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Unical, nel segno di Mattei inaugurata la nuova edizione del master in intelligence

RENDE (CS) – “Enrico Mattei e l’intelligence. Energia e interesse nazionale nella guerra fredda”. Con questo convegno è stata inaugurata l’undicesima edizione del Master in Intelligence dell’Università della Calabria, promosso nel 2007 su iniziativa del presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga. Il convegno ha offerto nuovi stimoli di ricerca, con la presentazione di documenti e interpretazioni, anche differenti, attraverso le fonti dell’intelligence.
Enrico Mattei conosceva bene la funzione dell’intelligence, l’importanza della guerra dell’informazione, la necessità della business intelligence, l’urgenza di perseguire l’interesse nazionale per un Paese che aveva perso la guerra. Una figura di tale rilievo era osservata dai Servizi di informazione non solo esteri ma anche italiani. Questi e altri spunti sono emersi nel convegno. Dopo i saluti del senatore accademico Luciano Romito, in rappresentanza del rettore Nicola Leone, c’è stato l’intervento del Presidente del COPASIR Adolfo Urso che ha sottolineato l’importanza del ruolo dell’intelligence poiché rappresenta una struttura fondamentale per la difesa delle istituzioni.
Il direttore del Master Mario Caligiuri ha tenuto la relazione di base. Nel ripercorrere la figura di Mattei, ha evidenziato l’idea di intelligence e la visione di interesse nazionale del Presidente dell’Eni. Ha dato lettura di una lettera inedita di Aldo Moro del settembre 1962, un mese prima dell’episodio di Bascapè, in cui il segretario della Dc chiedeva al presidente dell’Eni di fare un passo indietro, evidenziando “il peso del sacrificio che il partito ti chiede”, ponendo “in primissima linea il tuo disappunto, anzi il tuo evidente e comprensibile dispiacere” ma “la tua rinuncia contribuisce a consolidare una situazione assai fragile e spegne una polemica astiosa che ti avrebbe ancor di più amareggiato, e con te le tue idee e le tue importanti iniziative”, concludendo: “Aggiungi dunque anche questa alle tue benemerenze, alla tua silenziosa fedeltà, al tuo servizio prezioso nell’interesse del Paese”.
Il convegno è poi proseguito con l’intervento di Giovanni Bucciantidell’Università di Siena che ha ripercorso le principali tappe della attività di Enrico Mattei, evidenziando i suoi scontri con i potentati affaristici angloamericani in conseguenza dei numerosi accordi con vari Paesi produttori di petrolio quali Egitto, Iran, Marocco, e soprattutto con URSS e Algeria. Di particolare interesse la vasta documentazione reperita da Buccianti nei vari Archivi e le testimonianze che è riuscito ad ottenere da molte personalità protagoniste della vicenda di Mattei quali Pirani, Ruffolo, Accorinti e soprattutto Claude Cheysson, Ministro di De Gaulle, ed Eugenio Cefis, che dopo la morte di Mattei, secondo il professore, “smantellò gran parte dei suoi progetti”.
Il magistrato Vincenzo Calia ha spiegato le ragioni della certezza dell’uccisione di Mattei, che emergono dagli atti del processo che ha condotto a Pavia. Nella difficoltà di individuarli, ha accertato che probabilmente i mandanti non sono italiani, ma che c’è stata certamente la collaborazione degli italiani, probabilmente personalità nell’ambito dell’ENI e dei servizi segreti con responsabilità molto elevate. Ha poi ricordato la vicenda del meccanico Marino Loretti che era stato ritenuto responsabile di una grave distrazione nel caso di un fallito attentato all’aereo di Mattei nel 1961 e che per questo era stato trasferito in Marocco nei primi mesi del 1962. Ha ricordato che Loretti morì in un incidente aereo insieme al figlio dopo avere inviato una lettera alla Procura di Palermo in cui chiedeva di essere sentito per le vicende dell’omicidio Mattei.
