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A San Sosti le verità raccontate dalla Chaouqui

evidenza ChaouquiSAN SOSTI (CS) – E’ arrivata a cavallo di una motocicletta. Francesca Chaouqui, ha percorso a bordo della due ruote, il breve tratto di strada che separa la sua abitazione di San Sosti dal luogo in cui ha convocato la stampa per fornire le sue verità sul caso Vatileaks. Accompagnata dalla mamma, la nonna, il marito Corrado Lanino, altri parenti e la migliore amica, la coetanea che era con lei a Roma nei giorni in cui l’hanno arrestata, e sulle note del brano di Fiorella Mannoia “Io non ho paura”, la pierre indagata per sottrazione e diffusione di carte riservate della Santa Sede è stata accolta dagli applausi dei compaesani. Poi un intervento di oltre un’ora a tratti inframezzato anche dai cronisti che non hanno mancato di porre domande scomode. Ma nessuna rivelazione scottante. Se la Chaouqui è a conoscenza di segreti inconfessabili, questi restano e resteranno tali. Del resto lo dice lei stessa quando afferma che da lei non si saprà  mai nulla delle conversazioni avute con il Papa o degli atti che le sono passati tra le mani. «Non tradirò mai il mio segreto di Stato – dice – anche se mio figlio dovesse nascere in carcere». La Chaouqui parla dei suoi rapporti con monsignor Balda: «Voleva aiutare Papa Francesco quando ha accettato l’incarico come segretario della commissione. La commissione esiste perché è lui che l’ha pensata, ha convinto lui il Papa a crearla per risanare la situazione finanziaria. Ho presentato io Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi a Balda – ha raccontato la Chaouqui aggiungendo che il prelato era rimasto colpito dal giornalista Nuzzi – per il suo coraggio di pubblicare notizie scomode». La consulente ha poi aggiunto: «Balda ha consegnato i documenti a Nuzzi non per distruggere la commissione ma per sostenere che è stata messa in pratica solo una parte della riforma. Non c’è stata alcuna vendetta, nessuna ripicca. La situazione generale era talmente grave da indurre un Papa alle dimissioni. Il mio problema – aggiunge – era aiutare il Santo Padre, non avere un posto in Curia. Quando dovevo scrivere i report della commissione per il Papa, per non rischiare che il contenuto venisse modificato li imparavo amemoria». E sulla sua nomina in Vaticano la pierre chiarisce. «Sono un’esperta in comunicazione. Il mio Chaouqui 1curriculum – dice – era idoneo, e nessun cardinale o intrigo di palazzo ha fatto sì che fossi nominata. Se tornassi indietro, anche se dovessi finire in carcere, riaccetterei senza dubbio l’incarico offertomi perché stavo contribuendo al rinnovamento del Vaticano». E mentre la Chaouqui ribadisce che in caso di condanna non chiederà la grazia al Papa, c’è chi dice che lo farà per lei: Carmela Martucci, consigliera comunale di San Sosti. 

Sulla vicenda del cardinal Bertone, la Chaouqui precisa: «E’ stata fatta una montatura giornalistica sull’attico del cardinale Bertone. Ha sempre avuto grande attenzione all’ospedale del Bambin Gesù e parlare di ruberie da parte sua è davvero eccessivo, le ruberie in Vaticano esistono ma non sono queste».

Infine la Chaouqui chiarisce i motivi che l’hanno spinta a incontrare la stampa proprio a San Sosti: «Non ho mai dimenticato il mio paese. Da qui parte tutto, la mia famiglia, le mie radici e soprattutto la mia fede grazie alla Madonna del Pettoruto. Sono stata accusata di rinnegare la mia terra, ma in realtà, seppur duramente, la mia volontà era di aprire un dibattito e questo mio pensiero, espresso in una lettera al Corriere della Sera dopo la morte di Fabiana Luzzi». La Chaouqui si riferisce alla nota che diffuse all’indomani dell’assassinio della sedicenne bruciata viva dal fidanzato nel 2013 a Corigliano Calabro. «Il contenuto di quella lettera è stato frainteso ed etichettato come volontà di non amare la mia terra. Questo era un punto che volevo chiarire: amo la mia terra e qui in futuro tornerò a vivere».