rende tangibile la voglia di fuggire da tutte queste restrizioni.


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In un film con così tanto da dire, i personaggi non possono che essere caratterizzati alla perfezione e in ogni minimo particolare. Il protagonista subirà un’evoluzione talmente graduale da non far quasi percepire che il corpo di Makoto è vissuto da un’altra entità; le vicende porteranno il personaggio principale a interessarsi sempre di più della vita dell’adolescente, facendoci quasi pensare che a vivere in quel corpo sia Makoto stesso. Partiamo dal presupposto che, oltre al ragazzo, in questo anime tutti i personaggi hanno un ruolo primario per la storia: è proprio il non essere fossilizzato su un unico protagonista che rende gli eventi dinamici. Fra i più importanti ricordiamo la famiglia di Makoto che, dopo la tragedia, è tornata molto unita, anche se c’è ancora qualche attrito; Purapura, messaggero divino dall’evidente psicologia umana; Hiroka, ragazza vivace dal carattere opposto a quello di Makoto, di cui egli è segretamente innamorato. Per scoprire qualcosa in più, conviene guardarlo.


Dal punto di vista tecnico, Colorful non ha nulla che non vada. La regia, le dinamiche, la fluidità dei movimenti, tutto perfettamente realizzato in modo impeccabile. Molte scene che ritraggono paesaggi sono realizzate talmente egregiamente da sembrare la riproduzione su tela di un artista. E’ sempre un piacere guardare qualcosa con una grafica di tale portata. La colonna sonora, inoltre, si adatta a ogni situazione e a ogni scena in cui è inserita, suscitando profonde emozioni.


Concludendo, Colorful è un’opera dalla grande monumentalità che non ha nulla da invidiare all’acclamatissimo Studio Ghibli. Con una delicatezza straordinaria, il film ci insegna quanto la vita sia preziosa e di come essa non debba mai essere buttata via, rinnovando, giorno per giorno, la voglia di essere parte del mondo.
Buona visione!

Paolo Gabriele De Luca

I consigli di Nerd30: Tenshi No Tamago

Inauguriamo questa nuova rubrica di consigli con un film animato giapponese datato 1985. Stiamo parlando di Tenshi No Tamago (L’uovo dell’angelo) di Mamoru Oshii.

Per chi scrive, Tenshi No Tamago rappresenta una delle punte massime mai raggiunte dall’animazione mondiale. Un film da molti paragonato a 2001: Odissea nello spazio, per la sua complessità e per la quantità infinita di spunti di riflessione.

Difficile anche solo parlare della trama: in un mondo devastato (non ci viene detto se si tratta di un mondo post-apocalittico) una bambina che protegge un uovo incontra un guerriero con un fucile a forma di croce. Se all’inizio la bambina ha timore del guerriero, dopo un po’ inizia ad accettarne la compagnia. Il guerriero è però interessato all’uovo, convinto che possa risolvere i suoi dubbi esistenziali.

Mettendo da parte la trama, Tenshi No Tamago è un film che lascia parlare le immagini più che i dialoghi, che sono quasi totalmente assenti.

Un aspetto interessante su cui mi vorrei soffermare è l’utilizzo dell’acqua, presente nella quasi totalità della pellicola, tra ruscelli, fontane, canali e pioggia. Da sempre simbolo di vita, in questa pellicola l’acqua è calata in un contesto in cui la vita è quasi totalmente assente e il suo incessante scorrere riesce solo ad aumentare il senso di angoscia dello spettatore. In un successivo monologo, il guerriero si ricollega al diluvio universale, in cui l’acqua veniva raffigurata come portatrice di morte. Un’ambientazione tanto inquietante quanto poetica, in cui assistiamo all’incessante caccia di alcuni pescatori tutti uguali nell’aspetto, i quali inseguono delle ombre a forma di pesci, creature che ormai non esistono più. Una probabile metafora di quello che è l’uomo, che insegue da sempre sogni che non possono essere afferrati, come assicurare o meno l’esistenza di Dio, un qualcosa a cui l’uomo non può fare a meno di dare la caccia, ma che allo stesso tempo non potrà mai raggiungere.

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Parlando dei due personaggi, essi sono una probabile metafora del pensiero umano. La bambina è convinta che nell’uovo ci sia qualcosa di prezioso (il pensiero religioso), mentre il guerriero è sicuro che questo sia vuoto e vuole provarlo a se stesso (il pensiero scientifico).

Un film estremamente nichilista, ma di una bellezza indescrivibile.

Parlando del lato puramente tecnico, ci troviamo di fronte ad un’opera veramente miracolosa per il periodo in cui è stata realizzata. Una regia da togliere il fiato, in cui ogni inquadratura riesce ad entrare di prepotenza nell’animo dello spettatore. Una cura maniacale nelle animazioni, in particolare dei capelli della bambina, che “scorrono” nell’aria quasi a voler simboleggiare l’acqua tanto cara a questa pellicola. Una fotografia cupa, con le ambientazioni illuminate da pochi sprazzi di luce, che immergono lo spettatore in un’atmosfera surreale. Delle musiche estremamente malinconiche, che riescono a fondersi alla perfezione con le immagini, aumentando il senso di immersione in quel mondo oscuro (potete avere un assaggio delle ost nel trailer a fine articolo).

Un film sicuramente non di facile visione per chi è abituato al puro intrattenimento, ma che consiglio vivamente a chi vuole qualcosa su cui riflettere per giorni dopo la visione. Tenshi No Tamago è un’opera a cui approcciarsi a mente aperta, cercando di percepire la quantità infinita di messaggi che vuole mandare.

Antonio Vaccaro

https://youtu.be/r04X-ImELzc