Secondo Alessandro Aresu, consigliere scientifico di Limes, il rapporto tra Enrico Mattei e l’intelligence può essere declinato in tre principali ambiti, che mostrano la sua forza innovativa: “Il primo è quello di Mattei combattente della Resistenza, e delle sue capacità clandestine e di organizzazione. Il secondo punto riguarda le attività di intelligence esterna dell’Eni sulle principali partite mediterranee, dove l’Algeria ha un ruolo di primo piano. Il terzo punto è il più importante, ed è rappresentato dalla capacità di analisi strategica dell’Eni e della grande organizzazione industriale come strumento geopolitico: un continuo aggiornamento formativo, di ricerca, di analisi di cambiamenti dell’intero mercato dell’energia, tanto da creare una classe dirigente diffusa, in grado di presidiare con lo Stato e più dello Stato tutte le geografie rilevanti dell’interesse nazionale. Questa esplorazione continua è l’eredità unica e distintiva dell’impronta di Mattei”.
Luca Micheletta, dell’Università “La Sapienza” di Roma, ha approfondito il rapporto tra Giulio Andreotti ed Enrico Mattei. Per il professore “Andreotti ebbe sempre un’opinione in chiaro-scuro di Mattei: ne esaltò le sue capacità organizzative, l’intuizione che l’Italia avesse una politica energetica indipendente e la lungimiranza della sua visione internazionale; ma guardò sempre con diffidenza al tentativo di Mattei di condizionare il sistema politico italiano attraverso il suo finanziamento, e con dubbi sulla convenienza economica di alcune iniziative dell’Eni, anche in campo internazionale”. Il professore ha poi evidenziato che “Andreotti era ministro della Difesa al momento della tragica scomparsa di Mattei e, in tale veste, nominò la commissione di inchiesta sulle cause dell’incidente, che concluse escludendo l’ipotesi dell’attentato. Le indagini degli anni Novanta, che hanno invece ribaltato questa tesi, giungendo alla conclusione dell’omicidio di Mattei, hanno riportato l’attenzione sulla serietà e trasparenza dei lavori della commissione d’inchiesta e dei suoi membri. Andreotti, tuttavia, anche dopo la conclusione delle nuove indagini, non parlò mai di un attentato a Mattei, né di un assassinio, pur avendo partecipato a vari eventi commemorativi del presidente dell’Eni”.
Nella sua relazione il ricercatore e saggista Giacomo Pacini ha evidenziato la differente visione che i Servizi Segreti Italiani avevano di Enrico Mattei. Ostile il Sifar, diverso l’atteggiamento dell’Ufficio Affari Riservati. Tra le altre cose è emerso che il Sifar non riteneva autentiche le minacce che l’Oas aveva rivolto a Mattei e, in particolare, sosteneva che Mattei si era addirittura fatto pervenire di proposito una finta lettera minatoria a fini di propaganda. Dai documenti dell’Ufficio Affari Riservati, invece, emerge che le minacce dell’Organisation Armée Secrète (Oas) erano vere e, anzi, i militanti dell’Oas stavano progettando un attentato contro il presidente dell’Eni Enrico Mattei, nemico giurato dell’organizzazione ultranazionalista francese a causa del supporto che stava fornendo agli indipendentisti algerini. In questi documenti, molti dei quali inediti, si parla anche esplicitamente di un attentato contro l’aereo di Mattei che sarebbe stato progettato a inizio 1962. Addirittura in un appunto del marzo 1962 si legge che l’Oas ipotizzava di colpire l’aereo di Mattei a Gela. Un documento che impressiona perché, come è noto, nel suo ultimo viaggio Mattei atterrò proprio a Gela”.
Paolo Gheda dell’Università della Valle d’Aosta ha affrontato il rapporto tra Enrico Mattei e Milano, la città dove si è affermato come imprenditore ed ha costruito il proprio profilo di manager di Stato. La fitta rete di contatti e amicizie cittadine che ne accompagnarono l’ascesa, coltivate in particolare durante la Resistenza e i primi anni del dopoguerra, rimanda a rilevanti mondi culturali intrecciati tra di loro, che orbitavano in prevalenza intorno alle amicizie cristiane milanesi. Dal suo impegno di regia amministrativa nei partigiani “bianchi” – in cui sarebbero da verificare pure eventuali rapporti con l’intelligence alleata, in particolare statunitense – gli derivò l’opportunità di sviluppare il proprio progetto energetico tra l’Agip e l’ENI, così come si svilupparono i suoi legami con la DC ambrosiana e nazionale. E a Milano continuò fino alla fine a incrociarsi con la dirigenza locale, politica e imprenditoriale, nel suo impegno di promotore dello sviluppo a livello civile e pure ecclesiale”.
