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Mendicino, sabato in scena ” Come un granello di sabbia. Giuseppe Gulotta, storia di un innocente”

MENDICINO  (CS) – Terzo appuntamento del circuito Diteca nord. Sabato, alle 21, presso il teatro comunale di Mendicino andrà in scena ” Come un granello di sabbia. Giuseppe Gulotta, storia di un innocente “. Una storia dai contorni oscuri e tormentati, dalle conseguenze violentemente drammatiche e non risanabili. Per quello che Giuseppe Gulotta ha vissuto, protagonista suo malgrado di questo itinerario, ma anche per le altre varie vittime della vicenda, affrontare questi avvenimenti sulle tavole di un palcoscenico pone di fronte ad una grande responsabilità. La responsabilità, certo, di non tacere l’incredibile vicenda legale, la lunghissima serie di omissioni, errori, leggerezze, falsificazioni, palesi violazioni della legge che oggi ci fanno definire questa vicenda come unavera e propria frode giudiziaria. La responsabilità, naturalmente, di non dimenticare il contesto e gli interessi in campo che generano il dramma. Ma principalmente la responsabilità di declinare la drammaturgia, attraverso la vicenda umana di Giuseppe (ma anche di Salvatore e Carmine – le due vittime della strage – o di Giovanni, Vincenzo, Gaetano – gli altri capri espiatori designati) rendendo giustizia alla sua dimensione personale, quella di una vita quasi interamente sottratta per ragioni inconfessabili. Provare ad innescare un processo di identificazione, pur senza aver attreversato quello che lui ha attraversato, senza aver sofferto quello che lui ha sofferto con un incredibile senso di dignità e consapevelozza. Provare a compiere questo corto circuito narrativo riuscendo a sottrarsi a qualsiasi intento retorico. La voce di Giuseppe ci attira in questo vortice raccontando, come trovasse per la prima volta qualcuno disposto ad ascoltare, la gioventù interrotta, l’arresto, le torture, i colpevoli silenzi, i pregiudizi, ma anche l’irriducibile cocciuta speranza in un restituzione finale della propria umile e alta identità. Lo fa alternandosi a voci secondarie, ma necessarie: un vicequestore illuminato schiacciato anche lui dall’ingranaggio, l’ufficiale dell’arma regista occulto delle torture (un Kurz rovesciato, lucido e per nulla tormentato), la moglie Michela, i genitori. Ogni voce, ogni episodio
del vortice, trova il proprio luogo all’interno della scenogrofia, leggera e opprimente ad un tempo, di Aldo Zucco, capace di diventare multiforme nei suoi pochi, ma importanti segni. Le musiche originali di Luigi Polimeni, contrappunto ritmico ed emozianale al racconto, diventano esse stesse drammaturgia, sostenendo lo scorrere inesorabile della storia in tutte le sue partiture emotive.

 

Mendicino, brillante e grottesca “Quasi quasi m’ammazzo”

MENDICINO (CS) – Se l’ultima cena non fosse l’ultima? Se a mancare fosse il coraggio di vivere, di guardarsi e vedersi in modo sincero, di affrontare i propri demoni, quale soluzione adottereste? Scritta da Giuseppe Vincenzi, ieri sera è andata in scena la commedia “Quasi quasi m’ammazzo”, il primo dei quattro spettacoli portati in scena dal circuito Diteca nord che ha aperto la seconda stagione del teatro comunale di Mendicino. Quattro anime dilaniate da una realtà che ci allontana e ci ingabbia in stereotipi, quattro vite allo sbaraglio si incontrano, e la miscela è assolutamente esplosiva. Paolo, informatore scientifico, tutto teoremi e perbenismo; Marco, imprenditore sfinito dai debiti che barcolla ebbro di disperazione; Alessandra, l’attrice che si atteggia a prima donna e non ricorda più come si mangia; Stefania, la stakanovista incapace di avere rapporti umani, si incontrano nel triste ristorante di una grande città. Il ritratto dei luoghi comuni e delle apparenze, la messinscena di un universo borghese coi suoi vizi e le sue virtù. L’improvvisata, il colpo di testa, qualcosa che porta a morte certa innesca il gioco della verità in cui ci si mette a nudo snocciolando pensieri autentici. Quelli che dovrebbero essere gli ultimi 15 minuti di vita si giocano tra brindisi, balli, illusioni e crudeltà. In attesa della morte il tempo si scandisce camminando e dondolando, tra successo e follia. La satira e il grottesco danno pepe alla surreale ultima cena di Marco che ha già pianificato tutto. La comicità delicata mette in luce un’umanità individualista e frammentata in cui non c’è spazio per l’ascolto e il confronto. Attori brillanti hanno fornito quattro diverse prospettive di vita. La parola si fa carne e infonde leggerezza affinché il pubblico possa ridere di gusto. Quello che sembrava il luogo del non incontro paradossalmente è stato il luogo più vero per mettersi a nudo e scoprire che ricominciare è sempre possibile.

Rita Pellicori