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Il degrado del quartiere Pistoia di Catanzaro

CATANZARO – “Uscire a giocare qui sotto, è diventato impossibile, a certi orari”. “Quando ero piccola potevo scendere nel parco da sola, senza nessuna paura. “Ora non farei mai passeggiare i miei figli, da soli”. “Pistoia era un quartiere residenziale, solo 20 anni fa, in pochi anni è diventato una terra di nessuno”. “Non chiediamo tanto; solo di vivere in un posto tranquillo”.

Sono solo alcune delle testimonianze che ragazzi, bambini e adulti del quartiere Pistoia, rilasciano ogni settimana ai ragazzi del progetto “On the Street”, con il quale si è subito instaurato un rapporto di fiducia e reciproco scambio di idee e riflessioni, grazie alla formazione sul campo fatta dai gruppi nelle settimane precedenti. Ora che il progetto è entrato nel vivo della sua azione sociale di riqualificazione culturale e ambientale delle aree interessate, emergono anche i reali bisogni, le paure e le speranze di chi, da un periodo all’altro, ha visto la sua casa trasformarsi da luogo ideale a terra di mezzo tra l’indifferenza e la rassegnazione.

Sono state raccolte delle testimonianze di chi il quartiere lo vive da sempre, per riuscire a capire ed entrare nel profondo malessere di una comunità: “Appena hanno inaugurato il Parco, intitolandolo alla memoria di Paolo Borsellino, hanno promesso tante cose, ma a distanza di pochi anni, la situazione è

Quartiere Pistoia
Quartiere Pistoia

quella che vedete: erbaccia alta; giochi per bambini rotti e abbandonati; la fontana che perde…..” dice una delle ragazze che vive qui da sempre. Ragazzini svegli, intelligenti e sensibili, ma che alla domanda su chi era Paolo Borsellino, entrano in uno stato di smarrimento emotivo e psicologico, di associazione d’idee e parole, che li porta ingenuamente a rispondere; “uno della mafia!”. In questo quartiere, la vita è cambiata così velocemente, sotto gli occhi degli abitanti, che gli stessi, non sono riusciti a capire cosa sia successo. Quando gli viene chiesto cosa vorreste fare, se il parco fosse risistemato e ripulito, loro rispondono: “Una volta si facevano delle feste, con le bancarelle, le giostre, ora è tutto finito”. “Ci piacerebbe poter tornare a giocare e fare sport qui, senza pericolo di farci male o, essere cacciati da casa nostra”. Il riferimento è indirizzato alla difficile convivenza con la comunità Rom, che si è insediata da poco. Una convivenza probabilmente forzata che, invece di creare dialogo, confronto e spirito d’integrazione, ha generato insofferenza, intolleranza da parte di entrambi le comunità, paura e degrado. Proprio una della finalità di On the street è rendere i ragazzi, attori della loro storia e della loro realtà; una realtà che appartiene a tutti, parte di una comunità più grande, che è quella dell’uomo. Queste  testimonianze non devono aumentare il bisogno di intolleranza verso ciò che si  ignora, ma permettere di capire che l’ambiente stesso determina la convivenza e lo spirito dell’uomo: un ambiente sereno, genera persone serene.