Elio Frescani dell’Università di Salerno ha approfondito il tema “Media, intelligence ed Eni”, rilevando che “Enrico Mattei è consapevole di essere sotto il controllo quotidiano dei servizi segreti italiani, ma soprattutto stranieri. Parallelamente alle sue attività, attua una strategia di difesa sua e dell’azienda che consiste nell’utilizzo di tutti i media disponibili: stampa quotidiana e periodica, interviste radiofoniche e televisive, film documentari per il circuito cinematografico e una rivista aziendale “Il gatto selvatico”, affidandone la direzione al poeta Attilio Bertolucci, che, tra gli altri, chiama a collaborare Mino Maccari, Enzo Siciliano, Raffaele La Capria, Giorgio Caproni, Alfonso Gatto, Carlo Cassola, Mario Soldati. Si tratta di alcuni degli intellettuali più importanti del tempo che si aggiungevano agli altri che collaboravano direttamente con Mattei, tra i quali Sabino Cassese, Giorgio Ruffolo e Paolo Sylos Labini.
Il saggista Giovanni Fasanella, nel suo intervento, ha affrontato il tema dell’ostilità britannica nei confronti di Enrico Mattei e della sua politica energetica italiana. Ostilità che emerge in modo inequivocabile dall’esame dell’enorme documentazione scoperta insieme a Mario Cereghino negli archivi di Stato inglesi di Kew Gardens, Londra. Nei report un tempo top secret e ora a disposizione degli studiosi, i vari governi britannici, la loro diplomazia e le società petrolifere dell’UK descrivono il presidente dell’Eni come un «nemico mortale degli interessi di Londra nel mondo». Da quelle carte, emerge un crescendo di irritazione che sfocia in una guerra senza quartiere man mano che l’Eni conquista posizioni di influenza nel Mediterraneo, in Nord Africa, nei paesi emergenti e nel Medio Oriente, mentre il prestigio del vecchio impero coloniale, in quelle aree ricchissime di materie prime e di risorse petrolifere, declina. Uno dei tanti documenti citati da Fasanella è particolarmente impressionante. È datato 1962, pochi mesi prima della morte del presidente dell’Eni nell’incidente” aereo di Bascapé. Il ministero dell’Energia inglese afferma infatti: «Abbiamo fatto di tutto per fermarlo, ma non ci siamo riusciti: forse è arrivato il momento di passare la pratica alla nostra intelligence».
Ha concluso il convegno Nico Perrone, dell’Università “Aldo Moro” di Bari e collaboratore di Mattei, che ha iniziato il suo intervento evidenziando che “l’Italia sconfitta è il solo oggetto dell’azione dei servizi dei vincitori. La rinascita è avvenuta con le ricerche petrolifere di Mattei, il quale ottenne da De Gasperi libertà d’azione nonostante le proteste americane”. Perrone prosegue sostenendo che “anche l’ENI di Mattei aveva una propria intelligence, fatta di personale proveniente dai servizi dello Stato. Mattei diventa così oggetto dell’attenzione di servizi stranieri, specialmente americani. Mattei morì a causa di un attentato, come ha dimostrato la sentenza di Vincenzo Calia dalla quale emergono le prove della presenza di tracce di esplosivo nei resti del disastro dell’aereo. Amintore Fanfani aveva parlato di “abbattimento dell’aereo di Mattei”. Perrone ha concluso sottolineando, dal suo punto di vista, “la coincidenza della morte di Mattei con la crisi dei missili a Cuba, con il rischio di una guerra nucleare fra USA e URSS”.
Nel concludere il convegno, che è stato seguito da Radio Radicale, Mario Caligiuriha annunciato che, nell’ambito del progetto di ricerca sull’approfondimento storico dell’intelligence italiana promosso dall’Università della Calabria, verrà presto pubblicato da Rubbettino il volume “Enrico Mattei e l’intelligence”. Il testo riprenderà i contenuti delle relazioni del convegno e verrà presentato a Roma alla Camera dei Deputati il 27 ottobre 2022 in occasione del sessantesimo anniversario della morte del Presidente dell’Eni.